Pressioni

shulman-stahl-house

di Luca Minola

*
Le acque migliorano di molto
se chiamo o se resisti al telefono.
Per fissazione, l’inascoltato
si regge su elementi di musica.
La materia macchia, esce, avvolge il giorno.
Non c’è nessuna energia nelle ostilità:
i pomeriggi sono pieni di apparizioni,
polveri sottili.

Impercettibili aquiloni segnano il caldo,
i numeri imprecisati di un contatto.
Si segnalano con l’amore delle massime.

 

 

 

 

*

Vorrei riferirti le cose:
il punto, le soluzioni, l’apertura improvvisa
dopo la strada maestra e quanti sono e fingono di essere.
Quanti vorrebbero segnarsi i modi:
chi si aggiusta l’abito, chi tace silenzioso
con il suo coltello, chi rantola,
chi preme.

 

 

 

 

*

Sarei il sogno a te presente,
l’azzurro spinto al massimo
e saprei che l’anima è cercata.
 

 

 

 

*

Gli stili ci precedono, temuti e assenti.
I solidi della notte, così spenti e ritirati si espandono
pronunciano i loro nomi.
Ogni cosa si confonde, questi palazzi interni e verticali
dove non c’è borsa e i traguardi collidono
e niente è attuale tranne le superfici,
i registri materializzati.

Spingi le precisazioni, la ricerca non tace più
l’ossigeno si alza dalle vie, riempie le ossa.
Si perlustrano le strade, i grandi dormitori.

Segui la traccia, la reliquia parla…
 

 

 

 

*

Ascolta, le radio muovono il vuoto
e l’immagine si è estesa.
Piccole luci entrano dalle vetrate,
la fonte in un giorno di pioggia.
Scarti il latte, la cucina si riempie di idee.
Parli delle sedi avanzate dove saremo esempi,
visitatori costanti e ombre per un futuro di volti.
 

 

 

 

*

L’attesa della casa.
Nessun varco, nessuna nebbia
se non il tuo seguire
un armonioso e strisciato buio.

 

 

 

 

*

Dopo non serve più nessun classico,
nessuno che misuri la notte in metri,
che riceva rassicurazioni, facili progetti.
Con i venti a intermittenza sui lati
e la schiuma della pioggia che scende
come quel caldo blu che sprigiona la notte.
Nemmeno queste bucce d’arancia
riassorbite dal tavolo servono
questa natura morta che riporta il rito,
l’azione che si stempera contro le finestre
in brevi flussi e immagini a campione.

Tutto visto e riportato, quanto basta
per smussare con precisione i marmi
e rendere cartelle e protocolli inutili.
Come se il reale fosse questo stonare di dita,
il movimento, le azioni disciplinate:
l’apertura di un corpo e il suo molle riposo.
 

 

 

 

*

Vuoi dire la luce che avanza.
Segna qualcosa di intravisto: l’ipotesi di altri giorni.
Resterai fuori. I ritmi di sottofondo si aprono.
Ogni cosa spinge con la voce attuale.

Gli alberi si placano nel loro impero,
una seconda notte.

Sparisce ancora per poco un tempo.

 

 

 

 
*
[Nell’immagine: la Stahl House di Pierre Koenig fotografata da Julius Shulman nel 1960]

 

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

ESISTE LA RICERCA

Sabato 18 marzo, al Teatro Litta di Milano, un evento a cura di Antonio Syxty, Marco Giovenale e Michele Zaffarano. Per un confronto sulle scritture di ricerca, la scrittura complessa e la postpoesia, nel contesto della poesia italiana recente, e domande e ipotesi improvvise su linee di ricerca letteraria.

Linee spezzate: Gleize e De Angelis

di Daniele Barbieri Di fronte alla monumentalità crepuscolare di De Angelis (di questo De Angelis), che certamente spinge alla fascinazione adorante, alla posa, l'esortazione al levare di Gleize appare liberatoria. Tuttavia, passato il primo entusiasmo, qualcosa che non quadra appare anche qui.

La poesia non dice niente

di Daniele Barbieri
Cosa ci importa in fondo di cosa dice la poesia? Non che sia irrilevante, ma non dobbiamo commettere l’errore di valutare quello che dice la poesia come valutiamo quello che dice la prosa. La musica non dice nulla, ma noi amiamo la musica.

“Arle-chino. Traduttore-traditore di due padroni”

di Silvia De March
Più di un anno fa, “Cuore di seta” ha conquistato con immediatezza uno spazio nel mio cuore e nella mia libreria e ad esso sono molto grata: si tratta dell’autobiografia di un uomo cinese, mio coetaneo, arrivato clandestinamente in Italia...

Silenzio e bombe: quattro saggi dall’Ucraina in tempo di guerra

di Ilya Kaminsky, Ludmila Khersonsky, Zarina Zabrisky, Elena Andreychykova Una città in cui la gente continua ad andare all'opera, alle letture di poesie, nonostante i colpi d’artiglieria; in cui uno zoo ha riaperto da poco e un numero enorme di persone fa la coda per isolati per poter entrare e salutare gli animali. Il giorno della riapertura, una mucca ha partorito davanti alla folla. Il piccolo l’hanno chiamato Javelin, come l’arma anticarro portatile.

Autodafé nell’acqua: su Dovunque acqua sia voce di Domenico Brancale

«Ih-Oh» dice l’asino che non sa dire “io”, se non a suo modo «Ih-Oh, Ih-Oh e io non voglio più essere Ih-Oh, non voglio più l’essere»
renata morresi
Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
Print Friendly, PDF & Email
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: