The Monti Lessons

di Helena Janeczek

Forse è stato quando da Fazio ha elogiato la ricchezza meritata che ho avuto un lampo. Non è solo questione di stile o di classe – il fascino discreto della borghesia a cui non siamo abituati. Nemmeno la stravaganza di chi riassume in purezza quel liberalismo che era stato lo slogan rivoluzionario su cui si è edificato il Nouveau Régime berlusconiano di corti, privilegi e monopoli. E’ che quando parla Mario Monti pare un po’ curioso che si chiami Mario Monti. Quasi verrebbe da fargli i complimenti per il suo italiano, così privo d’accento. Più che strano, Monti sembra straniero: questo è la sua forza. Il sogno di una dominazione straniera che faccia funzionare meglio il Paese non alberga solo nelle anime di una colta e privilegiata minoranza.
Neanche per capire la lista della spesa della signora Monti inviata graziosamente a Calderoli, serve la laurea in Bocconi. Eppure è come se la Presidenza del Consiglio avesse risposto in inglese a un’accusa formulata in italo-padano.
Cambiare il linguaggio, usarne uno inedito, si è visto, può essere un’arma di devastante efficacia. Sembra facile per lo Straniero a capo del suo “governo strano”. Si può forse pretendere humor britannico a chi non può più andare in pensione, stenta a pagare il mutuo, o vede la scuola smantellata? No, ma anche la rabbia e le critiche possono trovare modi per esprimersi diversi dai soliti che ritroviamo amplificati nelle pubbliche piazze televisive. Non solo il linguaggio dei vincitori, infatti, è stato sempre lo stesso negli ultimi decenni, ma anche quello maggiormente udibile dei suoi avversari. Solo da quando si è deciso di abbondonare i moduli della protesta delegata, anche dal basso, dalle piazze, si è cominciato a farsi sentire un linguaggio nuovo. Fare cortei vestiti da Babbo Natale, salire sulle gru o sulla Torre di Pisa, comunicare a gesti nelle assemblee per partecipare senza interrompere chi parla. Il linguaggio che cambia non sempre è elegante o ironico, ma più diventa autonomo e imprevedibile, più acquista forza. Questo si può impararlo dal professor Monti, anche se lo si apprezzasse per poco altro.

Ps. Mario Monti crede in quel che dice (e, di conseguenza, in ciò che fa). Il capitalismo, ooops, il mercato è cosa buona e giusta, basta non esagerare come, a suo tempo, Margaret e Ronnie. Basta risanare i conti pubblici, ossia: dimostrarsi virtuosi a cospetto dei partner europei (ecco: se c’è un aspetto linguistico-ideologico del suo discorso che davvero mi infastidisce, è il ricorso a categorie morali per parlare di spese dello Stato), e si allontana il gran burrone nel quale l’Italia stava precipitando. E’ per questo che riesce a essere rassicurante.
Io invece temo che Monti possa sbagliarsi. Leggo i suoi colleghi economisti che spiegano, per esempio, diversi fatterelli inquietanti che continuano a accadere: il crollo di Unicredit, o – ancor di più – lo spread che risale perché il titoli tedeschi vanno a ruba, pur con un tasso d’interesse addirittura negativo. Potrebbe darsi che i mercati tradiscano la famosa fiducia che in essi continua a riporre il professor Monti, e la sua indubbia credibilità maggiore presso gli altri capi di governo europei – in primis, Angela Merkel – non si riveli sufficiente per ottenere in cambio qualcosa che aiuti l’Italia a controbilanciare le conseguenze della recessione, aggravate dalla sua manovra. Forse per questo mi sembra che le cose più interessanti che sta facendo, si collocano paradossalmente a lato della sua missione principale.

Versione ampliata e ritoccata di un pezzo uscito su su L’Unità, 10 gennaio 2012.

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21 Commenti

  1. E’ vero Helena, è straniero. Come l’etica protestante, spirito del capitalismo, che è straniera rispetto all’Italia. Ma a me questo essere straniero non affascina per nulla. Io, lo ribadisco, sto con Muntzer contro Lutero.

