Articolo precedenteIl demone meridiano
Articolo successivoDante: Amore e ‘l cor gentil

Nervino

di Mariasole Ariot

Si apre nella stanza – la parvenza della luce che ha per occhio – una buca sul terreno della casa – le mani dolci come cialde – il delicato attendere una chiamata – la temperatura elevata al grado – più alto della durata dei quando – e dove sono se non ancora – qui – dove sento il rancore che ci porti – la maschera di un dio rimescolato con le alture – e quando vivo dentro – quanta vita dentro – questo affacciarsi alle finestre ad osservare – una ginestra rotta – il cumulo di torba sul campo delle feste – una tempesta di menzogne masticate – si apre come vento e come spera – un resto che recrude nelle parti – la troppe molte parti rannicchiate – un gesto di vendetta che ci spinge – a dirci le parole la lingua delle spore – si muove un vento che mi spinge, il gelo diradarsi delle acque – un ruscello che non parla dice muovi – il troppo movimento si fa piano – appena i primi passi nella casa – lo specchio che confonde il mio non dire – non dire quanto hai visto e quanto l’occhio – respinge il troppo accumulato sottoterra – la terra che mi premi nella gola

***

Si apre il tuo sudario a primavera – il vero ricomposto nel silenzio, quanto – ci siamo dati e riproposti – ma ancora cede il tempo al temporale – ancora mi scomponi per procura – la tana in cui cacciamo i nostri corpi – sepolti di sabbia che ho ingoiato – la guaina che copre quando i morti – non tremano se non per riposare e – dico guarda il vento – che tuona nelle ossa – l’assalto per ridirsi un po’ penosi – la noia di quest’epoca ammalata che richiama – mondare le giunture e le animelle – ho visto un albero non verde, la chioma – già ammalata la mia chioma – dirada sulla strada della testa – un guscio e non c’è spazio per chiamare – urlare il già sentito il troppo detto, la piana – di un ricordo che si accorda – e ho visto e detto troppo – se apre il tuo sudario nell’autunno – la stagione a ricompensa per l’estate – la foglia e la testuggine del mondo – dimentico la voce la tua casa – dimena fame a fame per un corpo – che sembra maledetto e non c’è verso – se verso è già restare

***

Si apre il mio ricorso – soccorrere un malato dai suoi nervi – nervino il nero la nostra ricompensa – essere i sapienti della notte – sapere che non sanno – chinarsi nel sentito – dire di macerie di rotture del candore – se i santi si scolorano nel nostro articolare – un vento l’eventuale discordare – l’umore i nostri amori dimezzati – se in mezzo c’è un dolore che fa spazio – al canto di topaia e di ranocchie – la rana che si gela solo fuori, che genera un polmone immacolato – ritorna quando sgela di sudore – riaccorda le sue parti come zampe di tensione – e nasce nasce ancora se non – dorme, se non – strilla – se non – passa la stellata nella testa – si muore solo un giorno e non c’è giorno che non cadi – si muore per un gioco e per un caso – il sacco in cui mi poni nella cinta – se fa male ammaliare il proprio porto – ho detto già l’opposto che mi cuci – la bocca quando grido – il lento diradarsi della pena – la piana è tutto quello che mi osservi

*fotografia Mariasole Ariot

Print Friendly, PDF & Email

1 commento

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Sibili e spasmi: Polly Jean oltre la fossilizzazione del rock

di Stefano Solventi
In poche parole, Harvey si sta prendendo il rischio di volersi tanto poeta quanto musicista, forse addirittura prima poeta che musicista.

La scorza

di Maria Teresa Rovitto
Riuscivamo a vedere l’abbondanza che ci circondava senza prendere sul serio nessuna delle teorie sulla povertà relativa. Era bastato nascere da madri che consumavano pasti nutrienti, dormivano supine e ci leggevano le favole proposte dai libri che afferravano dalle vetrine del corso.

Se le grida non prevedono assonanza

di Mariasole Ariot I terrestri in fila indiana continuano a montare, si corteggiano silenzio ad un silenzio: i polmoni medicati hanno case a cui tornare come arvicole che sanno il predatore. Voi avete cento porte chiuse a chiave: a me cade dalla tasca una finestra

Sott’acqua

di Francesco Borrasso
A pochi metri il chiacchiericcio di una civetta gli finisce dentro le orecchie. Si stringe le gambe al petto, ha freddo, il gelo gli si arrampica sulla faccia.

Tre poesie inedite di Annachiara Atzei

di Annachiara Atzei
Tutto ciò che si fa qui//lo si fa pensandoti./Non sono mai stata più di questo -/un organo cessato, un lembo/ da ricomporre. /Il mondo resta/lontano - intorno qualcosa ha ceduto./Credo che l'estate sia l'unica/stagione - quella in cui la sera/cantano le rane.

Due colloqui

di Yàdad de Guerre
Mi chiedo quanto sia difficile uscire dai processi interpersonali di manipolazione nel mondo della competizione capitalistica, quanto triste sia non vedere facilmente alternative, sottrarsi.
mariasole ariothttp://www.nazioneindiana.com
Mariasole Ariot ha pubblicato Essendo il dentro un fuori infinito, Elegia, opera vincitrice del Premio Montano 2021 sezione opera inedita (Anterem Edizioni, 2021), Anatomie della luce (Aragno Editore, collana I Domani - 2017), Simmetrie degli Spazi Vuoti (Arcipelago, collana ChapBook – 2013), poesie e prose in antologie italiane e straniere. Nell'ambito delle arti visuali, ha girato il cortometraggio "I'm a Swan" (2017) e "Dove urla il deserto" (2019) e partecipato a esposizioni collettive.  Aree di interesse: letteratura, sociologia, arti visuali, psicologia, filosofia. Per la saggistica prediligo l'originalità di pensiero e l'ideazione. In prosa e in poesia, forme di scrittura sperimentali e di ricerca. Cerco di rispondere a tutti, ma non sempre la risposta può essere garantita.
Print Friendly, PDF & Email
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: