Numeri immaginari

[È uscito per Tetra il racconto Numeri immaginari di Ezio Sinigaglia. Ne propongo un estratto. ot]
di Ezio Sinigaglia
Quando ritorna, sospingendo il carrello con le coppe, il secchiello del ghiaccio, la bottiglia, il salame affettato, il parmigiano a scaglie, il pane di giornata, Verbis trova Mirko che si dondola sul dondolo, estasiato, ad occhi chiusi. Però li spalanca al primo tintinnio: due occhi oblunghi, che alla luce del giorno hanno il colore della sabbia, o della lana di cammello, e adesso, nell’ombra del terrazzo, sembrano scuri scuri, palpitanti di riflessi come il mare notturno. Due occhi languidi, assetati. E se fosse davvero? No, non ci credo. Non devo crederci. Per nessun motivo. No, sarebbe un errore ridicolo, da principianti.
Ah, che bellezza qui! Si sta d’incanto!
Sì, eh?
È incredibile, sa?
Che cosa?
Come due appartamenti.
Già, è vero.
Uno sopra l’altro.
Sì.
Perfettamente uguali nel taglio dello spazio.
Proprio identici.
Possano sembrare così diversi!
Lo sembrano?
No! Lo sono!
Le potremmo definire.
Come?
Le divergenze parallele.
Veramente! È una definizione formidabile.
Oh, via.
Però stasera.
Sì?
Ecco, se posso dire.
Puoi dire tutto quello che ti salta in mente.
Allora.
Sì?
Be’, stasera c’è una convergenza.
Fra gli appartamenti?
No, be’.
Fra gli appartati?
Ecco, sì, proprio!
E ride. Lieto, argentino. L’ironia del professore, così fine, lo delizia. Ride, riverso sul suo dondolo, e il dondolo si scuote. Le conseguenze sismiche di questo moto, adesso, per fortuna, si producono nell’ombra. Manifestazioni visibili, nessuna. Però Mirko si culla, appena appena, con lente oscillazioni irregolari, ed ogni ondeggiamento porta in su le ginocchia, in su e in avanti, le ginocchia nude, in piena luce. Belle ginocchia, e belle gambe, e cosce, per quel che se ne vede. Tutto fasciato nella guaina liscia, tesa, elastica che è la pelle dei vent’anni. Che non fa pieghe, ma è sempre increspata da una brezza inquieta. Che, d’estate, si fa d’oro. Pelli che sono trabocchetti per lo sguardo, vere bucce di banana. Si fanno scivolate insidiosissime, tremendi capitomboli. Bisogna stare all’erta.
Verbis deve entrare nella sfera dell’aroma pungente di basilico, per porgere la coppa. Mirko si dà una spinta un po’ più forte, per prendere la coppa. E lo splendore liscio delle ginocchia sfiora per un attimo la piega dei calzoni. Quelli del professore. Un tessuto leggerissimo, anche questo, benché non sia cotone. L’ardore della pelle dei vent’anni lascia come un alone sulla stoffa, che lo assorbe, lo filtra, lo trasmette alla pelle dei cinquanta.