    • D’accordo, Marco. Però lo spirito del nostro capitalismo è catto-feudale e fascist(oide).
      Parentesi: ho fatto la tesi su Hugo Ball che qualche anno dopo essersi inventato il Cabaret Voltaire e con esso il dadaismo a Zurigo, ha scoperto Muentzer in un ampio libro-pamphlet chiamato “Critica dell’intelligenza tedesca”. Era amico di Ernst Bloch, all’epoca, che ha condiviso e si è messo a scrivere il “Thomas Muentzer”.

  2. Tutto sta a crederci o no. L’elevato tasso di “professionismo” tra i membri del governo non ha precedenti nella storia politica italiana più recente. Così come non hanno precedenti l’acutezza della crisi italiana, né il modo con cui è stato costituito il governo per farvi fronte. Il colpo di mano di Napolitano doveva essere compiuto, da lui e nessun altro. Mi chiedo cosa sarebbe successo, con un Cossiga, un Leone, o lo stesso Pertini alla Presidenza.
    Dello stile anglosassone di Messia Monti, del suo carisma in Europa, se ne sentiva il bisogno, dopo anni di ossessioni mediatiche e di prese per il culo internazionali. Preferisco lui che l’italianissimo precedente. Questi evidentemente costituiscono i risultati immediati che ci si poteva permettere, affiancati alle bastonate sulle pensioni, irrinunciabili secondo gli economisti. Io, che non sono economista, ci avrei rinunciato.
    E ben vengano i primi segnali di maggiore trasparenza e responsabilità (Malinconico malinconicamente sembra non abbia commesso nessun reato, eppure si è dimesso, Monti se ne torna a casa col treno), a cui dovremo scandalosamente e paradossalmente ri-abituarci. Speriamo che arrivino conferme. Mai visto un governo così “credibile”, batoste sugli italiani comprese. Forse bisognava cominciare proprio così. Aspetterei ancora prima di stroncare. Magari commentando dopo aver riacceso la tv – ma su rainews -, visto che B adesso alterna la sua presenza tra ville e tribunali, invece che stare tutto il giorno davanti alle telecamere.
    Aspetterei il famoso giro di vite sull’evasione, l’esito delle liberalizzazioni, il ridursi dello spread, la riforma del lavoro e quant’altro sia di più urgente in tema di misure economiche rimaste inattuate dai precedenti governi, per paura di perdere consensi tra le lobby.
    Di certo, non credo che nel programma cresci-Italia siano compresi dei progressi in tema di diritti civili, una demolizione dei privilegi clericali, provvedimenti a difesa del territorio, la defiscalizzazione della benzina, una legge equa sull’immigrazione…
    Per questi, attenderei una crescita a sinistra. Prevista per quando, non lo so.

  3. se possiamo nutrire qualche speranza di dribblare il default è grazie al fatto che Draghi seduto alla bce terrà molto basso il costo del denaro dando la possibilità di rifiatare a imprese e mutuatari figli del tasso variabile in attesa che una sorta di rinascita economica di cui nessuno conosce i termini germogli.L’aplomb che contraddistingue l’attore chiamato a recitare la parte di chi porta in alto una rivalsa nazionalistica serve per evitare che le tensioni dei mercati provochino scomposte reazioni internazionali da quadro epilettico

  4. Dovrebbero essere i giornalisti a mettere in difficoltà chi parla una lingua straniera. Ma questo in Italia (e non solo) manca, ed è la causa principale, a mio parere, del degrado della vita pubblica.
    Per esempio: perché Fazio non ha chiesto a Monti perché non ha tagliato le spese militari, per esempio il programma d’acquisto dei caccia F35? Nelle tre passate settimane ne hanno parlato (dovuto parlare) quasi tutti i giornali, e il ministro della difesa ha risposto dicendo una balla, come è stato documentato da più parti, ossia che ci sarebbe una penale rilevante se ci ritiriamo dall’affare. In realtà la penale non esiste.
    Perché Fazio non ha chiesto a Monti: non è meglio aprire degli asili nido con il costo di un caccia F35? Perché tassate le case e non tagliate i costi per l’acquisto dei caccia?

    • Anche qui d’accordo. Fazio non è mai stato uno dalla domanda scomoda, e devo dire che mi ha invece colpito piuttosto che anche la “filomontiana” Repubblica abbia dato parecchia visibilità alla questione dei caccia.

