L’Événement di Ernaux al cinema: come non tradurre il trauma
[Sull’ultimo numero della rivista «L’ospite ingrato» è stato pubblicato un dossier dal titolo “Tradurre il trauma”, a cura di Giulia Marcucci e mia, con interventi di Tiphaine Samoyault, Domitilla Cataldi, Matteo Lefèvre, Simona Škrabec, Franca Cavagnoli, Laura Salmon, Renata Morresi, Nicoletta Pesaro, Silvia Pozzi e delle curatrici. Nel giorno di chiusura di questa edizione del Festival del cinema di Venezia, presento due stralci dell’articolo in cui ho analizzato il film che Audrey Diwan aveva tratto da L’Événement di Annie Ernaux e che le era valso il Leone d’oro nel 2021. L’intero numero della rivista è in open access qui. ot]

di Ornella Tajani
Introduzione: «Que L’Événement devienne écrit»
«Mon double vœu: que l’événement devienne écrit. Et que l’écrit soit événement»: inizia così L’Événement[1], con questo esergo di Michel Leiris che, come una cometa, traccia una delle cifre interpretative dell’opera di Annie Ernaux. Scrivere significa per lei portare a compimento ciò che si è vissuto, andare fino in fondo alle cose, realizzando inoltre quel salto dal particolare all’universale che caratterizza la sua costellazione di testi autosociobiografici. È uno dei motivi per i quali il racconto dell’aborto clandestino subìto nel 1963, ai tempi in cui l’interruzione di gravidanza era illegale, non si intitola semplicemente «L’aborto»: «“L’Événement”, et non “l’avortement”: entre les deux il y a la distance entre l’universel et le singulier»[2]. Cogliere questo aspetto dell’opera di Ernaux è essenziale: la sua scrittura muove dalla doppia condizione di donna e di transfuge de classe[3], il suo è un «je transpersonnel» che mira sì a raccontare la propria esperienza, ma iscrivendola nella traiettoria storica e sociale di una collettività.
L’episodio dell’aborto è trattato dall’autrice a più riprese: a partire dal suo primo romanzo, Les armoires vides, opera di impianto finzionale, fino a L’Événement, in cui ne ripercorre le tappe ormai senza più filtri, attraverso l’«écriture de la distance»[4] inaugurata con La place; i riferimenti a quelle traumatiche settimane affiorano però anche altrove, ad esempio nel più recente Le jeune homme, in cui la narratrice ormai cinquantenne, travolta dalla relazione passionale con un ragazzo molto più giovane, annota che l’appartamento di Rouen in cui fanno l’amore si trova di fronte all’ospedale in cui era stata all’epoca ricoverata. In effetti, quella di Ernaux è definibile come una «poetica del ritorno»[5]: non solo rispetto ai contenuti (il ritorno alle origini, il ritorno su ciò che è stato), ma anche rispetto alla forma: ripercorrere i medesimi avvenimenti, «mais jamais de la même manière»[6], costituisce per lei uno degli obiettivi della scrittura, unico possibile «accomplissement» del vissuto.
Questa insistenza, questa necessità di affrontare un nodo del passato, testimonia già il carattere traumatico dell’esperienza dell’aborto, qualcosa che per lei era diventata «la mesure de toute chose»[7]: non riuscire a liberarsi di una gravidanza indesiderata rappresentava la fine del suo sogno di emancipazione sociale e di un’esistenza in cui poter ricercare liberamente il proprio piacere. L’asciuttezza della prosa, la crudezza di alcune immagini, unite al consueto metadiscorso attraverso cui l’autrice mostra le difficoltà di scrittura in cui incorre, scuotono chi legge e restituiscono con forza la drammaticità dell’accaduto.
[…]
Dal racconto al film di Audrey Diwan
Nel 2021 il film eponimo L’Événement di Audrey Diwan vince il Leone d’oro alla 78esima edizione della Mostra di Venezia, un successo celebrato dalla stessa Ernaux, che con la regista ha dialogato durante la stesura del progetto e insieme a lei ha preso parte a occasioni pubbliche di presentazione[8]. La critica ha complessivamente lodato l’aderenza del prodotto cinematografico al testo letterario, esaltando ad esempio il modo di trasporre su schermo l’asciuttezza della prosa ernausiana, o apprezzando l’insistenza della telecamera sul corpo dell’attrice protagonista (Anamaria Vartolomei), che ben tradurrebbe la sofferenza patita dalla narratrice[9]. La tesi esposta in questo articolo va però in un’altra direzione: la visione del film sembra infatti produrre un effetto[10] consistentemente diverso dalla lettura del libro, in particolare rispetto alla traumaticità dell’evento raccontato, che ne risulta indebolita; alcune scelte della regista, inoltre, espungono elementi del récit che, lungi dal costituire piccoli dettagli, condensano in sé aspetti rilevanti della poetica di Ernaux.
