complesso immobiliare plurifamiliare

di Marco Simonelli

[continua da qui]

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La figlia del costruttore annegò nella piscina. Quando vennero a saperlo erano al circolo del tennis. «Aveva appena imparato a camminare». Rimase tutto fermo. Passando dal cantiere l’anno dopo aveva notato l’erba alta.

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Dettava il necrologio. Al dolore parteciparono le rispettive mogli. Lei era la sua compagna di banco, ogni anno stava lì almeno per una settimana. «Ma tu li conoscevi bene?», gli aveva chiesto vedendolo da solo sulle scale dell’ingresso. «No», rispose dopo singhiozzando.

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Non disse mai del Messico. Del cimitero colorato. C’era stato il terremoto, sembrava il Terzo Mondo. Non capiva la scelta di quel posto di vacanza. Erano in tre, avranno avuto la sua età. Uno indossava solamente una felpa sporca con su scritto Benetton. Era scalzo. Non aveva né costume né mutande.

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Il padre dichiarò: «Mi preoccupava. Tendeva ad isolarsi». Tuttavia, il giorno della diagnosi, lo videro di nuovo con una sigaretta in mano.


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All’inizio erano ragazze. A giugno si incontrarono, si sposarono in settembre. A lui piaceva. Per la madre non era affatto una buona nuora.

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Il padre nemmeno le rivolgeva la parola.

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Nella cameretta marinara passò attimi di inquietudine. Non si trattava affatto di presentimenti. Aveva bagnato il letto. La sua prima polluzione. Aveva sognato una lavatrice. E un ragazzo con lo zaino e i capelli sulle spalle. Gli aveva aperto la cerniera.

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La qualità dei tramonti veniva regolarmente apprezzata da gruppi di conoscenti casuali che si riunivano la sera ai ristoranti. Il molo. Il biondo smaccatamente finto delle rispettive signore.

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Il neo-noir e il cyberpunk andavano di moda. Nonostante la sua scrivania fosse sempre stata in assoluto disordine, teneva moltissimo alla precisione.

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Aveva conosciuto imprenditori col gusto della buona tavola, funzionari statali, casalinghe, sarte, pensionate, operai e sindacalisti. Preferiva ‘Piccole Donne’ a ‘I Ragazzi della Via Pal’.

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34 Commenti

  1. Uno zapping di puzzle. C’è una collettività. Forse ce ne sono due. Sono realtà diverse eppure in qualche modo concentriche. C’è un passato, si parla di un’epoca dopo un’epoca. Il soggetto e l’oggetto a volte coincidono, a volte no. È un modo di procedere nella memoria, un procedimento di indagine, un processo in corso. Non ci sono assolti nè condannati, solo testimoni. Forse c’è qualche testicolo, ma non fa testo.

  2. E’ strano il titolo con la sua forma solida entra in contradizione con la scrittura elliptica. Il mistero non trova risoluzione. Fatto di cronaca: la figlia del costruttore annego nella piscina. La scrittura poetica in frammenti dà soggetività in fuga, di sensazione, di ambiente adolescente.

  3. Complimenti Véronique, l’adolescenza c’è.
    Il titolo era scritto su un pannello davanti ad un edificio in ristrutturazione. Non si tratta esattamente di un condominio ma di una casa signorile divisa in piccoli appartamenti.
    La cosa (la casa) è complessa.
    Vi abitano molte persone diverse.

  4. prosa poetica incisiva, un ritmo intrinseco che richiama flussi leggeri di pensiero. Davvero un piacere porsi al tuo ascolto.

  5. ma più intrigante nei sonetti. non saprei dire se un respiro così corto sia congruo per una prosa in prosa. O non saprei dire se, da lettore, reggerei, leggerei, più lacerti.

    e poi, in che senso al commento delle 13.08 ti riferisci a una comunità (o due)?. Non mi pare che si insinui neppure l’ipotesi di una comunità. piuttosti monadi, schegge saltate. ciao.

