di FRANCO BUFFONI
Non è poco chiedere di poter crescere senza sentirsi dei mostri. Che è ciò che è sempre accaduto agli omosessuali semplicemente perché le loro famiglie non li aspettavano. Non li aspettavano “così”. L’aspettativa di un figlio non dovrebbe dare per scontato in anticipo il suo orientamento sessuale. Un bambino di orientamento omo non è mai atteso, non è mai nemmeno seriamente ipotizzato. E’ sempre poi solo una sgradita sorpresa.
E se per i famigliari la sorpresa è sgradita, per il bambino oggetto dello “sgradimento” – mentre goffamente tenta di assomigliare al bambino e all’adolescente che i famigliari si attendevano – la sorpresa si trasforma nella consapevolezza di essere una creatura sbagliata, appunto: mostruosa.
In paesi più avanzati del nostro, dove la maternità surrogata e l’adozione da parte di coppie omogenitoriali sono legali, si sono già verificati casi di giovani di sesso maschile con orientamento eterosessuale, figli di coppie omogenitoriali gay. I quali a scuola sono a contatto con giovani omosessuali figli di “normali” coppie eterosessuali. Il paradosso in questi casi è la cultura gay che permea inevitabilmente i primi, e il desiderio gay che invece invade i secondi. Vissute con intelligenza queste situazioni possono solo arricchire entrambi i soggetti e le loro famiglie.
E’ dunque possibile parlare della trasmissione di una identità culturale omosessuale? Solitamente si dice che la cultura, di qualsiasi tipo, si trasmette di padre in figlio. I gay, che per definizione sono sterili, sono stati tuttavia in grado di trasmettere – per filiazione culturale – una cultura e una identità gay. Ma chi si è effettivamente preso cura – in passato – del passaggio dei saperi da una generazione all’altra di omosessuali?
EREDITA’ CULTURALI
Up Patriots to Arts- Teatro Civico 14- Caserta
Stasera alle 21 sono qui. Musiche di Rosario Natale (violino). Effeffe
Dieci anni, per esempio / La narrativa italiana del ventunesimo secolo
Apparso sull’ultimo numero del «Caffè Illustrato», Dieci libri, per esempio è il tentativo di stilare un bilancio di questi primi anni zero di narrativa italiana attraverso la ricognizione di fenomeni, la redazione di genealogie e l’inclusione di giudizi, poiché «l’arte non è complesso di abitudini» ma esercizio «sui “valori” in atto». Delle ragioni più specifiche del lavoro è dato conto al suo interno. A mo’ di introibo – e una volta letta anche la discussione che ha seguìto la pubblicazione, sempre qui sulla Nazione, dell’introduzione di Vincenzo Ostuni alla raccolta di antologia poetica da lui curata per «l’Illuminista» (operazione che a questa mia è in certo qual modo sorella maggiore) – a mo’ di introibo, dicevo, valgano invece queste poche righe di Marguerite Yourcenar: «Non giudicare… Giudica; non smettere, instancabile coscienza, di valutare i tuoi atti, e pensieri, e gli altrui, con i tuoi strumenti ancora primitivi; usa al meglio la tua bilancia, troppo e troppo poco sensibile, perennemente sfasata, tarata alla buona dall’apporto di incessanti scrupoli. Giudica, per non essere giudicata il peggiore degli esseri, l’animo vile, disposto a tutto per ignavia, che rifiuta di giudicare». S.G.
Dieci anni, dieci libri. Ma potevano essere anche dieci libri per ogni anno. O un libro per ciascun anno. Oppure dieci scrittori. O, perché no?, dieci “casi”. Come sempre quando si fa questione di metodo, la convenzione la fa da padrona. È la voce del padrone, anzi. Dunque, inutile sfuggirle, tanto più che per un secolo che si presenta con tre zeri, i primi dieci anni sono qualcosa di più che un semplice lasso di tempo: rappresentano un giro di pista completo, una decade perfetta e il periodo necessario e sufficiente perché si assestino posizioni, s’adeguino situazioni e si stilino bilanci. Come il presente, primo di una triplice serie, che ha ad oggetto – della produzione letteraria italiana – il fenomeno più prosaico e controverso, ovvero la narrativa.
