Testimoni di Geova

Elettori fantasma nel paese dei clan
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di
Rosaria Capacchione

La giornalista Rosaria Capacchione, il magistrato Raffaele Cantone e Roberto Saviano sono oggetto di una lettera intimidatoria firmata dai boss casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine (latitante da 12 anni) letta ieri dai loro avvocati durante un’udienza dell’appello al “processo Spartacus“.

L’astensione è comportamento esemplare del testimone di Geova. Se proprio vuole, può
annullare la scheda elettorale scrivendo «sono per il regno di Dio». Tutto il resto è segno di debolezza dello spirito, di non conformità alla legge divina, di propensione agli umani compromessi. Il testimone di Geova non vota, né negli States né in Italia. Tranne che a Casal di Principe, provincia di Caserta.
Dove la regola è stata infranta in almeno un’occasione: al ballottaggio per l’elezione del sindaco, il 10 giugno del 2007. Quel giorno disertarono la sala del Regno e contribuirono a far lievitare l’affluenza alle urne, che superò quella del primo turno. Votarono in cinquanta, un quarto della comunità casalese, o almeno così dicono gli elenchi. Ma loro, i diretti interessati, smentiscono. Certificato elettorale alla mano, ancora vergine, stanno sfilando negli uffici della Dia di Napoli per dimostrare che mai hanno tradito la loro fede e che qualcuno, quindi, usò il loro nome per scegliere tra Cipriano Cristiano – poi uscito vincitore – e Sebastiano Ferraro, i due candidati approdati al secondo turno delle comunali. Le convocazioni stanno arrivando in queste ore, a gruppi di dieci. Sono testi in un procedimento ancora in fase embrionale, nato da alcuni esposti anonimi arrivati in prefettura, a Caserta, all’indomani dello spoglio e da quell’ufficio girati alla Dda. Un’indagine conoscitiva, con l’obiettivo di verificare se davvero quella domenica qualcuno truccò i risultati, se i brogli denunciati durante e dopo il voto effettivamente ci furono, se ancora una volta la camorra – come dicono gli anonimi – garantì pacchetti di preferenze saccheggiando tra gli elettori-fantasma: testimoni di Geova, immigrati con diritto al voto amministrativo, emigrati che in paese non si vedono da decenni. I primi accertamenti sembrerebbero dimostrare il contenuto delle denunce. Condizionale tassativo, suggeriscono negli uffici della Dia, perché non va dimenticato che il testimone di Geova che contravviene al comandamento dell’astensione elettorale, specie se con incarichi di vertice nella comunità religiosa, va incontro a sanzioni, dalla rimozione dall’incarico all’ostracismo. Più complesso sarà contattare e convocare gli immigrati, molti dei quali all’oscuro della possibilità di partecipare al voto amministrativo ma non tutti effettivamente domiciliati a Casal di Principe. L’inchiesta comunque va avanti, anche perché l’esposto non dice nulla che non sia stato già detto in passato: chiacchiericcio post-elettorale ma anche dichiarazioni di collaboratori di giustizia che del falso voto dei testimoni di Geova avevano parlato anni fa. Per esempio, Franco Di Bona, che aveva raccontato come, nel 1995, fu boicottata l’elezione di Renato Natale – primo sindaco dopo il commissariamento antimafia – alla Regione e di Pasquale Corvino al Comune, citando casi simili e specificando che l’apporto percentuale può anche essere significativo, visto che nell’agro aversano esiste una delle più forti comunità della Campania, se non d’Italia, con alcune migliaia di aderenti. Uno dei quali, Angelo Riccardo, vittima innocente di una faida di camorra: fu ammazzato una domenica di luglio, nel 1991, a San Cipriano d’Aversa. Stava andando alla sala del Regno, si trovò al centro di una sparatoria e fu colpito da un proiettile vagante. Per la cronaca, il disimpegno civico dei testimoni di Geova ha fatto sì che mai la famiglia Riccardo partecipasse attivamente al processo per l’omicidio o alle iniziative anticamorra. Per non inchinarsi, come dicono loro, a un’autorità diversa da quella divina, all’«immagine eretta da Nabucodonosor».

Da “Il Mattino”, 14.3.2008.

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12 Commenti

  1. Saluto il coraggio di Rosaria Capachione, Roberto Saviano, Raffaele Cantone e tanti altri.
    Un grande coraggio che puo fare rinascere una regione bella e forte e che dà speranza.

  2. I camorristi che si agitano, alzano la voce, minacciano attraverso i loro avvocati sono un chiaro segno che il velo squarciato da Roberto Saviano, Rosaria Capachione, Raffaele Cantone e tutti coloro che non hanno paura di parlare, compreso il tredicenne che vive sotto scorta perchè “ha visto”, è ormai una strada senza ritorno. La gente sa, non può più fare finta, la gente sa e si interroga su cosa e come fare per sradicare questo cancro che aggredisce da troppo tempo il nostro Paese. I boss si agitano perchè hanno paura, loro hanno paura, paura della verità e delle parole di chi invece paura non ha di andare avanti e continuare, pur tra mille difficoltà, a fare il proprio lavoro e ad aiutare tutti a ricotruire una coscienza civile e democratica vera. Sono al fianco di Roberto, Rosaria e Raffaele.

