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Gli altri siamo noi

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di Gianni Biondillo

[a fine luglio, dopo una operazione di polizia a Quarto Oggiaro che ha messo in carcere un po’ di persone, nel giro di una settimana sia le pagine milanesi di Repubblica che quelle del Corriere mi hanno chiesto un’opinione. Solo ora riesco ad allegarle qui di seguito.]

1.
Sono da circa una settimana sotto il caldo torrido dello Jonio. Fra un bagno e l’altro telefono a mia madre a Quarto Oggiaro per informarmi come va. Con cadenza regolare mi racconta di come il caldo abbia dato alla testa ai suoi vicini di casa: il signore del settimo piano, arrestato, dopo aver minacciato la moglie con una pistola, il ragazzino catturato dopo una rapina in banca armato di un coltello… Storie di ordinaria follia che se non fossero intimamente tragiche parrebbero quasi pittoresche. Ma non lo sono.
Ricordo, quasi quindici anni fa, l’operazione di polizia che mise in ginocchio la malavita organizzata del mio quartiere: ricordo gli elicotteri alle dieci del mattino, le retate, il senso di sollievo dei miei vicini di casa, dopo anni di indifferenza da parte delle autorità preposte all’ordine pubblico. In fondo da quel giorno Quarto Oggiaro ha cercato un cambiamento (tutto dentro di sé data l’indifferenza del resto della città): sono nate associazioni, s’è lavorato a partire dalle scuole, sempre in prima linea, sulla socialità e sul senso di appartenenza al quartiere. Non che si sia trasformato in un esclusivo quartiere residenziale, certo che no. Qualche storia d’ordinaria follia, buona per il nuovo commissariato di polizia di stanza da appena tre anni, non è mai mancata. Ma la notizia di oggi, invece, è di tutt’altro tenore. E non tanto per le modalità dell’arresto che tanto hanno affascinato i giornalisti alla ricerca della curiosità: la capoclan accompagnata a piedi in commissariato sotto gli applausi e i saluti solidali del suo vicinato rispetta una messa in scena che non è semplicemente folcloristica ma appartiene ad un linguaggio del corpo che bisogna saper decrittare. Facile sarebbe, insomma, credere che il quartiere, nella sua totalità, parteggi per i quattordici arrestati. Se chiedessi a mia madre e ai suoi vicini di condominio, loro per primi si feliciterebbero dell’operazione di polizia. La maggioranza silenziosa, si sa, non fa rumore, sui giornali fanno clamore quegli applausi, che sono, con molta probabilità, un modo di dire all’interessata che nessuno ha tradito.
È ben altro quello che mi preoccupa. È che abbiamo creduto che queste storie, queste scene, non ci appartenessero; che erano relegate nelle pagine di un libro, Gomorra, che parlava di un territorio a noi distante anni luce. Roba di meridionali, cosa loro. Sembrava quasi che nella civilissima Milano, puzzetta sotto il naso, i fiumi di cocaina sgorgassero miracolosamente per partenogenesi. Pulita, pulitissima, senza interferenze con la malavita, pronta all’uso, indolore. Ma non è, ovviamente, così. Abbiamo scoperto che Milano e Napoli sono vicine, vicinissime, che Roberto Saviano scrivendo di Casal di Principe o di Secondigliano parlava anche di noi e per noi. Che dobbiamo, una volta per tutte, capire che qui c’è da fare i conti con i clan storici di calabresi, o con la mafia russa e le triadi cinesi. Che in Italia la globalizzazione del malaffare ha un ganglio vitale proprio qui a Milano. Che gli altri, i barbari, accettiamolo una volta per tutte, siamo noi.

