La storia siete voi

di Francesco Pecoraro

Possibile che io, che da quindici anni a questa parte non sarei più andato a votare, mi sia poi sempre sentito in dovere di andarci per votare contro quello lì?
Veltroni, l’ultimo che ho votato alle politiche, non l’avrei votato se non perché si «opponeva» a Berlusconi Silvio.
Anche quando ho capito che la differenza tra i due era minima, l’ho votato lo stesso, contro ogni mio istinto e contro ogni mia ragione.
Da quando ho avuto l’età per votare l’ho sempre fatto, tranne le penultime elezioni comunali di Roma che non ce la facevo a votare per Veltroni.
Però alle ultime, quelle vinte da Alemanno ci sono ri-cascato e ho fatto questo ragionamento: io voto Grillini, perché è gay e ateo, se per caso si va al ballottaggio voto Rutelli.
Mi costava molto votare Rutelli, sopra-tutto per quelle sue ultime posizioni cattolicanti che in lui che partiva come radical-pannelliano significavano che proprio non c’è niente da fare e tutti lì prima o poi finiscono, pure Bertinotti che non esclude er trascendente, pure Vendola che lo voterei se non fosse credente, e mi viene da supporre che pure Lenin sarebbe diventato un credente, se solo ne avesse avuto il tempo…
Però alla fine lo votai lo stesso, contro ogni mia propensione e principio, per non far vincere Alemanno, insomma anche alle comunali il mio è stato un voto non per qualcuno, ma contro qualcun altro: anche se poi averci Alemanno non sarà mica la fine del mondo e, a parte il fatto che più o meno ha reso edificabile l’Agro romano e che non ha la faccia proprio gradevole e che l’ha votato l’intera categoria professionale dei tassisti che a Roma è la peggiore, seconda forse solo a quella dei dentisti, che differenza sostanziale ci sarà mai con la consigliatura Veltroni?
In che modo Alemanno incide negativamente sull’assetto delle nostre vite?
In che modo Veltroni e i veltroniani incidevano positivamente sull’assetto delle nostre vite?
Per esempio Alemanno ha abolito le sciocche e disagiate Domeniche Ecologiche, ha tolto l’idiotissima e fastidiosa Notte Bianca, ma non ha avuto il coraggio politico sufficiente ad abolire la stronzissima e provinciale Festa del Cinema (meglio dire «Festa del Cinema come lo vede Veltroni»).
Mi aspettavo di più da Alemanno, mi aspettavo una tabula rasa fascista, una rifondazione culturale dell’Urbe, l’abbattimento di incongrui edifizi moderni, l’apertura di nuovi/vecchi assi viari in pieno Centro Storico, in attuazione del Piano Regolatore fascistico del 1931 e invece niente…
Solo qualche prescrizione – ingenua, ignorante – di travertini all’EUR, subito accolta con approvazione deferente da quella categoria di puttane mentali che siamo (diventati?) noi architetti: il fascismo annacquato dell’oggi si limita a convivere con la democrazia, senza sapere bene che fare, mentre la «sinistra» pedonalizza ed esibisce atteggiamenti «ecologici», senza differenziarsi affatto dalla solita logica che ci conduce sempre & inevitabilmente alla costruzione di una città demmerda, senza incidere minimamente sulla realtà primaria della distruzione in atto del Pianeta: e tuttavia, qualora volesse incidere, come potrebbe? E dove si sono viste, a Roma, campagne severe metti per la raccolta differenziata?
Insomma, che deve fare, tra oggi e domani, uno che odia Veltroni e D’Alema, che vede bene che Franceschini è un cattolicuccio, che disprezza il bertinottismo e Bertinotti ipse per l’esemplare e vanesia dis-onestà intellettuale, che non vede il motivo di mandare al Parlamento Europeo una come Giuliana Sgrena per il solo fatto che è stata rapita in Irak e Vendola non può votarlo perché si professa credente, che Bonino non può votarla perché troppo prossima a quell’atroce nulla politico, esibizionista e piagnone, che da decenni è diventato Pannella?
Dov’è Grillini? Dove sono i froci atei che voterei? In quale di questi partiti si nascondono?
La sensazione, ma posso sbagliare, è che (in assenza di proposte politiche, vale a dire di progetti di futuro di cui si chiede la condivisione, ai quali si potrebbe pure partecipare) la vera differenza, il vero discrimine tra quelli che non-voglio-a-nessun-costo-votare e quelli che voterei – essendo destra e sinistra diventate troppo simili per la smania di prendere voti dal Grande Ripieno sociale che domina un paese demmerda – sia tra cattolicesimo e laicità, tra quelli che vogliono farmi vivere & morire come vogliono loro e quelli che mi lascerebbero, con molta cautela, qualche spazio di scelta personale (solo i froci atei, appunto, danno questo tipo di garanzia): ma dove sono questi ultimi?
C’è chi dice (oggi, Scalfari) che gli atteggiamenti come il mio non siano altro che «narcisismo elettorale», che è inutile cercare la perfetta corrispondenza tra ciò che si pensa e si è e un partito politico, che bisogna accontentarsi di quello che passa il convento, che non bisogna avercela coi politsci in quanto classe, ma solo con certi politici, eccetera: anch’io l’ho pensata, un tempo, così.
Ma erano tempi in cui c’era davvero qualcosa da perdere a lasciar vincere la destra, erano tempi in cui si pensava che un governo di centro-sinistra avrebbe fatto qualche legge contro il monopolio della televisione, dell’informazione, dell’editoria, contro il così detto conflitto di interesse: invece niente: solo qualche «risanamento» delle finanze pubbliche e nessun risanamento politico, nessun risanamento civile, nessun passo avanti in tema di diritti civili.
Va bene, mi dico, sarò anche un narcisista elettorale: ma, se pur avendo avuto più di un’occasione avete non solo lasciato la porta aperta a Berlusconi, ma lo avete forsennatamente inseguito e imitato, per quale cazzo di motivo dovrei ancora votarvi?
Se vi siete inchinati davanti ai vari papi per paura di perdere voti cattolici e oggi ci ritroviamo col dover morire come dicono loro, con l’impossibilità di veder riconosciuto nessun tipo di convivenza al di fuori del matrimonio, con leggi demmerda su fecondazione assistita, cellule staminali, eutanasia, eccetera, perché dovrei ancora votarvi?
Perché dite di essere «contro Berlusconi»?
E in che modo, in passato, avete dimostrato con i fatti di essere contro Berlusconi?
Allora, nel mio narcisismo elettorale, ho pensato meglio che si sfasci un Partito Democratico fatto in questo modo, meglio qualcosa di più piccolo capace di crescere, che questo ornitorinco politico privo di laicità, promesse, proposte, capacità di azione, di lucidità, di percezione, guidato da un pretino.
Qualcuno dirà: e Di Pietro? Non ha ragione Di Pietro?
Si ha ragione, ma solo per quello che dice contro Berlusconi: dov’è il resto?
Cos’altro è condivisibile con Di Pietro?
Possibile che non ci sia un partito, un uomo politico capace di tenere assieme un convincente e non strumentale anti-berlusconismo con un ragionevole e per me condivisibile progetto di crescita civile (in senso politico, economico, spaziale, etico, scientifico, tecnologico, strutturale & infrastrutturale, ambientale) del Paese?
Sembra impossibile, ma le cose a mio modo di vedere stanno proprio così: non c’è.
C’è invece un’Italia cui in maggioranza piace Berlusconi: bene questa è la democrazia: vincerà la maggioranza, ma io col mio narcisismo elettorale non sono più disposto a votare gente che non mi piace per oppormi ad uno che non mi piace ancora di più.
A quelli che mi rimproverano per questo ragionamento risponderei: la storia siete voi, fatevela.

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96 Commenti

  1. ” Non sono più disposto a votare gente che non mi piace per oppormi ad uno che non mi piace ancora di più.”

    Il problema è di votare (per) con speranza, e non (contro) per odio.
    Eccetto quando la situazione è pericolosa.

  2. Aspettavo che qualcuno illustrasse la posizione politica dei “fuoriusciti”. Francesco Pecoraro lo ha fatto in modo eccellente e io mi dichiaro totalmente in accordo con lui.

    Giovanni Cossu.

  3. Questa storia del votare il male minore per contenere il male maggiore è cominciata con Prodi tanti anni fa.

    Inutile rifare qui la storia del perché e del come è successo, è complicata, lunga e la conosciamo in tutte le sue varianti.

    Io ho sempre votato, forse ho sempre votato perché i miei genitori, che erano stati giovani durante il fascismo, sarebbero andati a votare anche strisciando.

    E voterò anche questa volta, ma con lo stesso sentimento tuo, tash.

    Uomini capaci “di tenere assieme un convincente e non strumentale anti-berlusconismo con un ragionevole e per me condivisibile progetto di crescita civile (in senso politico, economico, spaziale, etico, scientifico, tecnologico, strutturale & infrastrutturale, ambientale) del Paese”, come tu dici, io credo ce ne siano ancora, sparsi, magari, resi deboli da contraddizioni interne, cinismi diffusi, confusione tra un legittimo desiderio di tenuta e un devastante desiderio di conservare il potere in quanto tale, certamente in questo momento impotenti, certamente in questo momento privi di carisma e capacità di leadership, e probabilmente anche privi di idee, bloccati.
    O semplicemente fuori dai giochi, per ora.

    Dobbiamo affossarli senza pietà perché possa rinascere una nuova sinistra nella quale riconoscersi senza vergogna e imbarazzo?

    Un giorno penso che sia meglio una débacle rigenerante, il giorno dopo penso invece che se la sconfitta fosse devastante non ci sarebbe neppure quella minima difesa di spazi civili che in qualche modo, sia pure balordo, ancora c’è. Quel minimo di organizzazione sociale, sia pur debole, che permette di alzare la voce e di tenere in vita un dissenso magari sgangherato ma che è comunque una voce.

    Se la debacle sarà totale, gli altri si sentiranno in diritto di dire TUTTA l’Italia è con noi, come del resto S.B. già fa.
    A me va bene che si dica che la sinistra è pessima, lo è, ma molto mi dispiacerebbe che non potendo io parlare che con il voto, il mio silenzio venisse considerato un voto a favore delle destre, visto che non potrei ribattere.