Nel racconto l’agenda tenuta a quel tempo – così come, altrove, i fondamentali diari, che spesso servono all’autrice come documento della memoria, e che di frequente si innestano nella scrittura prettamente letteraria – fornisce degli appunti essenziali, che Ernaux commenta nel testo, producendo il metadiscorso già menzionato. Nell’agenda la gravidanza non è mai nominata come tale: le espressioni generiche che in L’Événement l’autrice usa per farvi riferimento tradiscono la voglia di tenere a distanza quanto sta accadendo («ça», «cette chose-là»). L’unico momento in cui compare il termine «incinta» è sintomatico: dopo che il medico mette al corrente la ragazza del suo stato, lei torna a casa e annota «Je suis enceinte. C’est l’horreur»[11].
Che cosa succede dopo? La protagonista racconta il tempo che si ferma su quella che è un’unica ossessione: trovare il modo di abortire. Chiede aiuto a un compagno di corso, il quale promette di metterla in contatto con un’amica che ha il nome di una faiseuse d’anges, di una mammana; intanto la protagonista si rivolge a dei medici, chiedendo aiuto e non ricevendone mai. Non riesce più a scrivere, a lavorare alla tesi. La sua percezione del tempo è descritta così: «l’interminable lenteur d’un temps qui s’épaississait sans avancer, comme celui des rêves»[12]. Una sera racconta di essere uscita:
Lors d’une soirée à la Faluche où je m’étais rendue avec des filles de la cité, j’ai éprouvé du désir pour le garçon, blond et doux, avec qui je dansais continuellement depuis le début. C’était la première fois depuis que je me savais enceinte. Rien n’empêchait donc un sexe de se tendre et de s’ouvrir, même quand il y avait déjà dans le ventre un embryon qui recevrait sans broncher une giclée de sperme inconnu. Dans l’agenda, «Dansé avec un garçon romantique, mais je n’ai pas pu faire quoi que ce soit».[13]
La sottolineatura è dell’autrice: presente nell’agenda, viene riportata nel testo. Non è un dettaglio di poco conto; alcune pagine prima la protagonista ha rifiutato l’avance dell’amico a cui ha chiesto aiuto, attribuendo a lui l’idea che ormai si potesse “approfittare” del suo stato, essendo il danno già fatto.
Nell’estratto citato sembrerebbe che questo pensiero si sia fatto strada dentro di sé, ma poi, davanti alla possibilità di un rapporto con il ragazzo biondo e gentile che le piace, la narratrice annota nell’agenda «je n’ai pas pu». Il corpo, ormai posseduto da una gravidanza non voluta, traumatizzato dalla prigionia che sta vivendo, non può più rispondere al desiderio.
Che cosa accade nel film? Questa incapacità del corpo di godere non è rappresentata. Fra i vari elementi e personaggi introdotti ex novo dalla regista, c’è la figura di un pompiere biondo, che Anne incontra più volte, e con il quale sceglie di fare l’amore appena uscita dal locale che corrisponde in tutto alla Faluche nominata da Ernaux. Nel film la scena dell’abbordaggio dura più di 2 minuti, all’interno dei quali oltre un minuto è riservato esclusivamente all’amplesso[14], consumato in piedi contro una parete: la mimica facciale e i gemiti della protagonista non lasciano spazio ad alcuna ambiguità sul godimento che il rapporto le provoca. L’erotismo complessivo della scena, inoltre, non può che essere una scelta deliberata della regista. Eccone due fotogrammi nell’intervallo 1.08.30-1.09.40.

È chiaro che non si tratta del medesimo episodio narrato da Ernaux: come già detto, la figura del pompiere nel libro non esiste. Pur tuttavia la comparazione è inevitabile, perché laddove nel libro è evocata l’assenza di un rapporto sessuale desiderato, cioè l’incapacità del corpo traumatizzato di sbrigliarsi dalla coscienza, parafrasando un titolo di Susan Sontag, per poter godere, una incapacità addirittura sottolineata tipograficamente dall’autrice, nel film vediamo invece la protagonista del tutto padrona del proprio desiderio, addirittura in grado di indirizzarlo verbalmente nell’atto dell’amplesso, tramite piccole indicazioni proferite al ragazzo sulle sue preferenze. L’esperienza traumatica che sta vivendo, e di cui l’autrice nel libro constata e registra le tracce, nel film viene obliterata. Sembrerebbe che nella trasposizione di Diwan sia appunto il corpo a non essere ascoltato, benché continuamente esibito.
