di Antonio Sparzani

«Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio…» Le parole contenute nelle grandi opere spesso assumono vita propria e di quella vivono da quel momento in poi. Si può giocare a costruire delle catene di queste parole ognuna infilata in un qualche senso dentro la precedente e ottenere così delle file di immagini collegate solo da un tenue filo di associazioni. A questo gioco, ancorché tentatore, non giocherò. Ma la partenza è questa. Una della citazioni più utilizzate della storia della letteratura occidentale è senz’altro quella risposta di Amleto a Orazio: Amleto, principe di Danimarca, ha appena finito di parlare con lo spettro del padre, che gli ha raccontato delle nefandezze del fratello e della moglie, e sta chiedendo agli amici Orazio e Marcello di giurare di non raccontare mai quel che hanno appena veduto, ancorché nulla abbiano sentito delle parole scambiate. Il trucco scenico è che nel frattempo il ghost, lo spettro che sembrava già essersene andato visto il sopraggiungere dell’alba, incita da sotto la scena swear . . . swear . . . Orazio, che ancora non sa capacitarsi di avvenimenti così portentosi esclama O day and night, but this is wondrous strange! Al che Amleto, Shakespeare non perde l’occasione del gioco di parole, ribatte And therefore as a stranger give it welcome
ma prosegue con le parole che hanno da allora fatto il giro del mondo
There are more things in heaven and earth, Horatio
than are dreamt of in your philosophy,
giusto per far capire a Orazio che non occorre stupirsi più che tanto delle stranezze che si incontrano.
Ed è questa citazione che Borges riprende come titolo di un suo racconto, di sapore gotico,













