di Marino Magliani
Blu Porto Maurizio e Rossi Diano. Pichichi lesse i nomi sulle due porte. Aprì quella dei Rossi e guardò negli angoli. C’era solo il massaggiatore. Si salutarono con un colpo di mento.
di Marino Magliani
Blu Porto Maurizio e Rossi Diano. Pichichi lesse i nomi sulle due porte. Aprì quella dei Rossi e guardò negli angoli. C’era solo il massaggiatore. Si salutarono con un colpo di mento.
(3 atti di una fine)
di Gemma Gaetani
Ci sono donne che scelgono il marito basandosi sul modello paterno, o che lo hanno collocato al posto del padre. (Adriano Legacci, psicoterapeuta)
Scrivo di sesso e di amore perché sono i luoghi in cui si combatte con meno, o con più, dolore.
(Gemma Gaetani, una che scrive)
1. Lui e lei
«È finita».
«In me è tutto quanto ancora vivo…».
«È finita».
«Non basta che non ci sei per non esserci…».
«È finita».
«Io non ci credo che soltanto in me…».
«È finita».
Di Danilo Zolo
(Tra le cose più lucide e utili che sono state scritte sulla condanna a morte di Saddam Hussein, queste righe tratte da il manifesto del 29 dicembre 2006.)
Il presidente degli Stati uniti ha dichiarato che l’impiccagione di Saddam Hussein sarà una «pietra miliare». Sarà un passo avanti decisivo sulla strada maestra della giustizia, della libertà e della democrazia in Iraq. Si tratta di una impostura, non diversa dalle falsità con le quali George Bush ha motivato la guerra di aggressione all’Iraq nel 2003.
sondaggio chiuso.
Il 2006 con Nazione Indiana…
* un anno FANTASTICO!
53 votes 33% of all votes
* ehm, così così.
32 votes 20% of all votes
* …a capofitto nell’abisso
75 votes 47% of all votes
Total Votes: 160 Started: 1 January 2007 closed 30 Januart 2007
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di Christian Raimo
Da tre mesi e passa – come chiunque credo in Italia – mi sono trovato chiamato a riflettere sull’eutanasia dall’appello che ha fatto Piergiorgio Welby a Napolitano. Per tutto questo tempo, anche se ho seguito la vicenda con interesse, emozioni contrastanti ovvio, anche se – come chiunque nel mondo – ho avuto altre mille ragioni per pensare alla morte, anche se nel frattempo Welby è morto nel modo in cui è morto, non sono riuscito a formulare sulla vicenda di Welby neanche nella mia testa un brano di discorso che non fosse contraddittorio, monco, una balbuzie.
di Liliane Giraudon
traduzione di Andrea Raos
Beckett nato un venerdì 13 aprile cioè il venerdì santo del mese di aprile 1906. La collezione di francobolli di Beckett (71 il 24 ottobre 1915, 574 il 10 aprile 1917). Beckett e il porcospino. Beckett e i sassolini (il suo amore per i sassolini: se li depone con precauzione in bocca o negli incavi degli alberi del giardino). Beckett e la boxe. Beckett e il cricket. Beckett che gioca a rugby (tre quarti centrale).
di Linnio Accorroni
King: What do you call the play?
Hamlet: “The mouse-trap”. Marry, how ? Tropically.
( Hamlet, Atto III, scena II)
12 luglio 1997, al largo dell’isola croata di Lussino: un sommozzatore belga, durante una immersione, individua in maniera del tutto casuale, poco fuori il porto di Lussino, a 45 metri di profondità, una figura maschile adagiata sul fondo.
Se ne è andato Aroldo Tieri. A 89 anni, dopo una vita trascorsa a recitare per noi. Burbero e dalla battuta pronta, gran signore dello spettacolo.