  5. Un po’ di tempo fa, un breve interevneto dal titolo: sistema repubblica, pubblicato su questo sito, a proposito di variazioni nel linguaggio e dura sostanza degli interessi…Mon amo autocitarmi ma ecco questo discorso sulle liberalizzazioni e le privatizzazioni, qualche cosa si era detto al tempo…

    A quel discorso aggiungo oggi, che il bocconiano Monti e il suo linguaggio sono giunti a sostenere che uno dei maggiori successi dell’euro è stata la Grecia e che quanto all’Italia grazie alla Gelmini e a Marchionne produrremo studenti a automobili migliori (studenti e automobili…lo ripeto: studenti e automobili). Ma questo è il meno, questo è il cartaceo…Il problema è che questa gente è convinta che il liberismo è di sinistra, siamo alle solite: burocrati con le mani legate dall’unione europea che liberizzano le farmacie, dopo il tracollo nominane del sistema del puttaniere di arcore, che liberalizza se stesso e le imprese di famiglia.

    La sinistra non può essere Monti, il liberismo non è di sinistra, e non lo è l’ordoliberalismo e non lo è nemmeno l’ec onomia sociale di mercato. La sinistra dovrebbe apsirare essere altro, e per stabilire cosa si dovrebbe ripartire da un serio studio dell’economia, e ci sono tanti economisti bravi, anche in Italia, come Acocella, Pivetti, Roncaglia, c’è tutto il tema dei beni pubblici in senso economica…e tutta una corrente di pensiero oggi emarginata, oggi che un moderato come Keynes è visto come una sorta di estremista dal mainstream sovranazionale dei premi nobel..

    Segnalo, se può interessare, qualche lettura in rete e non, a mio avviso si tratta di materiali buoni e accessibili, rimanendo peraltro a Keynes e dunque sempre in un’ottica di sistema, ma almeno con la capacità e l’intelligenza di smascherare l’ideologia pura e le vulgatae del tutto prive di senso del tipo:

    -il pareggio di bilancio è tutto; la moneta. Conta solo la moneta quanto più ci si avvicina al Pil potenziale.

    -la disoccupazione involontaria dipende dal livello dei salari contrattati con accordi collettivi di categoria/azzeriamo i diritti dei lavoratori e vedrete l’occupazione aumenta;

    -la concorrenza per il mercato ovvero potenziale abbassa i prezzi (cioè l’idea alla Baumol che resta alla base dei teoremi sulle privatizzazioni dei servizi pubblici -sostituzione di un monopolio pubblico con un monopolio privato dopo un’asta dove vince chi fa l’offerta migliore-) quindi privatizziamo perchè e di sinistra (E le autrostrade? E le ferrovie? E Ken Loach quel bel fim sulle ferrovie inglesi?)

    Letture, dicevo queste:

    Roncaglia, http://www.lincei.it/files/documenti/Roncaglia_20110209.pdf (cui si collega un libro: Roncaglia, Gli economisti che sbagliano, le radici culturali della crisi, Roma Laterza, 2010, con un’ampia sezione dedicata al mito della matematica finanziaria e alle nozioni di rischio e incertezza alla Frank Knight, applicate ai mercati finanziari)

    J.K. Galbraith, La fine del «nuovo consensus monetarista», La crisi finanziaria e l’eredità di Milton Friedman, http://documentazione.altervista.org/lvi_galbraith_consensus.htm (bel saggio di un figlio d’arte -per una volta il corporativismo accademico ha prodotto qualcosa di buono)

    Un sito per ragionare un minimo sull’assurdità della ricetta del pareggio di bilancio: http://www.economiaepolitica.it

  6. che lo stile sia cambiato non ci vuole molto a comprenderlo, tuttavia se quello del governo precedente era un capitalismo cialtrone, questo è un modello di capitalismo raffinato, colto e perciò più devastante.
    Personalmente la ricchezza, quella ereditata o quella conquistata con il lavoro, non è mai un valore…..senza scomodare il Vangelo, la cruna del lago e quant’altro.