  4. “Quei che vuoi che si contragga devi farlo espandere, quei che vuoi che s’indebolisca devi farlo rafforzare, quei che vuoi che rovini devi farlo prosperare, a quei che vuoi che sia tolto devi dare”. (Tao te King)

    Secondo questa logica forse sarebbe meglio votare Berlusconi che votargli contro o non votare affatto. Più il pallone gonfiato si gonfia e prima esplode. Non sto scherzando. Nessuno riesce a gestire un potere assoluto, senza nemici che lo contengono e implicitamente lo legittimano.
    Votiamo Forza Italia, dai.

  5. ” Andatelo a dire ai caduti di ieri che il loro morire fu come le nevi “. ( G. D’Elia). Dopo sessanta anni dalle sue tesi la voce di Bejamin mi sembra ritornare con consueta attualità. Sembra stia scrivendo oggi. Come se fosse stato un sogno l’incubo vissuto dall’Europa durante e dopo il Fascismo, si rivedono le stesse ombre nere allungarsi su una terra desolata, perchè il sole, il sole dell’ avvenire tanto cantato dalla socialdemocrazia e dal progresso, è tornato , come era naturale, al tramonto. Riascoltiamo nuovamente, in una stupita verginità, identiche le stesse affermazioni xenofobe e filonaziste che fino a qualche anno fa ( lo ricordo bene ) avevano suscitato sdegno o , nel migliore dei casi, sarcasmo nella maggioranza delle popolazione, e invece oggi vi si porge l’ orecchio con rinnovato e vivo interesse. Eccoli, riemergono e sembrava fossero stati cancellati per sempre. ” La tradizione degli oppressi ci insegna che ‘ lo stato di emergenza’ in cui viviamo è la regola “. Perciò sono andato a votare sempre ” contro ” qualcuno e mai ” per ” qualcosa; fosse per il progresso o per un ” condivisibile progetto di crescita civile (in senso politico, economico, spaziale, etico, scientifico, tecnologico, strutturale & infrastrutturale, ambientale) del Paese”. C’ è un paragrafo delle tesi che mi ritorna in mente ogni volta che scendo a manifestare o vado a votare, e vorrei riportarlo qui integro per la sua antica novità: ” Il soggetto della conoscenza storica è la classe stessa oppressa che combatte. In Marx essa appare come l’ultima classe schiava, come la classe vendicatrice, che porta a termine l’ opera della liberazione in nome di generazioni di vinti. Questa coscienza, che è tornata ad affermarsi per breve tempo nella Lega di Spartaco, è sempre stata ostica alla socialdemocrazia. Nel corso di trent’anni essa è riuscita ad estinguere quasi completamente il nome di un Blanqui, che ha fatto tremare col suo timbro metallico il secolo precedente. Essa si compiaceva di assegnare alla classe operaia la parte di redentrice delle generazioni future. E così le spezzava il nerbo migliore della sua forza. La classe disapprese, a questa scuola, sia l’ odio che la volontà di sacrificio. Poichè entrambi si alimentano all’ immagine degli avi asserviti, e non all’ ideale dei liberi nipoti.” E adesso scusate, vado a vendicare i miei morti.

  6. Tash,
    nulla di nuovo sotto il sole (oscurato) di questi anni, a partire dall’invito a votare turandosi il naso (Montanelli) a quello scalfariano di votare quel che passa il convento. Ennò, io pretendo, esigo (dalla politica) qualcosa di diverso. E se non c’è, ciccia.
    Allora credo di far la cosa migliore per la democrazia (ma quale democrazia? è uno dei pochi sostantivi che se non si qualifica con un aggettivo – rappresentativa, partecipativa, diretta… – significa un fico secco) starmene a casa a leggere un comunicato zapatista anziché mettere una crocetta sul simbolo di un partito che finirà nella palude consociativa. Statistiche docent.
    Da ultimo: non vuol dire niente in termini politici (e non mediatici) la dicotomia destra VS sinistra, in quanto la distinzione è solo spaziale, e una spazialità non può supportare o supplire una dottrina politica.

  7. Che pena i maîtres à penser all’amatriciana, ma ancora più penosi sono i loro apostoli…

  8. alcor, io mi turo il naso da quando ancora prodi era in tutt’altre faccende affaccendato, ormai sanguina a furia di turarmelo e toccarmelo.
    purtroppo la mia memoria è a passo lungo…

    però due certezze

    1 – domani voterò, ancora una volta mi avranno, mio malgrado, anche se sono anni che giuro di fronte alla mia ombra: non mi avranno più.
    2 – la seconda preferenza sarà per francesco pecoraro!

  9. grandissimo Saramago su El pais

    No veo qué otro nombre le podría dar. Una cosa peligrosamente parecida a un ser humano, una cosa que da fiestas, organiza orgías y manda en un país llamado Italia. Esta cosa, esta enfermedad, este virus amenaza con ser la causa de la muerte moral del país de Verdi si un vómito profundo no consigue arrancarlo de la conciencia de los italianos antes de que el veneno acabe corroyéndole las venas y destrozando el corazón de una de las más ricas culturas europeas. Los valores básicos de la convivencia humana son pisoteados todos los días por las patas viscosas de la cosa Berlusconi que, entre sus múltiples talentos, tiene una habilidad funambulesca para abusar de las palabras, pervirtiéndoles la intención y el sentido, como en el caso del Polo de la Libertad, que así se llama el partido con que asaltó el poder. Le llamé delincuente a esta cosa y no me arrepiento. Por razones de naturaleza semántica y social que otros podrán explicar mejor que yo, el término delincuente tiene en Italia una carga negativa mucho más fuerte que en cualquier otro idioma hablado en Europa. Para traducir de forma clara y contundente lo que pienso de la cosa Berlusconi utilizo el término en la acepción que la lengua de Dante le viene dando habitualmente, aunque sea más que dudoso que Dante lo haya usado alguna vez. Delincuencia, en mi portugués, significa, de acuerdo con los diccionarios y la práctica corriente de la comunicación, “acto de cometer delitos, desobedecer leyes o padrones morales”. La definición asienta en la cosa Berlusconi sin una arruga, sin una tirantez, hasta el punto de parecerse más a una segunda piel que la ropa que se pone encima. Desde hace años la cosa Berlusconi viene cometiendo delitos de variable aunque siempre demostrada gravedad. Para colmo, no es que desobedezca leyes sino, peor todavía, las manda fabricar para salvaguarda de sus intereses públicos y privados, de político, empresario y acompañante de menores, y en cuanto a los patrones morales, ni merece la pena hablar, no hay quien no sepa en Italia y en el mundo que la cosa Berlusconi hace mucho tiempo que cayó en la más completa abyección. Este es el primer ministro italiano, esta es la cosa que el pueblo italiano dos veces ha elegido para que le sirva de modelo, este es el camino de la ruina al que, por arrastramiento, están siendo llevados los valores de libertad y dignidad que impregnaron la música de Verdi y la acción política de Garibaldi, esos que hicieron de la Italia del siglo XIX, durante la lucha por la unificación, una guía espiritual de Europa y de los europeos. Es esto lo que la cosa Berlusconi quiere lanzar al cubo de la basura de la Historia. ¿Lo acabarán permitiendo los italianos?

    io voto a Sinistra!
    effeffe

  10. @ effeffe,
    visto che è in ballo Saramago, una rilettura di “Saggio sulla lucidità” è il miglioro antidoto.
    PS.: “Sinistra”? è un nuovo partito? qui dalle mie parti non lo vedo

  11. Non bisogna più votare contro Berlusconi, ma contro la berlusconizzazione dilagante. Il Signor B Ha sostituito il vecchio popolo che scende in piazza per urlare contro l’ingiustizia con la Gente stressata che preferisce il telecomando alla coscienza civile e si lascia guidare nei solchi prefissati dei sondaggi. Ha reso l’elettorato talmente distratto e insensibile dall’essere assuefatto ad ogni assurdità e menzogna, pago solo d’essere cliente e spettatore, mai più cittadino. Lo ha così saziato di sogni egoistici e intrattenimenti inesauribili da rendere la politica un affare remoto, stancante e noioso. Ha ridotto la democrazia, il liberalismo, i diritti, la libertà, la pace a pure parole prive di realtà, a suoni accattivanti svuotati di referente concreto, a significanti buoni solo per l’uso del momento. Gli altri criticano e creano belle teorie astratte dalla vita della gente comune, lui fa mille cose e sa parlare al più limitato degli analfabeti.
    Ha tirato su un partito in tre mesi con qualche amico suo ed è riuscito a vincere le elezioni! S’è inventato la storia dei comunisti tutti mostri che vogliono assaltare l’Italia e renderla un inferno; e gli hanno creduto! E’ riuscito a fare in modo che la verità derivasse non dal rispetto dei fatti, ma dalla ripetizione ossessiva e dilagante. Da uomo più potente d’Italia s’è inventato la storia della persecuzione giudiziaria e lo hanno preso per una vittima! E’ stato imputato in numerosi processi ed ha fatto eleggere i suoi avvocati cosicchè potessero riscrivere le leggi in suo favore. Ha definito gli elettori di sinistra “coglioni”, i magistrati “malati mentali”, un mafioso un “eroe” ed ha continuato a prendere valanghe di voti! Che ridere: ha fatto licenziare dei giornalisti oppositori e come ha chiamato il suo partito? Partito della libertà! I suoi leccaculo censurano i pochi onesti che ancora criticano, hanno il coraggio di accusarli di faziosità e nessuno dice niente! E’ ovvio che poi lui diventa capace di tutto! Ha mandato i soldati italiani a soffrire e morire in Iraq e poi ha detto di essere sempre stato contrario alla guerra! Ha organizzato crociate contro le nuove forme di convivenza, ha difeso la famiglia e ne ha sfasciate due, lasciando figli qua e là e circondandosi di belle accompagnatrici arriviste e smaliziate. Come un film americano di successo, ci permette di non pensare ai drammi (la disoccupazione crescente, i salari più bassi d’Europa, il Pil che precipita, il sommerso più alto d’Europa, il numero più alto di morti sul lavoro, l’aumento a valanga dell’emarginazione sociale etc.), ma solo alle fandonie di un re-giullare che intrattiene una cittadinanza ridotta a platea. Ha riempito il parlamento dei suoi servitori, ma poi lo ha dichiarato inutile (basta Lui). Si è presentato come il salvatore dell’Italia e ha privatizzato la cosa pubblica. Lui, mediocre e incolto individualista, ennesimo uomo-massa nella degradazione civica e culturale dell’Italia, l’ha ridotta ad appendice cancrenosa del suo ego obeso e reso folle dai miliardi e dal potere incontrastato. Come ha fatto? Come è stato possibile?
    Ha ucciso la realtà!
    E non gli è bastato mutare il rapporto tra gli italiani e la politica; ha cambiato perfino la sinistra, costretta ad imitarlo sempre di più per racimolare qualche voto. Incapace di essere se stessa, la sinistra ha fatto propria la logica dell’avversario nella guerra senza fucili contro gli immigrati, trattati come un virus da eliminare; nell’ideologia del moderatismo generico, con la criminale bugia che non esistano più oppressi e privilegiati; nella sostituzione del parlamento con la televisione; nella sudditanza morale alla chiesa cattolica; nel mutamento dei problemi sociali in problemi penali; nella rinuncia a sollevare il dramma della povertà, in nome di un populismo più redditizio. E’ bastato un decennio di marketing propagandistico per sterminare non solo principi come la libertà di critica, l’uguaglianza, la solidarietà, la laicità, ma anche l’esistenza inoppugnabile dei fatti. Non si è trattato solo di coltivare la servitù volontaria o, come scrisse Brecht, di sciogliere il popolo, ma addirittura di congelare la storia. Ottant’anni fa un altro riuscì a trasformare una nazione intera in un mare di iniquità e crimini. Detto questo, qanto berlusconismo c’è nel Pd, in Idv, nelle varie destre?

