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Glossopetrae / Tonguestones, di Simona Menicocci

di Gianluca Garrapa

Azioni, eventi, la pragmatica della parola: in Glossopetrae, il nuovo lavoro di Simona Menicocci, la giuntura è fra linguaggio, materia inorganica, economia e relativa condizione umana: ogni azione umana (quasi) // o ogni evento naturale (quasi). Di cosa parliamo e come?

La ricerca di sistemare il balbettio poetico non è declinante, bensì aurorale. Non è la decadenza dell’indicibile, ma del ripetibile che traversa e scuote l’abitudine. Le prime pagine già raccontano di un viaggio che avverrà straniero rispetto al quotidiano e moribondo fissarsi della parola solita e solitaria, estraneo al lirismo morboso come allo sperimentalismo finalizzato all’ego-nomia dello scrivente. Qui ci sono le mani che scrivono in digitazioni interagendo la propria pelle con la terra che cade. Parrebbe astrattismo e invece è diversione dell’uguale: microdrammaturgia dell’atto e dell’evento.

Essendo l’uomo non animale all’uomo, lupus, ma humus, homo, terra: homo homini humus o homo homini homo. E che non si tratti di pura poetica astratta epigonale fine novecentesca, ma disamina linguistico-economica del dato umano in ambiente post-digitale e post-capitalistico, lo si evince da certi sintagmi-slogan: il tempo è denaro; un’economia basata sul debito.

C’è il rapporto dell’uomo con l’uomo, dunque, e dei corpi. Un conflitto storico e sociale che viene riletto e riscritto di traverso. Tra oggetti e tempo, tra atti ed evenienze. Gli strati della pelle, le vicissitudini degli anni sulla parola particolare del parlante, il sostrato linguistico: c’è una filologia della terra che è l’altra mano del discorso astratto del morfo, che si scinde, che diventa puro morfema, pietra, non ulteriormente frazionabile, senza perdere il limite della propria sensorialità, ma comunque dicibile, riscrivibile, sebbene con un po’ di difficoltà: la divisibilità della materia / la distinzione delle cose. Vengono in mente le parole di Francis Ponge, nelle ultime pagine de “Il partito preso delle cose”: il ciottolo non è cosa facile da ben definire. D’altra parte, il ciottolo sembrerebbe essere uno stadio avanzato della pietra, anzi, è la pietra nell’epoca in cui comincia per essa l’età della parola, sempre a estrapolare da Ponge: Glossopetrae. E tutto ciò potrebbe sembrare pura metafisica, laddove, invece, in Glossopetrae, un passaggio segna la differenza pragmatica di cosa e oggetto: cosa // deriva da causa // è costituito da frammenti di pelle, unghie e fibre di vestiti, dove oggetto: lusus culturæ #10: l’oggetto basta a se stesso…

 Il gioco della cultura si integra con l’inverso del gioco naturale: lusus naturæ #3: l’uomo non basta a se stesso. E… ma cosa è questo ‘lusus’? il lemma d’azione/evento appare, come impartito in un diagramma musicale, a strati/intervalli quasi regolari, o quanto meno tali da armonizzare il canto delle pietre parlanti in una partitura linguistica e segnica: lusus culturæ #1: glossare la pietra; ‘lusus’ deriva da ludus: ha vari significati secondo il contesto, la situazione: giocare, poetare, sprecare, suonare, imitare, a seconda dell’uso: lusus naturæ #1; lusus pecuniæ #1’economia basata sul debito; lusus laboris #1: chi parla lavora gratis; lusus historiæ #1: genius loculi; lusus temporis #1: esseri stati prima; lusus mathematicorum #1: glossare il numero; e d’altra parte l’ ‘usus’ della parola del contesto poetico di Glossopetrae pare imprescindibile se si considera che di questo lavoro poetico abbiamo anche alcune versioni video-musicali, con gli interventi sonori di Luca Venitucci, sul canale di Youtube: a dire l’aspetto pragmatico di questa poesia in cui, al dato della pietra, il nuovo della lingua non è solo pendant, ma faccia altra e d’altrove. Tema e rema. Trema: la composizione è fruibile come una passeggiata sul greto di un fiume, quando la consistenza del velo liquido storce, sdoppia e amplifica il letto sottostante di ciottoli, ghiaia, sabbia, e tutti i livelli della pietra: le polveri le farine le ceneri le sabbie / i detriti i resti i segni i talchi. Poi c’è il lusus culturæ #4: esseri parlanti / parlati: molto interessante scoprire che come la pietra inorganica è levigata dal tempo, così gli esseri parlanti sono parlati da ciò che pretendono essere proprio: il linguaggio. A dirla tutta, gli esseri sono consumati dalla lingua, dall’economia, oltreché dalla natura. Siamo pietrificati dalla lingua delle televisioni, dalla violenza di un idioma che non comprendiamo più. Impietriti dallo sfacelo linguistico: nello scavo ideale si arriva alla distruzione totale; ma non è solo la narrazione di una distruzione, questo antipoema è pure il costruire / il desiderio e l’opinione / a partire da uno spazio / che non è proprio. Da uno spazio che precede la parola, nell’interstizio che fa dell’oggetto una cosa, nella microscopia del minoritario e del maggioritario che individua le cose definitivamente in pericolo; le cose in situazione critica; le cose vulnerabili; le cose notevolmente in pericolo; elenchi di parole provenienti dal globo. Glossopetrae è anche un’indagine sul futuro: noi siamo come nani sulle spalle di giganti (colluvie), e (non) / possiamo vedere più cose e più lontano, nonostante siamo sollevati / e innalzati dalla loro gigantesca grandezza, dice in nota e a tradurre la didascalia a margine di un disegno.

