Lunari

di Giuliana Pala

 

Primo round
Tutto somiglia alla volta (ormai è una volta perché questo libro va pur fatto e il tempo passa)
in cui un uomo stava disteso su un cerchio e quel mondo pareva un altro mondo
e la terra pareva un’altra terra: (è così che si prende tempo una volta che l’ora è esaurita
quando comporre e ricomporre diviene un esercizio per affezionati).
Beato te, amico, che puoi esserti caro sempre, qui serve una salita, una rincorsa
che aiuti a far dell’apparso un racconto ripetibile, frequentabile a ferro freddo. 
Batto, ribatto, faccio incursioni, chiudo gli occhi a giorni alterni sperando
che si apra ancora quel mondo e la sabbia si faccia un paesaggio prossimo.
Ma è breve la visione, e quando qualcuno suggerisce: falla durare, durala, tesoro!
le acque danno in cambio novità mostruose, case di bambole, sghignazzi. 
Eppure, a volte, una boa casca ancora nel mare come un fiore sbocciato
e accorrono animali rapidi da ogni corsia, il mare diviene un giardino e si riempie 
e allora tu guardalo, corri verso il centro, di’ a gran voce: ti vedo, anzi, ti rivedo.

 

 

 

Prima strategia 
Solleva le mani alte e fai un salto nella buca
che lo facciamo vedere anche a te
così quando torni lo fai vedere agli altri, glielo dici dove sei stato
che quelli non ci credono mica, non se lo aspettano
se non fai in tempo, lo sai come va a finire
ci sono pochi istanti di sospensione e uno lo sa
che ci vuole poco per pensarsi in tutto possibile
che succede, che è parte del gioco far tornare i conti
costruire una storia fantastica di piedi volanti
con una versione sempre più vera della tua.
Per questo chiudiamo stretti gli spiragli
che se no qualcosa si impiglia
e tocca darsela a gambe.

 

 

 

Richiesta d’aiuto  
Se ti esponi faccia faccia, se dici una narrazione delle tue
lo sai che finiscono per dirti che forse è vero
che se lo hai pensato esiste, pure Wittgenstein lo dice
che si può trascrivere, dire, fare: metti per iscritto
componi, sfogati dio santo!
Si allontanano sempre nella stessa maniera:
camminano nelle foci come lunghi cortei, avanzano
li vedi andare e tu nel sogno non puoi mettere dito
non puoi infilarci le mani a tirarne fuori uno
uno a caso, quello che vuoi tu
per fargli dire: anche io, cristo!, anche io, uguale.

 

 

 

Seconda strategia
Dentro la buca devi fare un gioco strano: pensare che il vero è sopravvalutato
che niente lo è oppure lo è tutto ma che, in fondo, che importa
devi trovare una disposizione precisa, sospendere il giudizio
lasciare che il razionalismo e ogni margine di certezza collassi.
Solo quando sei così predisposto, ecco che ti circonda una luce forte
il corpo si fa tonico, le punte si sollevano ed è come sott’acqua: tutto fa un suono
abbassato di volume e intensità. Lì sotto si capisce cosa significhi sfondo:
la figura sta al centro, partecipa, traccia un punto di rapida fuga.

 

 

 

Non darti alla fuga 
Ma se cambiamo posto chissà come va a finire
bisognerà piantarla con l’avere fiducia
perché anche per quella ci vuole un credo
ci appariranno alle soste sirene e strani animali alati
e tu dovrai cacciare fuori
un certo coraggio per non farti incantare
si sa che nell’acqua succede di tutto, e il corpo non può più stare fermo,
si sa che si accetta un patto curioso, per cui è il mondo a curiosare
a dirti incalzante: Suvvia! Cos’hai da dire, così distesa?

 

 

 

Avvertimento 
Se ti prendi il mio pesce cielo giuro che ti taglio le mani
a ciascuno il suo!, diceva il saggio quando prevedeva
quando di fronte al colloquio amoroso sollevava lo sguardo
a cercare una coda o una lisca che facesse strada.
Se ti prendi il mio pesce cielo sarà un bel misfatto
e toccherà stabilire un ordine di priorità: acqua // acqua // acqua
valuta tu! ma sappilo che non è un gioco da ragazze
avere a che fare con tanto ben di dio
vedere un giorno di colpo una figura remota
farsi vicina vicina, non sapere davvero che pesci pigliare.

 

 

 

K.O., Kepler Out. 
Bravi tutti! Adesso si torna a casa, infilate i sandali
e di colpo sembra di aver indossato occhiali bianchi
(che binocoli grandi che avete!, che binocoli grandi!)
e che la pagina si sia estesa come un deserto
e abbia fatto col verso un solo misero chilometro
quanto basta per dire: questo è esistito. 
Detto fatto. Il quadro è svanito
A questa distanza, con questa postura, per caso adesso
rivedo un pesce azzurro sorridermi cubitale
aprirmi la strada come uno scrigno:
per inciso, tra i denti: sono vero.

 

 

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Giuliana Pala, Lunari, ExCogita 2025 (collana Distonia)

 

(Dalla prefazione di Riccardo Innocenti e Fabrizio Miliucci)

Un testo che non assomiglia a niente, che non ricorda ciò che solitamente ci capita di leggere. Lunari è una boccata d’aria fresca e salmastra, e ha il gusto del piccolo svarione che prende quando, ritornando a riva dopo un bagno in mare, si sale su uno scoglio poggiando il piede sulle alghe scivolose che crescono fra le patelle e i denti di cane.

Lo stile delle poesie di Pala si allontana con misura e consapevolezza dal grado zero della scrittura, senza indulgere in espressionismi da poeta “pascoliano impazzito” e dimostrando, invece, la fiducia nella possibilità che il linguaggio possa farsi creazione, essere più di un veicolo di immagini paralizzanti.

La ponderosa e sofferta ricerca di questa autrice sulle tracce della propria opera non dà, tuttavia, adito a strutture frammentarie, né tantomeno a un progetto poematico di narrazione del mondo. Lunari è un album di ricordi futuri, un esperimento sul piacere di scrivere e di ricordare, un gioco che si avvita sulla curva infinita di uno specchio riflesso in un altro specchio.

La protratta indecisione fra linguaggio e realtà avvertibile in questi testi produce effetti differenti, ma non per forza contrastanti. Pala, insomma, prova a formare cose con le parole o, al contrario, tagliuzza la materia in sillabe che finiscono per diventare figura di cose. Concreto e astratto – campi dell’espressione che non hanno più luogo al tempo del deep fake – si scambiano senza troppi problemi, vorticando attorno a un io che continua a cercarsi a fatica fra i volti che lo circondano. Da tutto ciò, Pala emerge con un tarlo in testa. Ovvero questo libro.

 

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Giuliana Pala nasce a Oristano nel 1997. Consegue la Laurea Magistrale in Italianistica, presso l’Università di Bologna. Nel 2022 vince il premio Esordi di Pordenonelegge e nello stesso anno lavora come assistente e lettrice per la Georg-August Università di Gottinga. È tra i membri fondatori del progetto Lo Spazio Letterario. Attualmente vive e lavora a Bologna.

 

 

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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