Jova Instant City?

Lorenzo Cherubini alla luce degli Archigram

di Alberto Giorgio Cassani

Peter Cook (Archigram), Instant City Visits Bournemouth, 1968, fotomontaggio, cm 23 × 34,5.

Non so se qualcuno l’abbia mai notato o scritto, ma Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, col suo Jova Beach Party ha realizzato l’ultimo degli iconici progetti utopici usciti dalla mente megastrutturale degli Archigram – gruppo inglese d’avanguardia fondato a Londra nel 1961 – e, nello specifico, da quella di Peter Cook (1936), uno inter pares di quei geniali, allora giovani, laureati in architettura che operarono nella Swinging London tra la fine degli anni Cinquanta e la fine dei Sessanta e che rispondono ai nomi di Warren Chalk (1927-1988), Cook, Dennis Crompton (1935), David Greene (1937), Ron Herron (1930-1994) e Michael Webb (1937). Mi riferisco al celebre progetto di Instant City (1968-1970). Ma andiamo con ordine.

Ron Herron, Instant City. Santa Monica & San Diego freeway intersection L.A., gennaio 1969.

L’idea di questo legame mi è venuta leggendo un testo di Marina Mannucci, scrittrice, impegnata in associazioni femministe e ambientaliste. L’articolo, dal titolo Da Woodstock al Jova Beach Party, ma quanto è green la cultura rock?, pubblicato sul sito web del settimanale RavennaeDintorni.it,1 affronta, fra gli altri, il tema dell’impatto ambientale dei mega-concerti. E proprio Woodstock c’entra, così come vi ha attinenza un tema assai caro agli Archigram: la “conquista” dello spazio. Jovanotti, infatti, ebbe l’idea, nel 2018, di celebrare a suo modo, l’anno seguente, i cinquant’anni del concerto di Woodstock (15-18 agosto 1969) e dello sbarco sulla Luna (16 luglio 1969), realizzando un concerto-happening sulle spiagge libere della penisola italiana. L’intento ludico è ciò che unisce il Jova Beach Party a Instant City.

Peter Cook (Archigram), 1. Instant City, Before IC, a Sleeping Town, 1969: Airship Sequence of Effect on an English Town | 2. Instant City, Descent, 1969: Airship Sequence of Effect on an English Town | 3. Instant City, Event, 1969: Airship Sequence of Effect on an English Town | 4. Instant City, Highest Intensity, 1969: Airship Sequence of Effect on an English Town | 5. Instant City, Infiltration, 1969: Airship Sequence of Effect on an English Town | 6. Instant City, Network, Takes Over, 1969: Airship Sequence of Effect on an English Town, inchiostro su carta da lucido, cm 32,2 × 46, n° inv. 998 01 72 | 998 02 72 | 998 03 72 | 998 04 72 | 998 05 72 | 998 06 72, © Philippe Magnon. Nella figura pubblicata mancano le fasi 6 e 7.

In una bella intervista – curata da Dezenn, magazine di architettura e design, con la sponsorizzazione di Enscape, all’interno di una serie di video dal titolo VDG-Virtual Design Festival, che si può vedere e ascoltare sul sito di dezeen.com, dentro un articolo firmato da Benedict Hobson,2 – Peter Cook chiarisce quali erano gli intenti di quella proposta: «Instant City era in termini molto grezzi, come un circo culturale» che «prende l’essenza culturale di una città metropolitana e la porta in giro come un circo, in modo che una piccola città o un villaggio possano diventare una specie di città per una settimana». Un ulteriore legame con Woodstock – e dunque anche col Jova Beach Party – era il fatto che Instant City si ispirava all’architettura dei palchi dei concerti pop. Ma, al tempo stesso, era anche la modalità con cui gli Archigram si rivolgevano al pubblico: «Instant City si basava davvero sulla nostra esperienza con Archigram, perché avevamo iniziato a tenere conferenze, confezionare le idee di Archigram e girare con molti proiettori». Un modo di comunicare che stava cominciando a circolare nell’aria. Inizialmente, come scrive Benedict Hobson, «l’idea prevedeva un kit impacchettabile di parti che potevano essere trasportate su strada, ma le versioni successive introdussero elementi più leggeri che potevano essere spostati per via aerea». Successivamente, è di nuovo Cook che parla, «Abbiamo iniziato a ipotizzare, invece di una città che avanzava lentamente sui camion, una che forse poteva essere tutta sospesa a un dirigibile e che sarebbe semplicemente arrivata silenziosamente di notte e tu avresti aperto le tende della camera da letto e c’era la città nel campo dietro di te» (fig. 3). Una sosta di una settimana e poi sarebbe ripartita verso un’altra destinazione. Una città nomade. Un concetto un po’ simile all’opinione che «tutti potrebbero essere famosi per cinque minuti, la cosa di Marshall McLuhan» o di, aggiungiamo noi, Andy Warhol. Il pensiero, sullo sfondo, era quello che lo spettatore sarebbe diventato finalmente lui l’attore protagonista, come nel “Fun Palace”, il rivoluzionario teatro di Cedric Price, l’“anti-architetto”, come egli amava definirsi, commissionato da Joan Littlewood a partire dal 1961 e rimasto soltanto sulla carta. Instant City, vero work-in-progress, non si presentava in modo univoco: «C’era la mia versione – afferma Cook – e c’era la versione di Ron Herron». Quest’ultimo ne aveva ideato una variante per Los Angeles (Instant City at Los Angeles, 1968 e Instant City. Santa Monica & San Diego freeway intersection L.A., gennaio 1969, fig. 2). Come in tutti i progetti degli Archigram, infatti, l’idea era in continuo sviluppo e mutamento: «Ci sono disegni strani – ricorda sempre Cook –, come quello che mostra cosa accade se una Instant City da un dirigibile viene calata in una città, in modo da avere una serie di elementi “parassiti” che sono realmente attaccati alla città stessa».3 Il dirigibile, chiamato dagli Archigram “giant skyhook” (“gancio celeste gigante”), operava secondo due modalità diverse: per Cook, più tradizionalmente, avrebbe portato nel suo ventre l’attrezzatura per poi scaricarla sul posto, mentre Herron aveva immaginato che il dirigibile si potesse aprire in aria in tre parti, «lasciando cadere il suo contenuto tecnologico sul centro sottostante».4 In pratica, in questo caso, per Cook, l’azione era quella di infiltrarsi «in WH Smith o in cima a un autobus. Non lo lasci [il materiale di cui è fatta Instant City] semplicemente in un campo, bello e separato. Voglio dire, c’è un intero territorio lì in cui ci si potrebbe trasferire, che è un misto tra un insieme di parti organizzate e inventate e una sorta di effetto agitprop su una città». Un progetto, quest’ultimo, che Cook dichiara, nel finale dell’intervista, di non avere «[…] mai perseguito, ma c’è un intero territorio che penso possa inviare messaggi all’attuale generazione».5