  12. Votare è una delle tante attività che fanno parte del vivere e forse non è la più importante o decisiva. Ci si può accostare al voto in modalità difensiva, scegliendo di cercare tra le varie opzioni quella che potenzialmente ci arrecherà meno danni, o in modalità offensiva, per i pochi fortunati che sono in questa condizione, avendo trovato un progetto politico che si condivide in pieno e che sembra garantire un futuro migliore. Essendo il votare una delle attività della vita tra le tante, mi chiedo come ci si comporta in altri casi di scelta. Quante volte nella quotidianità mi trovo ad avere una possibilità in cui credo completamente oppure, anche senza rendermene completamente conto, mi affido alla scelta o a una delle scelte che mi recherà un minor danno?

    Non voglio fare in questa sede una valutazione complessiva sulla qualità in senso lato della mia esistenza (saranno cazzi miei, permettete) , ma penso che la situazione di scelta del minor danno è purtroppo quella che si presenta con maggior frequenza. E forse non è neanche una scelta sempre disonerevole, perché viviamo in un contesto pieno di vincoli e costrizioni dipendenti solo in minima parte dalle nostre convinzioni e capacità e ben di rado ci troviamo di fronte la possibilità di scegliere la nostra strada ideale. Non voglio con questo dire che non si cerca di allineare la nostra vita al meglio dei nostri principi morali, ma non sempre è possibile, e non è quindi per nulla indegno affidarci alla strada che meno ci fa allontanare da essi.

    Poi arriva il momento del voto che, perlomeno fino a quando c’è democrazia, è un momento di scelta felicemente senza vincoli. Non subiamo costrizioni, nessuno ci obbliga di fare la passeggiata fino al seggio e di seguire là il consolidato cerimoniale di voto, di scegliere l’uno, l’altro e l’altro ancora. A differenza di altre scelte della vita quotidiana nelle quali ci pare onorevole il meno peggio (vorrei accompagnare il pasto con il Barolo ma con pochi euro in tasca scelgo un vino di ripiego o rinuncio al vino) il voto non si porta dietro vincoli evidenti e cogenti, per cui scegliere non il meglio ma ciò che reca meno danno ci sembra indegno e disdicevole. Mi sembra un semplice problema di aritmetica sociale o personale: quando dalla scelta non derivano conseguenze negative immediate, allora si considera solo una opzione che soddisfi pienamente. Negli altri casi della vita, le conseguenze negative fanno accettare e ritenere onorevole l’opzione del meno peggio.

    Per il momento chiudo qui, domattina vado a votare e poi aggiungo qualcos’altro.

  13. … i tempi si stanno facendo particolarmente difficili e, paradossalmente, alla crescente coscienza delle incombenti complicazioni non corrisponde un livello di reazione collettiva sufficientemente adeguato.
    Nei bar, sui marciapiedi, facendo la fila alla posta, insomma dovunque c’è assembramento umano si può constatare ampia consapevolezza circa le difficoltà economiche e sociali che sta attraversando la nazione e nello specifico la nostra città. Tutti hanno ben compreso che il guaio è molto grosso e che nuvole ancor più nere e gonfie di nefasto carico si stanno addensando all’orizzonte. Nei ragionamenti, nei frammenti che si riescono a cogliere, tutti sanno, tutti hanno capito, tutti prevedono conseguenze disastrose. Serpeggia l’angoscia, la sfiducia, ed un senso di muta rassegnazione si fa strada tra le parole rabbiose di pensionati, giovani inoccupati, lavoratori in bilico.
    Proprio ieri sera parlavo di questo con un cervello davvero raffinato: uno che a suo tempo s’è laureato in fisica nucleare, ha poi lavorato per anni nella ricerca (e che altro avrebbe dovuto e potuto fare un fisico nucleare se non ricercare incessantemente soluzioni innovative per cavar l’umanità fuori dai guai?) s’è infine rivolto al mondo della scuola perché nel frattempo la ricerca in Italia riduce praticamente alla fame chi lavora nei suoi centri d’eccellenza. Per concludere ci ha pensato la ministra Gelmini a farlo diventare praticamente un nullafacente sulla soglia dei cinquant’anni.
    Ebbene, pensando alla sua critica condizione, lui sostiene che la crisi vera non è tanto quella economica, che pure è drammatica, quanto piuttosto l’assenza di prospettive, l’incapacità a delineare delle soluzioni, il vuoto ideale che s’è fatto dentro ognuno di noi ed infine l’inadeguatezza dell’”homo consumisticus” a rivedere le priorità circa i bisogni da soddisfare e l’organizzazione delle relative risposte alle sollecitazioni del mercato oggettivo dei bisogni concretamente appagabili. Detta così è come una mazzata in fronte che stordisce e non fa capire da dove arriva il fendente e che grado di pericolo è capace di generare.
    Proverei a tradurla così: immaginiamo un moderno allevamento di polli. Un capannone modello con tecnologie avanzatissime che, avendo confinato il pollo in una stia di trentacentimetriquadrati o poco meno, lo nutre e lo cura fino a portarlo a compimento del ciclo vitale in seiSettimane e mezza. Lui, il pollo, ingurgita il becchime senza sosta, 24 su 24. Deve solo preoccuparsi di beccare. Non ha imparato a camminare, tantomeno a svolazzare, non conosce l’aia, non conosce il giorno e nemmeno la notte. Lui becca quel che gli propone l’allevatore. Lui ingrassa e così prepara il suo destino allo spiedo! Un bel giorno l’allevatore si stanca di quel mestiere ed abbandona il pollaio. Prima però spegne tutte le macchine ed apre le stie. “Cari polli andatevene per i campi a cercare un altro futuro!..”
    Cresciuto per lo spiedo, grasso e goffo, sbalordito ed inconsapevole, quel pollo, che ha perfino perso memoria genetica dell’odor dell’erba tagliata di fresco, non ha altra possibilità che morire di stenti pur avendo a disposizione un mondo intero su cui beccheggiare alacremente!
    Marcuse avrebbe scelto ben altri esempi! L’amico fisico ha usato una terminologia da paleoMarxista. Io, invece, ho usato il pollo come esempio e come movente. La realtà dei fatti, però, non cambia di una virgola: abituato al benessere esponenzialmente crescente, il moderno uomo nordOccidentale non riesce proprio ad immaginare come ne potrà venire fuori da questa maledetta crisi. Non ha gli strumenti intellettuali per capacitarsi e non ha più troppe risorse finanziarie per comprarsi una soluzione. Da qui la profonda crisi di prospettiva. Pare una banalità, ma in assenza di grandi ideali, in mancanza del sol dell’avvenire o che sia, pur di un teologico paradiso, messa in seria discussione l’unica cosa che s’era imparata bene a fare, ovvero consumare, ci sentiamo tutti come anime sperse. E cominciamo ad aver paura!
    Questo mix di condizioni avverse sta producendo un paradosso senza limite, uno dopo l’altro: così come la finanza ricreativa s’era inventata l’economia dell’investimento sul debito (che è un assurdo concettuale assai simile al paradosso di Zenone, quello di Achille e la tartaruga) così la collettività dell’intero mondo civilizzato, ognuno confinato nel suo piccolo dramma individuale, in assenza d’altre possibili e positive novità non riesce a far altro che sperare nella lunga vita e negli equilibrismi del signore della ricreazione. È come dire che nell’esempio dell’allevamento il pollo spera nel provvidenziale ritorno del padrone. L’unico in grado di riattivare le macchine della fattoria così ridando speranze al pollo. Grazie a dio finirò degnamente allo spiedo e non stecchito zampe all’aria tra i filari di un vigneto orribilmente aggredito da vermi e da formiche!
    In altre epoche quando la soglia degli affamati ha superato il limite tollerabile dal sistema di quel contesto in quel momento, sono scoppiate le rivoluzioni. Giuste o sbagliate che siano state esse (le rivoluzioni) sono il frutto, sempre, della congiunzione tra bisogni e sogni individuali che trovano risposte nell’agire collettivo (da Muzio Scevola a Cola di Rienzo a Masaniello a Danton e Robespierre a Lenin a Guevara) . E sempre, a sostegno dei grandi cambiamenti epocali (mai incruenti, purtroppo! C’è comunque qualcuno che perde letteralmente la testa!) fioriscono idee nuove ed altrettanto inediti approcci ai problemi. Anzi va rilevato che sovente la forza delle grandi idee, il vento dei cambiamenti, ha preceduto e determinato i sommovimenti sociali.
    In sostanza il senso della crisi attuale è proprio la totale assenza di nuove idee portanti. Perciò ci sentiamo come i polli senza padrone e facciamo un tifo sfegatato per il suo ritorno nella cabina di pilotaggio: vogliamo continuare a gozzovigliare quote sempre crescenti di becchime statuale senza far altro sforzo che piegare il collo in avanti in una sorta di inchino ancestrale che portando rispetto contemporaneamente nutre.
    Mi rendo conto d’aver partorito materializzandolo un pensiero orribile. Ma guardandomi intorno ed ascoltando gli astanti davvero non riesco a produrre nulla di meglio.
    Un po’ di sollievo lo provo rituffandomi nei classici del pensiero: chissà che non s’illumini un percorso insolito, insperato e foriero di buone novelle!….e quando domani andrò in cabina cercherò di scordare il pollo che c’è in mè abbattendomi sulla scheda come una clava….