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“plan globally and act locally”
Nel film di Paolo Sorrentino, L’amico di famiglia, il protagonista, l’usuraio, sovrappone la propria visione del mondo a quella rappresentata dal lettore tipo del Reader’s Digest. Leggo, in un’intervista, la seguente osservazione del regista:
“Selezione è stata la mia fonte di salvezza,per fare parlare l’usuraio:un linguaggio che non fosse di servizio ma nozionistico, alto e basso al tempo stesso. Fare di Giacomo un lettore avido di Selezione dal Reader’s Digest è stato molto divertente dandomi la possibilità di giocare con conoscenze nozionistiche e male utilizzate, ma – al tempo stesso- non banali”
di Fabrizio Centofanti
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”.
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: “Maestro, che dobbiamo fare?”. Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”.
Lo interrogavano anche alcuni soldati; “E noi che dobbiamo fare?”. Rispose: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe”. (Lc 3,10-14).
Alla conferenza stampa che precedette l’inaugurazione della mostra su Christo e Jeanne-Claude, allestita pochi mesi fa al Museo d’Arte Moderna di Lugano, la maggior parte delle domande rivolte dai giornalisti alla celebre coppia di artisti concernevano la suddivisione dei ruoli. Sebbene siano ormai trascorsi più di dieci anni dalla dichiarazione pubblica in cui entrambi rivelavano l’assoluta condivisione di tutte le scelte creative dei loro progetti, dal concepimento fino alla realizzazione, ancora persiste il pregiudizio di voler assegnare alla moglie dell’artista bulgaro il sessista e riduttivo compito di musa ispiratrice, tutt’al più dandole atto di possedere una certa abilità nello sfruttare appieno le potenzialità dei mezzi di comunicazione e nel suscitare consenso e reperire finanziamenti per le idee del marito. Il riconoscimento della paternità congiunta di quei lavori, che risaliva già agli 60, fu molto tardivo perché – come ebbe a dire Jeanne-Claude – “sarebbe stato difficile cercare di spiegare che si trattava di opere d’arte fatte da due artisti”, oltretutto legati pure sentimentalmente.
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La legge 30 e il nuovo corso politico: quali prospettive sul lavoro precario?
di
Ignazio Riccio
Circa tre anni fa entrava in vigore la legge 30, conosciuta da tutti come legge Biagi, una normativa che continua a far discutere poiché ha dato un nuovo volto al mondo del lavoro in Italia.
Fare delle riflessioni sulla legge 30 è d’obbligo, visto che non ha migliorato le condizioni professionali e sociali dei lavoratori atipici, anzi in molti casi le ha peggiorate.
(Sono uno scrittore che talvolta scrive versi, ma solo per pigrizia. FK)
LOVEHOUDINI
1. le tue mutandine nere
traforate
escono come il coniglio
dal cilindro di una borsa
di pelle;
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La sindrome di Schwob
Finzione e documento nel romanzo
(…) Una domanda sembra essere al centro di questo momento estetico: perché l’arte per essere tale ha sempre più bisogno di «realtà»? Perché il «documento» concorre in misura così invasiva alla creazione? Un tempo non molto lontano il romanzo inglobava il saggio. Oggi, sembra avvenire il contrario. Mi chiedo: ciò dipende dal fatto che la nostra percezione fantastica del mondo si sta sempre più indebolendo, o meglio, è sempre più oppressa e sterilizzata dalla percezione documentaria dei fatti, delle informazioni, tanto che non riusciamo più a concepire un romanzo come una finzione?
(Ieri è stato pubblicato un breve pezzo su Pietro Cavallero. Ecco una nota del regista del documentario sul famoso criminale, dal titolo “Il bandito della Barriera”. FK)
La prima volta che sentii parlare di Piero Cavallero e di quella che tutti chiamavano la “ Banda Cavallero “, fu una sera del 25 settembre del 1967, il giorno della tragica rapina di Milano, quando durante la sparatoria che ne conseguì con la polizia, morirono 4 persone e altre 20 rimasero ferite.
di Christian Raimo
1.
