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Centocinque mistico

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di Piero Vereni

ATAC-Bus.jpgNon sono ancora le sei di mattina, e aspetto il 105 all’altezza di Torpignattara. Ho sonno, sono come al solito un po’ scocciato per questa gestione casuale dei tempi. Vengo dalla terraferma veneziana degli anni Settanta, dove gli orari di autobus e vaporetti erano filastrocche che imparavamo da bambini (cinque-venticinque-quaranta-cinquantacinque, sei-ventuno-trentasei-cinquantuno) e che ci hanno addestrati all’idea che ci sia una correlazione tra i nostri fini (arrivare in orario) e i mezzi (pubblici) per ottenerli. Trasferitomi a Roma a metà degli anni Ottanta, ricordo lo sbigottimento irritato dell’addetto Atac cui mi rivolsi per sapere quale fosse l’orario dello zerouno: “Orario de che? Quanno ce sta, parte”.

L’oltre, l’altro e l’altrove

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Intervista ad Alessandro Bergonzoni

Bergonzoni1.jpgdi Federica Fracassi e Jacopo Guerriero

Con geologica velocità continua la nostra serie di incontri con i Comici (da notare la “C” maiuscola). Buona lettura

Una piccola storia partigiana

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di Sergio Baratto

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Così, nel Partigiano Johnny, Fenoglio descrive l’arrivo sui colli sopra Alba di un gruppo di trecento alpini disertori:

“Non avevano ufficiali, ed erano condotti da sergenti, come loro fratelli maggiori. I sergenti fecero formare quadrato e ordinarono il presentatarm. Poi vi fu la fusione e l’abbraccio. Johnny con Pierre si tuffò nel vortice, e vennero salutati, paccati, baciati e smorfiati tutto in reciprocation; commisurarono, in quel gorgo, le loro armi e divise, i disertori offrendo tutto di sé per aver di che cambiare in loco ed all’istante le loro vergognose assise fasciste, offrendo addirittura per spogliarsi anche parzialmente di quell’onta le loro stupende semiautomatiche tedesche per le toy-weapons della maggioranza partigiana. Parlavano e gridavano in schietto veneto, la dolcezza dell’inflessione violentata dall’altitudine del grido, ed un urlo di indignazione e vergogna scoppiò quando seppero che alpini veneti come loro presidiavano per i fascisti la città di Alba. Pregarono d’esser mandati istantaneamente addosso a quelli e di ucciderli, ucciderli tutti. – Tedeschi porci e repubblica anche più porca! – urlava un biondo di loro, incredibilmente giovane e massiccio, aerando la sua divisa come per sgombrarne il lezzo segoso e ferale delle baracche tedesche. – Semo fradeli, ostia! Come potevamo venirvi contro, fradeli! – Avevano uno strano stile d’insulto, non pareva insultassero, ma solo recriminassero e recriminando uccidessero. L’inflessione non gli consentiva il supremo insulto; pieni e maturi e perfetti erano, come voce, nell’esprimere amore”.

Michael Palmer, “Sette poesie dentro una matrice da guerra”

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Michael Palmer, At Passages

Michael Palmer, At Passages
tradotte da Andrea Raos

 

 

 

Costruzione del Museo

Nel cratere che trovammo di fianco alla strada
qualcosa sarebbe entrato alla fine

Nomi che vedemmo sillabati al contrario

Nella sabbia trovammo una tavoletta

Nei crateri delle bombe
che sono intelligenti potremmo trovare una mano

È la mano che scrive
la mano che sogna un cratere

a sinistra e a destra di ciascuna mano

I PARTIGIANI CHIAMANO

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La maggioranza di centro-destra ha bocciato al Senato lo stanziamento di 3 milioni di euro per le celebrazioni del 60° della Resistenza e della Liberazione, e contemporaneamente votato il riconoscimento di “militare belligerante” per gli ex repubblichini di Salò. Quello che segue è l’appello dell’ANPI ad aderire alla sottoscrizione nazionale.

