di Elio Paoloni
Sono uno scrittore di secondo grado. Intendo dire che la scrittura, per me, sta in secondo piano. “Mi occupo d’altro, io” scriveva Hemingway in Verdi colline d’Africa. “Le assicuro che faccio una gran bella vita” diceva all’interlocutore, e alla domanda scettica “Cacciando kudù?” rispondeva “Certo, cacciando kudù e facendo un sacco di altre cose”.
Gli scrittori di primo grado sono reclusi che sacrificano tutto alla loro opera: D’Arrigo, Proust, Eduardo (che verso la fine confessò – più o meno: “Mi ha accompagnato il gelo. Tanto gelo”) ma anche, non trattandosi qui di eccellenza della scrittura, autori minori che, senza ottenere risultati grandiosi, hanno deciso di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, di consumarsi in questa monomania. Io non intendo consumarmi. Non intendo consumare neanche l’interno dei pantaloni (nel suo diario di viaggio in Russia Antonio Moresco racconta serafico di essersi ritrovato – poco prima della partenza -a pinzare con la cucitrice il cavallo dei suoi unici calzoni pesanti).

Me ne andai a Londra quasi di brutto, scappai di corsa, vent’anni fa, perché non ne potevo più di famiglia, di esigenze paterne, di protezioni e sgonfiamenti materni, di cretinerie sororali e della mia facoltà. Non ne potevo più anche di me stesso, a pensarci bene, perché dentro mi si aggiravano delle cose oscure che allora non potevo né vedere né definire, preferivo ignorare, ma le ombre viscerali pungevano e chiedevano voce, volevano essere partorite ed urlare alla luce del giorno.
“Se la guardi da qui può sembrare vagamente un sesso maschile. Vedi?”
E’ uscito il semestrale cartaceo di “Re:”, dal titolo
Di Andrea Inglese
4.
Bene, eccoci al termine della scimmiata. Ringrazio tutti quelli che mi hanno sopportato, quelli che non mi hanno sopportato e quelli che hanno apprezzato le scimmie. Dedico alla Fuschini quest’ultima puntata, che la vede in presenza di una scimmia vera – non come l’Angelini – qui a sinistra. La scena catanese con cui le scimmie finiscono è idealmente indirizzata al mio amico Liotro. Saluti a tutti voi, amici de’ me’ coglioni. D.V.
(Qui di seguito le prime pagine del romanzo, tradotto da Werner Waas.)
Confutazione di Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick
Jugoslavia: la condanna della memoria. Dell’inutilità e del danno della storia.
Ho tempo. Ho tutto il tempo che voglio. Sono tornato disoccupato. E domani ho un colloquio di lavoro. Staremo a vedere. Mettiamo sempre le mani avanti…Per farla breve io e il tipo ci siamo mandati reciprocamente affanculo stamattina, e tu hai trentatreanni sei vecchio (veeecchio, veeecchio) e qui bisogna trottare e quello che mi produci tu in due giorni io lo faccio in un’ora e qui c’è gente che bussa alla mia porta – E accogli chi vuoi, – gli dico, – chiama chi ti pare, l’importante è che sei contento.
Perché permettiamo al mondo di andare come va