  14. più precisamente:

    Sugo alla amatriciana
    Ingredienti per 4 persone:
    gr. 100 di guanciale tagliato a pezzetti,
    olio d’oliva,
    cipolla affettata fine,
    peperoncino piccante,
    gr. 300 di pomodori pelati,
    pecorino grattugiato,
    sale.
    Preparazione
    In un tegame rosolare il peperoncino e il guanciale in 1 cucchiaio di olio e continuare fino a quando il guanciale avrà perso il suo grasso. Unire la cipolla, lasciarla imbiondire poi versare i pomodori sgocciolati, salare e portare a cottura il sugo. Nel frattempo lessare la pasta, meglio se spaghetti o bucatini, in abbondante acqua bollente salata, scolarla al dente e condirla con il sugo dopo aver tolto il peperoncino. Spolverizzare la pasta con il pecorino grattugiato e servire.

  15. @ dott. G. Baudo, che pena>

    che pena chi odia Veltroni e D’Alema
    >io amo Veltroni e poi D’alema

    che pena chi disprezza Franceschini perché cattolicuccio
    >io amo il cattolicuccio Franceschini

    che pena chi disprezza Bertinotti per l’esemplare e vanesia dis-onestà intellettuale
    >io amo Bertinotti, la bertuccia e anche il bertuccione

    che pena a chi non gliene frega di Giuliana Sgrena
    >io amo chi va in televisione

    che pena chi non può votare Vendola perché è credente
    >io amo Vendola perché è credente

    che pena chi non può votare la Bonino perché troppo prossima a quell’atroce nulla politico, esibizionista e piagnone, che da decenni è diventato Pannella
    >io amo più Pannella che Bonino

    Che pena che mi fanno chi voterebbe soltanto Grillini, o un frocio ateo
    >non mi piacciono nè i froci né gli atei, io ho altro di sano per cui votare

  16. La mia idea è molto semplice: il fascismo è stato sconfitto militarmente, ma ha vinto politicamente. Berlusconi è un erede legittimo del fascismo e, come tale, non può che bruciare se stesso nella contraddizione tra lo statalismo corporativo e il populismo localista. Verrà sconfitto da questa contraddizione. Ora, se si valuta attentamente la struttura produttiva del Nord, non si potrà non cogliere l’estrema dipendenza delle piccole industrie qui operanti, e in gran parte schierate con la Lega, dal capitale internazionale (commesse, credito, tecnologia, etc.); l’alleanza con lo stato centrale è momentanea ed ha lo scopo di trattenere quante più risorse possibili nel “distretto”. Ciò determina forme esasperate di egoismo sociale, becere e insofferenti al controllo, la cui parola d’ordine diviene: giù le mani da quello che possiedo. Lo stato, in quest’ottica, diviene un intralcio o, al limite, il garante militare della difesa della piccola proprietà. Solo che queste istanze, da sole, non possono affermarsi, riguardando una parte minoritaria del tessuto produttivo e sociale. Devono allearsi con chi, nel panorama politico, più garantisce la loro affermazione. Non a caso la Lega, fino a pochi anni fa, oscillava tra destra e sinistra. La simbiosi con Berlusconi è avvenuta su queste basi, anche se poi è diventata una vera e propria dipendenza, avendo il leader di FI pagato i debiti e, di fatto, comprato la dirigenza leghista con poche concessioni autonomiste (federalismo fiscale). Anche Forza Italia rappresenta, in larga parte, gli interessi della non-classe di mezzo, quella però più dipendente, nelle sue oscillazioni, dallo stato centrale, corporativa e parassitaria. Il tentativo di Berlusconi è stato mantenere fede ai propri referenti sociali facendosi al contempo garante degli interessi delle industrie e dei settori trainanti del capitalismo nostrano, in passato meglio difesi dal centro-sinistra. Questa è la base delle sue oscillazioni, che col tempo lo sfibreranno. Internazionalmente è impresentabile, troppo rozzo e mancante di appeal. La sua forza sono alcune relazioni personali (Putin in primis), che però sono anche la sua debolezza. Ultimamente, ad esempio, proprio a seguito di queste amicizie, ha preso una strada poco rispettosa degli interessi USA (contratto Eni-Gasprom, silenzio su Fiat-Opel, etc.), non a caso intessendo una stretta relazione con la Germania. Fini, Casini e D’Alema saranno il perno del tentativo di riportare l’Italia sotto l’ombrello Usa (e israeliano) …

    Scusate il lungo pistolotto. Volevo solo dire che ad ogni tornata elettorale mi chiedo non tanto quanto la mia idea coincida con quella di partiti esistenti, ma, più prosaicamente, dove gli schieramenti esistenti mi conducano e a che prezzo. Avendo un’idea molto chiara della partecipazione e del rifiuto di ogni delega, e anche se privo, per il momento, di ogni possibilità di militare in uno schieramento che miri ad abolire lo stato di cose esistente, resto convinto della sostanziale inutilità del voto (ma anche del non-voto): non sono le urne a decidere gli sviluppi in questa o quella direzione. Mi lascia perplesso, invece, come fior fiore di intellettuali, che spesso apprezzo quando parlano di letteratura o di arte, continuino a dare credito a questa “sinistra”, irrimediabilmente tese a conservare l’esistente e filo-capitale (quella detta “democratica”) o ad affermare una presenza testimoniale e romantica senza sbocco (quella detta “radicale”). Dietro il nome “sinistra” non esiste un raggruppamento politico che ricerca concretamente, con proposte efficaci, “giustizia sociale” e “eguaglianza”, ma un coacervo di tensioni in larga parte tese al mantenimento del corporativismo: la gestione del consenso popolare in senso pro-grande industria (il comportamento della Cgil, a guida PD, è lampante). Il capitalismo italiano è Stato-dipendente; proprio per questo, come aveva compreso Agnelli, la sinistra può far meglio della destra i suoi interessi. Il “popolo”, per questa sinistra, va imbrigliato dentro questo schema. Chiedo: come si può dare credito a questi signori? Per coerenza con le premesse, chi vuole votare “a sinistra” dovrebbe davvero, come suggerito da Macondo, rileggersi il Saggio sulla lucidità di Saramago … Altrimenti è proiettare le proprie aspirazioni in un contenitore che non può contenerle.

    Ma.Erc.

  17. Sottoscrivo il tagliente moralismo di LiberoPensare.
    E per quanto mi attiene, me ne vado a votare quella ciofeca di PD pensando a un disperato tentativo di non disperdere le poche forze non fasciste.

  18. Non hai capito un emerito cazzo, ma va bene così. I veltroni, dalemi, bertinotti, franceschini, pannelli etc., te li lascio tutti, così continui a pensare che quella sia la sinistra: e che la vostra resa all’amatriciana sia il migliore dei mondi possibili, piuttosto che una devastante accettazione dello status quo.
    Mandami una fotocopia dell’ultimo bollettino zapatista, mi raccomando: è così bello e consolante pensare che gli altri, in un altrove remoto, fanno quello che noi siamo incapaci di realizzare, qui e ora. La sinistra che non c’è, e non si trova, si crea, giorno per giorno, costruendo e alimentando sacche di resistenza, non allineandosi al primo satana che passa, facendo finta che la sia solo un frutto del caso…

    E, qualora la cosa ti interessasse, io sono frocio e ateo

    Buona digestione, a te e a tutto il reggimento. Restatevene lì, belli belli, sulla riva del fiume, il cadavere sta arrivando: ma è il nostro. Io, come ha scritto qualcuno, ho ancora qualcosa da vendicare

  19. C’è chi si qualifica politicamente come frocio e ateo. E cosa vuol dire? Vuol dire tutto e niente, anche Ernst Rohm era frocio e ateo.

    Ci sono anche quelli che vogliono lasciare spazio al peggio sperando in una rottura da cui nascerà una palingenesi. Mi ricordano fra Cristoforo da Pescarenico, che evocava la palingenesi minacciando “Verrà un giorno !”. Ma quello è un frate che agisce in un romanzo di uno scrittore cattolico che vede la Provvidenza a guidare la storia. Un po’ di laicità, suvvia, la Provvidenza non sempre viene a riparare i torti nella storia, la palingenesi non sempre è puntuale come il segnale orario, anzi spesso non si fa vedere. Forse è meglio difendere ogni metro di libertà, che aspettare un improbabile miracolo futuro.

  20. C’è chi si qualifica politicamente come frocio e ateo. E cosa vuol dire? Vuol dire tutto e niente, anche Ernst Rohm era frocio e ateo.

    Ci sono anche quelli che vogliono lasciare spazio al peggio sperando in una rottura da cui nascerà una palingenesi. Mi ricordano fra Cristoforo da Pescarenico, che evocava la palingenesi minacciando “Verrà un giorno !”. Ma quello è un frate che agisce in un romanzo di uno scrittore cattolico che vede la Provvidenza a guidare la storia. Un po’ di laicità, suvvia, la Provvidenza non sempre viene a riparare i torti nella storia, la palingenesi non sempre è puntuale come il segnale orario, anzi spesso non si fa vedere. Forse è meglio difendere ogni metro di libertà, che aspettare un improbabile miracolo futuro.
    ~

  21. “se la sconfitta fosse devastante non ci sarebbe neppure quella minima difesa di spazi civili che in qualche modo, sia pure balordo, ancora c’è. Quel minimo di organizzazione sociale, sia pur debole, che permette di alzare la voce e di tenere in vita un dissenso magari sgangherato ma che è comunque una voce.”…quoto Alcor, avendo già votato per queste identiche ragioni, V.