  6. Caro Simonelli, leggendo questi tuoi testi zappingati e puzzleati, adolescenzati, leggeri e intresecamente ritmati, mescoliati e testicolati, contraddittoriamente elliptici nella loro forma solida e misteriosa, condominiati e flussuosamente leggeri, naturaliter calvin-iani e prosasticamente attraenti, nonché imperfettamente offesati e pesantemente difesi, ho capito almeno due o tre cose: 1) che cos’è che tiene Nadia Agustoni e Fabio Franzin, tanto per citare due poeti apparsi appena sotto, al di qua di ogni possibilità di essere “installati”, senza opportuna e totale revisione dell’intero albero a gammme, nella letteratura del terzo millennio, 2) che hai un “fiuto” eccezionale, visto che hai subito fatto il “tagliando” presso l’officina giusta; 3) che ti manca solo la “benedizione” ufficiale e il visto d’imbarco – che (e mi ci gioco l’impianto a gas) arriverà al massimo entro le prossime ventiquattro ore…

    Ciao Marchino, in bocca al lupo. E, mi raccomando, tieniti lontano dai grassi superflui, a tavola (e a tavoletta): non solo appesantiscono e rendono meno agile il motore, ma hanno anche il brutto effetto, a lungo andare, di sciogliere e dissolvere la protettiva aura calvin-ista. Un po’ come succede per le guarnizioni della testata – per troppa pressione.

  7. è sempre bello leggerti: ne vorrei ancora. Spero che il condominio sia già o diventi un grattacielo di frammenti.

  8. @andrea inglese: grazie! spero d’essere attraente io e spero invece che il testo sia anche un po’ respingente!

    @michele marinelli: mi chiedo se sia anche un processo in corsa.

    @manuel: per quanto riguarda i sonetti io posso dire che sono stati scritti in un modo simile, ma ovviamente la forma metrica obbliga a non proprio conclusioni logiche, ma almeno provvisori stop. Qui l’idea di base è opposta: non c’è uno stop. Sia nella tranche di gammm che in questa qui, il “complesso” affonda (in senso lato) in un’epoca che si situa fra la prima e la seconda repubblica. Ma questa è un’informazione opzionale, posso darla come evitarla. Le “schegge saltate” invece hanno un gran pregio, almeno per me. Credo che il vero testo inizi fra il punto e l’asterisco. L’ipotetico lettore (che io immagino scocciato e un po’ incazzato, ma non solo perché sta leggendo il Simonelli) dovrebbe infatti mettere in quello spazio qualcosa di proprio. Sostituire il dead link con uno a sua scelta. Non è un’idea nuova nè originale (L’anno scorso a Marienbad, per dirne una). Ma credo sia utile. Almeno in questo frangente storico. kiss.

    @fm: 1) di nadia ho letto due sue (primissime) cose, di franzin nulla. me ne pento immediatamente, cenere sul capo, fustigazione tafaziana. 2)mi accade spesso di fare il tagliando ma succede sempre che mi dimentico l’olio, rifriggo il motore, oppure resto a secco sui viali. e immancabilmente sbaglio strada, finisco per ritrovarmi col motorino all’imbocco dell’autostrada. tuttavia questa mia inettitudine alla guida e all’orientamento stradale non è da condannare in toto come negativa, ha i suoi lati piacevoli. Una volta, ad esempio, perso nella zona di Scandicci, sono entrato in un bar per chiedere informazioni. E ho mangiato un maritozzo all’uvetta ripieno di panna, dolce buonissimo che non assaggiavo dal 1989. Sono situazioni proustiano-zen, se vuoi. 3) mi hanno fatto fare anche la cresima (“così ti puoi sposare in chiesa!”), e dunque le benedizioni ce le ho, anche se l’estrema unzione mi manca. non è che siano così utili, anzi, ma almeno le catenine d’oro le puoi fondere. Per quanto riguarda l’imbarcarsi, con il suddetto senso dell’orientamento, probabilmente sbaglierei gate, mi ritroverei con trolley e cappelliere sul traghetto dello Stige River. Prima del periodo natalizio ero riusito a perdere due chili. Ora fino a febbraio non voglio più montare su una bilancia.