***

C’è chi vuole farla finita con la Resistenza
Più forza all’ANPI, più forza alla memoria,
più forza alle battaglie per la democrazia

L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) è stata costituita nel giugno 1944, quando era ancora in corso la guerra di Liberazione dall’occupante nazista e dalla dittatura fascista.

Kaddish per Enzo

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di Roberto Saviano

Enzo Baldoni.jpg Hanno ucciso il giornalista collaboratore di DIARIO Enzo Baldoni. Era andato in Iraq con la Croce Rossa per aiutare una popolazione costretta allo stremo, aveva utilizzato il suo ruolo di volontario per raccontare ciò che gli uffici stampa dei Marines (quelli che i giornalisti Mediaset e RAI usano come fonte principale delle loro notizie) preferiscono tacere. Era un uomo interessato alla vita e forse questo l’ha reso pericoloso.

L’affermazione della libertà

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Intervista a Mauro Curradi

di Roberto Saviano

ps013.jpg La riscoperta di Mauro Curradi (Pisa, 1925) è stata una piacevole nota dell’editoria italiana. Scrittore di grande qualità, Curradi è uno dei rarissimi narratori italiani ad aver analizzato e conosciuto il continente africano. In questa intervista avvenuta nella sua confortevole casa romana, Curradi passa in rassegna la sua esperienza africana ma non soltanto. Parla del mondo borghese in cui è nato, del suo rapporto con Aldo Palazzeschi, delle leggi razziali degli anni Trenta. Un affresco completo della sua vita di uomo e soprattutto un’immersione nella sua opera letteraria.

Una lettera sul Poetry Slam

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(Lello Voce mi ha inviato questa lettera aperta, che pubblico volentieri, con una personale noticina a pié di pagina. A. I.)

di Lello Voce

Io sono contrario al copyright. Lo aborro. Ciò non toglie che pensi che chiunque copi le idee altrui, o si impossessi degli scritti degli altri, delle loro iniziative, in modo fraudolento, distorcendole e infangandole, sia un pessimo soggetto. E’ falso ed ipocrita, per dirla con evangelica litote.
Per questo, dopo molti mesi di pazienza, ho deciso che era arrivato il momento di dire basta.
Signori di Interrete giù le zampe dal Poetry Slam! E giù le zampe da ciò che scrivo!
Ma vi faccio un sunto dell’intera faccenda, prima di proseguire…

Rivista di poesia on line

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È on-line il primo numero del nuovo corso de l’Ulisse, rivista di poesia e di pratica culturale diretta da Alessandro Broggi, Carlo Dentali e Stefano Salvi. La pubblicazione web, a cadenza trimestrale e dal taglio sempre monografico, affronterà via via diversi argomenti legati alla scrittura in versi e alla cultura contemporanea, in forma di inchieste, dibattiti e approfondimenti. Sarà luogo di incontro nel dibattito on-line nel campo delle arti. Il primo numero verte sul tema “La generazione più recente della poesia italiana” e vanta diverse collaborazioni. Per accedervi è sufficiente entrare nel sito lietocolle che la ospita, e cliccare sull’apposito link.

Non Mio

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di Czeslaw Milosz

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Fingere tutta la vita che il loro sia il mio mondo,
e sapere quanto infamante sia tale finzione.
E nonostante ciò che fare? Se mi mettessi a urlare
e a profetizzare, nessuno sentirebbe.
Non a questo servono i loro microfoni, gli schermi.
Altri simili a me girovagano per le strade
e parlano da soli. Dormono al parco, sopra una panchina,
o nei sottopassaggi, sull’asfalto. Troppo poche le carceri
per rinchiudervi tutti i miseri del mondo.
Sorrido e sto in silenzio. Ormai sono al riparo.
Sedermi a un tavolo di eletti – questo è ciò mi riesce bene.

Traduzione di Roberto Saviano

Sono un pirata sono un signore

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Sono un pirata sono un signore

A volte sono un bastardo e a volte un buono;
a volte non so neppure come io sono.
Mi piace qualunque cosa che è proibita,
ma vivo di cose semplici, vivo la vita.

Io donne ne ho avute tante che mi han capito
e altre che in malafede mi han ferito.
Ma è arrivato giusto per me il momento
per dire come io sono, come io sento.