  22. binaghi in un commento al post di inglès scrive:
    “Esiste un patrimonio di civiltà e di cultura che la pseudosinistra di oggi non riesce a usare, ma bisogna assolutamente impedire ad altri di trasformarlo in immondizia.”
    l’aggiungo al commento di alcor qui sopra.
    e ci rifletto.
    ho tempo fino a stasera.

  23. sono molto in accordo con Alcor e ovviamente andrò a votare anche questa volta, ma il Pd il mio voto se lo potrà solo sognare, avendo io davvero sperato alle prime primarie si potesse far nascere un partito sano e non complice delle orribili scelte di questi governanti.

  24. La mia idea è molto semplice: il fascismo è stato sconfitto militarmente, ma ha vinto politicamente. Berlusconi è un erede legittimo di quel fascismo e, come tale, non può che bruciare se stesso nella contraddizione tra lo statalismo corporativo e il populismo localista. Verrà sconfitto da questa contraddizione. Ora, se si valuta attentamente la struttura produttiva del Nord, non si potrà non cogliere l’estrema dipendenza delle piccole industrie qui operanti, e in gran parte schierate con la Lega, dal capitale internazionale (commesse, credito, tecnologia, etc.); l’alleanza con lo stato centrale è momentanea ed ha lo scopo di trattenere quante più risorse possibili nel “distretto”. Ciò determina forme esasperate di egoismo sociale, becere e insofferenti al controllo, la cui parola d’ordine diviene: giù le mani da quello che possiedo. Lo stato, in quest’ottica, diviene un intralcio o, al limite, il garante militare della difesa della piccola proprietà. Solo che queste istanze, da sole, non possono affermarsi, riguardando una parte minoritaria del tessuto produttivo e sociale. Devono allearsi con chi, nel panorama politico, più garantisce la loro affermazione. Non a caso la Lega, fino a pochi anni fa, oscillava tra destra e sinistra. La simbiosi con Berlusconi è avvenuta su queste basi, anche se poi è diventata una vera e propria dipendenza, avendo il leader di FI pagato i debiti e, di fatto, comprato la dirigenza leghista con poche concessioni autonomiste (federalismo fiscale). Anche Forza Italia rappresenta, in larga parte, gli interessi della non-classe di mezzo, quella però più dipendente, nelle sue oscillazioni, dallo stato centrale, corporativa e parassitaria. Il tentativo di Berlusconi è stato mantenere fede ai propri referenti sociali facendosi al contempo garante degli interessi delle industrie e dei settori trainanti del capitalismo nostrano, in passato meglio difesi dal centro-sinistra. Questa è la base delle sue oscillazioni, che col tempo lo sfibreranno. Internazionalmente è impresentabile, troppo rozzo e mancante di appeal. La sua forza sono alcune relazioni personali (Putin in primis), che però sono anche la sua debolezza. Ultimamente, ad esempio, proprio a seguito di queste amicizie, ha preso una strada poco rispettosa degli interessi USA (contratto Eni-Gasprom, silenzio su Fiat-Opel, etc.), non a caso intessendo una stretta relazione con la Germania. Fini, Casini e D’Alema saranno il perno del tentativo di riportare l’Italia sotto l’ombrello Usa (e israeliano) …

    Scusate il lungo pistolotto. Volevo solo dire che ad ogni tornata elettorale mi chiedo non tanto quanto la mia idea coincida con quella di partiti esistenti, ma, più prosaicamente, dove gli schieramenti esistenti mi conducano e a che prezzo. Avendo un’idea molto chiara della partecipazione e del rifiuto di ogni delega, e anche se privo, per il momento, di ogni possibilità di militare in uno schieramento che miri ad abolire lo stato di cose esistente, resto convinto della sostanziale inutilità del voto (ma anche del non-voto): non sono le urne a decidere gli sviluppi in questa o quella direzione. Mi lascia perplesso, invece, come fior fiore di intellettuali, che spesso apprezzo quando parlano di letteratura o di arte, continuino a dare credito a questa “sinistra”, irrimediabilmente tese a conservare l’esistente e filo-capitale (quella detta “democratica”) o ad affermare una presenza testimoniale e romantica senza sbocco (quella detta “radicale”). Dietro il nome “sinistra” non esiste un raggruppamento politico che ricerca concretamente, con proposte efficaci, “giustizia sociale” e “eguaglianza”, ma un coacervo di tensioni in larga parte tese al mantenimento del corporativismo: la gestione del consenso popolare in senso pro-grande industria (il comportamento della Cgil, a guida PD, è lampante). Il capitalismo italiano è Stato-dipendente; proprio per questo, come aveva compreso Agnelli, la sinistra può far meglio della destra i suoi interessi. Il “popolo”, per questa sinistra, va imbrigliato dentro questo schema. Chiedo: come si può dare credito a questi signori? Per coerenza con le premesse, chi vuole votare “a sinistra” dovrebbe davvero, come suggerito da Macondo, rileggersi il Saggio sulla lucidità di Saramago … Altrimenti è proiettare le proprie aspirazioni in un contenitore che non può contenerle.

    Ma.Erc.

  25. Infine, il problema vero non è votare o non votare. Questa è una decisione personale, che attiene a una scelta e a una riflessione del singolo. La questione, al di là del rituale esercitato ogni tot numero di anni, è non delegare il politico di turno a fare un mondo come noi si vorrebbe (tanto più che nella situazione attuale nessun politico ha intenzione di cambiare veramente lo status quo). La questione è far parte di una resistenza, di una protesta, di una ribellione quotidiana, di un movimento, di utenti, di consumatori, di disoccupati, di studenti, di internettiani ecc. ecc., secondo quel che ciascuno può fare e coi propri limiti. La pressione dal basso è l’unica dinamica politica democratica. Il voto è come una preghiera che può salvarci l’anima politica, ma… avete mai provato a risolvere un problema contingente con una preghiera?

  26. Se la sinistra tende a perdere in questo paese, qui sopra ci sono un bel po’ di spiegazioni.

    A me sembra che una tale concentrazione mediatica sul presidente del consiglio sia motivo neessario e sufficiente per votare contro.
    Tralascio moralita’, legalita’ e altre ragioni forse forti…

    Magari poi a un certo punto si potrà tornare alla politica invece che al lamento.

  27. si macondo, il berlusconismo lo sconfiggiamo noi tutti i giorni come possiamo, ma quello che ulteriormente mi preoccupa è una chiacchierata fatta con un conoscente che si dice di sinistra (non partitica ma di intenzione e ideale) e che mi dice che se fossi la direttrice di un Conservatorio e mi offrissero dei soldi per scegliere uno tra due nomi di uguale valore non ci crede che non li prenderei. Pensa che tristezza che non pensa che semplicemente delle persone potrebbero non essere corruttibili, semplicemente non lo sono.

  28. Quel conoscente dice che è il sistema che va cambiato, altrimenti saremo sempre tutti complici e allora tanto vale pensare alle proprie vacanze e i figli da sistemare. Sicuro che rimanendo in Italia sono complice anche io, ma siamo ogni giorno più influenti di quanto pensiamo e non ci credo che ogni scelta sia uguale a un’altra e senza bisogno di essere eroi o fanatici., davvero ognuno come può. Credo che siamo influenti anche essendo al momento del tutto inutili e impotenti su alcune cose.

  29. Sottoscrivo lambertibocconi. E il Dottor G. Baudo delle 09:22.
    Anche questa volta, nonostante mi sia venuto di pensare come tashtego, andrò a votare. E’ molto triste, doversi sentire ogni volta tanto a disagio nell’andare a votare (o a non votare) nel proprio Paese. Tuttavia, sapere (e affermare) almeno ciò che non si vuole essere, ancora non mi pare così poco: ossia il Nulla.
    Così, anch’io avrò tempo, fino a stasera.

  30. Anche partecipare alle manifestazioni, raccogliere firme, fare parte di coordinamenti contro la guerra o associazioni ambientaliste può sembrare inutile… ma se non ci fossero queste iniziative, che ne sarebbe della società civile?
    Io ho votato.

  31. Diciamo questo: la sinistra d’opposizione sta assumendo sempre più forme “eretiche” quali sono quelle teorizzate nelle T.A.Z (Zone temporaneamente autonome) di Hakim Bey. Sono cellule embrionali che debbono pur sopravvivere, per il bene e la qualità della nostra democrazia.
    Ma per difendere i nostri diritti? Per preservare il nostro stato laico, le riforme necessarie al paese?
    Purtroppo le cellule per sopravvivere devono anche stabilire un rapporto di dialogo, e non solo di odio e di schifo, con “le maggioranze”.

    No Tashego, capisco il tuo smarrimento, ma questa è davvero una situazione d’emergenza.
    Cito Aldo Schiavone:

    “la polverizzazione del voto è frutto di un narcisismo patologico: per dimostrare la nobiltà e la purezza della propria scelta si getta nel secchio dei rifiuti la sovranità popolare. Non si tratta d’ invocare il voto utile ma più semplicemente di predisporre un’ alternativa efficace per sostituire il dominio dei propri avversari politico”.

