Extraterrestrial activity #3: Oscurità

solar-darkness-8 copertina di reflector 2012 rivista di astrofotografia

Lord Byron*

Ebbi un sogno, che non fu per nulla un sogno.
Il sole in fiamme s’era estinto e le stelle,
smarrite nella notte, erravano nello spazio eterno,
senza luce, senza scopo e il mondo al gelo
ciondolava cieco, si faceva nero, senza luna l’aria;
venne l’alba e poi si spense – giunse senza il giorno,
e nel terrore della sua desolazione fu per gli uomini
l’oblio delle passioni, ed ogni cuore
andava freddo, egoico supplicando per la luce:
vivevano essi presso il fuoco, e tutti i troni
i palazzi dei monarchi incoronati, e le capanne,
e tutti i luoghi dove siedono le cose tutto
fu bruciato per far luce, arse la metropoli
e attorno a case in fiamme gli uomini venivano
per fissarsi ancora in volto;
contenti solo quelli che sedevano negli occhi
dei vulcani, in quella fiaccola di monti:
al mondo solo un terribile miraggio era concesso.
Interi boschi messi a fuoco e un’ora dopo l’altra
cadevano e svanivano – i tronchi crepe ardenti
scomparsi in uno schianto – nero il tutto.
Il volto d’ogni uomo nella luce disperata
aveva addosso un lucore disumano, quando a tratti
le fiammate lo sferzavano di colpo; alcuni a terra
ad occhi chiusi scoppiavano in un pianto, altri, con il capo
a poggiare sulle mani chiuse a pugno, ridacchiavano;
ed altri avanti e indietro senza pace alimentando
il proprio rogo col carbone, fissavano
inquieti folli il cielo soffocato, manto
mortuario di un mondo che non era più, e poi ancora
bestemmiando calavano la faccia sopra il fango,
e a denti digrignati proruppero in un grido: urlando
e colmi di terrore i volatili selvatici si schiantavano
invano battevano le ali, mostri orrendi
divennero scialbi e tremolanti, le vipere strisciando
s’intrecciavano copiose sibilando senza più veleno
– vennero immolate come cibo.

neptune-from-voyager-9

E la Guerra, che fu assente appena un attimo,
di nuovo fu saziata nell’eccesso: il pasto conquistato
con il sangue, e ognuno sedeva pallido in disparte
e mangiando nel dolore: svanì tutto l’amore;
il mondo intero era un unico pensiero – ed era morte.
Immediata e senza gloria; le fitte della fame
si nutrivano di organi e budelli – morivano
gli uomini, le ossa all’aria senza tomba e le carni;
gli scarni divorati dagli scarni e pure i cani
assalivano i padroni, tutti eccetto uno
fedele a un corpo morto e suo custode
contro uccelli e bestie e uomini affamati
finché questi perirono essiccati e ai quasi morti
cedettero le bocche lasche;
ma questo cane per sé non sentiva la fame.
E perpetuo e pietoso il suo latrato,
con un pianto a singulti e desolato, leccando la mano
che mai rispose con un’altra carezza, esso morì.
E lentamente per la fame la gente perì tutta, eccetto due
in un’enorme città che non persero la vita
ed erano avversari, presso i bracieri
morenti di un altare si incontrarono dove
ammassati sacri oggetti stavano pronti
per usi scellerati; e accesero il fuoco
tutti tremanti, con le mani fredde ischeletrite
sfregarono esauste quelle braci, ed esausto il loro fiato
soffiò per briciole di vita, proruppe in una fiamma
ch’era beffa, e alzato poi lo sguardo
come quasi andasse meglio questi si scorsero
nel volto – si videro e gridarono e caddero morti –
morti certo pure per disgusto di se stessi,
senza poi sapere mai su quale volto
la Fame avesse scritto l’Altro. Il mondo era deserto,
il potente e il popoloso erano un grumo
privo di stagioni, senza l’erba, senza boschi né uomini né vita –
una gleba di morte – caos di argilla dura.
I fiumi, gli oceani, i laghi tutti senza moto
e niente sussurrava nelle acque mute dell’abisso
navi senza ciurma marcivano sui mari,
gli alberi cadevano in frantumi, e spezzati ch’erano
dormivano profondi senza flutto –
morte erano le onde, le maree sepolte nelle tombe,
la luna, donna loro, era spirata prima
i venti silenziosi all’aria stagna,
scomparvero le nubi – L’oscurità non disturbava
cosa alcuna – Essa era l’universo.

 

 

asteroid-and-moon-9 ida e dactyl visti da galileo

 

*traduzione di Simone Maria Bonin

 

Qui il testo in lingua originale

 

Le immagini sono, rispettivamente, un particolare del sole dalla copertina di Reflector (December 2012), rivista di fotografia astronomica, Nettuno visto dal Voyager 9, una fotografia di Ida e Dattilo (un asteroide e la sua piccola luna) scattata dalla sonda Galileo. Tutte da skyimagelab.com.

 

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renata morresi
renata morresi
Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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