Nel racconto è peraltro indicativo il modo in cui Ernaux evoca invece il rapporto realmente avvenuto con l’uomo che l’ha messa incinta e che lei raggiunge in una località di mare, trattenendosi qualche giorno:
Nous faisions peu l’amour, et rapidement, ne profitant pas de l’avantage que procurait mon état – le mal était fait – pas plus sans doute que le chômeur ne profite du temps et de la liberté que lui accorde l’absence de travail, ou le malade perdu de la permission de manger et boire de tout.[15]
L’amore fisico è evocato come un atto sbrigativo e privo di coinvolgimento, ben lontano cioè dal godimento cui si assiste su schermo. Un godimento che, nella cornice temporale del racconto, resta impossibile persino nelle ultime pagine, dopo che il raschiamento è stato completato:
Un après-midi, j’ai suivi un étudiant en médecine, Gérard H., dans sa chambre de la rue Bouquet. Il a enlevé mon pull et mon soutien-gorge, je voyais mes seins menus et affaissés – ils avaient été pleins de lait deux semaines avant. J’aurais voulu lui parler de cela et de Mme P.-R. Je n’ai plus rien désiré avec ce garçon. Nous avons seulement mangé du cake que sa mère lui avait confectionné.[16]
L’atto sessuale, ancora ingestibile dopo il trauma, è sostituito dalla merenda pomeridiana preparata dalla madre del compagno d’università, quasi seguendo un moto di regressione all’infanzia.
Come mai Diwan ha voluto introdurre la scena sopra descritta, a fronte di una così flagrante assenza nel libro di Ernaux? Non può trattarsi di una disattenzione – è, piuttosto, una deliberata risignificazione[17]. Una risignificazione che si riallaccia all’idea di fare un film politico non solo sul diritto all’aborto, ma anche sulla ricerca del piacere, come la regista ha dichiarato: «il y a deux choses qui m’intéressaient particulièrement. L’avortement bien sûr, mais je ne voulais pas que le sujet englobe le film. L’autre dimension à traiter c’est celle du plaisir»[18]; lo intuiamo anche dall’aggiunta di una scena di masturbazione condivisa fra amiche. Per quanto la rivendicazione del piacere femminile sia una costante nell’opera di Ernaux (Diwan dice di aver introdotto nel film elementi ispirati anche da altri libri dell’autrice)[19], l’aggiunta della compiuta scena di sesso, a fronte dell’incompiutezza, dell’impossibilità registrata nel libro, indebolisce consistentemente il carattere traumatico del racconto. E, se è vero che Ernaux parla di masturbazione nella sua opera, lo fa in maniera lapidaria, scrivendo ad esempio, in Les années: «Monter en ville, rêver, se faire jouir et attendre, résumé possible d’une adolescence de province»[20]. La dimensione del piacere è sempre privata, segreta, perché condannata dalla morale comune; non è mai condivisa, come invece, più “modernamente”, vediamo nel film. Peraltro, in interviste e recensioni al film[21] si cita la traumatica solitudine in cui affonda la protagonista, com’è verissimo nel libro[22], ma nell’adattamento cinematografico questa dimensione solitaria, seppur rivendicata dalla regista, non traspare: c’è spazio persino per una scena di complicità ridanciana insieme ai genitori.
È forse questo intento più o meno esplicitato di “modernizzazione”, o di occultata contestualizzazione[23], che porta la regista a espungere qualche dettaglio non solo storico[24], ma anche sociale; e, come accennavo prima, senza la componente autosociobiografica l’opera di Ernaux risulta snaturata[25].
[Continua qui]
___
Note
[1] A. Ernaux, L’Événement, in Écrire la vie, Paris, Gallimard, «Quarto», 2011, p. 270.
[2] A. Ernaux, Sur L’Événement, 2000, in P.-L. Fort (a cura di), Annie Ernaux, Paris, L’Herne, 2022, p. 98.
[3] A. Ernaux, L’écriture comme un couteau. Entretien avec Frédéric-Yves Jeannet, Paris, Gallimard, «Folio», 2011, p. 95.
[4] È con questa definizione che l’autrice ha sostituito in tempi recenti la formula inizialmente impiegata, e tuttora più diffusa, di écriture plate: A. Ernaux, Raisons d’écrire, in J. Dubois, P. Durand, Y. Winkin (a cura di), Le symbolique et le social. La réception internationale de la pensée de Pierre Bourdieu, Liège, Presses universitaires de Liège, 2015, p. 363.
[5] Approfondisco questa questione nel volume Scrivere la distanza. Forme autobiografiche nell’opera di Annie Ernaux, Venezia, Marsilio, 2025
[6] A. Ernaux, L’écriture comme un couteau, cit., p. 45.
[7] A. Ernaux, Sur L’Événement, 2000, cit., p. 98. Già un appunto nel diario del 1989 palesava il carattere traumatico dell’episodio vissuto: «Rêvé que j’avais un enfant, je le tenais dans mes bras, le montrais à la Châtaigneraie à tous les kinés. Puis je le laissais sur une table quelques secondes. Hurlement. Je le découvre le cou cassé et il est alors plus petit qu’une main. Je sais qu’il va mourir. En écrivant cela, je pleure et je sais que je “revis” mon avortement, et c’est l’insoutenable à nouveau», cfr. Se perdre, in A. Ernaux, Écrire la vie, cit., p. 744. Sull’importanza dei sogni rispetto all’aborto subìto ritornerò più avanti.
[8] Per esempio O. Gesbert, Annie Ernaux et Audrey Diwan font l’événement, «La grande table culture», 22 novembre 2021, https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/la-grande-table-culture/annie-ernaux-et-audrey-diwan-font-l-evenement-3153062.
[9] A titolo di esempio, si vedano: S. Grassin, «L’Evénement», mon corps, mon choix, «Le Nouvel Obs», 30 agosto 2022, https://www.nouvelobs.com/ce-soir-a-la-tv/20220830.OBS62548/l-evenement-mon-corps-mon-choix.html; R. Manassero, La scelta di Anne – L’événement, un film bello, durissimo, giusto, «Repubblica», 2 gennaio 2024, https://www.repubblica.it/spettacoli/mymovies-one/2024/01/02/news/la_scelta_di_anne_-_levenement_in_streaming_su_mymovies_one-421795877/; M. A. Bertuna, Audrey Diwan, La scelta di Anne – L’Événement, «Arabeschi», n. 18, luglio-dicembre 2021, http://www.arabeschi.it/audrey-diwan-la-scelta-di-anne–lvcnement/. Non sono mancate, tuttavia, voci fuori dal coro: A. Moussa, Sans voix, sans regard, «Critikat», 23 novembre 2021, https://www.critikat.com/actualite-cine/critique/levenement/.
[10] Utilizzo per ora un termine chiave della traduttologia di Jean-René Ladmiral, incentrata sulla traduzione letteraria interlinguistica; più avanti lo ricollegherò a categorie specifiche della traduzione intersemiotica.
[11] A. Ernaux, L’Événement, cit., p. 276.
[12] Ivi, p. 287.
[13] Ivi, p. 289.
[14] Una durata non irrisoria in un film di 100 minuti complessivi.
[15] A. Ernaux, L’Événement, cit., p. 296.
[16] Ivi, p. 316-7.
[17] Umberto Eco avrebbe forse parlato di «manipolazione»: U. Eco, Dire quasi la stessa cosa, Milano, Bompiani, 2003, pp. 325-326.
[18] G. Coutaut, Entretien avec Audrey Diwan, «Le Polyester», 14 ottobre 2021, https://lepolyester.com/entretien-avec-audrey-diwan/; sottolineatura mia.
[19] Ibid.
[20] A. Ernaux, Les années, in Écrire la vie, cit., p. 958.
[21] Ad esempio in J. Dougherty, L’événement from Page to Screen: Annie Ernaux, Audrey Diwan and the Subversion of Patriarchal Authority, «Imaginaries. Films, Fictions, and Other Representations of French-Speaking Worlds», https://h-france.net/imaginaries/all-issues/volume-13-issue-1-spring-2023/levenement-from-page-to-screen-annie-ernaux-audrey-diwan-and-the-subversion-of-patriarchal-authority/.
[22] «Dans le milieu universitaire, les deux filles que je considérais comme mes amies n’étaient plus là. L’une se trouvait au sanatorium des étudiants de Saint-Hilaire-du-Touvet, l’autre préparait un diplôme de psychologue scolaire à Paris». A. Ernaux, L’Événement, cit., p. 292.
[23] È una scelta rivendicata dalla regista, si veda O. Gesbert, Annie Ernaux et Audrey Diwan font l’événement, cit.
[24] Il riferimento all’assassinio di Kennedy, ad esempio: A. Ernaux, L’Événement, cit., p. 277.
[25] «Les différents aspects de mon travail ne peuvent pas être dépouillés de cette dimension politique»: A. Ernaux, L’écriture comme un couteau, cit., p. 74.
I commenti a questo post sono chiusi

ogni trauma si oppone decisamente al desiderio,incatena,genera solo se stesso infinitamente
Le opere della Ernaux sono, a mio avviso, un unico racconto profondamente autobiografico in cui lo sfondo sociale , storico , ambientale sono essenziali per lo svolgimento della trama/ vita di questa donna . Più dei personaggi ( a parte i due inadeguati ma amatissimi genitori) contano i pensieri interiori spietatamente trascritti . Io , fin dal primo libro letto , sono entrata dentro di lei ed ho visto la sua vita con i suoi occhi. Senza riuscire a spiegarmi il perché … il film non ha avuto per me questa potenza identificativa .
Avevo letto soltanto “Gli anni”. Dopo aver letto il tuo libro Marsilio su Ernaux ho comprato gli altri suoi libri e adesso riesco a capirla e sentirla. Grazie