  7. Si può essere d’accordo o meno, ma devo dire che quando ho visto che questo pezzo in lode della vecchia borghesia liberale è uscito sull’Unità il cuore m’è cascato per terra. Gramsci resterebbe senza parole. E’ venuto il tempo di levare il suo nome dalla testata. O cambiare nome al giornale.

  8. Sono allibito di fronte alla campagna mediatica di sostegno al governo e alle sue azioni. E’ molto più massiccia e tossica di quella dell’era berlusconi. E’ un coro univoco, un vero e proprio lavaggio del cervello di massa. Si basa su un ricatto: o così o l’apocalisse. L’apocalisse è un sistema diverso da quello immaginato e controllato dal capitalismo moderno, quello che possiede gli organi di stampa e le televisooni che osannano Monti. Le voci discordi praticamente non hanno spazio, oppure ne hanno uno così marginale che equivale a zero. E tutte quelle menate sullo stile, sul leader di livello europeo come predica ogni giorno Scalfari.

    Berlusconi l’hanno cacciato perché il suo governo affondava nell’ignavia e nelle beghe personali (forse a qualcuno non è sfuggito che prima delle dimissioni le sue aziende in borsa stavano sprofondando, è così che fanno, mica con le chiacchiere), adesso ci pensa Monti a lavorare come si deve. Questo regime di liberisti sta già privatizzando le pensioni (un businnes enorme), quando avranno finito passeranno alla sanità, e poi l’acqua, e al diavolo il voto degli italiani. Ma lo fa con stile, questo è l’importante. Il lavaggio del cervello di massa purtroppo ottiene dei risultati, piano piano impariamo a pensare che non c’è alternativa possibile, che il governo lavora bene e così via. il veleno penetra, cola in profondità, giorno dopo giorno, telegiornale dopo telegiornale. Intanto ci impoverisce, ci succhia lentamente le risorse, ridurrà molti di noi in miseria, come gli accampamenti di senza tetto alle periferie delle città californiane, gente che ha perso tutto, rovinata dalle banche.

    Ma lo farà con stile europeo, a questo teniamo particolarmente.

  9. Purtroppo, la devastazione culturale non risparmia certo il settore dell’informazione, e così bisognerebbe che infine qualche giornalista ponga a Monti le domande giuste, tipo: Come si può salvare il sistema bancario globale? Lei, esimio professore una ricetta, una vaga idea di ricetta ce l’avrebbe?
    Esisterà un giornalista a Berlino?
    Perchè, questo è il punto, la crisi del sistema bancario, legata all’emissione di montagne di titoli, è in tutta evidenza irresolvibile. Le ricette di Keynes non possono funzionare, perchè ormai si è venuto a generare un monetarismo keynesiano che è perfino peggio del monetarismo classico. Tutto ciò che oggi, a partire da USA e Regno Unito, si può proporre è solo un prolungamento dell’agonia, continuare a dare ossigeno al paziente terminale-sistema bancario, sapendo tuttavia che egli paziente è irrimediabilmente destinato alla morte.
    Tutte queste ricette che tendono a incrementare ulteriormente la liquidità, aggravano la malattia e costituiscono di fatto un voltarsi dall’altra parte per non vedere lo scempio in atto.
    L’unica cosa ragionevole sarebbe bruciare tutti questi titoli, ma poichè la loro proprietà è privata, il consenso per tale eliminazione di cartaccia, non vi sarà mai: si tratta di valore fittizio, a cui però il detentore tiene.
    Il Monti di turno può solo recitare la parte in commedia in cui l’aggettivo “virtuoso” non costituisce una scelta formale, ma è la sostanza stessa del ruolo svolto.
    Insomma, descriverei la situazione come una commedia recitata sullì’orlo di un precipizio che si avvicina inesorabilmente, ma le Cassandre come me non hanno mai avuto successo, è superfluio dirlo.

