Crisi sulle terre infinite #1 : TFA o della lunga attesa: Lettera al Rettore dell’Università degli Studi di Palermo

 

Quanti universi paralleli esistono! Leggermente uguali, leggermente diversi. Quanti mondi contemporanei, in cui ogni cosa è forse, per caso, un po’ se stessa, un poco altro, si ripete oppure no, ma in modo sempre vagamente differente. Eccoli qui, precipitati insieme su questa piatta terra. Come raccontarli? Partendo forse dal loro nome? Partendo da “Ministero della Pubblica Istruzione”, in parte divenuto “Ministero dell’Università e della Ricerca”, ritornato “Ministero della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca”, divenuto “Ministero della [non più Pubblica] Istruzione, Università e Ricerca”, ri-scorporato in “Ministero della [di nuovo] Pubblica Istruzione”, ri-trasformato in “Mistero dell’Istruzione, Università e Ricerca” ad oggi detto MIUR? Ah, proliferazione di nomi! Se il rito del battesimo consiste nel nominare la neonata per conferirle identità ed appropriarla ad una comunità genealogica, circoscriverla nei confini di un richiamo certo, tutti questi nomi sono dunque il segno di una lotta di potere per impossessarsi della creatura? O forse, forse – orrore, orrore – celano la segreta volontà che la bambina resti non-nominabile, e quindi nebulosa, inappellabile e fondamentalmente irrita? (Eh già. Mi è venuto anche questo sospetto.) Insomma, “riformare” scuola/università/ricerca è stato accaparrarle ad uno o all’altro interesse oppure semplicemente smontarle?
È da tanto che penso a come raccontare questo multiverso, ma è troppo, è troppo. Fossi un narratore di grandi affreschi storici, che so, un Vasilij Grossman, ma, diamine, basta anche un Ken Follett, riuscirei a picchiettare abbastanza veloce e lucida sui tasti e raccontare la folle caduta libera contemporanea di graduatorie, concorsi, abilitazioni, valutazioni, test, corsi, mediane, commissari, tirocini… Oggi sono in atto: 1) una grande abilitazione scientifica nazionale all’ordinariato e all’associatura nelle università; 2) un grande concorso a cattedra per le scuole superiori e inferiori; 3) una grande selezione per i nuovi corsi abilitanti all’insegnamento nella scuola. Ah: 4) una grande fuga di ricercatori (non tanto all’estero, quanto ad altri mestieri).
Come può un solo individuo dirvi tutto questo? Dovrei cominciare dalle mal-fatte selezioni di questa estate per i tirocini abilitanti (i famigerati TFA)? Lì dove si è scoperto che Dino Buzzati ha scritto un racconto intitolato “Qualcosa era accaduto”. No, era Luigi Pirandello. No, Vitaliano Brancati. No, Luigi Malerba. No, nessuno. Anzi, tutti. Che la metropolitana di Londra è stata aperta nel 1863, nel 1884, nel 1895, nel 1901 – no, scusate, vale tutto ma solo per la London UnderGOUND. Che Lotte è “trasfigurata in un essere angelicato” ma non “costituisce uno degli aspetti fondamentali del mondo di Werther”. Oppure sì? Famo sì, dai.
O dovrei cominciare dalle ultime notizie sull’estrazione dei commissari per le commissioni che valuteranno le domande degli aspiranti professori universitari? Pare che l’imparziale, neutralissimo algoritmo, studiato per evitare brogli e doli e furbetti e pressioni e le solite chiesuole, algoritmo voluto per sorteggiare tra i candidati commissari, sia bacato. Decine e decine di commissioni dovevano formarsi in contemporanea, e invece ne conosciamo appena tre. La scadenza per le domande è oggi, tra tre ore. La scadenza per le valutazioni febbraio 2013. Delle commissioni nulla si sa. Che si fa?
O dovrei dire delle 321.210 persone che hanno fatto domanda per gli undicimila posti per l’insegnamento nella scuola nei prossimi 3 anni? Spalmati su varie regioni e su vari ambiti, da elettronica a a matematica a topografia al sostegno, sono quasi tutte donne, di quarantanni, del sud. Dovrei chiedermi chissà com’è?
Continuo a leggere, raccolgo appunti e testimonianze. Riesco solo a mettere insieme pezzi di mondo che muoiono dopo un momento. Non sono un romanziere, accidenti. Mi viene solo da registrare certe parole astratte come “paura” o “rancore” o “umiliazione”. Provo a cominciare da queste, allora, da quest’ultima. Arrivata insieme a una lettera :