2.
Lessi una volta di una proposta che prevedeva l’abbattimento dei palazzoni di via Lopez o, in alternativa, la loro trasformazione nel Museo della Criminalità. Mi indignai. Ci sono cresciuto in via Lopez e ci torno tutte le settimane a trovare mia madre. Non vedo perché si debba abbattere la casa di migliaia di persone oneste o peggio, pensare che siano tutti antropologicamente criminali. C’era, in quel progetto, una demagogia un po’ pedestre che ritrovo identica nelle, ben inteso doverose, pagine dei quotidiani nazionali, che si ricordano di Quarto Oggiaro solo d’estate, quando, si sa, sembra che a Milano non accada mai nulla e i giornali bisogna pur riempirli di qualche notizia.
Quando scelsi di mettere in scena Quarto Oggiaro nei miei romanzi fu non solo per ragioni autobiografiche ma anche per motivi più prettamente ideologici: escludere, cioè, i luoghi triti della milanesità (il Duomo, la Scala, la Borsa) per mettere al centro di questa città sempre più anomica la sua periferia più malfamata, scoprendola, in fondo, molto più carica di umanità e vitalità, non ostante le contraddizioni, i problemi, le emergenze. Quarto Oggiaro è il nervo scoperto di una metropoli insensibile, che ha perduto la sua vocazione alla solidarietà. È la cattiva coscienza di un infighettato centro storico che aspira come un’idrovora i fiumi di cocaina tagliati e spacciati nelle sue periferie. È il vuoto di una politica che riappare solo sotto le elezioni per promettere faraonici e risolutori interventi fatti di aria fritta. Eppure qui, in un quartiere grande come una cittadina, dove non c’è una piazza, non c’è un teatro, non c’è un cinema, non c’è neppure uno straccio di libreria, qui, da anni, abbandonati dal centro cittadino che sdegnoso gli dà le spalle, operano con ammirevole protervia, gruppi di cittadini, associazioni, scuole, parrocchie.
Quarto Oggiaro, così come in tutte le altre periferie meneghine, è dove vive un popolo che ha partecipato ad un sogno di emancipazione collettiva costruendo la ricchezza di una Milano che ora, irriconoscente, non salda il conto. Non so per quanto ancora, però, gli elegantissimi morti viventi che popolano la cerchia dei Navigli potranno dare le spalle alla sua cintura periferica. Quarto Oggiaro esiste anche nel resto dell’anno, e se non troviamo una politica insediativa e culturale degna di una città civile, se non avremo una politica che esca dai salotti buoni, insomma, la catastrofe sarà imminente.
Noi siamo abituati all’emergenza, ma, mi chiedo, e voi?

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34 Commenti

  1. di quarto orgiaro non sospettevo neppure l’esistenza, mai sentito parlarne, mai visto, neppure in tv, sarà che la seguo poco; ma, ahimè, ahinoi, è come se la conoscessi da sempre tanto assomiglia a certi quartieri periferici di catania o di palermo, o di mille altre città, quartieri dormitorio, povertà, niente servizi, la delinquenza spicciola che impazza e scorazza, la gente per bene chiusa in casa. antonella

  2. “Che dobbiamo, una volta per tutte, capire che qui c’è da fare i conti con i clan storici di calabresi, o con la mafia russa e le triadi cinesi”. Povero signor Rossi.

  3. “una metropoli insensibile, che ha perduto la sua vocazione alla solidarietà”

    Gianni, come sai io sono un provinciale e la metropoli non mi piace, quindi lungi da me prendere le difese della sua borghesia pelosa. Ma questa apostrofe che rivolgi ai cittadini, di non isolare le periferie, non sarebbe meglio indirizzarla in primo luogo alle forze dell’ordine. Se a Milano e non solo (nell’interland, fino a Rho), c’è gente che paga il pizzo e prosperano famiglie mafiose, non è perchè la polizia finge di non vedere, esattamente come le schiave ucraine o nigeriane che si propongono daòlle mie parti, ai bordi delle provinciali? Forse il problema è che per troppo tempo si è lasciata alla destra la battaglia per la legalità, limitandosi a sinistra al buonismo sociologico.

  4. Gianni, il tuo punto di vista è ben noto e non mi sogno neanche di controbatterlo. Solo, la penso diversamente. Se Milano è una città che in mezzo ai suoi drammi ha sempre saputo guardare avanti è anche perché è così sfaccettata. Milano accoglie tutti e dà a tutti un’opportunità. Non è un luogo comune: è proprio così. Tu vorresti che lo “spirito di Quarto Oggiaro” impregnasse tutta Milano e la uniformasse. Io credo che sarebbe un guaio.