  10. Qui sono arrivate un sacco di cose a cui rispondere. Provo a cominciare dal fondo, ossia da Mauro (Baldrus.
    Il governo attuale, come è evidente, gode di un sostegno della stampa altissimo che va dai giornali borghesi (Sole, Corriere, Stampa) a quelli di centro-sinistra più istituzionali come Repubblica, e l’Unità, dove c’era stato già prima della defenestrazione di Berlusconi un cambio di direttore per riallineasi alla segreteria e alla maggioranza del Pd, partito determinante per la riuscita del “governo tecnico”.
    Questo lo dico subito anche @Renzo, tenendoci però a precisare che questo pezzo non voleva unirsi al coro delle lodi allo stile e alla classe di Monti, classe intesa da me come classe sociale, ossia quella piccolissima elite conservatrice e liberale (o liberista), di cui il Presidente del Consiglio è incarnazione.
    Mi rendo conto che questo esercizio di ironia possa essere meno evidente di quanto pareva a me scrivendo il pezzo, sebbene da un certo punto in poi penso che dovrebbe diventare più comprensibile.
    Scalfari, sono d’accordo, proprio perché mi pare anche piuttosto “andato” (oltrecché pieno di sé, come è sempre stato), incarna alla perfezione un vecchio equivoco: la sostituzione della sinistra con il liber(al)ismo, però serio e pulito. Ne ho scritto qui nel post più lungo intitolato “Depressione”.
    Ora, concordo con Marco, se mai c’è stato un momento in cui si poteva credere una roba simile, oggi, di fronte alla crisi, quel momento dovrebbe essere definitivamente morto e sepolto. C’è una nutrita schiera di economisti più o meno keynesiani (Krugman, Wolf, Roubini, anche Guido Rossi sul Sole 24 ore), ossia persone che non sono affatto anticapitaliste, che stanno dicendo un giorno sì e l’altro pure che la dogmatica economica di questi ultimi anni è alla frutta.
    Nei paesi europei senz’acqua alla gola, ossia in primis Francia e Germania, tutti i partiti di sinistra -anche quelli socialisti e socialdemocratici- stanno andando a sinistra, ossia pensando a come redistribuire meglio la ricchezza, a come rafforzare il controllo dello Stato sulla finanza ecc.
    Ma uno dei nostri problemi è che non siamo tra questi. Ci troviamo incastrati nel contenitore chiamato Europa monetaria dove il coltello dalla parte del manico ce l’hanno la Bce, la Bundesbank, la Germania e “i mercati”. Da qui nasce l’imposizione della politica economica cosiddetta “virtuosa”, secondo un’unica prescrizione ripetuta già per Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna che ora tocca anche noi. La cura dell’austerità non funziona, anzi peggiora di brutto la recessione e anche il debito, ma niente da fare: nessun’apertura sulla Bce prestatore di ultima istanza o soluzioni simili.
    Io penso che finché non si intravede nessun alternativa sufficientemente forte per cambiare rotta (che per avere capacità contrattuali vere, dovrebbe riguardare almeno un’alleanza di Stati europei singolarmente messi alle strette), forse davvero Monti rappresenta il miglior esecutore di una politica indubbiamente imposta e nient’affatto di sinistra – uno che forse (forse) riesce a allontanarci dall’orlo del fallimento e a contrattare condizioni un po’ meno da strozzinaggio. L’alternativa probabile non è il default pilotato, ma il patatrac scomposto, cosa che- dicono anche gli economisti meno allineati – non sarebbe preferibile.
    Le alternative ci sono, però vanno costruite. Dal basso, con i movimenti, e anche nel campo dei partiti che dovrebbero chiarire al loro interno le posizioni incompatibili in materia economica e trarrne le conseguenze (come nei casi di matrimoni che non funzionano più), cosa che vale soprattutto per il Pd. Però non mi pare che ci sia una grande vitalità in atto.
    Credo che tra le diverse ragioni che rendono questo così difficile, ci sia anche il lascito pesante dell’ultimo ventennio che, in modi diversi, ha reso subalterno tutto ciò che non fosse l’ideologia dominante berlusconiana e leghista. Che mi sembra molto più pronta a tornare, spacciandosi per “vicina al popolo”, mentre – esattamente come il fascismo storico – è solo l’altra forma di difesa dell’interesse dei pochi e pochissimi, su scala più ridotta (nazionale, “padana”).
    In questo pezzo mi sono concentrata sulla questione del linguaggio, ossia su un aspetto culturale di un cambiamento che dovrebbe, secondo me, avvenire per non trovarci tra al massimo un anno con i soliti noti che si riprendono il paese, e dall’altro lato un exploit di Grillo (su cui vi invito a leggere il post e la discussione su Giap dei Wu Ming).
    Monti, aggiungo, gode – a oggi- di un consenso pubblico impressionante, pur con la politica che ha messo in atto.
    E per spiegarselo, secondo me, non basta rimandare al consenso creato intorno a lui dai media. Non funzionerebbe, se non ci fosse il fatto che i cittadini italiani non si fidano più dei politici mentre lui e i suoi sembrano gente seria e competente.
    E’ anche soprattutto per questa ragione che il suo linguaggio così tipico di un’elite piccolissima, risulta comprensibile e credibile.
    Quel che volevo dire è che il successo mediatico di Monti smentisce l’assunzione introietta che per “parlare alla gente” bisogna usare per forza un linguaggio e una retorica populista. Si può farlo anche in altri modi, come sapeva bene Gramsci. Sono quelli che invitavo a reinventarsi: perché una diversa egemonia culturale parte per forza dal linguaggio e dai suoi contenuti.

