Gli orsi trentini

di Giacomo Sartori

La più incazzata è la tipa delle asine

l’orso le ha fatto secche due asine

era molto affezionata

(la capisco

alla mia veneranda età

mi sono invaghito di una tigre

di peluche)

milita per il genocidio degli orsi

ha fomentato un comitato

i valligiani sono d’accordo

il partito xenofobo si è schierato

Certo che l’orso è un rompicapo

è un bestione maleducato

fracassa tutto

non sbocconcella con il mignolo in alto

tanto per cominciare squarta e massacra

poi grufola nelle interiora

è come se uno al ristorante

rovesciasse prima i tavoli

danzando sul carrello dei dolci

e sviscerando i camerieri

c’è un limite a tutto

Pure da mio zio è passato

ha sbrindellato cinque oche e sette galline

schiantando trenta metri di steccato

per fortuna non è entrato dai cavalli

mio zio però ronfava

ha sempre avuto sonni duretti

(secondo mia madre è anche lui un orso)

il giorno dopo si è attivato per i rimborsi

deplorando le scartoffie

I nostri orsi non sono cattivi

dicono gli esperti di orsi

però insomma non si sa mai

mamma orsa si potrebbe pur sempre innervosire

Gli xenofobi reputano l’orso buono

sotto tendoni di plastica

proponevano spezzatino di orso

e proprio qui spunta la pusillanimità

se avessero le cosiddette palle

sarebbe stato orso allo spiedo

o testicoli d’orso impannati

o al limite spezzatino di tunisino

Adesso sono gli asini

la prossima volta saranno i nostri bambini

vociavano i manifestanti antiorso

Anche per le auto è diventato pericoloso

uno non può nemmeno rientrare la sera

dopo aver bevuto un bicchierino

che cozza contro un orso

anche questo succede

come se non avessimo già abbastanza fastidi

con la crisi e i clandestini

abbiamo cercato di rianimarlo ma non c’era niente da fare

era bellissimo

ha dichiarato l’anziano conducente

lui non ce l’aveva con l’orso

nonostante il mezzo distrutto

nella mia vita ho fatto due milioni di chilometri

ripeteva

si sentiva in colpa

(la tizia delle asine avrebbe disapprovato)

trattandosi solo di un orso

nessuno gli ha fatto il test dell’alcol

Bisognerebbe educarli al bavaglino

come nei cartoni animati

a inchinarsi quando ti incontrano

a rizzarsi sulle zampe per gioco

(qualcuno ricorda i tiri a segno?)

a attraversare sulle strisce

evitando l’autostrada

dal punto di vista etologico è concepibile

un tempo non c’era fiera di paese

senza orso che ballava e si impennava

proponiamo corsi per ammaestratori di orsi

cofinanziati dall’Unione Europea

Un altro orso è schiattato di overdose

gli hanno sparato una siringa di sonnifero

per infilargli il radiocollare

hai un bell’essere un orso

un’overdose è un’overdose

per il veterinario il dosaggio era appropriato

anzi un po’ meno

ma è un po’ difficile credergli

prova tu a stimare il peso di un orso in piena notte

o forse l’orso era allergico

aveva proustiane crisi di asma

ormai siamo tutti postmoderni

a far bene ci vorrebbe l’anestesista

prima di sparare il sonnifero

Per il presidente della Provincia Autonoma

va dimezzato il numero di capi

questa a casa mia si chiama ecatombe

con il suo capoccione da plantigrado insiste

gli orsi non votano

i rustici idrofobi però sì

e quindi in un certo senso

è come se gli orsi votassero

ci va di mezzo la maggioranza

il ragionamento politico non fa una grinza

Anche mio padre era un orso

secondo mia madre

proprio come mio zio

quello delle cinque oche sbrindellate

come del resto gli altri due fratelli

e tutti gli abitanti della regione

è cosa risaputa

e anche se si ignorasse

salterebbe presto agli occhi

uno entra in una panetteria

e dietro il bancone trova un orso

con bramiti e silenzi di orso

idem per i caffè e i negozi

non parliamo poi dei passanti

siamo una terra di orsi

in questo frangente va rammentato

(pure la donna delle asine ha un marito orso?)

Certo gli orsi calamitano i turisti

le stelle alpine non estasiano più nessuno

sporulano dentro libri desueti

il miglior logo è ormai l’orsetto

(ridonda il master di marketing)

l’orso invero mette anche pippa al culo

il turista medio caracolla con passi flatulenti

e incoccia in un orso bruno

come minimo gli viene un coccolone

hai voglia sguainare lo stuzzicadenti

è un equilibrio instabile

da una parte ci sono i soldi

e dall’altra altri soldi

Raccontare la storia dell’orso

significa farla lunga

o distrarre dall’essenziale

parlare insomma come nei posti senza orsi

poniamo a Caserta o in Marocco

in fondo io stesso racconto la storia dell’orso

ai miei conterranei orsi

sotto la scorza cosmopolita

a ben vedere sono anch’io un orso

(questo testo, che si inserisce in un dibattito autoctono sul tema orso sì – orso no, non ha naturalmente nessuna velleità poetica, è solo venuto così)

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17 Commenti

  1. Ecco, ma prendere in considerazione l’idea di appendere la penna al chiodo? Mica è obbligatorio scrivere e, ancor più, poetare…

    • Laserta, neanche commentare i testi che non ti sono piaciuti in modo inutilmente aggressivo è obbligatorio.
      Dare per scontato che quello che non piace a te non abbia alcun valore mi sembra arrogante: questo genere di assolutismo non è segno di grande intelligenza.