  5. Valter:
    1) come posso prendermela, in questo caso, con la polizia se è stata proprio la polizia a fare l’operazione antiracket? Non c’è contraddizione?

    2) che c’entra il buonismo sociologico di sinistra? A Milano governa il centrodestra da 15 anni! Quelli che fanno la battaglia per la legalità. Solo a parole.

    Riccardo:
    non ho capito cosa dici: la tua frase: “Milano accoglie tutti e dà a tutti un’opportunità” è da declinare al passato. E’ proprio lo spirito di questa città che non vedo più. Quello che dava significato agli abitanti di QO (appartententi a Milano, mi pare, no?). Io non voglio che il misterioso “spirito di QO” (qual’è?) impregni Milano, ma che quello di Milano ritorni ad esistere!!!

  6. I meridionali a Milano non sono confinati nelle periferie. I meridionali a Milano sono dovunque, in percentuale altissima. Quindi? La verità è che Quarto Oggiaro è simile a molti altri ghetti del mondo. Le periferie milanesi si stanno finalmente internazionalizzando. Meno il centro.

    P.S. Ai Navigli c’è gente elegantissima? Cos’è, un film di fantascienza?

  7. Un paio di anni fa il vetusto Giorgio Bocca scrisse un reportage intitolato “Napoli siamo noi”. Libro bruttissimo, superficiale, frettoloso, nello stile brutale di Bocca, efficace ma da “bocciofila pensionati scoglionati”. Però una cosa era giusta, almeno una : il titolo. Che poi se lo sia praticamente rimangiato in un’intervista televisiva è un dettaglio. Quello che è oggi Napoli presto lo sarà l’Italia, almeno quella delle grandi città ( ammesso che non lo sia già ). Città in cui un centro abbastanza moderno e funzionale viene lentamente stritolato dalle periferie in espansione. Al nord popolate da extracomunitari e disperati, al sud da disperati ed extracomunitari.
    New York, Washington, Los Angeles, Mexico City, sono città che hanno una multicentralità sfavilante. Ma basta sbagliare strada per ritrovarsi derubati, stuprati, accoltellati o che so io.
    Il declino da qualche parte deve cominciare.

  8. Alessandro, non “ai navigli” ma “dentro la cerchia dei navigli”. Che poi fosse ironico non sto manco a dirlo…
    (io comunque non ho parlato di “meridionali” confinati nelle periferie, mai usata quella parola)

    Sono d’accordo con Bruno.

  9. “Quarto Oggiaro è il nervo scoperto di una metropoli insensibile, che ha perduto la sua vocazione alla solidarietà.”

    Non mi pare un’apostrofe, non c’è un’allocuzione inserita in un tratto descrittivo.
    Se invece Biondillo avesse scritto, non so, – Quarto Oggiaro è il nervo scoperto di una metropoli insensibile, che ha perduto la sua vocazione alla solidarietà. Eh, milanesi milanesi! –
    allora avremmo un’apostrofe.

  10. Gianni, nella Cerchia dei Navigli risiede ggente elegantissima? Cos’è, un thriller psicologico? No, non hai mai scritto di meridionali confinati nelle periferie. Molti vivono stanzialmente nei bastioni. I poveri sono confinati nelle periferie. O gli ultimi arrivati. Sì, dignitosi, ma senza una zia che lasci loro un bilocale in Porta Romana…

    Bruno, il dramma è che il centro di Napoli è diventato di un provincialismo aberrante. Più che dall’ immondizia, Partenope oggi è sommersa da una dimensione che non le appartiene: quella del borghesuccio meschino. E pensare che tutte le volte che in Italia voglio godere di un’architettonica laica, internazionale, devo farmi via Toledo! Alto il capo, dal primo piano in su. Io e gli edifici storici. Nessun altro. La ggente ormai guarda solo in basso. Al massimo arriva alla mondezza delle vetrine. E si fa schifo. Si deprime. Regredisce. Si uccide.