  11. “i cittadini italiani non si fidano più dei politici mentre lui e i suoi sembrano gente seria e competente.” Sono in gran parte d’accordo con questa analisi, Helena. Il discorso è complesso, e pure pericoloso da affrontare senza scadere in disamine da “antitaliano” dei poveri. Però la storia ci insegna che spesso i popoli sostengono i loro persecutori, per la propaganda, il populismo, la paura, il rancore. L’esempio certamente più eclatante è il nazismo, salito al potere coi soldi e l’appoggio dei grandi junkers desiderosi di riprendere il saccheggio del mondo dopo due guerre perdute, ma con un massiccio sostegno popolare perché la propaganda nazista era tutta all’insegna dell’anticapitalismo. Per tornare alle nostre storie italiane (e non solo italiane), mi ha colpito (e illuminato) un intervento di Paolo Mieli. Chiedeva al PD di fare “scelte coraggiose” e anche difficili, vale a dire sostegno incondizionato al governo Monti che sta applicando le direttive europee ecc ecc (ormai sono formule preconfezionate), e diceva: “il PD deve assumersi le sue responsabilità, anche scontentando alcune minoranze”. Ecco, questa storia delle minoranze è emblematica. C’è una volontà pesante di affermazione dei più forti, dei potenti, dei grandi (ribadito anche da Marchionne, che di questa tendenza è un generale comandante), mettendo in conto la distruzione delle “minoranze”, cioè la riduzione in miseria di intere fette di popolazione. Perché è questo che accadrà sul medio e lungo termine. I nuovi tracciamenti per contrastare l’evasione fiscale avranno come effetto immediato la chiusura dell’attività di tanti piccoli professionisti che lavorano poco (per esempio madri con figli piccoli o persone deboli), con creazione di nuova disoccupazione. L’aumento capillare delle tasse, dei piccoli prelievi, dei veri e propri furtarelli, la loro sommatoria farà transitare molte persone dalla semi-povertà alla miseria e dalla normalità benestante alla semi-povertà. Ma sembra di capire che l’hanno messo in conto, ne sono consapevoli, e il PD dovrebbe farsi attore protagonista di questo disegno (cosa che peraltro già sta facendo). Tutto questo per non fare una vera riforma del fisco, che preveda il carcere (vero, non finto) per i grandi evasori e una forma di contrattazione per i piccoli, oltre che la possibilità per i cittadini di scaricare certe spese (per esempio l’affitto). Il progetto è quello di una dittatura morbida dei nuovi junkers, un regime di multinazionali, di banche rapinatrici, di ricconi barricati in ville fortificate (e non è solo un’immagine romanzesca), di un mostruoso network che crea ipnosi e persuasione di massa. Ogni alternativa a questo sistema viene definita “non credibile”, se non ingenua, patetica ecc. Perché nulla è ritenuto possibile al di fuori dell’attuale status quo. Non spetta certamente a me elaborare un progetto di alternativa che si occupi della finanza, del lavoro, ma chi avrebbe idee e proposta non viene intervistato a doppia pagina un giorno sì e uno no. Mentre a commentare lo stile di Monti un giorno sì e uno sì vedo vicedirettori del Sole 24 ore, Corriere, Repubblica, dove la massima critica che gli viene rivolta è “fare di più”. Impoverire di più, rastrellare più risorse per “la crescita”, cioè crescere licenziando oltre tutti gli standard europei (in questo caso gli standard sui licenziamenti non vengono richiamati, guarda caso), togliendo tasse alle imprese, privatizzando tutto il servizio pubblico. Mentre l’alternativa è proprio l’opposto, meno Mercato, più servizio pubblico, meno profitti, tutte cose non credibili appunto, ingenue ecc.