Jova Beach Party, Muraglione in Darsena, Viareggio, 30 luglio 2019, immagine tratta da https://www.nove.firenze.it/jova-beach-party-a-viareggio-tutte-le-informazioni-utili.htm

Quest’ultima frase sembra essere l’assist per il nostro Lorenzo Cherubini, che, benché non possa dirsi un giovane dell’ultima generazione – ha pur sempre cinquantacinque anni, anche se non li dimostra per la voglia che ha di mettersi sempre in gioco – ha appunto colto in pieno lo spirito di Instant City (e, se non ne fosse stato a conoscenza, la cosa sarebbe ancor più significativa). La scenografia del Jova Beach Party sembra infatti essere uscita direttamente dai disegni degli Archigram: strutture provvisorie coloratissime, figure e immagini pop (fig. 4), e perfino il dirigibile Italdron (fig. 5) – anche se con una diversa funzione – per le riprese dello spettacolo dall’alto. Soprattutto un fotomontaggio sembra riproporre perfino la location – che orribile termine! – dei concerti di Jovanotti. Si tratta dell’immagine realizzata da Peter Cook per un’Instant City a Bournemouth (1968, fig. 1), località balneare nel Dorset, sulla costa meridionale dell’Inghilterra. Nel fotomontaggio, si vede una moltitudine di persone lungo la celebre spiaggia di più di dieci chilometri, mentre una serie di palloni aerostatici sta calando a terra mega-schermi, tendoni da circo e impalcature metalliche (pylon-truchs).6 Un’anticipazione di quasi mezzo secolo del Jova Beach Party. Se non fosse una fonte, sarebbe senz’altro una profezia.

Con una notevole differenza: Instant City appariva improvvisamente dal nulla, senza alcun preavviso, da un giorno all’altro, muovendosi preferibilmente di notte, su un territorio o dentro una città; lo Jova Beach Party è minuziosamente progettato e annunciato mesi prima dell’evento. Anche se ciò non sottrae nulla all’aspetto evenementiel della serata del concerto.

Detto questo, rimangono certamente molte domande in sospeso: è veramente ecologia fare mega-concerti sulle spiagge? L’elemento ecologico, d’altro canto, sembrerebbe certificato dalla partnership col WWF, anche se il recente intervento di Legambiente contro la scelta della spiaggia di Barletta per il concerto del 30 luglio prossimo rende la questione del rapporto tra concerto e tutela dell’ambiente quantomeno oggetto di discussione.7 Così come l’altrettanto recente polemica di Italia Nostra contro il taglio dei tamerici per ampliare l’area dei prossimi concerti dell’8 e 9 luglio a Marina di Ravenna, sta a dimostrare.8

Per quanto ne sappiamo, Peter Cook e gli Archigram non si erano soffermati sulle possibili conseguenze dell’atterraggio di Instant City sui territori in termini di scorie, così come non era stato considerato un problema, all’epoca, il lascito di rifiuti sul prato di Woodstock (fig. 6).9

Oggi siamo molto più consapevoli (?) dell’impronta negativa da noi lasciata sul pianeta. Chissà che non si riesca a far convivere, pace, amore e lusus, per dirla coi latini, o fun, per dirla col latino di oggi, nelle prossime Instant City o Jova Beach Party che verranno.