  11. E’ vero, Gianni, siamo vicinissimi. Mi viene in mente una frase di Havel: “Ciò che l’uomo percepisce in quanto sua casa può essere paragonato a un raggruppamento di cerchi concentrici al centro del quale si trova il nostro io”
    Ecco: magari gli orrori descritti di Saviano noi del sud li abbiamo vicini nel primo cerchio, ma appartengono ineludibilmente anche a chi vive accanto alla Scala: qualche cerchio più in là, ma pur sempre casa sua. Di cerchio in cerchio si può arrivare al mondo e oltre. Siamo tutti coinvolti.

  12. io ci sono stata sui Navigli, ho cenato in un ristorantino delizioso, Trattoria al coniglio bianco….
    a parte le zanzare la cena è stata un bijoux!
    :-)
    ciao Alessandro!
    :-))

  13. Quello che mi inquieta è l’esportazione del modello criminale nella sua interezza, dalla gerarchia dell’organizzazione, al rituale dell’applauso durante l’arresto, o nella variante aggressione agli agenti. Forse il secondo passaggio è più minaccioso perché riconosce una cultura con una propria liturgia. Dove abito io queste cose succedono tutti i giorni, le vedo attraverso una finestra tagliata nel cemento. Gruppi di donne vestite con tute in acrilico della nike e ciabatte, sputano sui carabinieri, gli lanciano le cose sulle macchine. Penso che la guerra tra centro città e periferie ipertrofiche sia la guerra del futuro.

  14. Gianni, questa è la tua vecchia tesi e fai bene a sostenerla. Permettimi di avere un’angolazione diversa. Milano è grande, non sarà quella che vedo io, ma non è neanche quella che vedi tu.

  15. Ognuno parla delle sue esperienze. Certo, l’ago e il filo di Oldenburg hanno fatto stralunare molti occhi, compresi i miei. Ma allegri, ragazzi, adesso ci pensa Celentano: ha dichiarato guerra ai grattacieli…

  16. sì anche secondo me i cerchi a milano non assomigliano a muri ma a onde che partono dal centro e vanno fuori e tornano e si portano con loro le cose come i sassi nel lago.

  17. @Morgillo
    Perfettamente d’accordo sullo stato di abbrutimento della “società civile” napoletana. Che è poi, aumentato all’ennesima potenza, l’abbrutimento di tutta la “società civile” occidentale, tecnocratica, razzista, xenofoba. Le invasioni barbariche cominciano dal di dentro.

  18. La guerra tra il centro e le periferie è già iniziata…. nel democratico Venezuela (sic), a Caracas, quando calano le prime ombre della sera e Bartolomeo Pestalozzi di Pinerolo si accinge a mettere in pratica gli insegnamenti del suo maestro Stanislao Moulinski, le strade si trasformano. Non ci si ferma ai semafori perché è pericoloso (non si gira a piedi, naturalmente); i vigilantes prima sfoderano le armi, poi ti chiedono cosa vuoi. Etc etc. Quando calano le prime ombre della sera, sembra che sulle colline di Caracas si accendano migliaia di alberi di Natale… la luce è generosamente offerta dalla revolucion bolivariana; per il resto… si fa come si puo’, anche ammazzandosi.
    Rispetto a cio’, Quarto Oggiaro sembra un paradiso, cosi’ come è un paradiso… che ne so, La Courneuve nel 93. Splendido grigiore postmoderno imperante, rallegrato da graffiti, urla umane e sirene (della polizia). Ci son stata prima di Ferragosto, sembrava di stare a Quarto Oggiaro, forse perché tutto il mondo è paese.
    Io credo che l’unica città che abbia saldato i conti con la periferia sia Reykjavík, ma anche Oslo deve aver fatto grossi passi avanti.
    Scusate il debutto depresso, e pure banale….

  19. Gianni, ieri in metropolitana ti ho visto.
    Sì, sullo schermo gigante dove passano notizie meteo, e trasmettono le pubblicità del Casinò di Campione. Ti intervistavano. Su Class News, se ho visto bene.

  20. grande sig. Biondillo! Finalmente qualcuno che difende l’ago e filo – pensare che lo volevano vendere a varese – e non osanna la aulenti….un vero scempio cadorna, era meglio ristrutturare la vecchia facciata! ma tanto a Milano l’arte passa inosservata, tranne quella da botteghino di Sgarbi, ovviamente.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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