di Alessandro Baldacci
Circa dieci anni fa Giovanni Raboni introduceva l’anomalia di Marco Ceriani parlandone come di un «Poeta agonico, nel senso strettamente originario del termine, come pochissimi altri in questi anni e su queste scene». Oggi, di fronte al nuovo libro pubblicato da Ceriani (Memoriré, Lavieri, p. 124), in cui si respira (anche se il verbo appare azzardato) il cimento solitario di un eremita e faraonizzatore dell’artificio, questa rarità si configura in modo più palese, tutta scavata all’interno di uno stile ‘inaddomesticabile’, petroso.





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