La polvere arriva, in grandi nuvole grigie, dalle profondità dell’Est, quando il corso dei venti si confonde, gli ostacoli delle stagioni s’accasciano, sulle pianure, spalancano il cammino senza difese, alla pressione immensa delle correnti, alle onde argentate che s’infrangono, verso il tramonto, sull’arenile stupito dei nostri sobborghi, sulla roccia friabile di queste case disperse, che non provano ancora l’insidia del mare, non conoscono più la voce rabbiosa, il respiro, il sibilo fermo della cieca distanza.
Diorama dell’est #9
Variazioni Meridiano – 7: Andrea Raos

“L’entytà maffiosa”. Una storia da ridere. (KarmaRoma remix)
(Questa storia da ridere si svolgeva tanti, tanti anni fa:)
Alcuni Stati stranieri si rifiutavano persino di utilizzare il nome ufficiale, Ytalya, e insistevano a chiamarla “l’entytà maffiosa”, semplicemente, come a negarne l’esistenza. Insistevano bene su ogni sillaba nel pronunciare quel nome, fino a farlo soffiare come un serpente in trappola. Il fatto stesso che la “democrazia” detta “Ytalya” esistesse era per loro – quelle democrazie compiute, perfette in virtù del fatto stesso di essere coscienti della propria imperfezione – una “catastrofe”. Si fregiavano di buoni sentimenti nei confronti di un pugno di dannati, di straccioni, che alla nascita di quello Stato si erano visti espropriati delle loro terre e gettati a marcire in qualche no man’s land dalle condizioni di vita indicibili. Rifiutavano di ammettere che quei quattro pulciosi erano loro i primi a disprezzarli, a odiarli, a ignorarli (salvo farsene una bandiera, nel caso, trasformandoli nell’oggetto di una strumentalizzazione politica delle più abiette).
Ma d’altra parte:
Lezioni private
di Mauro Baldrati
Con l’inglese proprio non va.
Il fatto è che alle medie, qua al paese, c’era francese, una lingua bella e facile, anche se bisogna storcere la bocca con quelle “u” e “ue”. Ma quest’anno all’Istituto Tecnico Cosmodemonico mi hanno appioppato inglese obbligatorio e, anche se ho frequentato un corso accelerato di recupero, non combino un accidente. Primo compito in classe: 4; secondo compito in classe: 4; interrogazione: 5 (“ma sarebbe un 4” ha sentenziato il prof, che mi ha pure messo un 3 sul registro perché mi ha beccato a fumare nel cesso).
Ni dieu mais un maître: Jean-Patrick Manchette
Come una prefazione
intervista a Jean-Patrick Manchette

Cosa l’ha spinta a scrivere gialli?
Il caso. Il caso ha spalle robuste. Mi sono trovato da un giorno all’altro nella necessità di guadagnarmi da vivere e di mantenere la mia modesta famiglia. Da un giorno all’altro, perché all’inizio volevo diventare professore d’inglese. In realtà non credo che avrei retto. Già non sopportavo di continuare gli studi. Così, quando tutto faceva pensare che avrei ottenuto un incarico all’apertura dell’anno scolastico, mi sposo con una donna fantastica e mi ritrovo con un presalario di ottocento franchi e un affitto di seicento franchi mensili, che accetto senza pensarci troppo, dicendomi: ce la caveremo. Mélissa, mia moglie, si era appena diplomata in cinematografia e grazie a lei conoscevamo un certo numero di persone; non che siano riuscite tutte a sfondare nel cinema, anzi, quasi nessuno; ma per esempio, eravamo molto amici di Jean-Pierre Bastid, anche se ora ci siamo persi di vista.
A Silvio
di Sergio Soda Star
Vorrei urlare, tutto il Paese dovrebbe urlare.
Perché non bisogna essere osservatori politici
per vedere come siamo ridotti: l’Università è nel caos,
non abbiamo neanche la carta igienica nel bagno…
Sto qui e aspetto Prodi, non me ne vado.
(Lorenza, 26 anni, davanti alla sede dell’Unione
a Piazza Santi Apostoli, Roma 10 aprile 2006)
non tanto perché hai mostrato polso fermo quando
per esempio si è trattato dell’articolo diciotto infatti
purtroppo ti sei comportato come un politico francese
qualunque e addirittura alla fine hai fatto finta di niente
nemmeno perché ti sei occupato del fatto che in italia
la giustizia non esiste e in pratica quando cominci
un processo praticamente è meglio che pensi a qualcos’altro
perché il processo dura tipo quarantacinque anni
Bacheca di aprile 2008
Spazio aperto alle discussioni e alle segnalazioni.
venerdìrewound
Rivedrò domani le banchine
e la muraglia e l’usata strada.
Nel futuro che s’apre le mattine
sono ancorate come barche in rada.
