Un’iniziativa e un manifesto per Riace

Si definiscono lavoratori della cultura.
Hanno scritto e firmato un Manifesto e sabato 17 e domenica 18 novembre si troveranno a Riace per vedere, capire e comprendere ciò che sta succedendo.

Manifesto:
La comunità dell’arte in Italia si schiera con Riace, simbolo di un’esperienza concreta di convivenza tra i popoli e di una comprensione, altrettanto concreta, della complessità del tempo che viviamo.

Tutti noi ci chiediamo cosa sia accaduto a quella cultura dell’inclusione e della convivenza che dal secondo dopoguerra per decenni abbiamo costruito tra molte difficoltà e contraddizioni, e con stupore scopriamo che alla fine del secondo decennio del nuovo millennio è diventato importante, anzi necessario, dichiararsi contro il razzismo, contro un’idea di nazione che si concentra sulla difesa dei propri confini fisici e culturali, ma anche per la difesa dei lavoratori e delle volontà delle comunità locali sempre più assoggettate alle regole di un’economia finanziaria globale.La risposta che ci diamo è che tutto ciò è il risultato della sottovalutazione colpevole, da parte di tutti noi, di quel processo di semplificazione e d’involuzione che la politica, quella che governa le nostre comunità, ha attuato negli ultimi venticinque, trent’anni.
Un processo che oggi raggiunge il suo compimento con l’attuazione di una strategia della confusione dietro la quale è perpetrato l’inganno.

Il nostro schierarci con Riace è dunque un’opposizione finalmente concreta ad una pratica politica che come intellettuali e artisti non possiamo più accettare. È la dichiarazione di un risveglio collettivo della cultura italiana che pretende una centralità nella vita delle nostre comunità, e che intende impegnarsi in prima persona su questo fronte.

Riace è per noi solo il primo passo, il riconoscimento della forza di un simbolo che non riguarda solo la possibilità di una vera inclusione, ma che pertiene alla possibilità concreta di una crescita delle comunità su valori ed elementi che, prima e dopo il loro essere azione politica, sono consistenza culturale.

⊗⊗⊗

Hanno firmato finora moltissimi lavoratori della cultura, fra cui:

Ilaria Abbiento, artista; Peppe Allegri, ricercatore indipendente; Mariano Bàino, scrittore; Raffaella Battaglini, scrittrice; Elena Bellantoni, artista visiva; Cecilia Bello Minciacchi; Angelo Bellobono, pittore e sportivo; Maria Bonmassar, ufficio stampa; Alessandro Bosco; Alessandro Bulgini, artista; Buffoni Franco; Maria Grazia Calandrone, poetessa; Christian Caliandro, critico d’arte; Cecilia Canziani, curatrice; Adele Cappelli; Benedetta Carpi De Resmini, curatrice e critica d’arte; Cecilia Casorati; Monica Centanni, grecista; Anna Cestelli Guidi, curatrice; Andrea Cortellessa; Mirta d’Argenzio; Elisa Davoglio, poeta; Giovanni De Angelis, artista; Elio De Capitani; Silvia De Laude, saggista e traduttrice; Iginio De Luca, artista; Fernanda De Maio, architetto e docente universitario; Francesco Demitry; Tommaso Di Francesco; Francesco D’Incecco, artista; Riccardo Donati, docente critico e saggista; Davide Dormino, artista; Flavio Favelli, artista; Luciano Ferrara, fotografo; Umberto Fiori; Michele Arcangelo Firinu; Elena Fossà, docente; Davide Franceschini, fotografo; Gabriele Frasca, scrittore; Giovanna Frene, poeta; Anna Fressola; Lorenza Fruci; Pietro Gaglianò, critico d’arte; Carmen Gallo; Daniele Garritano, ricercatore; Raffaele Gavarro, critico e curatore; Dario Gentili, docente e filosofo; Silvia Giambrone, artista; Marco Giovenale; Viviana Gravano; Giulia Grechi, antropologa; Abel Herrero; Andrea Inglese; Helena Janeczek, Sophie Jankélévitch; Monica Jennifer, artista; Rosa Jijon, artista; Francesco Jodice, artista; Stefano Jossa, saggista e docente; Carlo Laurenti; Laura Leuzzi, ricercatrice e curatrice; Giuliano Lombardo, artista; Lucrezia Longobardi, curatrice e critica; Cecilia Luci, artista; Mauro Magni, artista; Domenico Antonio Mancini, artista; Elisabetta Marangon, fotografa; Nicolas Martino, filosofo; Francesco Martone; Barbara Martusciello, storico e critico d’arte; Giulio Marzaioli, autore; Giorgio Mascitelli, scrittore; Sandro Mele, artista; Costanza Meli, curatrice; Simona Menicocci; Paolo Morelli, scrittore; Muta Imago, compagnia teatrale; Peppe Nanni; Santa Nastro, critico d’arte; Ivan Novelli; Vincenzo Ostuni, poeta e editor; Giuseppe Palmisano, artista; Enrico Parisio, graphic designer; Simona Pavoni, artista; Maria Concetta Petrollo, scrittrice; Claudio Libero Pisano, curatore; Adriana Polveroni; Gioacchino Pontrelli, artista; Floriana Rigo, artista; Filippo Riniolo, artista; Lidia Riviello, poeta e autrice radiotelevisiva; Bruno Roberti, critico e docente; Franca Rovigatti, scrittrice e artista visiva; Carlo Rossetti; Anna Ruchat, traduttrice e scrittrice; Giuseppe A. Samonà; Jennifer Scappettone; Ivan Schiavone; Beppe Sebaste, scrittore; Camilla Seibezzi; Sparajurij, scrittore; Giuseppe Stampone, artista; Carola Susani, scrittrice; Enrico Terrinoni, traduttore e docente; Fabio Teti; Eugenio Tibaldi, artista; Antonello Tolve, teorico e critico; Gian Maria Tosatti, artista; Daniela Trincia, giornalista; Marco Trulli curatore e presidente ARCI Lazio; Viviana Vacca, filosofa; Sabrina Vedovotto; Sara Ventroni, poeta; Michele Zaffarano, scrittore; Gabriel Zagni, artista