 

 

Al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Palermo
Prof. Roberto Lagalla

Al Delegato del Rettore per la Didattica
Prof. Vito Ferro

All’Amplissimo Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia
Prof. Mario Giacomarra

Al corpo docente della Facoltà di Lettere e Filosofia

Ai colleghi

Vorremmo portare alla vostra attenzione la situazione attuale che riguarda le procedure di accesso al TFA di questo Ateneo, e in particolare quella che interessa la classe A051 (materie letterarie e latino nei licei e nell’istituto magistrale).
Il secondo esame scritto per questa classe – prova di lingua latina e di letteratura italiana – è stato svolto il 5 ottobre; i candidati erano 53. Com’è noto, si è arrivati a questa seconda fase dopo un test nazionale odioso e ottuso nella sua concezione e nella sua formulazione, prova che ha sollevato indignazione da molti fronti dell’accademia e dall’unanimità dei concorrenti, e una necessaria e tardiva revisione da parte del Ministero dei risultati della prova stessa. Già in questa fase – esprimendo una posizione personale, ma che crediamo condivisa dalla totalità dei partecipanti al test – abbiamo vissuto sulla nostra pelle il totale disprezzo nei nostri confronti da parte degli estensori di quelle prove d’esame, e la loro lontananza dall’idea di intelligenza, onestà intellettuale, concetto di preparazione universitaria, insegnamento scolastico e selezione.
La seconda prova scritta, che ci illudevamo in controtendenza rispetto a modalità ministeriali vessatorie, è stata contestabile sotto diversi aspetti, e ha consolidato in noi l’idea di un totale scollamento tra il mondo accademico e la realtà della società in cui viviamo e in cui – da aspiranti insegnanti – vorremmo lavorare. Di nuovo, abbiamo provato su noi stessi un’incapacità (o un dolo) da parte del corpo accademico nell’affrontare, anche intellettualmente, l’organizzazione di un sistema – il TFA e le sue prove di accesso – che già di per sé rappresenta l’ennesima illusione ammannita a due generazioni di studenti di questo ateneo e di questo Paese.
Il motivo che ci spinge a scrivere questa lettera, tuttavia, è l’estenuante ritardo nella pubblicazione dei risultati di questa classe di concorso, ritardo che – come facilmente si immagina – compromette non solo una qualsivoglia serena preparazione ad un orale (tutt’ora al buio), ma che riteniamo offensivo nei confronti di tutti i partecipanti al concorso. Ad oggi, 19 novembre, sono passati 45 giorni dallo svolgimento del test. I compiti da correggere 53, e formulati secondo criteri decisi dalla stessa commissione, anche riguardo alla loro lunghezza e alla difficoltà di correzione. Può risultare fastidioso entrare nel merito dei tempi di correzione di altre persone, con altre incombenze professionali: tuttavia anche noi partecipanti al concorso abbiamo una dignità e una vita.
L’esame orale è stato programmato a partire dal 13 dicembre, lasciando dunque ben poco tempo, seppure arrivasse oggi stesso la pubblicazione delle graduatorie, per la preparazione (per la quale non è neppure stato indicato un programma di massima). In altre università le procedure concorsuali sono già terminate, da settimane.
Nessuna comunicazione ufficiale né alcuna indicazione sulle procedure o sulle fasi di elaborazione dei risultati è stata data. Speravamo venisse smentito, da docenti con cui ci siamo formati, che hanno avuto la possibilità di calibrare le prove di accesso nel migliore dei modi, l’arbitrio che un’intera generazione di professori universitari e professionisti ha esercitato nei nostri confronti: lo abbiamo invece visto rinnovato. Hanno reso perfino peggiore l’esperienza di un TFA che sappiamo tutti lungi dall’essere una soluzione per il mondo della formazione e per gli aspiranti docenti.
Se solo non fosse ormai un’espressione abusata e rispetto alla quale le orecchie sono ormai desensibilizzate, diremmo che siamo indignati del trattamento subìto. In realtà, forse, ci state togliendo perfino le forze e l’animo per indignarci.

Distinti saluti,

Stefano Nicosia
Luciano Mazziotta

 

[apparsa ieri su poetarumsilva.wordpress.com]

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2 Commenti

  1. Un processo che, a parer mio, inizia il suo lento ed asfissiante corso appena si è usciti dal Liceo e subito si mette piede in questa Facoltà. Che di Lettere e Filosofia, forse, detiene solo la teoria.

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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