  3. anche io ammiro il loro coraggio, l’esortazione che ne deriva, sempre per il bene, sempre per un fine che conduce al bene che è giustizia.
    e poi bisogna ricordare, che quando una notizia, quando un romanzo, quando una rivelazione, destano scalpore, è perchè un fondo di verità ha raggiunto la parte dolente di chi si nasconde, testimoniando ancora una volta quanto potere può la parola, unita al coraggio e al
    poterla gridare.

  4. Sono stato a Casale il 17 Settembre dell’anno scorso, in occasione della manifestazione anticamorra. C’era politici locali, Bertinotti, Saviano, altri. Il giorno dopo mi sono ritrovato nella foto a centro pagina del Corriere della sera che per inquadrare l’orribile padre dell’orrendo Sandokan aveva ripreso anche me, che mi ero messo apposta accanto al vecchiaccio per applaudire Roberto il più forte possibile. Così, per dispetto. Poi arrivò Golia delle Jene e pensò bene di trasformare una seria a costruttiva manifestazione in una goliardata giornalistica stile Antonio Ricci. Ma quello che contava era avvenuto, per la seconda volta qualcuno aveva gridato forte conto lo strapotere dei casalesi. Il clan, non i cittadini.
    Quando ero ragazzo, cosa avvenuta parecchi anni fa, si parlava di Casale di Principe come di un posto popolato da guappi trogloditi, una terra di violenza dalla quale stare ben lontani. Per noi napoletani di città, Casale rappresentava la quintessenza del sottosviluppo della regione. Però si rideva anche di tutto questo, erano racconti fatti per sbeffeggiare quella mentalità guappesca che si ridicolizzava da sola, tanto era estrema. Poi col tempo, nel disinteresse generale, l’arcaica e brutale violenza si è contaminata con gli affari, la politica, il potere. Con astuzia, mantenendo un basso profilo, facendo parlare poco di sè, contribuendo volontariamente all’immagine di una camorra superata e pittoresca. Poi sono arrivati i processi, Spartacus ha tolto il velo, Saviano ha fatto da amplificatore e ora tutti sanno. Il salto da mafia rurale a organizzazione criminale di respiro internazionale è stato compiuto nell’arco di un ventennio, con arguzia e pianificazione scientifica. Ci troviamo davanti al clan criminale più potente, spietato e ramificato d’Europa, che non si preoccupa dell’arresto dei suoi capi, poichè conta sul totale e incontrastato controllo del territorio, ha rapporti con Cosa nostra, investe in attività lecite, fornisce liquidità e protezione alle aziende di qualunque provenienza, incute timore con la semplice presenza. Il sindaco ci Casale può permettersi di parlare liberamente contro la camorra, chiedere la vicinanza dello stato, favorire gli espropri. A loro non interessa, sono solo chiacchiere. Quello che conta è che in quel territorio tutto ciò che ha un prezzo è sotto il loro controllo, dai movimenti terra ai centri commerciali. Che sequestrino pure un paio di ville o di aziende, servirà a dare l’immagine di una potenza in declino. Per la prima volta nella storia della ciminalità un’organizzazione mafiosa sceglie di apparire come perdente, pur di rimanere nell’ombra o essere dimenticata. I casalesi, il clan, preferisce che si torni a ridere del loro paese e delle loro usanze, anzichè entrare nei loro affari. Ed ecco che una giornalista coraggiosa come la Capacchione, che nei suoi articoli fa nomi, cognomi, riferimenti precisi, diventa un pericolo alla pari di Saviano o di Cantone. E i casalesi, i cittadini non il clan, a continuare ad avere paura.

  5. Conosco Rosaria da quando avevo dodici anni. ci lega qualcosa che si potrebbe definire amicizia, amore, sicuramente un’ammirazione per il coraggio che mette nelle cose che scrive, quando si tratta di camorra, e per la passione che l’anima quando racconta altro. e allora sa che quando la incontrerò, tra qualche giorno, l’abbraccerò più forte e lei riderà. lo so che riderà.
    effeffe

  6. Commenti magnifici, tanti sensibili: perché si dice la purezza dei cuori, il coraggio di guardare davanti. Bruno dà una spiegazione sulla situazione, la dipinge senza concessione.
    Effeffe, dice la parte intima e sensibile: molto bella questa luce di un amore d’infanzia davanti a una donna coraggiosa.
    Come lo dice valter binaghi: chapeau.

  7. Francesco abbracciaci Rosaria per tutti noi (e fa in modo che la si legga più spesso anche da queste parti).

  8. credo che sia utile far girare notizie del genere il più possibile,la stampa italiana non ha dato molto spazio alla notizia,è giusto impedire che cose del genere rimangano nel dimenticatoio!

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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