    Comunque non è solo un progetto autoconsapevole e autocosciente. C’è una follia anche autodistruttiva nel capitalismo, un nichilismo criminale che non si ferma davanti a niente, compresa la distruzione del pianeta e quindi di se stesso.

    [P.S. trovo molto utile questa nuova soluzione che si possono modificare i propri commenti entro una decina di minuti, bravi!]

  12. L’adeguamento al consenso creato dai media credo sia diversa condizione dal tentativo di apprezzare qualcosa di buono nel nuovo subentrato. Esercizio che dovrebbe risultare facile, con alle spalle la devastazione di tre governi berlusconi. Eppure vedo che si continua a cannoneggiare pure chi sta cercando di salvare il paese Italia. Libero esercizio della critica. Perfetto. Personalmente, in maniera molto meno erudita, mi trovo d’accordo su numerose considerazione qui espresse. Però Monti era l’unica via d’uscita dal tunnel della crisi. E Napolitano sembra fosse l’unico ad essersene accorto. Chi poteva salire al posto suo? Nomi? Per le elezioni non c’erano i tempi. E anche se ci fossero stati, ne sarebbe uscito un governo molto debole, vincente probabilmente per un pugno di voti come quello di Prodi del 2006. Fantastico. Bersani a capo del governo, o un Prodi tirato per la giacchetta, o, meglio ancora, l’idilliaco quadro offerto da un berlusconi-quater o da uno schifani1. Non c’erano altre strade praticabili se non la figura di un economista stimato in Europa – in cui, volenti o nolenti, siamo dentro con tutte le scarpe – che facesse riguadagnare credibilità all’Italia, scesa sotto i tacchi del nano ciarlatano. La sinistra giogioneggia e si spezzetta, invece di guadagnare consensi (se non quelli persi dalla destra) e presentare programmi chiari sostenuti da candidati credibili.
    Famo, dimo, costruimo, parlàmone… Se non si infila la scheda dentro all’urna con un nome ben preciso da segnare, non cambierà mai nulla.

  13. Sono sostanzialmente d’accordo con Baldrus.
    Aggiungerei che questa offensiva giornalistica di appoggio a Monti avviene con modalità anche rabbiose, come per esempio in Scalfari (ma forse qui potrebbe iniziare a farsi sentire qualche neuropatologia senile). A me comunque sembra da disperati, da gente che non potrebbe formulare alcuna proposta davvero convincente, ed ormai non fa che ripetere la stessa giaculatoria. A me sembra proprio un atteggiamento da perdenti, e questo tuttavia dovrebbe preoccuparci perchè nessuno può fare più male di chi vede davanti a sè la fine dei propri privilegi o anche soltanto delle proprie prospettive ideali.
    Ciò che più preoccupa è il vuoto di altre prospettive, che non è tanto l’assenza di idee, quanto l’incapacità a coagulare una proposta credibile anche dal punto di vista organizzativo. Apparentemente, è difficile mettere assieme anche soltanto due persone su una prospettiva politica rivoluzionaria concreta.
    Quest’esigenza di coesione sembra fermarsi a una specifica iniziativa. Trovo molto significativo che in occasione di cosiddette iniziative unitarie si debba andare a leggere fino a cento differenti sigle: come dire, questa cosa la facciamo assieme, ma restiamo differenti e separati.

  14. .. anche dopo il Medio Evo una persona di rango poteva spogliarsi di fronte ad altri con una certa noncuranza, e con altrettanta noncuranza, esercitare in pubblico le funzioni corporali …

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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