      • Gentile Ramonda, mi spiace aver dato ques’impressione. Anzi, volevo metterla un po’ sul ridere (a seguire, scambio di battute con Sartori)
        Ma a volte mi dà fastidio la noncuranza con cui si scrive e si pubblica per il semplice fatto che si deve scrivere e pubblicare. Non tutto deve restare, non tutto deve per forza “emergere”. Ci sono spesso, su Nazione Indiana, testi davvero imbarazzanti per approssimazione e faciloneria. (Inframmezzati, tengo a precisare, a testi di assoluto rilievo e interventi davvero pregevoli). Neanche il plauso incondizionato a qualunque cosa si pubblichi qui è un buon servizio alla causa della testata e degli autori che vi scrivono. Questo testo di Sartori, come tanti altri suoi, è semplicemente sciatto e mediocre. Ma questa è soltanto la mia modesta e ininfluente opinione, per nulla livorosa. A presto

        • Caro Laserta, continuo a darti del tu, un po’ per coerenza, un po’ perché trovo il lei inappropriato ad un blog, soprattutto se rivolto ad una persona che non si firma per esteso.
          Frequento NI molto spesso e sinceramente non riscontro una particolare tendenza al plauso incondizionato. Probabilmente gli apprezzamenti a testi che non sono di tuo gradimento ti suonano automaticamente incondizionati.
          Ho notato il tuo tentativo di metterla sul ridere, con risultati non propriamente esilaranti, a dire il vero. Riconosco che il tono del tuo commento di oggi è più pacato (anche se ugualmente non relativista) ma continuo a pensare che la tua posizione sia eccessiva.
          Saluti.

          • e allora, passando al tuo, diciamo che possiamo trovarci in sereno disaccordo sul punto. non mi sembra la fine del mondo. ciao, alla prossima.

  2. grazie del consiglio: provo a vedere se sui muri che ho attorno c’è qualche chiodo; ma deve essere robustino, perchè in realtà scrivo con un computer, e nemmeno tanto portatile!

    • ti ringrazio per la disponibilità, ma nella mia cosiddetta attività letteraria ho sempre perseguito una mia incapponita originalità, non potrei mai affidarmi a un elemento seriale Ikea, per conchiuderla; detto questo lo scritto non ha intenti poetici, come specificato alla fine: voleva solo essere asciutto, e sfuggire a certe trappole retoriche

  3. Prima di tutto: grazie Giacomo. Ché l’orso in sé sia orso né buono né cattivo né umano (ma animale sì, come l’uomo) – è una di quelle cose semplicissime che molti umani si ostinano a non voler proprio capire. Sant’Agostino lo disprezzava, poiché l’animale più simile all’uomo – capace di stare in piedi, di usare le zampe anteriori come “mani”. Cosa poteva esserci di più diabolico? La cristianità ha tentato di rimuoverlo, portandoci il leone (a noi…), eppure la nostra letteratura è tutta un pullulare di orsi più o meno travestiti, di “lupi delle api”, come il Beowulf inglese. E via e via, ne sono così ossessionata e affascinata che ne parlerei per giorni, ma alla fine è l’assunto di Herzog in Grizzly Man che conta: non c’è alcun sentimento comprensibile in quegli occhi – c’è l’orso, c’è l’altro. Ciò con cui è più difficile fare i conti (e mi pare che tu lo dica piuttosto bene). E una volta è un orso, e una volta un nordafricano e una volta una donna e alla fine “tu”, l’animale più simile all’orso.

  4. (scusate il ché accentato che non c’entra un tubo)

    e poi a certa gente, che forse la “morale” ancora la capisce, magari far leggere quel racconto incredibile sugli orsi di Salamov, non sarebbe male.

  5. Quelli che fanno ironia sulla signora affezzionata ai suoi asini sbranati dai orsi si rileggano “Platero y yo”.

    Suggerisco poi a uscire dalla visione della natura-presepio, in cui perché ci devono essere per forza un toto di esponenti di ogni specie animale che vivono in commossa e delicata armonia. Mi potrò sbagliare, ma non mi pare che gli orsi fossero parte della fauna trentina dei secoli passati, per cui la loro introduzione può piacere agli amanti della natura presepio, ma non ha nulla a che fare con un ecosistema che ha trovato o che sta cercando un suo equilibrio

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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