A quarantadue anni
Di Yousef Elqedra
A quarantadue anni,
non si nasce più.
Le ossa, logore
il cuore, simile a un vaso riarso da una lunga estate.
Il vento mi attraversa la testa,
lasciandovi il lamento remoto
di una colomba che mai trovò il suo nido.
A quarantadue anni,
sono divenuto leggero come l’ombra
di un ragazzo morto prima ancora di ricordare il proprio nome.
Cammino su un marciapiede dimenticato,
conto le crepe come si contano le disgrazie.
Gaza:
una scalfittura nel cranio.
Ogni volta che muoio, rinasco.
E ogni volta che rinasco, perdo un frammento di me.
Le mie cerimonie
sono fotografie di me che sorrido,
con il vuoto sullo sfondo.
A quarantadue anni,
so che l’uccello che un anno fa ha sfiorato la mia finestra
ero io,
e che le pareti volate in aria,
nascondevano il sole.
Perciò ho dimenticato la forma del letto,
della finestra,
e dello specchio che un tempo mi riconosceva.
Ma ricordo con chiarezza di non essere un sopravvissuto.
I sopravvissuti non dormono con i fantasmi.
Io continuo a restare
nell’aria,
nella cenere,
nel nodo in gola di una canzone spezzata all’improvviso.
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Yousef Elqedra è un poeta palestinese di Gaza, oggi rifugiato a Marsiglia. Qui nella traduzione di Sana Darghmouni. Su Nazione Indiana sono apparsi diversi suoi testi, come la serie Memorie da Gaza L’esodo da Gaza e L’altro volto della resistenza. Oggi è il suo compleanno.
La foto in copertina è del fotoreporter Mahdy Zourob, pubblicata nel suo profilo lo scorso gennaio, quando si confidava in un vero cessate il fuoco.
Di certo, non si sopravvive quando si continua a pensarsi accanto a tutte e tutti coloro che restano tra le macerie, sotto le fucilazioni, carne e respiri che non si vuole trasformare in muta cenere. Dobbiamo anche noi non permetterci di essere sopravvissuti.
Grazie a Nazione Indiana per la sua attività meritoria, costante, di far conoscere le voci poetiche che ancora resistono a Gaza.