Verifica dei poteri 2.0: Gherardo Bortolotti
[Gherardo Bortolotti risponde alle Cinque domande su critica e militanza letteraria in Internet a proposito di Verifica dei poteri 2.0; qui le risposte precedenti]
1. Le linee fondamentali di questa ricostruzione ti sembrano plausibili?
In linea di massima, direi di sì anche se, in effetti, non ho seguito in modo puntuale le vicende che voi ricostruite. Soprattutto della prima parte, diciamo fino alla rifondazione di Nazione Indiana e all’apertura di GAMMM, ho una nozione piuttosto approssimativa. In parte perché ho sempre avuto un rapporto abbastanza distaccato dalla scena letteraria, sia on che off line. In parte perché, in quegli anni, ero impegnato più sulla sperimentazione delle strutture testuali praticabili sul web (tra fine anni ’90 e primissimi 2000, soprattutto gli ipertesti e poi, negli anni successivi, soprattutto i blog) che non sulla questione della presenza on line della scena letteraria. Inoltre, agli inizi della mia frequentazione di internet, mi sembrava molto più stimolante sfruttare la portata globale della rete per avere un’idea della produzione corrente di altre aree linguistiche che non di quella italiana.
DIARY di Tim Hetherington [Liverpool 1970 – LIBIA Misurata 20 aprile 2011]
“Diary” è un film fortemente personale e sperimentale che esprime l’esperienza soggettiva del mio lavoro, e fu concepito come un tentativo di trovare me stesso dopo dieci anni di reportage. E’ un caleidoscopio di immagini che collegano la nostra realtà occidentale ai mondi apparentemente distanti che vediamo nei media.
pop muzik (everybody talk about) #10
Dick Johnson / Pussy Galore. 1989
MACCHINE D’OBLIO
di Calpestare l’Oblio
Azione poetica corale contro l’oblio delle morti migranti
Il collettivo “Calpestare l’oblio” ha ricevuto l’invito a partecipare nella notte tra Sabato 30 aprile e Domenica 1 maggio a Firenze, nel contesto della “Notte Bianca”, a Poesia in Azione. Il nostro intervento “performativo” è previsto per le 02:00 (circa) a Piazza Santissima Annunziata.
Per questa occasione abbiamo deciso di proporre agli autori di “Calpestare l’oblio” di prendere parte ad una vera e propria performance corale intitolata “Macchine d’oblio”.
Lo spunto critico è scaturito da una riflessione sul degradante scenario internazionale degli ultimi mesi, dominato dalle solite logiche di guerra e dominio imperialista mascherato avidamente da “intervento di pacificazione e sostegno alle lotte di liberazione del mondo arabo”. Da potere a potere, sulle deboli e sfiancate spalle dei civili, alle spalle della “rivoluzione”.
Per Yusuf
Architesti- uno. Davide Vargas
La Sala della Scherma
di
Davide Vargas

Roma è una città che non mi concede confidenze. È reticente come una donna che si morde l’angolo del labbro e decide di non parlarti. Così ogni volta ho la sensazione di un appuntamento mancato. Sarà una reazione. La sento ostile. Un flusso di gente si incanala nei percorsi sotterranei della metropolitana alla stazione Termini. Una specie di labirinto infinito tra intonachi spugnosi e anneriti, nastri che delimitano aree sventrate dai lavori, scale mobili ferme.
Ho un po’ di tempo prima della conferenza e voglio andare al Maxxi come tappa obbligata e da lì alla Sala della Scherma di Luigi Moretti. Che è la vera tappa.
La meravigliosa utilità del filo a piombo
di Francesca Matteoni
Scrivere, oppure far dritti i muri delle case, del luogo che si abita, perché sia uno spazio il più possibile a nostra misura, dare una direzione alle idee sghembe, come un impasto che si solidifica, talvolta si fa pure sasso che si scaglia contro i vetri, apre brecce per respirare. La meravigliosa utilità del filo a piombo di Paolo Nori (Marcos y Marcos, 2011) è un libro di discorsi, scritti e “parlati”, nei luoghi più vari, dal sedile di un treno alla propria casa sommersa nel brusio delle seghe elettriche degli operai al lavoro all’esterno, ad un appartamento romano a cui suonano visitatori imprevisti (un po’ come l’uomo di Porlock per il Coleridge del Kubla Khan, con la differenza che qui il disturbatore diventa parte integrante del processo di scrittura e non causa di smarrimento, perdita dell’ispirazione), alla voce interna dove affiorano le parole, sfogliando e acquistando libri da una bancarella, o cercando il giusto paio di calzoni, “braghe” in cui stare a proprio agio, con tutto il tempo per le molteplici distrazioni/rivelazioni che nutrono il lavoro letterario.