C’era una volta in America di Sergio Leone è stato per me “un film primario”. Una delle poche volte che con mio padre ci dicemmo qualcosa che andò aldilà delle nomali pratiche educative. Come esistono le scene primarie, mi ricordo i sentimenti che provai la prima volta che vidi C’era una volta in America in televisione, nel salotto di casa, insieme a lui mio padre, mia sorella e mia madre. Era un film che possedeva già un valore, interno nell’economia domestica. I miei, che in genere uscivano poco, andavano al cinema o a cena fuori rarissimamente, un giorno di qualche anno prima ci avevano lasciato a casa con una baby-sitter perché erano stati invitati all’anteprima a Cinceittà, con Sergio Leone, e Robert De Niro venuto apposta dagli States. (Mio padre ha lavorato per trentott’anni nel cinema, ma è stato completamente alieno da qualsiasi forma di mondanità).
Pietro Cavallero, il bandito della Barriera di Torino, il compagno, quella specie di Pancho Villa motorizzato che tentava la rivoluzione con la pistola spianata davanti alle banche e agli uffici.
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http://www.mostradellasatira.com/
Storia d’Italia nel pennino della satira
Museo dell’Automobile di Torino
dal 15/12 2006 al 25/2/2007
10, 100, 1000 VIGNETTE
(testo introduttivo al catalogo)
di Dino Aloi e Paolo Moretti
La satira, per assurdo, è qualcosa di serissimo. Ha infatti, anche in Italia, una lunga storia che inizia con la comparsa delle riviste nel 1848 e continua, tra alti e bassi sino ai giorni nostri. La satira è un modo di raccontare ed interpretare la realtà, il quotidiano, che con il passare degli anni viene consegnato alla storia esattamente come il fatto che rappresenta e ne diviene, suo malgrado, documentazione e testimonianza del fatto stesso contribuendo, a volte in modo determinante, alla miglior comprensione di un personaggio o di un accadimento quando ormai questi sono lontani nel tempo e la memoria non potrebbe più colmare la lacuna.
di Christian Raimo
È difficile criticare l’amministrazione veltroniana proprio sulle politiche culturali non correndo il rischio di sembrare elitari, bastian contrari, inutilmente polemici. Dalla Festa del Cinema alla Notte Bianca al Festival delle Letterature a Massenzio ai concerti al Colosseo alle varie Case (del jazz, della letteratura, del cinema, dei bambini…), l’immagine di Roma, l’offerta di iniziative, e soprattutto l’indotto economico legato alle manifestazioni culturali parla da solo. E dice: crescita, internazionalità, trasformazione. Le due giunte Rutelli prima e le due Veltroni ora, tutte sotto l’egida di Gianni Borgna, hanno cercato di espandere all’intero anno solare la formula dell’Estate Romana che fu di Nicolini. Un modo per trasformare una città a fortissima vocazione provinciale e paesona in qualcosa che assomigliasse, almeno sulla carta, a una metropoli.
(Parlato)
Io ho sentito molte ballate
quella di Tom Dooley
quella di Davy Crockett
e sarebbe piaciuto anche a me
scriverne una così
invece… invece niente
ho fatto una ballata
per uno che sta a Milano
al Giambellino
il Cerutti, Cerutti Gino
a Kornel, deportato in Romania
di Marco Revelli
Quasi tutti sanno (o dovrebbero) cosa sia la Shoà. Pochi invece, quasi nessuno, cosa voglia dire Porrajmos. È il termine che in lingua romané significa «distruzione », anzi «qualcosa di più» – come spiega Giorgio Bezzecchi, il rom hervato che ha tradotto per Fabrizio De André le ultime strofe di Khorakhané -: «devastazione», «divoramento », comunque ««annientamento ». Sta a indicare lo sterminio degli zingari, Rom e Sinti, per opera dei nazisti e dei fascisti, nei luoghi – Auschwitz soprattutto – che a stento, e di malavoglia, la nostra memoria contemporanea accetta di ricollegare alla tragedia dei nomadi europei preferendo tenerli segregati in una terra di nessuno della storia, esattamente come ne tiene segregati i discendenti nelle tante terre di nessuno delle nostre periferie urbane.