  32. “la polverizzazione del voto è frutto di un narcisismo patologico: per dimostrare la nobiltà e la purezza della propria scelta si getta nel secchio dei rifiuti la sovranità popolare. Non si tratta d’ invocare il voto utile ma più semplicemente di predisporre un’ alternativa efficace per sostituire il dominio dei propri avversari politico”.

    no, caro schiavone e mossetti paolo, questa è una lancia spezzata in favore del voto utile.
    non c’è niente di male nel voto utile, ma non è più roba per me.
    voglio che nel mio voto ci sia un minimo di convinzione personale: non capisco per quale motivo quel minimo di convinzione sia visto come una pulsione narcissica: miei “avversari politici” sono anche, per dire, d’alema, veltroni, franceschini, di piotr, bertinotti, ferrero, oltre a tutti quelli del centro destra, e non mi va di votarli solo perché quelli del centro destra sono peggio: è poi vero che sono peggio?
    io francamente, se vedo differenze fenomeniche, non vedo differenze sostanziali (berlusconi a parte, ma berlusconi è un mostro mutante…) nell’atteggiamento verso la politica, tra i due così detti schieramenti.
    sono cresciuto e ho vissuto con l’idea che la politica sia una cosa alta.
    faccio fatica ad abituarmi al contrario.
    è per questo che sarei narcisista?

  33. non sono d’accordo con lo Schiavone citato

    dire “la polverizzazione del voto è frutto di un narcisismo patologico” è una forma di arroganza semplificatrice di cui davvero abbiamo avuto il piatto troppo pieno.

    Perchè Schiavone si arroga il diritto di definire chi non vota l’opposizione maggiore un narcisista che vuoleo solo dimostrare la nobiltà e la purezza della scelta?

    E badate che lo dice una che ha sempre votato l’opposizione maggior e che è favorevole a una soglia di sbarramento al 5 %.
    Sotto il 5% io credo che ci sia spazio solo per movimenti d’opinione, culturali, di orientamento eccetera.
    Estremamente importanti anche quelli e probabilmente cruciali.

    Ma se – posta una soglia di sbarramento al 5 % – io voto per un partito che voglio che la superi, quella soglia, non per questo sono narcisista, magari semplicemente credo che il PD è nato morto o altre cose critiche, pensate, meditate e affatto narcisistiche.

  34. Credere che il PD sia nato morto, o avere come avversari politici D’Alema, Bertinotti, Pecoraro Scanio è condivisibile. E’ ancor più condivisibile dire che il voto dev’essere accompagnato ad una, seppur minima, “convinzione personale”.

    Ma le vostre affermazioni aggirano il problema di fondo:
    – non credete che il Paese si trovi dinnanzi ad un’emergenza democratica?
    – pensate che 5 o 10 anni in più di Berlusconi e Dell’Utri al governo equivalgano ad un Alemanno a Roma che-non-cambia-il-festival?
    – pensate che le preoccupazioni di mezza Europa di un “contagio populista” siano acqua fresca?
    – ritenete irrilevante l’attenzione senza precedenti dei media stranieri per il sultanato che è divenuto l’Italia? Pensate che sia più importante trovare froci-atei (parole di Tashego) che vi rappresentino (tipo Vendola, ma lui non va bene perché, per prendere qualche fottutissimo voto in più, osa proclamarsi “credete”..ma a voi questo cosa tocca a parte, appunto, il vostro orgoglio individualista?)
    – infine, di fronte a proclami come quelli di Previti (“sistemeremo molte cose dopo le elezioni”) non vi viene un sussulto di orrore? Confidate nei voli Ryanair per espatriare periodicamente a Parigi o Berlino?

    Ovunque c’è un paesaggio di rovine che si va espandendo sempre di più. Se n’è accorto persino Fini e, forse, una parte della Chiesa.

    Inoltre quoto Serra che, letteralmente, mi toglie le parole di bocca:

    “Votare, almeno per me, è un gesto umile e razionale. Significa, lo dico brutalmente, accettare di far parte di una mediocrità collettiva (la democrazia è anche questo) piuttosto che di un’ eccellenza appartata. Votare significa accettare i limiti non solo di un partito e dei suoi candidati, ma anche i propri. Il non voto è una specie di “voto in purezza”, un gesto estetico e sentimentale che antepone l’ integrità dell’ io alla contaminazione del noi. L’ astensionista menefreghista (quello che una volta si chiamava qualunquista) è uno che non si immischia, l’ astensionista nobilee deluso di oggi è uno che non si mischia: cerca di salvare se stesso, la propria coscienza, la propria coerenza, levandoli dal tavolo di gioco e portandoseli a casa. Se è il narcisismo la colpa che, giustamente, si imputa ai dirigenti della sinistra e del centrosinistra, specie i post-comunisti, l’ astensionista sappia che rischia di peccare anch’ egli di narcisismo. Aiuta e serve solo se stesso, lasciando in mani altrui la precaria, vischiosa materia dell’ identità collettiva. Questa sinistra, queste sinistre, sono anche il prodotto delle nostre idee (quelle giuste e quelle sbagliate) e delle nostre vite. I loro pregi e i loro difetti assomigliano molti ai nostri.”

  35. rporpio perché momento cruciale e proprio perché reputo il PD anche complice di una deriva populista solo più lenta e nascosta di quella agghiacciante che una parte di italiani chiaramente vuole non posso votare per quella che mi viene proposta come unica alternativa forte e possibile e che alternativa francamente non è. Ho votato con un minimo di convinzione, diciamo una illusione di speranza.

  36. @mossetti

    a chi ti rivolgi? non a me, io ho votato.

    però alle domande cerco di rispondere.

    1a
    io non credo che il paese si trovi oggi di fronte a un’emergenza democratica, perché in una democrazia ci sta anche che vinca la destra, ma che si trovi di fronte a una grave crisi culturale, della quale la situazione democratica è figlia. Il voto olandese mi preoccupa quasi più del nostro, vuol dire che le misure prese, le leggi approvate, eccetera sono state una spalmata di sentimenti tolleranti e democratici su un corpo sociale che è stato lasciato a se stesso, lì e qui. Una riflessione su questo non mi sembra separabile da una riflessione sulla situazione politica.

    2a non lo penso

    3a non credo che le preoccupazioni di un contagio populista siano acqua fresca, non solo da noi, e penso però che riguardino non solo l’attuale compagine di governo ma anche personaggi come Di Pietro e Grillo, anche per questo rimando alla risposta 1a

    4a qua tu fai una domanda e un’accusa, alla domanda rispondo che l’attenzione della stampa straniera mi lascia abbastanza indifferente, l’accusa di “orgoglio individualista” mi sembra una boutade.

    5a Previti? perché? e Calderoli, e l’ex sindaco di Treviso? non mi agito per singole persone inqualificabili, non pratico lo stato d’animo, cerco di correggerlo con la ragione, è ovvio che questi personaggi fremano di aspettative e confidino nella prossima impunità, ma per ora, finché ci siamo tutti, non è detto che vincano, e comunque l’oggetto è l’equilibrio del potere in Italia, non la fine della democrazia.

    5aa altra boutade.

    Quanto alla citazione di Serra unita a quella di Schiavone mi fa pensare solo che questa storia del narcisismo ti abbia colpito e ti serva come legittimo slogan, ma appunto, è uno slogan.

    Se il dato di partecipazione al voto di un misero 30% si confermerà, e voglio sperare che non sia così, sarebbe più utile cercare di capire piuttosto che dare dei narcisisti a quelli che per le più varie ragioni (sottolineo: le più varie) se ne sono restati a casa.

    Ogni tanto diciamo, e anch’io, che ogni paese ha la classe dirigente che si merita, ma la classe dirigente, che viene da noi a dirci, votaci, nel momento in cui lo fa avrebbe anche il compito di venire da noi con un’autorevolezza che deriva non soltanto da analisi di voto, di equilibri, di politologia e di potere, ma di ascolto attento e vero radicamento sul territorio. Quale rapporto ha il PD col territorio? E soprattutto, se io decido di mettermi in contatto con un rappresentante politico del mio territorio, per qualsiasi ragione, come singola cittadina, dove lo trovo? in quale sezione iperurania?
    Sono convinta che se fossi una cittadina leghista il mio rappresentante sul territorio lo troverei subito.
    Che si sveglino, se hanno idee, e se non le hanno comincino a frequentare i cittadini, non su internet, ma nei quartieri.

  37. @ lucia,
    la politica non è solo sentimento, guidata dalla dicotomia odio VS amore, è oggi che l’hanno ridotta così. Se dunque la politica è un fatto culturale, il berlusconismo è solo un sintomo di una situazione che lo trascende. Certo, poi lui ci ha messo del suo, la sua genialità mediatico-“delinquenziale” (Saramago). Ma nelle strutture reali, socio-economiche, del paese non vedo un al di là del berlusconismo in nessun schieramento. Perché non vedo nessuno dire “basta!” a questo modello, a questo status quo. La “rivoluzione” delle urne, quando c’è (e in Venezuela, Bolivia, in parte in Ecuador ecc. recentemente c’è stata), è posteriore alla mobilitazione e alle lotte dei movimenti sociali. Non solo sotto Berlusconi, ma anche sotto qualsiasi governo della c.d. sinistra, i movimenti di protesta devono sempre fare la propria parte, far pressione dal basso.
    E attenzione con i diritti: se guardiamo la situazione globalmente, magari ci accorgiamo che in Europa (e negli SU) ciò che vengono chiamati diritti dei cittadini, altrove, magari nei due terzi del mondo, sono né più né meno che privilegi.

  38. @mossetti
    bene.
    nel pezzo lo dico abbastanza chiaramente.
    m evidentemente non è bastato.
    io, narcisissicamente, irresponsabilmente, desidero la sconfitta elettorale del PD affinché si spacchi, affinché si dissolva l’ornitorinco politico e si possa formare una forza di aggregazione di tutte le forze della sinistra LAICA attualmente disperse attorno a un progetto di paese e di opposizione fresco e rinnovato, dove non ci sia posto per nessuno delle attuali cariatidi cariche di sconfitte e ambiguità che oggi si vorrebbe che votassimo.
    insomma l’mergenza culturale c’è.
    quella democratica pure.
    la responsabilità del PD e prima del PD, del PDS e della Margherita, nel determinarsi di questa situazione sono a mio modo di vedere più gravi che quelle dei berlusconiani.
    politicamente desidero che spariscano del tutto.
    sono stato chiaro, adesso?