Per informazioni e per sottoscrivere il Manifesto: artistiperriace@gmail.com

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Foto scattata durante la manifestazione contro il Decreto Sicurezza del 10 novembre a Roma.

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7 Commenti

  1. Riace non può essere “esperienza concreta di convivenza tra i popoli”, perché si tratta di una piccola realtà, altra cosa è una nazione, un paese intero, e le sue politiche in materia di immigrazione.

    Il razzismo è pericoloso solo quando da inclinazione personale si converte in una cristallizzazione istituzionale: nell’ordinamento italiano non c’è nessuna legge razzista, la nostra costituzione protegge le minoranze, di qualsiasi natura (linguistica, religiosa ecc.); nondimeno, al cittadino deve essere riservato un occhio di riguardo.

    Le “regole di un’economia finanziaria globale” puoi avversarle solo con uno Stato degno di questo nome, ossia uno Stato che può liberamente scegliere: 1) politica economica; 2) politica monetaria; 3) politica fiscale; e 4) politica immigratoria. Tutte libertà di cui lo Stato italiano può disporre solo in misura molto limitata, dati i vincoli economici e politici che ci legano alla Ue e al suo funzionamento. Diversamente avranno la meglio le “regole di un’economia finanziaria globale”, che regole non solo ma solo dispiegamento di bruta forza economica in uno spazio anomico.

    La raccolta di firme dei cosiddetti “lavoratori della conoscenza” serve solo a mo’ di cosmesi, una sorta di belletto morale per nascondere i bubboni della loro pigrizia intellettuale: non ve ne frega un cazzo di capire le cose, per voi è di assoluta urgenza atteggiarvi a giusti, additare gli stolti (a cui non concedete nemmeno la dignità di essere umani), per poi passare alla prossima cazzata.

  2. “Riace non può essere “esperienza concreta di convivenza tra i popoli”, perché si tratta di una piccola realtà, altra cosa è una nazione, un paese intero, e le sue politiche in materia di immigrazione.”

    Riace è un’esperienza locale, ma un’esperienza per nulla straordinaria, nel senso che non ci sono voluti superuomini né supermezzi per realizzarla. Rovescia semplicemente il pregiudizio dell’immigrazione come sciagura, e mostra che in un dato contesto anche un’immigrazione non scelta puo’ essere salvifica per un intero territorio, e lo puo’ essere senza poggiarsi esclusivamente su di una logica assistenziale né su una logica di bieco sfruttamento. Lo stesso Lucano ha ripetuto che non ha tanto senso parlare di Riace come un modello, in quanto il termine implicherebbe una sua applicazione rigida e identica, laddove la questione dell’integrazione virtuosa puo’ realizzarsi in modi diversi dentro realtà diverse.