    @michele porsia: grazie! Mi fai venire in mente che in questo caso son tutte scale, alcune a chiocciola! :-)

    @Andrea Raos: grazie! Aspergi, aspergi pure…

  9. Caro Marco, vedo che hai recepito subito, con la modestia che ti caratterizza, il tono chiaramente elogiativo del mio commento. Pensa, non avevo mai usato tanti aggettivi in vita mia. Ero talmente emozionato, quando ho scritto, che mi sono scappati alcuni refusi, dei veri e propri lapis probabilmente, dei quali mi vergogno tanto tanto. Chi sa come l’avrà presa quel povero albero a camme!

    Comunque, non ti chiedevo mica di leggere Franzin e la Agustoni, anzi, ti ringraziavo per avermi aiutato a risolvere un dubbio inquietante. Me ne resta ancora un altro, volendo, ma forse in questo caso tu non puoi (ancora) rispondere e aiutarmi: ma dopo l’uscita di gec frusciante dal gruppo, chi ha preso il suo posto? So che c’erano molti pretendenti, ma non ho capito chi l’abbia alla fine spuntata, ammesso che qualcuno l’abbia poi spuntata, magari il concorso è ancora aperto.

    Ciao.

    p.s.

    Lo vedi che continui imperterrito col vecchio vizio e che facevo bene a matterti sull’avviso? I maritozzi all’uvetta pieni di panna sono micidiali!!!

  10. @fm: anche i refusi spesso aiutano. Ieri ho fatto una scoperta interessante: se scrivi “t9” usando il t9 si trasforma in “G8”. Può dar fastidio ma è anche uno spunto per vedere le cose. Stephen King magari ci vedrebbe un software alieno o diabolico che arriva sulla Terra con l’intenzione di distruggere l’umanità stravolgendone il linguaggio. Oppure la vuole redimere, illuminare? Credo che per risolvere l’enigma di Frusciante si possa benissimo chiedere, nell’ordine a 1) l’oracolo di Delfi; 2) il fantasma di Hedda Hopper; 3) il t9. Io sono sicuro che nella vicenda di Frusciante c’entrano la banda della Magliana e i servizi segreti deviati. Forse anche Wanna Marchi, ma non ne ho le prove.

  11. dai finali per così dire “ad abrutpum” sento levarsi un sentore quasi carveriano anzi dirò di più, visto l’uso dell’imperfetto, la rescissione di senso rispetto alle prime parti e il contesto fondamentalmente non narrativo, mi riecheggiano nell’orecchio molto ma molto certe chiuse alla giampiero neri. giudicare è difficilissimo . per giudicare neri come uno dei maestri del secondo novecento ci sono voluti almeno tre libri.
    ma intanto ,augurandoti di scriverNE ANCHE DI PIù, ciao marco!
    l.

  12. Caro Marco, mi hanno segnalato con ritardo e intervengo anche per simpatia se posso permettermi. Sottoscrivo quanto dice Rosaria, non mi capita sempre di leggerti ma sei bravo e ti auguro di continuare così. Un saluto.

  13. Una cosa sento il bisogno di dirla, non per polemica personale ma per necessità, diciamo così, estetica e per bisogno di chiarezza (penso soprattutto ai lettori esterni).
    La cosa fastidiosa di questi commenti di fm, al di là delle varie battutine e allusioni (poi uno si chiede perchè, visto da fuori, il mondo della poesia contemporanea appaia indecifrabile), è il contrapporre poeti “sperimentali” (nel caso specifico, tutto gammm.org), poeti considerati “di successo” perchè immanicati con chissà chi, e scrittori (per semplificare) più “lirici” (ancora in questo caso, Fabio Franzin e Nadia Agustoni), “di insuccesso” perchè fuori da chissà quali giochi di potere.
    Quindi ricordo solo una cosa semplicissima. fm, dovresti sapere che se conosci Franzin è grazie a me, che lo pubblicai qui su NI nel 2007
    https://www.nazioneindiana.com/2007/11/29/la-smania-degli-idioti/
    Non mi importa niente delle primogeniture, sarebbe offensivo innanzitutto nei confronti di Franzin stesso, ma ti faccio una domanda semplicissima: come lo fai entrare, questo, nel tuo schemino del monolitico blocco di potere gammmiano?

  14. Marco, leggendo le tue prose poetiche, mi è venuto in mente un poeta francese, che adoro, per sensibilità e per capacità di associazioni e dissociazioni di pensiero, scarti e levità: Olivier Cadiot (soprattutto “Futur, ancien, fugitif”). Lo conosci?

    ps: so che non riguarda il testo, ma domenica ti ho pensato vedendo La Lauper in una puntata di Bones :)))

  15. @ Rosaria: grazie! Ci provo!

    @ Luigi: grazie! Si tratta di una scrittura ancora in corso (o decorso?) e in effetti ci sono già altre cose, molto aperte, se posso usare questo aggettivo senza essere frainteso. Oppure si, fraintendendomi sempre. Molto Neri, consapevole. È una delle scritture che più rispetto e in cui non mi sono mai sentito di entrare in sede di analisi, mi coinvolge ancora moltissimo, non lo so spiegare. Riconosco comunque un debito da Campana filtrato (e flirtato) da Neri.

    @ Nadia: grazie! Cercherò!

    @ Andrea: a parte le dinamiche interne mi preme precisare quanto il mio tentativo di (se vogliamo chiamarla così) sperimentazione (meglio ricerca, credo, ma non sta a me definirlo) prenda inizio dall’avvertire nella prosa in prosa di altri un principio di reazione all’impotenza. Quasi una difficoltà fisiologica, ma non erettile, ovvio. Semmai credo riguardi la possibilità/necessità di dire. Dire con, dire in. Non dire per. Ma son speculazioni mie… :-)

    Scusate: mi interrompo qui che devo uscire, appena ritorno continuo. 

  16. Sì, Andrea, deve essere proprio una “necessità estetica”, la tua: molto probabilmente stai pensando di scrivere un racconto di fantascienza e vai esaminando varie ipotesi sull’ambientazione. Buona ricerca, sono veramente contento di esserti in qualche modo d’aiuto. Se non altro posso sdebitarmi, anche se solo in minima parte, del fatto che mi hai fatto conoscere un autore del quale otto mesi prima, esattamente il giorno del mio compleanno, mi era stato regalato “Mus.cio e roe”.

    Una domanda semplicissima: ma non ti bastava quello che avevi scritto fino a “fuori da chissà quali giochi di potere”?

    Ti avrei risposto con piacere, e ti assicuro che ci saremmo fatte un po’ di risate. Messo così, invece, il tuo commento sa tanto di “richiamo all’ordine” (e io di ordini non ne prendo da nessuno, nemmeno da me stesso), con annessa graduatoria di patacche e di hits (e io non partecipo a gare di nessun genere, tanto meno faccio il talent scout di poeti o scrittori).

    Mi spiace, sarà per la prossima volta. Ciao.

  17. I richiami all’ordine, certo, come no… le graduatorie, e’ ovvio… il talent scout, ce l’ho scritto sul biglietto da visita…

    Non hai voluto capire, insomma. Io ci ho provato, mi basta questo. Ciao.

  18. Scusa Marco, non avevo visto il tuo commento. Qualunque potenziamento e’ sempre benvenuto, come ben sai :)

  19. che il testo mi piaccia lo conferma il fatto che già ne postai una parte su gammm, come ha linkato il raos pantocratore, e quindi ribadisco le mie lodi.

    rispetto a quello che dice @luigisocci, invece, anche se vedo il collegamento che propone, mi sembra che proprio quelle chiuse aumentino sensibilmente l’effetto di “romanzesco” (e quindi narrativo) delle microprose di marco. e in effetti credo che parte del fascino di una scrittura come questa sia proprio in quella specie di narrazione senza trama, che si appoggia allo spontaneo tentativo di ricostruzione del contesto, della storia, da parte del lettore.

  20. @gherardo
    è tutta questione di definizioni, ma credo che si sia fondamentalmente d’accordo. giampiero neri è d’altrocanto il più prosaico e narrativo dei poeti italiani del dopoguerra. se non avessi paura di essere linciato oserei proporre la desueta casella di “prosa poetica” (o poesia in prosa) che adesso dopo i vostri tentativi di ridefinizione sembra un po’ caduta in disgrazia

  21. Continua da ieri:

    @: Andrea BM: ti ringrazio della segnalazione! Non conoscevo ma il titolo prende parecchio! Credo che invece qualcosa si possa dire al riguardo di Cyndi Lauper. In anni minorenni militai nel suo fanclub italiano (la prima cosa che ho mai pubblicato è stato proprio un articolo su di lei, su RARO! un mensile di collezionismo). L’esperienza dei fanclub (in epoca pre-cablaggio, pre-napster) mi appare adesso come qualcosa di epico: adolescenziale, certo, ma anche (temo) irripetibile, con quelle modalità brancaleonesche. È, se vogliamo, una ricerca di identità collettiva (una delle prime). E mi affascina molto il tema della musa/diva/cantante. Grazie!

    @luigi e gherardo: grazie. I vostri commenti aiutano molto ad orientarsi/orientarmi (o perdermi?) Narrazione senza trama: si, è lei. Almeno, vorrebbe. Forse sono trame crepate, cancellate per errore (più che rimosse o criptate). Il vantaggio che può offrire rispetto a un verso chiuso o definito e rispetto anche alla prosa narrativa è la possibilità di attivare un rapporto (forse) un po’ sadomaso col lettore: va bendato, titillato, stimolato e poi frustrato nell’attesa, lasciandolo però libero di integrare il dato testuale con qualcosa che provenga da lui. Grazie!

  22. Musa/diva/cantante, sì, è un polo d’attrazione irresistibile e come non andare con cuore e mente, poeticamente, alla nostra Rosi?

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andrea raos ha pubblicato discendere il fiume calmo, nel quinto quaderno italiano (milano, crocetti, 1996, a c. di franco buffoni), aspettami, dice. poesie 1992-2002 (roma, pieraldo, 2003), luna velata (marsiglia, cipM – les comptoirs de la nouvelle b.s., 2003), le api migratori (salerno, oèdipus – collana liquid, 2007), AAVV, prosa in prosa (firenze, le lettere, 2009), AAVV, la fisica delle cose. dieci riscritture da lucrezio (roma, giulio perrone editore, 2010), i cani dello chott el-jerid (milano, arcipelago, 2010), lettere nere (milano, effigie, 2013), le avventure dell'allegro leprotto e altre storie inospitali (osimo - an, arcipelago itaca, 2017) e o!h (pavia, blonk, 2020). è presente nel volume àkusma. forme della poesia contemporanea (metauro, 2000). ha curato le antologie chijô no utagoe – il coro temporaneo (tokyo, shichôsha, 2001) e contemporary italian poetry (freeverse editions, 2013). con andrea inglese ha curato le antologie azioni poetiche. nouveaux poètes italiens, in «action poétique», (sett. 2004) e le macchine liriche. sei poeti francesi della contemporaneità, in «nuovi argomenti» (ott.-dic. 2005). sue poesie sono apparse in traduzione francese sulle riviste «le cahier du réfuge» (2002), «if» (2003), «action poétique» (2005), «exit» (2005) e "nioques" (2015); altre, in traduzioni inglese, in "the new review of literature" (vol. 5 no. 2 / spring 2008), "aufgabe" (no. 7, 2008), poetry international, free verse e la rubrica "in translation" della rivista "brooklyn rail". in volume ha tradotto joe ross, strati (con marco giovenale, la camera verde, 2007), ryoko sekiguchi, apparizione (la camera verde, 2009), giuliano mesa (con eric suchere, action poetique, 2010), stephen rodefer, dormendo con la luce accesa (nazione indiana / murene, 2010) e charles reznikoff, olocausto (benway series, 2014). in rivista ha tradotto, tra gli altri, yoshioka minoru, gherasim luca, liliane giraudon, valere novarina, danielle collobert, nanni balestrini, kathleen fraser, robert lax, peter gizzi, bob perelman, antoine volodine, franco fortini e murasaki shikibu.
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