da Chiunque cerca chiunque
Le 14 Juillet
Decimo capitolo
di
Francesco Forlani
Quando il mio amico Andrea, originario di Berlino Est, si ubriaca, la prima cosa che ti dice è che i tedeschi sapranno pure creare opere monumentali, comporre musiche capolavoro, perfino giocare un calcio tale da vincere i mondiali e nondimeno commettere le peggio mostruosità della storia, tutto ciò con estrema naturalezza, però quando si tratta di festeggiare ne sono assolutamente incapaci. La goffaggine e la colpevolezza Luterana – ben altro dall’uterino cattolico senso di colpa- ostacoleranno ogni dimensione collettiva ma soprattutto individuale, tutte le possibilità di condivisione dell’allegria così messa a dura prova da una pesantezza tanto più atavica quanto necessaria. Ecco perché per Andrea i tedeschi avevano mancato la caduta del muro, di cui non rimaneva in mente nulla nell’immaginario collettivo che non facesse pensare a cape bionde, i famosi picchi del muro, intente a distruggere a colpi di martello la pazziella, il giocattolo che la Storia aveva piazzato nel mezzo della stanza sospesa tra oriente e occidente. E nella capa della gente rimanevano le parate militari naziste nelle città occupate, la marcitudine di una volontà di potenza che scaricava i suoi liquidi puteolenti tra le folle inebetite degli invasi. Di quella gloriosa fine del comunismo, del commiato dagli anni ottanta memorabile restava soltanto la suonata al violoncello di Rostropovič che con le sue note cavalcò i 155 km di muro riuscendone a domare la benché minima scheggia. Solo che il musicista era russo.









