ornella tajani

344 articoli scritti
Ornella Tajani insegna all'Università per Stranieri di Siena. Si occupa prevalentemente di critica della traduzione e di letteratura francese contemporanea. È autrice dei libri Scrivere la distanza. Forme autobiografiche nell'opera di Annie Ernaux (Marsilio 2025), Après Berman. Des études de cas pour une critique des traductions littéraires (ETS 2021) e Tradurre il pastiche (Mucchi 2018). Ha tradotto, fra i vari, le Opere integrali di Rimbaud per Marsilio (2019), e curato opere di Rimbaud, Jean Cocteau, Marcel Jouhandeau. Oltre alle pubblicazioni abituali, per Nazione Indiana cura la rubrica Mots-clés, aperta ai contributi di lettori e lettrici.

Bellocchio e il fallimento della parola

di Roberto Todisco
«Credo di tornare a voi in un’altra forma» scrive Aldo Moro dalla prigionia alla moglie Noretta. Aveva ragione. L’altra forma è quella dello spettro, che da più di quarant’anni agita i sogni di un intero Paese

La tempesta in giugno di Némirovsky

di Ornella Tajani
La vicenda editoriale di Tempesta in giugno di Irène Némirovsky, da poco apparso per Adelphi, è complessa, travagliata e reca i segni del secolo che ha dato vita al romanzo. Si tratta di una nuova versione di Suite francese, basata su un dattiloscritto posteriore al manoscritto originale.

Mots-clés__Treno

di Daniele Ruini
E sento nel lume sereno/lo strepere nero del treno/che non s'allontana, e che va/cercando, cercando mai sempre/ciò che non è mai, ciò che sempre/sarà...

La guerra e la Champions League

di Pasquale Palmieri
Perdi l'ultimo brandello di speranza quando ti accorgi che la guerra è raccontata come se fosse una partita di Champions League. Accade sui giornali, in televisione, sui social, al bar o al mercato.

A fondo nel Mar Rosso

di Nick Casini
Fa freddo in fondo al Mar Rosso. La pubblicità sulla rivista della compagnia aerea spergiurava che il primo respiro sott’acqua è come il primo bacio: non si dimentica. E io ci ho creduto, nonostante non ricordi nulla del mio primo bacio

Su “Memory Box” di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige

di Roberto Todisco
Il giorno della vigilia di Natale, a Montreal, a casa di una famiglia composta di sole donne (nonna, madre e figlia) arriva una misteriosa scatola. [...] Il pacc arriva da Beirut, la città da cui Téta e sua figlia sono fuggite durante la guerra civile libanese degli anni ottanta.

Questo stratificarsi di gesti e tempi. Cinque fotogrammi di madri e figlie

di Chiara De Caprio
La foto, allora, dovrebbe consentirmi di capire che cosa trattiene la mia attenzione e fa scorrere un’emozione impercettibile e lontana, a cui non so, in prima istanza, assegnare un nome

This must be the place. David Byrne e lo zen – seconda parte

di Giorgio Sica
Sono anni di straordinaria intensità, durante i quali Cage studia il buddismo zen, la filosofia indiana e il taoismo al Black Mountain College insieme a David Tudor. Segue le lezioni di D. T. Suzuki e considera lo zen come un'impostazione filosofica con cui ridiscutere il concetto di musica.

This must be the place. David Byrne e lo zen – prima parte

di Giorgio Sica
L’iconica This must be the place dei Talking Heads, uno dei brani più celebri dell’art rock a cui pochi anni fa Paolo Sorrentino ha dedicato un omonimo film, mi ha sempre stupito per il suo carattere buddista, più precisamente buddista zen