Ti dirò:
impresto l’anima o il cuore;
sono un pirata ed un signore,
più amor proprio che pudore.

Ti dirò:
amo la luna e amo il sole;
sono un pirata ed un signore
professionista nell’amore.

C’è chi mi dice adesso che son più uomo
e là dove condannavo oggi perdono.
Non vado a un appuntamento senza un fiore,
ma non confondo il sesso con l’amore.

Non vado a un appuntamento senza un fiore,
ma non confondo il sesso con l’amore.

Ti dirò:
impresto l’anima o il cuore;
sono un pirata ed un signore,
più amor proprio che pudore…

Ti dirò:
amo la luna e amo il sole;
sono un pirata ed un signore
professionista nell’amore.

Sono un pirata sono un signore
[Soy un truhán, soy un señor – 1978]
Julio Iglesias – M. de la Calva – Ramón Arcusa – G. Belfiore

Perversioni

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di Helena Janeczek

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Perché la violenza di Abu Ghraib e la violenza delle decapitazioni sembra coincidere come mai prima con la pornografia? Perché è fotografata e filmata. Questa è la prima risposta, quella che infatti hanno dato tutti.

Il documentario come ortopedia dello spirito

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Di Andrea Inglese

Come definire il lavoro di Michael Moore? Giornalismo situazionista? Documentario decostruzionista? Cinema-verità? O più semplicemente, controinformazione? Ma Fahrenheit 9/11 è un documentario, una registrazione della realtà o una sua forma di manifestazione? Certo, per alcuni snob di sinistra o di estrema sinistra, il problema non si pone neppure: la capacità di Moore di raggiungere con efficacia un vasto pubblico, già sancisce la sua irrilevanza. “Già lo sapevamo, già sapevamo tutto”, dicono. Il principio dello snobismo, anche in politica, è la capacità di distinguersi dagli altri, di possedere qualcosa di esclusivo (la verità degli eletti contro la menzogna delle maggioranze). Ma se tralasciamo questo tipo di atteggiamento, Fahrenheit 9/11 non può non sembrarci un prodotto raro, anomalo, proprio in virtù della sua naturale tendenza a valicare categorie e schemi.

Vi racconto di Marano e dei due compari.

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Storia di camorra politica nell’Italia dimenticata.

di Roberto Saviano

salgado.jpg Trasite e’ pann’ ca chiove!

Marano è una città a Nord di Napoli. Una città di catrame e cemento, identica a mille altre, un luogo della periferia meridionale, nato a ridosso della grande città. Marano è una città ricca, densa di palazzi, ristoranti, alberghi per matrimoni. Agglomerati condominiali spuntati come funghi negli anni novanta troneggiano come corona alla periferia della periferia, condomini strozzati di cemento svettano ai lati di fastose ville a più piani con piscina in giardino, decine di mastini dietro i cancelli e le telecamere alla porta.

Niente scherzi: Si parla di Bacon

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(Terzo e ultimo collage)

di Franz Krauspenhaar
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Facciamo finta che Francis Bacon io l’abbia davvero conosciuto perché inviato a intervistarlo da una Nazione Indiana prenatale, in versione ovviamente cartacea, nei primi anni 90. Io, giovane (allora) scrittore di belle speranze; e dal nome difficile. Io, che amo da impazzire non solo la Guinness ma anche le uova al bacon, per l’appunto. E la pittura di quel genio senza pietà.

Perché son tristi

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di Riccardo Ferrazzi
tel-aviv.jpg La città dove conobbi Judy ha un nome che significa “collina della primavera”, ma la collina chissà dov’è. La città è in riva al mare, ma non è un porto. Anche le strade ce la mettono tutta per incrociarsi ad angolo retto, ma finiscono sempre per confluire in qualche piazza sbilenca. In Medio Oriente le cose non sono mai come sembrano.