l’Agnus Dei di Nanni Moretti
di Chiara Valerio
Habemus papam di Nanni Moretti racconta la storia di un uomo che, più di ogni altro, deve fare i conti con le proprie debolezze, le proprie incapacità, le proprie passioni. Quelle che gli sono state negate, quelle che lo hanno indebolito, quelle che, pure, gli hanno donato, se non fascino, dolcezza. Quest’uomo, più di ogni altro, è il ruolo che ricopre. È un Amleto anziano la cui Danimarca è il mondo intero e al quale i ricordi, per il mero fatto di essere il ruolo che gli è stato assegnato, sono stati cancellati. Quest’uomo, senza più ricordi, diventa nessun uomo, quando, per il compito al quale è stato chiamato, per l’esempio che è, dovrebbe essere tutti gli uomini.
L’indomito, verso
Che cos’è il PREMIO FALERNO primo romanzo
Il “Premio Falerno Primo Romanzo” nasce nel 2010 dall’idea di suggellare il “gemellaggio” storico tra vino e letteratura, e in particolare per sottolineare da un lato l’importanza storica della città di Capua e dall’altra il vino Falerno, vino famoso dell’antica Roma, che ancora oggi si produce in diverse zone della provincia di Terra di Lavoro.
Il “Premio Falerno Primo Romanzo” è dedicato agli autori esordienti, la cui opera prima sia stata pubblicata in Italia dal gennaio dell’anno precedente al gennaio dell’anno in corso.
I nove romanzi d’esordio dei nuovi narratori italiani, segnalati da altrettanti testimonial provenienti dal mondo della cultura, vengono letti e valutati dalla giuria popolare, formata dai comitati di lettura collegati alle numerose librerie della provincia di Caserta aderenti al Premio, il voto di questi (entro il 31 maggio 2011) decreterà i quattro autori finalisti.
Ad ogni scrittore esordiente candidato dai componenti della giuria di qualità viene abbinata un’azienda produttrice di Falerno che accompagna il percorso del libro candidato.
La proclamazione del vincitore avverrà l’ultima sera del Capua il Luogo della Lingua festival a Palazzo Lanza in Capua il 19 giugno 2011.
Qui è possibile consultare il programma completo.
Post Scriptum
Secondo me la migliore opera prima è Ho rubato la pioggia, ed. Nottetempo, di Elisa Ruotolo, e per chi volesse saperne di più Giovedì mo che viene sarò qui a “raccontare” il perché. effeffe
[2] LE VIE DEI GRANDI CONVOGLI di Vaclav Janovič Dvoržeckij
[ ⇨ parte prima ]
Dmitrij Dmitrievič Šostakovič [1906-1975]
Opus 40 Cello Sonata No. 2 in D min [1934] I Allegro non troppo
Introduzione, traduzione e cura
di ⇨ Anna Tellini
Capitolo XII: Libertà-Schiavitù
E’ difficile descrivere le agitazioni e le ansie degli ultimi giorni. Anno 1937! Arrivano “fittamente” nuovi convogli sotto scorta. Inizia una nuova “ondata” di avvenimenti. C’è ansia… impossibilità di capire, le voci sono diverse: “fanno tornare quelli che sono liberati”, “non libereranno l’articolo 58”, “aggiungono nuovi termini, tolgono gli sconti di pena…”.
Poeti degli Anni Zero a Milano
giovedì 21 aprile 2011 ore 21
alla Casa della Poesia di Milano
Palazzina Liberty
Largo Marinai d’Italia 1
Poeti degli Anni Zero (un’antologia)
serata a cura di Giancarlo Majorino
Saranno presenti Vincenzo Ostuni, Gherardo Bortolotti, Andrea Inglese, Massimo Sannelli e Paolo Zublena in veste di critico.
L’Illuminista, rivista di cultura contemporanea diretta da Walter Pedullà e pubblicata da Edizioni Ponte Sisto, dedica un numero monografico (anno X, n. 30, febbraio 2011, pp. 352) alla poesia degli autori italiani apparsi nel primo decennio del 2000.
