di Aldo Nove
Armando ha cinquantadue anni. E’ in cassa integrazione dal 2003. Sposato, con un figlio che fa il terzo anno delle scuole superiori. E’ entrato in Italtel nel 1969. Lui è la sua famiglia vivono con mille euro al mese.
Angelo ha quarantasei anni. E’ in cassa integrazione dal 2003. E’ single. Vive con 820 euro al mese. E’ entrato in Italtel nel 1974.
Questa è la storia di due ex operai di una ditta prestigiosa che nel corso degli ultimi decenni ha attraversato intemperie che sono anche riflesso di una storia (di tante storie) che hanno portato l’Italia a dove si trova oggi.

Diciamolo sùbito a scanso di equivoci: in arte non si stilano classifiche, e i superlativi vanno sempre adoperati con estrema parsimonia. E’ una questione di bon ton culturale, prima ancora che di logica. E poi, in genere, la passione smodata per le graduatorie, le formule consolatorie (il genio è 90% traspirazione e 10% ispirazione), le simmetrie dei chiasmi e i rigidi aut aut da tertium non datur è tipica degli incolti.
– E’ uno degli eroi più popolari dell’impero. Indovina di chi parlo!
Ci sono libri che non si possono non leggere, a mio parere. Per carità: esistono libri capitali, come Il Capitale, guarda caso, che andrebbero letti senz’altro. Io non l’ho fatto e forse ho fatto male, magari sarei diventato comunista. Ho fatto comunque sicuramente benissimo a leggere per la prima volta parecchi anni fa “La promessa” di Friedrich Duerrenmatt. Definito da più parti un “antiromanzo giallo”. Definito dall’autore stesso, nel sottotitolo, “Requiem per un romanzo giallo”. Nel quale romanzo-requiem del grande svizzero (autore definito dal critico tedesco Reich-Ranicki “la nostra coscienza, una coscienza che non ci lascia mai in pace”) le consuete regole del genere vengono distorte senza però stravolgere o soppiantare lo stesso genere, che in effetti ha continuato a prosperare fino ad oggi con –artisticamente parlando – alterne fortune.
Ricevo dai collaboratori di Stilos e pubblico volentieri. (T.S.)

«Ma serve ricordare?». Si chiude così, con questa domanda terribile, Cose che succedono , il volume postumo di Sandro Onofri che raccoglie il meglio della sua attività di reporter, svolta tra il 1992 e il 1999, anno della sua scomparsa. E Sandro Onofri era uno dei pochi scrittori che potesse permettersi di farsela, questa domanda terribile, senza che suonasse anche solo vagamente retorica o demagogica. Credo di poter dire questo perché ho conosciuto Sandro fin da prima che entrambi diventassimo scrittori, quando già in lui pulsava un’integrità veramente rara e radicale, quel che si dice «essere a posto» rispetto a qualsiasi cosa ti possa riservare il destino. Fin da allora, alimentati com’eravamo tutti e due dal sogno di scrivere, e senza che nessun editore ci avesse ancora pubblicato una riga, la sua statura morale mi stordiva, mescolata com’era col talento, la pazienza e l’umiltà.






È uscito il quinto numero di Vertigine, il periodico di scrittura e critica letteraria curato da Rossano Astremo