Case editrici i cui nomi suggeriscono pratiche porcellone

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di Tommaso Giartosio

All’insegna del pesce d’oro

E/o

Transeuropa

Sensibili alle foglie

Ponte alle Grazie

Olschki

Pendragon

Fabbri

Mazzotta

Rizzoli

Rapato a zero. Un ricordo di Carlo Coccioli

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di Giorgio Vasta

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Poco meno di un anno fa, il 5 agosto del 2003, moriva a Città del Messico Carlo Coccioli, scrittore multilingue (scriveva e pubblicava in italiano, spagnolo e francese), intensissimo, silenziosissimo e silenziato (“il silenzio era tanto che lo si sentiva alitare”). Qualche notizia in breve sui giornali, qualche nota su internet, poi più niente. Coccioli, oltre a essere quasi del tutto ignoto in Italia (era nato a Livorno nel 1920), muore in estate, addirittura ad agosto, ovvero al centro del legittimo oblio. Evidentemente doveva andare così, permanere in questa condizione di autore amatissimo in Francia e nei paesi di lingua spagnola ma eterno outsider in Italia.

Coccioli – del quale tra bancarelle e librerie si riescono a recuperare i bellissimi libri – mi è tornato in mente in questi giorni, per il caldo e per qualche altra ragione. Ho ricordato un suo pezzo, “Rapato a zero“, che chiude la raccolta omonima edita da Vallecchi nel 1986, brevi editoriali che Coccioli dettava telefonicamente e che venivano poi pubblicati su La Nazione. Mi è tornato in mente e sono andato a rileggerlo. Mi è sembrato nuovamente bello – lo spettacolo asciutto di una lingua perentoria, l’italiano arcaico e straniero che affiora qua e là come una sbucciatura – mi fa piacere proporlo ai lettori di Nazione Indiana.

Conigli per gli acquisti

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di Gianni Biondillo

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So già come andrà a finire. Ci saranno gli indignati che diranno: ecco, questa è pubblicità, neanche troppo occulta, vergogna!
Poi i precisetti, che diranno: In Sfiga all’OK Corral di Bartezzaghi sono state codificate delle regole precise che qui non vengono rispettate.
Gli snob: Comunque non fanno ridere.
I seriosi: Così si perde l’autentico spirito critico di Nazione Indiana. Questa è una calata di braghe, una spettacolarizzazione e volgarizzazione della cultura.

Mauro Curradi, scrittore d’Africa

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di Roberto Saviano

curradi.jpgUna complessa stratificazione di percezioni ed immagini: vicoli magrebini, cristalli d’ambasciate, aule d’università africane, liti politiche in interni borghesi, compongono il profilo di Mauro Curradi. Fuggo dalle contraddizioni di un presente che amo, fuggo da una generazione che vive lontano, troppo lontano da me. Fuggo da un Europa dissacrata dall’idiozia, dalla criminalità della morte. Questa confessione m’appare più d’ogni altra capace di mostrare la forma letteraria e biografica di Curradi, autore rarissimo che ha passeggiato per vie letterarie inesplorate dagli scrittori italiani.

ARRIVANO I MOSTRI

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di Sergio Baratto

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“Seduto in soggiorno, cercava di leggere. Si era preparato un whisky e soda al suo piccolo mobile bar e teneva il bicchiere in mano mentre era immerso in un testo di fisiologia. Dall’altoparlante sopra la porta del disimpegno usciva a volume altissimo la musica di Schoenberg.
Ma non bastava. Riusciva comunque a sentirli, lì fuori, a sentire i loro bisbigli, i passi, le grida, il ringhio e le risse tra loro. (…)
Ed erano tutti lì per la stessa ragione.”

Richard Matheson, Io sono leggenda

Ma che orrore la faccenda dei 37 sudanesi imprigionati per giorni su una nave e ora imprigionati in terraferma.
E poi la farsa delle identificazioni: sono veri profughi in fuga dalla guerra (Darfur: oltre un milione di sfollati interni, 160.000 profughi, dai 10.000 ai 30.000 morti) o sono soltanto veri desperados? Ma se anche fossero solo 37 banalissimi ghanesi o nigeriani in fuga dalla miseria, dico, cambierebbe qualcosa? Comunque sia, a quanto pare 37 negretti assediano l’Europa. Pazzesco.