Il dirigibile Italdron al Jova Beach Party 2019, immagine tratta da https://italdronservice.com/multimedia-services/events-shooting.

Note:

  1. https://www.ravennaedintorni.it/societa/2022/06/20/da-woodstock-al-jova-beach-party-ma-quanto-e-green-la-cultura-rock/
  2. Archigrams Instant City concept enables a village to become a kind of city for a week says Peter Cook, 13 maggio 2020, https://www.dezeen.com/2020/05/13/archigram-instant-city-peter-cook-video-interview-vdf/ [data di visualizzazione: 4 giugno 2022].
  3. Questa e le precedenti citazioni sono tratte ibid.
  4. Marco Wolfler Calvo, Archigram / Metabolism. Utopie negli anni Sessanta, Napoli, Clean, 2007, p. 85. L’autore, giustamente, fa notare la difficoltà di questa operazione: «[…] resta più di un’ombra su come i vari dispositivi high-tech riescano a trovare le collocazioni giuste “piovendo” tutt’insieme all’improvviso dal cielo», ibid. Il volume contiene una esaustiva disamina del progetto nel paragrafo: Instant City di Peter Cook, Dennis Crompton we Ron Herron: l’architettura come “attrezzatura mobile” (Londra 1968-69), pp. 82-86.
  5. Questa e la precedente citazione è tratta da https://www.dezeen.com/2020/05/13/archigram-instant-city-peter-cook-video-interview-vdf/ [data di visualizzazione: 4 giugno 2022].
  6. Come traduce Wolfler Calvo (Archigram / Metabolism. Utopie negli anni Sessanta, cit., p. 84): «tralicci innestati su camion».
  7. Cfr. Legambiente interviene sul Jova Beach Party 2022. «Condanniamo fermamente il luogo in cui si svolgerà», 26 maggio 2022, in https://www.barlettaviva.it/notizie/legambiente-interviene-sul-jova-beach-party-2022/ [data di visualizzazione: 4 giugno 2022].
  8. Cfr. Ravenna, Jova Beach Party e le tamerici abbattute. Italia Nostra. “Bugie con le radici corte”, 9 aprile 2022, in https://www.corriereromagna.it/ravenna-jova-beach-party-e-le-tamerici-abbattute-italia-nostra-bugie-con-le-radici-corte-video/ [data di visualizzazione: 4 giugno 2022] e Luca Bortolotti, Jova Beach Party, tutto pronto a Marina di Ravenna. Gli ambientalisti: Tagliate 50 tamerici, 31 maggio 2022, in la Repubblica. Bologna, https://bologna.repubblica.it/cronaca/2022/05/31/news/jova_beach_party_tutto_pronto_a_marina_di_ravenna_ma_italia_nostra_protesta-351936958/?ref=RHTP-VS-I270681067-P22-S13-T1 [data di visualizzazione: 4 giugno 2022].
  9. Cfr. Massimo Poggini, Woodstock non fu solo peace & love, ma anche devastazione ecologica, 21 dicembre 2020, in Spettakolo!, https://www.spettakolo.it/2020/12/21/woodstock-non-fu-solo-peace-love-ma-anche-devastazione-ecologica/ [data di visualizzazione: 4 giugno 2022] e Pace, amore e rifiuti da Woodstock a noi, 21 marzo 2022, in https://www.quotidiano.net/economia/impreseitaliane/pace-amore-e-rifiuti-da-woodstock-a-noi-1.7486704 [data di visualizzazione: 4 giugno 2022].
Burk Uzzle, Woodstock [Nick e Bobbi Ercoline], 1969, foto utilizzata per la copertina dell’album triplo Woodstock. Music from the Original Soundtrack and More, pubblicato nel 1970 dalla Cotillions Record.
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2 Commenti

  1. Bel pezzo, anche se con la tendenza ad assolvere. Andando oltre il fascino dell’architettura degli anni ’60 e ’70, o dei personali gusti musicali, i concertoni di Jovanotti in ambienti naturali, sono più semplicemente del buisness. Economia dei ricchi calata su spiagge di tutti, viventi e non viventi compresi. Praticamente uomini che estraggono capitale da territori che non appartengono loro, sostanzialmente eludendo le relazioni fra viventi. In breve non si può giustifcare un atto unilaterale che modifica, pure brevemente, un paessaggio naturale abitato e costituito non solo da uomini…

  2. Interessante articolo e bellissime le immagini di repertorio. Non conosco gli aspetti commerciali del Jova Beach Party (si paga il biglietto? L’area è ad accesso controllato? Aperta al pubblico senza barriere?) ma è innegabilmente un evento d’affari comunicato con raffinatezza, d’altro canto c’è uno sforzo per cambiare la percezione e la mentalità di chi partecipa che si discosta enormemente, diciamo, dal vedere i Rolling Stones a Milano qualche giorno fa.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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