L’antologia, curata da Vincenzo Ostuni, contiene testi di Gian Maria Annovi, Elisa Biagini, Gherardo Bortolotti, Maria Grazia Calandrone, Giovanna Frene, Marco Giovenale, Andrea Inglese, Giulio Marzaioli, Laura Pugno, Lidia Riviello, Massimo Sannelli, Sara Ventroni e Michele Zaffarano.
L’antologia di Ostuni ha suscitato vive polemiche, ma costituisce un lavoro di documentazione e vaglio critico dei poeti emersi dopo il 2000 assai articolato e ricco, tale da costituire uno strumento importante per chiunque voglia ragionare su forme non epigonali di scrittura poetica.
Verifica dei poteri 2.0: Enrico De Vivo
[Enrico De Vivo risponde alle Cinque domande su critica e militanza letteraria in Internet a proposito di Verifica dei poteri 2.0; qui le risposte precedenti]
1. Le linee fondamentali di questa ricostruzione ti sembrano plausibili?
Probabilmente è presto per storicizzare in maniera credibile i rapporti tra letteratura e web – ammesso che si tratti di un tema degno di essere storicizzato. Ci vuole ancora del tempo, affinché si sgombri il campo da passioni rivendicative e aspirazioni alla legittimazione, che non aiutano il giudizio critico né il racconto. Ad esempio, la rivista “Zibaldoni e altre meraviglie” (www.zibaldoni.it), liquidata in poche battute, in realtà ha contribuito in questi dieci anni a mettere in contatto virtuoso generazioni di letterati molto lontane tra loro anche anagraficamente, andando oltre la stucchevole dicotomia tra “dentro” (di solito i “giovani”) e “fuori” (di solito i “vecchi”) dal web.
Il portavoce
Il portavoce / Ugo Coppari
Già da ragazzi tutti e tre avevano le idee ben chiare. Matteo voleva fare il calciatore, Giovanni l’astronauta e invece Luca voleva fare il portavoce. Ma non si era mai chiesto di chi o di che cosa.
Continuava a raccontare di un politico che una volta si era messo nei guai, e che per risolvere questi guai aveva mandato in televisione un portavoce che parlasse al posto suo. Questo portavoce aveva dei modi di parlare e di gesticolare affabili, riusciva a convincere chiunque che le sue affermazioni non fossero punti di vista sul mondo ma veri e propri sillogismi logici. Ad esempio Luca diceva che è normale supporre che se uno va veloce con la macchina lungo una strada di campagna, e che se tutti quelli che vanno veloci possono mettere a rischio la vita altrui, tutti quelli che vanno in campagna possono mettere in pericolo la vita altrui. Ma i suoi amici continuavano a credere che in realtà Luca fosse proprio scemo, perché continuava a parlare coi sillogismi logici che gli avevano messo in testa i portavoce dei politici che si erano messi nei guai.
Discorsi da bar
di Antonio Sparzani

la prima volta che andai ad Amsterdam, con un’amica, insistetti per cominciare la visita andandoci a sedere in un bar, con i tavolini all’aperto, dai quali si vedesse un qualche scorcio di città. Ma tu, dice l’amica, le città devi assaporarle? Sì, rispondo, così è il mio modo, stare seduti in un bar a guardare la gente come si muove cosa dice, i gesti, le occhiate, gli intercalari, i sorrisi, sentire i discorsi, scambiare banalità, o non solo banalità, così, con fare distratto, che sembra da nulla e invece.
O anche, com’è successo ad Amsterdam, quello di stare appoggiati al parapetto di uno dei tanti canali che attraversano tutto il tessuto urbano e guardare e chiacchierare con leggerezza, tanto che quella volta appunto mentre eravamo così appoggiati, vicini alla nostra Volkswagen rossa, un tipo comincia a farci segno da una finestra, ma come, proprio a noi, sì, fa quello con la testa ed il braccio, a voi, venite su un momento
Tutto in un calcio (minuto per minuto)
di
Milena Prisco
Le squadre si stanno studiando. Abbiamo un possesso palla lento, ho la sensazione che si stiano muovendo in orizzontale, Maggio sulla destra mi sembra fermo, è troppo marcato e non riesce a muoversi senza palla. Riprendo a leggere il testo del contratto preliminare ad alta voce conducendo il gioco per l’ultima lettura delle settantasette pagine oltre allegati. Mi sembrano tutti assenti, ne ho sette di fronte mentre sulla mia panchina ce ne stiamo io e la mia praticante, gli altri in campagna o al mare o in montagna o allo Stadio ma di certo non qui: bastardi. Cercano di glissare, di tornare alla versione di ieri, della Clausola 1 quella delle definizioni, della partita a scacchi, quella che se fai cilecca anche fra dieci anni l’effetto si materializzerà davanti a un Tribunale anche se fosse dall’altra parte del mondo, anche se solo per una “s” finale di un sostantivo plurale in inglese persa nella fretta di una battuta in meno sulla tastiera ormai consumata. Attaccano in quattro come la Juve in questo momento: due sulle fasce e due al centro.