    “Il razzismo è pericoloso solo quando da inclinazione personale si converte in una cristallizzazione istituzionale.” Già, come se per miracolo si saltasse dall’inclinazione personale alla cristallizzazione istituzionale! Se cosi fosse, potremmo davvero starcene tutti tranquilli, pregando eventualmente che non avvenga un giorno questo imponderabile e funesto salto. Fortunatamente le cose non funzionano cosi. Tra l’inclinazione personale e la cristallizzazione istituzionale c’è la formazione del senso comune. Ed è su questo che c’è contesa.

    Per ora… a.

  3. Le affermazioni superficiali che hai seminato nel tuo commento Lombardini fanno pensare che, oltre ai casi di pigrizia intellettuale, ci sono quelli di limitazioni intellettuali.

  4. Io sono andato al punto delle cose, e a me si dice d’essere superficiale, di essere scemo. Tu non sai un nulla e non te ne frega nulla di sapere, è qui il problema. Qui non si tratta più di destra e di sinistra, né di una questione etica o morale, ma la consumazione del decadimento intellettuale, direi neurologico, degli intellettuali. Tu non puoi scrivere nulla né dire cose sensate se non hai contezza del quadro grosso, di come funziona una banca centrale, di cosa è una moneta, di come funziona l’unione europea, di come il colonialismo in Africa non sia affatto finito, del fatto che è la costituzione economica la parte più importante della nostra costituzione, che è stata di fatto stralciata recependo i trattati europei, e di come tutte queste cose siano legate l’una all’altra in una complessa ma intellegibile rete di causalità. Tu di queste cose non parli, perché, semplicemente, non ne sai nulla, perché necessitano studio, letture, un’attenzione assidua, tutte cose che costano fatica e non fanno sentire migliore degli altri. Anzi, più studi, più ti rendi conto della verità, più aumenta non il senso di superiorità bensì quello di colpa; sì, la colpa di non averlo capito prima, la colpa della nostra impotenza, anche della nostra disunione. Per me è fonte di vera frustrazione e di stupore vedere come persone come Andrea Inglese siano le più lente a capire, e di come invece siano le persone meno istruite quelle che hanno più facile accesso alla verità.

    • Lombardini dopo aver letto un tuo articolo sugli “immigrazionisti”, non solo ho perso ogni stima intellettuale nei tuoi confronti, ma ho ben capito dove i sovranisti del tuo stampo andavano a parare con le loro critiche dell’Europa. Non c’è bisogno né di essere sovranisti né di predicare contro gli “immigrazionisti”, per criticare l’anima liberista della politica economica europea. Faccio parte della redazione di “alfabeta2”, uno dei laboratori intellettuali dove in questi anni la critica alla politica economica europea è stata più forte. Nell’almanacco 2016 di alfabeta2 (Derive Approdi e alfabeta edizioni 2015), trovi dopo un’articolo di Andrea Fumagalli “Europa, esodo costituente”, un mio articolo dal titolo “Scuola, elogio del ritardo”. Leggili di fila, è questione di Europa, dal punto di vista delle politiche monetarie e di quello delle politiche educative. Se non ti basta, leggiti i miei interventi usciti pubblicamente sulla stessa rivista, e oggi raccolti in “La civiltà idiota. Saggi militanti” (Valigie Rosse, 2018). Tutto materiale pubblico, pezzi d’intervento, dove si cerca di guardare il quadro globale dentro il quale si svolgono le nostre vite e nascono i conflitti che ci coinvolgono.
      Quanto alla tua superficialità, sta tutta in questa tua frase, che ho già commentato: “Il razzismo è pericoloso solo quando da inclinazione personale si converte in una cristallizzazione istituzionale.”

      Ma mi fa sorridere anche il tuo concione sulle enorme mole di studio che gli intellettuali della mia risma dovrebbero dedicare per giungere finalmente, come te, alla Verità, finalmente trascinandosi fuori dalla caverna, per poi scoprire che tutto cio’ è accessibile alle persone meno istruite. Qualcuno diceva: non bisogna per forza aver letto Marx, per scoprire di essere sfruttati dai padroni. Su questo concordo. E anche chiudo.

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