  39. mettiamoci d’accordo su cosa vuol dire emergenza, mi pare che nessuno la intenda come semplice circostanza critica, ma come situazione di grave pericolo per le istituzioni.
    Se si intende come circostanza critica sono d’accordo anch’io, siamo in stato d’emergenza da un pezzo.
    Se si intende come situazione di grave pericolo per le istituzioni non sono d’accordo, non siamo in questa situazione, ma penso che se quello che auspica tash si realizzasse davvero, nel vuoto che ne discenderebbe questa situazione di greve pericolo per le istituzioni potrebbe verificarsi, nonostante l’Europa che ci tiene pur sempre sopra la testa un ombrello.

  40. @francesco
    Lasciare spazio al peggio sperando in una rottura da cui nascerà una palingenesi che riscatterà e raddrizzerà il mondo non mi pare lungimirante. Mi viene in mente fra Cristoforo da Pescarenico, che evocava la palingenesi minacciando “Verrà un giorno !”. Ma quello è un frate che agisce in un romanzo di uno scrittore cattolico che vede la Provvidenza a guidare la storia. Un po’ di laicità, suvvia, la Provvidenza non sempre viene a riparare i torti nella storia, la palingenesi non sempre è puntuale come il segnale orario, anzi spesso non si fa vedere. Forse è meglio difendere ogni metro di libertà, che aspettare un improbabile miracolo futuro.

    La laicità in Italia è terreno minato sin dal 313 DC, quando Costantino sognò la croce prima della battaglia del Ponte Mi
    lvio e scelse il Cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero. Da allora la Chiesa Cattolica ha esercitato una influenza nel nostro paese superiore a quella in qualsiasi altra nazione e l’unico periodo in cui il governo fu veramente laico fu in Piemonte sotto Cavour e in parte con la Destra Storica fino a Porta Pia e per qualche anno dopo. Nel PD sui temo etici l’80% sostiene posizioni laiche, il 20% confessionali, dall’altra parte il 95% posizioni confessionali e il 5% posizioni laiche. Questo è quanto fornisce il mercato elettorale italiano, a sperare di far saltare il PD sperando in una miracolosa riaggregazione di forze puramente laiche in grado di essere maggioritarie è imitare il frate di Pescarenico (“Verrà un giorno”), ma senza avere un romanziere alle spalle che raddrizzi la trama.

  41. Non sono d’accordo, Alcor.
    Quale vuoto ne discenderebbe?
    Quale debolezza maggiore di quella attuale potrebbe segnare l’opposizione?
    Il fallimento del PD è assolutamente evidente a tutti, è solo questione di tempo, senza le elezioni europee si sarebbe già doverosamente spaccato.
    È un processo già in atto e io voglio sconsolatamente sperare che ne esca qualcosa di buono: inutile, anzi dannoso, frenarlo con un voto che ri-confermerebbe una non-politica del tutto perdente, sia verso l’agognato centro sia verso gli elettori di centro-sinistra.
    Molto dell’attuale personale politico del PD ha già maturato pensioni invidiabili, che se le godano, finalmente.

  42. “…i froci atei…”
    se ci fosse tashetgo a commentare, direbbe che queste poche parole sono l’emblema dello scivolamento ideologico verso destra del pensiero dell’autore del pezzo, che infatti è farcito da una serie di ragionamenti sconfinanti a destra, alternati ad altri che vorrebbero essere di sinistra ma che sono così vetero- (l’intolleranza al limite del razzismo per tutti i credenti, fa niente se siano democristiani o comunisti) che fanno abbastanza tenerezza.

  43. mi accingo a raggiungere il seggio elettorale per segnalare quantomeno la mia presenza visto che le assenze non hanno mai contribuito nè a destra nè a sinistra a porre in modo serio il problema dell’astensionismo, fenomeno grave e crescente , delle moderne “democrazie” :) rappresentative.
    degli astensionisti non frega nulla a nessuno, delle loro motivazioni, seppur nobili, meno ancora.
    vado a votare perchè è un mio diritto e un mio dovere e per tutte le ragioni che ho letto qui sopra e soprattutto per le ragioni dei “fuoriusciti” che condivido pienamente.
    siamo in emergenza, siamo sempre in emergenza e al peggio non c’è fine .
    vado a votare per contrastare con la mia presenza simbolica :) l’ignoranza, l’arroganza, la prevaricazione, il razzismo, la tracotanza, l’omertà, l’ipocrisia, la malafede, il cinismo, che mi accerchia e che respiro non appena metto il naso fuori casa o mi scontro con le istituzioni del mio paese di origine e di adozione (leghisti ambedue :)
    vado a votare per “vendicare” tutti i miei amici clandestini.
    vado a votare perdio! non so ancora cosa, ma giuro che ci vado!
    vacci anche tu francesco, vedrai, starai meno peggio che disertare :)
    baci
    la funambola

  44. funambola, non andare a votare non è “disertare”.
    comunque ci sono andato.
    sono un cane di pavlov anch’io.
    all’avvicinarsi delle elezioni, qualsiasi elezione, la mia “coscienza civile” (di cos’altro potrebbe trattarsi, se no?) comincia a salivare…

  45. tre considerazioni:

    1. c’è il rischio quasi certezza che un partito postfascista raggiunga la maggioranza assoluta dei voti.

    2. qua nessuno dichiara il proprio voto.
    qua c’è un mondo diverso dal Mondo.
    qua – se si votasse – Vendola batterebbe il Pd, e e Ferrando [Partita comunista dei lavoratori] se la caverebbe gran bene.

    io dichiaro il mio voto: ho 33 anni. la prima volta che son andato a votare era il 1994. e “ho detto tutto”…
    ho visto in diretta, dal vivo, da diciottenne, la bandiera italiana sventolare in campo azzurro cielo. e Vianello (Raimondo) dire: votatelo, è una gran persona – sempre in diretta, ovviamente tivì.

    ho visto Occhetto e D’Alema venire travolti da un “partito” che era – in sostanza – Publitalia ’80.
    e son stato travolto anch’io.
    e ho votato nel 96. e poi ho smesso. fino al 2005.
    da allora ho votato tutto: referendum, comunali, provinciali, elezioni di miss gamba lunga ecc.

    alle ultime politiche ho votato Ferrando.
    a ‘sto giro ho scelto il compromesso: Nichi Vendola e gli odiati WWF [m’è costato, però].

    non è tempo d’Aventino. no no.

    3. chiaro che non c’è speranza. non nelle urne. che la deriva si combatte per strada, nella Vita. si combatte con le armi della cul-tu-ra, dell’impegno, dell’Onestà. e – perché no? – con gli strumenti del nemico: un po’ di retorica, e tanta chiarezza.
    qui va bene fare i fighi, e citare Benjamin, ma bisogna essere consapevoli che fuori da qui, nella nazione non indiana, non ha alcun senso.

    diamoci un obiettivo e una scadenza, un termine.
    riprendiamoci cose concrete.
    scriviamo, o facciamo pubblicare, libri che s’avvicinino al gusto comune – al perverso “commerciale” – ma che parlino alla gente, in modo chiaro, che spieghino cosa c’è successo, quali sono le nostre paure e le nostre certezze.

    e diamo spazio – leggiamo – quei libri estremi, che non potranno raggiungere la massa sterminata dei vacanzieri agostani.
    e traduciamoli, per loro.

    dico libri, ma intendo parole.

    e.
    milanoromatrani[at]gmail.com

  46. @tash

    Un vuoto di presenze dell’opposizione in alcuni luoghi deputati alla democrazia, luoghi dei quali abbiamo bisogno e che vengono concessi con il lanternino già ora.
    Rai compresa, che è già quasi totalmente in mano al governo.

    Tutta la vita del paese è organizzata intorno alla politica, non solo lì dove è giusto che sia, come nelle commissioni parlamentari, ma anche in ogni altro luogo decisionale del paese.
    Finché sarà così, non si muoverà foglia se non attraverso la politica, ed è uno dei nostri mali. Se in questa situazione il PD collassasse, il governo occuperebbe tutto gli spazi e non li mollerebbe più, sfido allora qualunque forza a riprenderseli in pochi anni.
    Mi andrebbe bene che il PD si spaccasse se avessi la certezza che al suo posto un’altra forza della sinistra, migliore, fosse pronta a occupare immediatamente quei luoghi, ma siccome non sarà così, almeno per ora, e in ogni caso il collasso del PD non porterebbe necessariamente e subito alla nascita di una nuova forza di opposizione, preferisco che non ci sia débacle fin quando una nuova sinistra non sia cresciuta.
    Comunque io non l’ho votato, questa volta.

  47. seguo questa discusssione con molto interesse e divertimento:

    io non andrò a votare

    [ho inziato a votare il PCI negli anni ’60, con molte riserve, contro la Democrazia Cristiana.
    ho continuato a votarlo in tutte le sue metamorfosi.

    ora si è trasformato in Partito Democristiano

    : non posso votare i mie avversari originari]

    *

    tash e alcor dimostrano, come al solito, di essere i migliori commentatori di questo blog

    poi ci sono quelli che fanno ridere, come Galbiati:

    anzi, più che ridere, fa cagare:

    “emblema dello scivolamento ideologico verso destra”

    “farcito da una serie di ragionamenti sconfinanti a destra”

    “alternati ad altri che vorrebbero essere di sinistra ma che sono così vetero- (l’intolleranza al limite del razzismo per tutti i credenti, fa niente se siano democristiani o comunisti)”

    io non so gli altri, e poco ci posso fare, ma desiderare una scissione del PD e un, anche piccolo, partito laico, non deriva da una necessità di non dover condividere alcunché – e tanto meno un partito – con simili e cabarbi crostacei, affascinati dal buonismo clerico-democristiano?

    o dobbiamo accontentarci di una scissione di N.I.?

  48. @lorenzo galbiati

    ohohoh, calma! “froci atei”, se non l’avessi capito, è una citazione neanche tanto velata dal pezzo di Tash (“Dov’è Grillini? Dove sono i froci atei che voterei? In quale di questi partiti si nascondono?”)(O non l’hai letto?)

    “’intolleranza al limite del razzismo per tutti i credenti, fa niente se siano democristiani o comunisti”…? La mia d’intolleranza? O sto appunto dicendo che per me non conta se a votare e a candidarsi per il PD sono ex democristiani o ex comunisti, perche’ penso che abbiano molto più in comune (e da perdere) tra di loro di quanto ne abbiano con il resto del paese che vota Berlusconi.