Ma Glossopetrae è anche antropologia della lingua: in alcune lingue aborigene dell’Australia / il nome coincide ‘semplicemente’ / con il pronome dimostrativo / «questo», lingua che resiste, e considerazione del negativo: l’erosione della terra della lingua. È il mondo che abbiamo a portata di mano: coesistenza, competizione, scomparsa /// gli esseri di tipo moderno // impronte su strati di ceneri  / per la raccolta dei materiali, una sorta di meccanico pessimismo che non travolge del tutto e che lascia ampio spazio alla ricomparsa, la rivoluzione: i pavimenti stanno per cedere, ma lo spazio reale / esiste. Una musicalità cosmica che cerchia i ritorni delle verticalità-uomo: dopo parecchi secoli viene elevato un muro / confinario di proprietà / in epoca successiva il muro viene abbattuto / in epoche recenti i muri vengono ricostruiti.

 Che punteggiatura ha il mondo / che cosa è una punteggiatura: i buchi la bocca le fosse le falde ricorda l’affascinante teoria-pratica dello psicoanalista Sergio Finzi e delle sue “giunture” del sogno con le leggi di natura, azione umana parlante e evento naturale muto e mutevole: g) azioni di accumulo: muri, civiltà, crepacci / d) evento del crollo degli accumuli elencati e relativi linguaggi / economie, sono due dei cinque punti dello schermo della formazione, primo tentativo quasi ironico di matematizzare la glossopietra che anticipa quella sorta di gioco-mathema successivo: la formula è la seguente: // N = R* x fp x ne x fl x fi x fc x L dove: / N: è il numero di civiltà con le quali si può parlare / R*: è il tasso medio annuo con cui si sformano le lingue.

 Gioco, antropologia, una sottile metafisica dell’azione parlante, una genealogia dell’inorganico che si interpola elegantemente al fenomeno filologico, economico, etnico. Glossopetrae è un mosaico matematico e desiderante, splendido e ipnotico, che oltrepassa il tempo e lo spazio e si conclude coll’hic et nunc della pagina bianca: situazione attuale: il presente questo, l’ora della lettura che si sospende senza finire: come scrive nella postfazione Marco Giovenale: “E la generazione, e la storia, presente: questa, e i suoi segni attuali, ai quali rinvia il bianco sospensivo dell’ultima pagina.”

Dunque buona lettura, e buona audiovisione!

 

Glossopetrae / Tonguestones, Simona Menicocci, ikonaliber edizioni, 2016, pag. 90, € 12

3 Commenti

  1. In Italia la poesia di ricerca contemporanea, come si diceva qualche tempo fa, è in linea di massima contemporanea al 1960. (E al 1960 italiano, non europeo)

  2. Azioni, eventi, pragmatica della parola:

    Glossopetrae, giuntura fra linguaggio, materia inorganica, economia e relativa condizione umana: ogni azione umana (quasi) // o ogni evento naturale (quasi).

    Di cosa parliamo e come?

    Ricerca: fissarsi della parola solita e solitaria, mani in digitazioni: pelle con terra che cade. Diversione dell’uguale: microdrammaturgia dell’atto e dell’evento.

    homo homini humus o homo homini homo.

    Conflitto storico e sociale: tra oggetti e tempo, tra atti e evenienze. Filologia della terra, altra mano del discorso astratto del morfo, che si scinde, puro morfema, pietra, non ulteriormente frazionabile, senza perdere il limite della propria sensorialità, ma comunque dicibile, riscrivibile,

    la divisibilità della materia / la distinzione delle cose. Francis Ponge, nil ciottolo è la pietra nell’epoca in cui comincia per essa l’età della parola, Glossopetrae, passaggio, differenza pragmatica di cosa e oggetto: cosa // deriva da causa // è costituito da frammenti di pelle, unghie e fibre di vestiti, dove oggetto: lusus culturæ #10: l’oggetto basta a se stesso…

    e d’altrove. Tema e rema. Trema: la composizione è fruibile come una passeggiata sul greto di un fiume, pietrificati dalla lingua delle televisioni, dalla violenza di un idioma: nello scavo ideale si arriva alla distruzione totale; vulnerabili; le cose notevolmente in pericolo; elenchi di parole provenienti dal globo.

    antropologia della lingua: dopo parecchi secoli viene elevato un muro / confinario di proprietà / in epoca successiva il muro viene abbattuto / in epoche recenti i muri vengono ricostruiti.

    Gioco, antropologia, metafisica dell’azione parlante, genealogia dell’inorganico che si interpola elegantemente al fenomeno filologico, economico, etnico.

    Glossopetrae è un mosaico matematico e desiderante, splendido e ipnotico, che oltrepassa il tempo e lo spazio e si conclude coll’hic et nunc della pagina bianca: situazione attuale

    • caro Simone, grazie mille per la densa lettura del testo, come si evince dal tuo commento e scusa la risposta tardiva – dimentico sempre che su NI ci sono ancora i commenti ;)

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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