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Nuvolo: Nuntius Celatus nel suo splendido eremo

di Bianca Battilocchi

 

È stato ed è tuttora arduo dipanare i fili intrecciati nelle opere di pittura aniconica, particolarmente in quelle realizzate da artisti lontani dai riflettori.

Dopo Variazioni: a visual polyphony, film sugli esordi di Alberto Burri, Giuseppe Sterparelli si è cimentato nuovamente in nome di un altro suo conterraneo, Giorgio Ascani, più conosciuto come “Nuvolo” (Città di Castello 1926- Città di Castello 2008). In un agile documentario dove si alternano immagini di opere inedite e allestimenti noti dedicati all’autore, si staglia incisiva la voce dell’amico, collaboratore e mentore, il poeta Emilio Villa (1914-2003), qui interpretata dall’attore Roberto Latini. Villa lasciò infatti vive e indelebili descrizioni del pittore umbro che dal primo venne eletto “Nuntius Celatus” –  messaggero clandestino – in quanto figura solitaria, “ospite del suo solo splendido eremo” (Villa, Attributi dell’arte odierna).

 

 

Non distante dall’approccio villiano, Nuvolo lavorava per se stesso, fidandosi del proprio istinto e isolandosi appena possibile dal mercato. Si prenda ad esempio la sua innovativa sperimentazione con la tecnica serigrafica, anni prima dell’avvento della Pop Art e di figure come Andy Warhol. Dal suo eremo in veste di laboratorio nascevano le Esoedizioni (1954-2005) o le Serotipie (1952-2008) –  altri titoli eletti da Villa –  le prime come libri d’artista in collaborazione con poeti e in militanza contro l’editoria canonica, le seconde come stampe su carta, tela, legno, cellotex e poliestere. Ognuna di queste opere sperimentali si presentava programmaticamente in copia unica, ponendosi in contrasto con la riproducibilità commerciale e quindi con la svalutazione seriale. L’unicità fungeva così da sigillo, in linea con l’imperturbabile distacco del pittore che dalle descrizioni villiane può ricordare la figura atemporale di un monaco.

È peculiare in Nuvolo l’interesse tecnico-scientifico, così come la sua sapienza industriale: orizzonti non comuni, votati a inventare nuovi strumenti di indagine; talvolta il telaio serigrafico oppure una macchina da cucire Vigorelli in condivisione con la moglie Liana. Proprio con la Vigorelli l’artista si appropriava di un nuovo attrezzo per il disegno e per la campitura pittorica. Adoperava materiali di diversa provenienza – fustagno, camoscio, velluto, cotone, ecc. –  e spesso restituiva vita a tessuti ricavati da abiti usati attraverso collages di grande rigore geometrico, che furono chiamati “Cuciti a macchina” (1958-1963). 

“Nuvolo mi inventava sotto gli occhi, sotto l’ipotesi d’assurdo, con strumento inedito (impiastrature sui relitti deperiti del telaio serigrafico), pareti e pareti e pareti sporgenti direttamente dalle ansie più precoci … silenziosi suburbi, popolazioni orticarie, tempeste … tentava materie non dicibili, svanite, forse tentava la dicitura stessa e l’energia delle tenebre… di torce in dissoluzione, ultimi abbagli.”

(Villa, Attributi dell’arte odierna).

L’amico e complice Villa lo descrisse inoltre come un inventore cieco del “paese della mente”, un luogo di tenebre continuamente da indovinare e ri-creare dal nulla. E sul nulla nell’arte non figurativa, e a proposito di Nuvolo, si sofferma lo studioso Aldo Tagliaferri che ne intravede relazioni con la concezione del “reale” in Lacan (Tagliaferri, Una materia controversa e cinque invenzioni di Nuvolo). Se la “realtà” è descritta dal simbolico e dal linguaggio, il “reale” al contrario “coincide con il nulla e la creazione dal nulla”. Posta in questi termini, distanti dal creazionismo occidentale, l’arte di Nuvolo è “sostituzione e imitazione del nulla”, inseguimento dell’enigma, poesia della sottrazione, intesa alla maniera del filosofo francese Jean-Luc Nancy:

 “Se in quale modo abbiamo accesso a una soglia di senso, ciò avviene poeticamente”.

 

 

A dieci anni dalla scomparsa di Nuvolo, il cortometraggio di Sterparelli, uscito lo scorso novembre per SkyArte HD (con produzione dell’Archivio Nuvolo e collaborazione con 3D Produzioni) riporta alla nostra attenzione la figura non minore di chi ha cercato nuovi segni visibili del nostro esserci.

“E veramente, con le diciture di Nuvolo, o anche attraverso le sue diciture, noi sappiamo quello che si sa, quel poco che possiamo conoscere, intorno alle cose che si presentano e rappresentano nel teatro della pittura: e cioè, che in ultima istanza, ogni cosa, ogni manifestazione, ogni parvenza è un segnale: e ogni segnale è un enigma; e l’oscurità dell’enigma è la sola vicinanza alla vita.” (Villa, Attributi dell’arte odierna).

 

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Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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