    Mi dispiace infine dover citare Serra e Repubblica quasi come slogan-grimaldelli, non è mia intenzione appiattirmi sul conformismo scalfariano, ma è proprio lì che sto leggendo le cose più sensate sull’astensionismo e su chi si sente costretto a praticarlo..

  49. Standing ovation per Alcor!!!!!!

    (ma il pezzo di Tash lo capisco eccome. se non si offende: de panza)

  50. commento facile facile a esca facile facile, tashtego.
    Provare a ragionare su chi dare il voto senza etichettare le persone in froci o omosessuali/eterosessuali e credenti/non credenti, no vero?
    troppo difficile?
    comunque sono stato ingeneroso nel darti di destra, visto che ti sei accorto dell’errore fatto a votare PD.

  51. @lorenzo galbiati

    chiedo venia, il tuo commento era poco chiaro e forse l’ho letto in fretta: sono proprio d’accordo sul non etichettare le persone, quindi mi rimangio l’inutile contro-commento

  52. tash,
    ricordi quella canzone di vianello? “se prima eravamo in tre a ballare l’hully gully…”

  53. Una nuova scissione di N.I.??? No grazie, abbiamo già dato…
    E poi, se dalla precedente è nato “Il primo amore”, dalla prossima cosa spunterebbe? “La passera solitaria”? Il “Conto notturno dell’indiano errante per la rete”?

    Dott. G. Baud

  54. non mi riconosco più in questo PD nel quale avevo sperato fino alla fine, ma la fine è giunta ed hanno dimostrato d’essere un guazzabuglio fin troppo loquace d’incoerenze ed inettitudine.

    ho votato “sinistra e libertà”, Nichi Vendola e Fava.

  55. Il mio post, scritto in origine per il mio blog, non intendeva in nessun modo essere prescrittivo.
    Credo che nel voto di ciascuno, nell’andare a votare o meno, sia determinante la storia politica personale, le percezioni dell’oggi rispetto a quelle di ieri, eccetera.
    Ho votato per la prima volta nel 1968.
    In quarant’anni ho visto cambiare molto le cose e quello che accade oggi mi appare per molti versi inconcepibile, vale a dire inconcepibilmente rozzo, approssimativo, vuoto.
    Per questo non mi sento più parte della storia.
    Ma se dovessi sintetizzare (la sintesi, in rete e fuori, è sempre benvenuta), direi che quello che più mi colpisce dell’oggi è la sostanziale e generalizzata assenza di futuro, vale a dire di progetto: si vive e si pensa alla giornata nella completa privazione di ogni idea di cambiamento, miglioramento, eccetera, e però collettivo, nel senso di condiviso, di partecipato e costruito assieme: e questo lo fanno soprattutto i partiti politici i quali esisterebbero, in primis, per progettare (e proporci) un futuro oltre le contingenze dell’oggi.
    A questo non riesco ad abituarmi.

  56. @ macondo
    scusami ma non capisco perché mi dici quello che mi dici. In politica non ho mai parlato di odio o amore verso qualcuno, né che il berlusconismo non sia che un sintomo. Non ti capisco, davvero, per piacere spiegami.

  57. Ecco, in tutta l’Europa hanno vinto le destre.
    Qui il PD non c’entra.
    I suoi guasti, debolezze vacuità non hanno nessuna influenza fuori dai nostri confini.
    Il fatto che abbiano vinto le destre, grazie anche all’astensionismo, non resterà un cambiamento nel mondo delle idee, avrà ricaschi molto concreti sulle leggi.

  58. Gusto amaro.
    Sola speranza il partito ecologico che ha fatto un risultato buono in Francia.

  59. @ lucia
    (doverosa risposta)
    mi sono rivolto a te come interlocutrice in quanto avevi risposto al mio commento e in quella “tristezza” mi pareva prevalesse l’aspetto “sentimentale” della cosa politica, ma più che una risposta era una precisazione-prosecuzione di quanto volevo dire

  60. @ macondo
    la mia tristezza non ha nulla con l’emotivo che trovo deleterio e prevalente, è una tristezza del pensiero, del ragionamento, della prospettiva di vita. Forse hai percepito la sofferenza che il sentimento di squallore per un mondo di idee piccole e solo meschine mi provoca, ma non mi lascio solo trascinare da quelle, almeno provo poi a pensare e raffreddare e progettare e scegliere nel mio minuscolo mondo. Credo che davvero ci opponiamo a questo vivendo in modo diverso, senza sentimentalismi ed eroismi, semplicemente anche non dicendo o professando valori diversi ma semplicemente agendoli caparbiamente e poi cercando di riportare pensiero e costruzione di pensiero anche tra di noi qui e non solo qui. Io spero e credo nei più giovani e con loro mi spendo.

  61. io trovo un errore di fondo in questo articolo: ci si trova sempre a dire “per Franceschini” “per Veltroni” “per Berlusconi” nonostante le europee siano elezioni dove vi sono le preferenze finalmente.
    Ci siamo mai veramente interessati ai candidati alle europee? Io l’ho fatto, mi sono stupita nel trovare dei candidati piu’ che ottimali e ho scritto le mie preferenze nell’andare a votare.
    Un Marco Cappato (Radicali) che tra l’altro ha vinto anche il premio come “politico dell’anno” dato da riviste internazionali per il suo lavoro a Strasburgo mi pare che sia ateo come pochi e sia competente e lavorativo come pochi. Fava (sinistra e libertà) ha ricevuto il premio politico dell’anno sempre come parlamentare europeo, Niccolò Rinaldi (Italia dei Valori) si è sbattuto per il Darfur e l’Africa sempre da parlamentare europeo ed è fortemente laicista…potrei continuare addirittura per trovarne altri sparsi per le liste (logicamente non PDL) che meritavano il voto (con preferenza) ed erano anche piuttosto giovani. Un gay ateo a caso potrebbe essere Vattimo (candidato IDV)…
    certo..che se continuiamo a parlare di veline le cose serie non passano piu’…
    Io darei uno sguardo a fondo nelle liste sopratutto quando rispuntano fuori le preferenze e cercherei informazioni (sopratutto se si può usare internet) perché sono anche convinta che il ricambio generazionale non viene certo aiutato chiudendo gli occhi. Da una parte ci sono sempre gli stessi nomi, dall’altra siamo anche noi che non riusciamo a guardare nient’altro…

  62. vattimo si disse credente, se non ricordo male.
    adele.
    non credo alla politica come servizio, non mi sconvolgo della competenza o del tanto/poco lavoro.
    credo che la politica sia pre-figurazione, immaginazione, coinvolgimento, avventura, eccetera.

  63. Certo, in termini numerici la sinistra c’è stata, non era schiacciata come ora, ma in termini pratico-concreti qual è la sinistra invocata, mi pare da alcuni (e forse anche da me), a cui fare riferimento?
    Io sono figlio di contadini comunisti, diventati poi operai, e negli anni settanta ottanta per scelta ideologica andai in fabbrica e feci anche politica (Dp, nella Cisl di Carniti).
    La sinistra, allora, era un’estrema sinistra che non sapeva dialogare con le tutte blu, la sinistra, allora, era un pci, contrario alla riduzione dell’orario di lavoro e favorevole al nucleare.
    La sfiducia, verso la sinistra di oggi, per me ha queste origini.
    Piccola parentesi.
    Ho votato Rifondazione alle Europee e, nella mia città, una lista civica di centro sinistra. Ma, nella mia città, per la prima volta ho ri-sentito un leader di sinistra che sa parlare alla gente, finalmente, ed è Vendola.
    Spero che a sinistra nasca qualcosa di concreto attorno a lui, ché l’anima vera del Pd, purtroppo, è democristiana.
    Seconda parentesi.
    Nella mia città il centro destra viene votato soprattutto dal nuovo proletariato: soci lavoratori sfruttatissimi delle cooperative, interinali.
    La sinistra, mi pare, è rimasta indietro, sta ancora dibattendo sull’appeal sui ceti medi dimenticandosi, vergognosamente, di questo nuovo difficile proletariato che è in balia delle tv berlusconiane.

  64. si…Vattimo per l’esattezza dice “credo di credere”. Ma per quanto riguarda un politico io cerco più che atei almeno laici e laicisti. La parola che più mi si avvicina tra quelle da te usate è “coinvolgimento” che è la cosa che meno si pratica da quando si è passati a campagne di marketing elettorale. Ora si abusa il “convincere” che è una parola pessima. Dà per scontato che le persone siano passive, che gli individui siano mentalmente bombardabili e rispondano a imput un pò come i topi da laboratorio con le scariche elettriche. Se in parte è pur vero che il bombardamento (sopratutto costante) delle menti fa tanto la politica del “convincimento” è sbagliata indipendentemente dall’idea che si vuole inculcare nelle menti delle persone. Ma è un discorso lungo tanto per cambiare. Io capisco lo stato di delusione e ciò che malauguratamente qualcuno chiama “antipolitica” (qualcuno dimentico che “tutto è politica” e che non tutto ciò che è partitico è interesse dei cittadini) ma rimango dell’idea che lasciare perdere è come considerare i partiti una cosa a parte, l’alternativa è vivere in montagna esuli da questo mondo che tra l’altro è fatto da idividui che vogliono esattamente (o sono convinti di volere ciò) la situazione attuale se ci sono voti che vanno a Berlusconi e Lega. Se si continua a vivere in questo paese e far parte di una società bisogna fare i conti con questa partitocrazia fatta di “partiti monumento” immobili e immobilisti per la maggior parte. I partiti sono uno strumento e ce lo siamo dimenticati, continuamo a guardarli come se fossero quello che mostrano di essere (ovvero oggetti immobili che vagano sulle nostre teste e opprimono le nostre libertà) quando potenzialmente laddove vi sia uno spiraglio di movimento sono da smuovere e da rimodellare, da usare per le battaglie e non, come succede adesso, coloro che sfruttano le battaglie per i propri interessi. Abbiamo un pò tutti iniziato a raccontarci al contrario e in qualche modo ne siamo succubi anche quando non ce ne rendiamo conto. ma questa è una riflessione che va oltre credo…spero di non aver occupato troppo spazio…

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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