Morire di strati
di Giovanna Conti
Pellicola
Morire di strati
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Riferimenti
Pellicola
In Note per una pellicola, cito il nome Costanza avendo a mente la regista italiana
Costanza Quatriglio ed il suo recente film, Il cassetto segreto (2024), dedicato alla
memoria paterna. L’ingiunzione “decidere cosa tenere o cosa lasciare” viene dal
film, io l’ho modificata in versi.
I collage di questa sezione intrecciano una foto di un giovane Roland Barthes tratta
dal suo Roland Barthes (Vintage, London, 2020) e una fotografia di mio padre
bambino. Ancora sorrido alla somiglianza tra i volti.
una pellicola su (Jon) Giovanni dialoga col testo Notes Towards a Film About My
Father (Jon) della poeta americana Eleni Sikelianos, contenuto in The Book of Jon
(City Lights, San Francisco, 2004). I versi inglesi sono citazioni sparse di questo
componimento.
Morire di strati
Cirro comincia con una mia traduzione scartata/sbagliata di un passo di Mourning
Diary (Hill and Wang, New York, 2009) di Roland Barthes. Di seguito, per intero
con punteggiatura originale: “November 1 / What affects me most powerfully:
mourning in layers—a kind of sclerosis. [Which means: no depth. Layers of
surface—or rather, each layer: a totality. Units]” (p. 28). Stratificazione e spellatura
si intrecciano, come due facce allo specchio.
[…] L’immagine che ritrae mio padre e una ragazza sconosciuta seduti di fronte a un
quadro è stata scattata da me al Moma di New York nel gennaio 2023. Non ricordo
l’autore né il titolo del quadro. Si potrebbe trattare di un untitled di Cy Twombly
(secondo l’identificazione fatta da ChatGPT) a me, però, resta il dubbio.
Comunque, ho ritagliato la scena all’infinito e perso ogni piccolo appiglio…
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Una nota dell’autrice
I testi poetici e le immagini che ho raccolto interrogano la figura di mio padre a partire dalla sua faccia difficile. Se il tentativo dell’io poetico è quello di una “spellatura” e sperata conoscenza della figura paterna, quest’ultima sembra, però, sottrarsi ad ogni contatto. La sua faccia ha aria di nuvola, tra le mani di figlia non resta, forma inconsistente si libera. Di fronte all’inconoscibilità reciproca, si muovono le mani dell’uno e dell’altra: padre e figlia si afferrano, tagliano, riprendono senza sosta. Apoesie più tradizionali ne ho affiancate diverse fatte di cancellature, sovrapposizioni, numeri che pungono. I collage sono ottenuti da mie foto di famiglia, documenti legali di divorzio, immagini di recenti alluvioni. La speranza è che i continui passaggi di stato—dall’Italia all’America e poi indietro, dagli sbuffi di mio padre alla sua rabbia dura—ci allontanino, modifichino, riuniscano in verso più pacifico. Controparte essenziale del taglio è forse il lavoro di cucito? Io sono il filo, il figlio, la figlia, ho la forza di un pollice incallito.
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Giovanna Conti vive e lavora tra gli Stati Uniti e l’Italia. Sta facendo un dottorato di ricerca in cinema e letteratura contemporanea a Brown University, dove insegna nei dipartimenti di Italian Studies, Comparative Literature e Modern Culture and Media. Ha esposto alcuni suoi lavori di blackout poetry alla mostra “Unprecedented” presso la Brown Rockfeller Library (Providence, RI). Ha vinto il terzo premio di Italian Poetry Today dell’università di Oxford (UK) per poesie inedite. Questi estratti fanno parte di un’opera verbo-visiva inedita ancora in lavorazione.