Ossi di seppia, E. MONTALE
A cinque anni ho preso in mano un coltello per affettare il pane e mi sono tagliato un dito. Una brutta ferita, la falangetta del dito medio pencolava spaventosamente. Mio padre mi ha portato all’ospedale come se una spada mi avesse trafitto il cuore e io stessi morendo. Non ero preoccupato, sapevo che tutto sarebbe andato per il verso giusto e il medio avrebbe perso quella piega innaturale per tornare in asse con le dita di tutti. Il pane di grano duro sarebbe stato il mio ultimo desiderio cosciente. Anche adesso lo è. Non ho mai più toccato un coltello e o una posata. Mangio con le bacchette di legno. Chi mi invita lo sa. Non ho mai più fatto niente, avvitato o martellato o fissato o incollato. Sono stato e sto.
La fine del lavoro
di Stefano Palmisano
Qualcuno fino a qualche giorno fa si lamentava che in questa campagna elettorale si parlasse poco di programmi, dopo le pregnanti discussioni, le “fabbriche” e le relative, enciclopediche produzioni che in questo campo ne erano scaturite in occasione delle scorse elezioni.
Questa gravissima lacuna democratica è stata finalmente colmata: adesso il programma c’è.
Ovviamente, non è quello del centrodestra, e men che meno quello del cosiddetto partito democratico.
È quello di Confindustria; il vero programma di governo della prossima legislatura è questo. Qualunque sia la sfumatura cromatica del prossimo esecutivo.
Ultima corsa all’Avana
di Dante Castro
traduzione di Marco Ottaiano
Gli proposi di fondare insieme il marxismo magico: metà ragione, metà passione, e una terza metà di mistero.
Eduardo Galeano
Quella notte fu dura per entrambi. Decisi di dirle la verità, che nel giro di una settimana me ne sarei tornato a Lima, che non ci saremmo più rivisti. Avevamo in sospeso un viaggio verso le province orientali, prima Santa Clara, Ciego De Ávila, Camagüey, e infine Santiago de Cuba. Avevamo dunque un sogno difficile da realizzare. Difficile almeno quanto trovare un autobus all’Avana dopo le undici di sera. Ed erano le undici.
Avevamo visto passare l’ultimo una mezz’ora prima. Avevamo provato a prenderlo al volo, inutilmente.
Appello all’OSCE

una segnalazione preoccupata
Quando leggo queste notizie penso che i miei amici che dovranno votare in alcune regioni d’Italia – tipo appunto la Sicilia – non stanno affatto esagerando, disfattisti, quando lanciano un appello come questo, firmato da Antonio Pagliaro.
(Ringrazio Nicolò La Rocca che me l’ha segnalato).
Disperato amore senza fine
di Franz Krauspenhaar
toh, prendi, dai, oh, dai, godi, toh, tiè tiè tiè, oh, sì, dai, oh, dai, godi, tiè, puttana, tiè, troia, toh, toh, toh, prendilo, dai, tiè, dai, godi troia dai, prendilo prendilo dai, oh sì, vacca puttana schifosa dai, oh sì dai, troia schifosa sì dai, oh prendilo dai, in bocca, toh, in culo ora dai, oh, sì, aspetta, dai, sì, oh dai sì, vacca dai sì, davanti ora dai, oh sì prendilo dai, oh sì prendilo tutto questo cazzone schifoso dai, tieni dai prendi il cazzo dai, il cazzo del porco dai, tiè toh toh toh dai, oh sì prendilo prendilo dai, dai su prendi dai toh tiè tiè, oh sì dai che vengo toh, dai che sborro dai toh, dai puttana dai muoviti dai toh, sì oh sì godo sì vengo oh, sì
Un padre, un secolo
di Marco Lodoli
Un uomo su un letto di cenere, lungo come un secolo
E corto come un addio: ed è mio padre.
Lui l’Etiopia e la Spagna, Lubiana e Salò
Giovinezza giovinezza e morte morte
Ma insieme a me poche cose, un’altalena
Forse qualche afosa sfilata del due giugno
Coi carri pesanti e i bersaglieri sudati
Io piccolo accanto a lui e lui muto nei ricordi.
Processo a Dio

di Giuseppe Rizzo
Capelli di donna. Biondi, scuri, grigi, secchi. Ossa. Femori, clavicole, crani. Denti. Di adulti, di bambini. Valigie. Vestiti. Scarpe, libri, collanine, anelli. Centinaia di lettere mai spedite. Fascicoli. Schedari, numeri. Report di esperimenti. (Tagli coscia destra, soggetto morto per dissanguamento. Ripeti).
Questo è il mondo del padiglione 41 del campo di concentramento nazista di Lublino-Maidanek fino al momento della liberazione.