9 POESIE DI JÜRGEN RENNERT
Jürgen Rennert è nato nel 1943 a Berlino-Neukölln e dal ’53 ha vissuto nella DDR. Poeta, saggista e traduttore, si occupa di cultura ebraica e di letteratura yiddish moderna (di cui traduce, tra gli altri, Mark Rasumny, Scholem Alejchem e Isaac Bashevis Singer). È presente, in traduzione italiana, nell’antologia 100 POESIE DALLA DDR, curata da Christoph Buchwald e Klaus Wagenbach (Isbn, 2010), con il primo testo di questa selezione: Mein Land ist mir zerfallen.
I tre testi iniziali, tratti dalla raccolta Verlorene Züge (2001), indagano la complessa vicenda tra il singolo e il sistema politico in cui egli si muove, lì dove l’ingranaggio del potere agisce sul comportamento dell’individuo, alienandolo – di volta in volta – alla sua “ragion di stato”, “verità” collettiva, e follia omicida.
Seguono poesie da Märkische Depeschen (1976), dove domina un sentimento mitico-religioso dell’esistenza, che, dall’estraniazione individuale alla memoria collettiva, reca tracce di una “resistenza” umana e naturale al perenne incombere del “male”.
Infine, l’ultimo testo, tratto da poesie per bambini dal titolo Emma – die Kuh, esprime la necessità del “respiro”, nonostante tutto. (Davide Racca)
traduzioni di Davide Racca[1]
da Verlorene Züge (2001)
Si è dissolto il mio Paese
Si è dissolto il mio Paese.
Liquidato il suo potere.
Contro ogni ragione
levo un lamento.
DIFFERENZE ALLO SPECCHIO
di FRANCO BUFFONI
Nel Maghreb “zamel” è il termine più volgare per definire l’omosessuale, naturalmente passivo (non esistendo il concetto di omosessuale attivo, ritenuto un maschio e basta). In arabo classico, invece, zamel (con accento sulla prima sillaba) significa “colui che sente freddo”. Il termine ricorre in alcuni versetti del Corano, in particolare quelli in cui Dio si rivolge a Maometto ordinandogli di destarsi e di procedere alla predicazione del suo messaggio. Nei primi giorni giorni della rivelazione – trasmessa dall’arcangelo Gabriele al Profeta – infatti, questi – sorpreso e impaurito – tornava a casa e ordinava alla moglie di avvolgerlo nelle coperte, perché si sentiva “freddo” a causa della copiosa sudorazione causatagli dal terrore. Pertanto, nel Maghreb, maestri coranici e insegnanti evitano accuratamente di leggere i versetti contenenti tale termine per non suscitare ilarità e sconcerto tra i giovani allievi.
La mia non-fiction novel intitolata Zamel, apparsa presso Marcos y Marcos nel 2009, rispecchia il proposito non di inventare storie verosimili, ma di raccontare la realtà come se fosse una storia verosimile. Si incontrano sulla terrazza del Zephyr a La Marsa sulla costa tunisina, Aldo cinquantenne romano – ritiratosi a vita privata “in quest’angolo di paradiso” – e Edo, trentenne milanese, in vacanza per una settimana. Edo, impegnato nel movimento lgbt per i diritti civili, sta scrivendo un libro sulla cultura omosessuale, e – conversazione dopo conversazione – ne racconta all’amico il contenuto. Aldo pensa, sente, preferisce in modo tradizionale: si deve agire; non se ne deve parlare, se non svagatamente per ingelosire le “amiche”.