La traduzione del testo poetico
Roma, sabato 29 marzo 2008
Teatro dei Dioscuri, via Piacenza 1
LA TRADUZIONE DEL TESTO POETICO
GIORNATA DI STUDIO
PER IL VENTENNALE DELL’ISTITUZIONE
DEI PREMI NAZIONALI PER LA TRADUZIONE
Gioventù tedesca I
Verso la fine del 1839 un 26nne Wagner giunse alle porte di Parigi, e subito… (ma lasciamo parlare lui, auf englisch visto che siamo in rete) I made the acquaintance of Meyerbeer. I brought under his notice the two finished Acts of my Rienzi; he promised me, in the friendliest fashion, his support in Paris. Entirely without any personal references, I could rely on no one but Meyerbeer.
Turritani
di Giovanni Cossu
Anche se a dire la verità, non tutta la vita di Titto trascorreva tra la casa e la mescita.
Anche lui coltivava le proprie lattughe, come si sarebbe detto, con espressione idiomatica, in quella terra, Turritania, chiusa, a sud, tra gli orti che circondavano il ricco capoluogo, Tattari, il cui nome sembrava trarre significato, a detta di alcuni, da un’originaria occupazione del luogo da parte di certe popolazioni tartare, ma che in seguito, per un’inopinata civilizzazione, a detta di altri, si era trovato a perdere, stando almeno alla lettera, assieme all’originaria fierezza, anche la r, e, ad est, le vigne di male amati cugini, di cui si diceva che non tanto per ragioni storiche, e attualmente economiche, coltivassero quella pianta dagli oscuri quando non del tutto chiari e rigogliosi grappoli, ma per poter nascondere, dietro gli indubitabili effetti di una non moderata ingestione dei succhi fermentati di questi, una loro genetica mollezza di cervello, escogitando a questo fine la stessa denominazione del paese, che proprio con la determinata rimozione dell’articolo – determinato o indeterminato che fosse, ma piú indeterminato che determinato nella sua assenza – lasciava intendere, nella sua reiterata affermazione letterale: Sorso… Sorso… Sorso…, esattamente quello che speravano gli altri bevessero, e cioè che in quello, e solo in quello, si trovava il segreto dell’idiozia collettiva di cui da sempre era stati accusati da parte dei circonvicini parenti.
I cantieri del romanzo – 2
di Giacomo Sartori
5. I cantieri del romanzo
L’arte del romanzo può in effetti essere vista come un vasto territorio di sperimentazione, un vasto cantiere, dove convergono gli strumenti specialistici provenienti dalle discipline umanistiche e dalla scienza. O meglio, il romanzo si spinge nelle zone d’ombra non ancora esplorate, spesso anticipando (in particolare nel campo della psicologia, o anche in quello scientifico), crea dei corti circuiti tra approcci diversi, alligna sulle contraddizioni che li oppongono. Questo rapporto è di solito più facilmente rinvenibile nelle narrazioni di tipo mimetico o realista. Ma anche le narrazioni più lontane dalla mimesi (il Beckett romanziere, o Cortázar, o la Ortese, per intenderci) a ben guardare non prescindono mai – e sempre astraendo dalle influenze più strettamente letterarie – da un ben maturato posizionamento rispetto a tali saperi. Calvino, con la sua curiosità intellettuale e il continuo sforzo di capire cosa succedeva in discipline anche molto lontane dalla sua formazione, e di tradurre le evoluzioni di queste nella propria poetica (o comunque di adattare quest’ultima alle prime), è per me un ottimo esempio (indipendentemente dall’affinità che si può provare o meno per l’universo delle sue opere) della necessità e della fecondità di questo confronto.
La pausa pranzo è la merenda d’ogni morte
di Franz Krauspenhaar
Quando puntualmente tornai in sedia a rotelle dall’ultima presentazione del mio Memorie di due vecchi blogger pentiti, scritto in collaborazione con Loredana Lipperini, ero completamente sfinito.
L’infermiera Korrada Iordanescu m’infilò la flebo in bocca per alimentarmi coi soliti quadrucci liofilizzati del Mulino Bianco.
Una volta ripreso un po’ di tono, Korrada mi condusse a letto. Con le ultime forze tentai di palparle la natica destra di bianco coperta, poi la mia piccola mano grinzosa cadde nel freddo vuoto bianco del letto ospedaliero. Deve dormire dotore Kappa, disse la simpatica sessantenne spiegando un sorriso transilvanico.
Succede che l’Italia
di Christian Raimo
Succede che l’Italia, come dicono i manifesti elettorali, sta cambiando, è vero. Se come cerca di illustrare la famosa teoria di Girard sul meccanismo vittimario, una società si costruisce su un modello di persecuzione, è vero che la nostra società sta cambiando. Emergono nuovi capri espiatori, emergono nuove categorie di vittime, emerge un nuovo bisogno di regole fondanti. L’altro giorno per dire ero in metropolitana a Roma e un’inedita security si è avvicinata un po’ minacciosa a un vecchio suonatore di fisarmonica e l’ha invitato a smettere e a scendere. Nuove e precise regole, ho pensato.





