Clizia: un blog pugliese che non è solo un blog. Intervista agli ideatori

 

di Davide Gatto

Cinema, politica economica, letteratura, filosofia e sociologia: da Kant a Houellebecq, da Von Trier a Von Hayek, dalle regole dei social ai buchi neri. Da tre mesi, a cadenza settimanale, è ripartito dopo un periodo di latenza Clizia Web, un blog che è innanzitutto un collettivo e, da aprile 2019, anche una associazione di promozione culturale sul territorio. 

Approfittando dell’allentamento delle misure anti-Covid, incontro i due ideatori, Roberta Muri e Francesco Caiazzo, ad un tavolino all’aperto del bar sotto casa: siamo nel primo Salento e l’aria estiva è molto dolce nell’ombra nuovamente vociante del viale alberato. Conosco Roberta e Francesco da tempo; come molti altri giovani del Sud, con i quali condividono lo strappo dalle radici e l’esperienza dell’erranza per legittime e anzi lodevoli ambizioni culturali e accademiche, vivono per ora di soggiorni lunghi altrove, agognati, e di altrettanto agognati rientri. In occasione di questi, troviamo sempre il modo di incrociare esperienze, riflessioni, letture, commenti e progetti in cantiere e cantierabili: preferibilmente attorno a un tavolino del bar sotto casa, come questa volta.

L’estensione del sito (www.cliziaweb.com) recita “Blog culturale pugliese dal 2016”, e molti redattori, nelle loro stringhe identificative, si qualificano con lo stesso aggettivo. Colpisce l’insistenza sulla matrice territoriale dell’iniziativa: come conciliare il contesto trans-territoriale e “liquido” della rete con una dichiarazione così esplicita di territorialità identitaria?

Pensiamo che territorio e web siano due realtà che possono coesistere e ancora alimentarsi a vicenda tramite il continuo scambio di contenuti e di forme. Dopo molte riflessioni ed esperienze sul nostro territorio e al di là di questo, siamo divenuti consapevoli dell’urgenza di un progetto che conciliasse entrambi. L’ambiente della Rete, aperto e potenzialmente immenso, è una finestra sul mondo che ci dà la possibilità di guardare oltre la siepe, ad altri territori. In particolare, la Rete è fatta per noi soprattutto delle storie e dei rapporti con studenti, studiosi e ricercatori che conosciamo in ogni dove e che invitiamo a collaborare al progetto. In questo quadro sempre variabile e molto fitto di sensibilità e di esperienze che si intrecciano, però, è quasi necessario fissarsi e riconoscersi in un punto determinato, che è costituito nel nostro caso dall’identità territoriale. Clizia si protrae fuori, nelle università italiane, nei luoghi fisici e intellettuali della cultura, e poi fa ritorno a casa in Puglia, dove ha le proprie radici e dove ha sede l’associazione culturale. È in fondo nella natura di Clizia che questo movimento aperto su vari orizzonti cerchi degli spazi in cui plastificarsi, come avviene per esempio sui treni e nei lunghi viaggi che molti di noi compiono perché studiano e lavorano fuori dalla regione. Solo con il ritorno, però, con il restare anche, tutti questi apporti trovano il loro più vero punto di caduta, contribuendo a costruire un’identità che è plurale, dialogica, mai dogmatica. Tenere insieme sguardo locale e prospettiva globale è possibile anche grazie alle persone che fanno parte di Clizia. L’eterogeneità del gruppo, infatti, sia tra i soci dell’associazione che tra i componenti del collettivo del blog, stimola un dialogo e un confronto continui che non possono che essere fecondi in entrambe le direzioni.

Quando parlate di territorio non riesco a non pensare che siamo a due passi da Taranto e dentro il primo Salento, una realtà che forse compendia in modo esemplare tante storture dei nostri tempi: la svendita dell’ambiente e dei diritti fondamentali della persona alla grande industria e al turismo di massa, il persistente e comodo divario tra Nord e Sud, l’emigrazione forzata dei giovani più brillanti, il progressivo invecchiamento della popolazione. La rivendicazione della vostra identità meridionale e pugliese può essere dunque interpretata anche come una dichiarazione di attivismo civico, se non militante?

La rivendicazione della nostra identità meridionale e pugliese contiene chiaramente l’istanza di denuncia di molte delle storture che in modo così evidente vediamo gravare sulla nostra terra e su tanti giovani come noi. È per questo motivo che abbiamo sempre fatto ruotare l’operato di Clizia attorno a questi temi. Nel 2019, per esempio, noi studenti universitari abbiamo approfondito le vicende legate a Taranto ed alla sua grande (se non altro per dimensioni) industria e presentato il nostro contributo presso la Biblioteca comunale di Grottaglie. Per l’occasione avevamo scelto il titolo Fumo negli occhi. Le voci dei giovani sull’ex-Ilva. È indubbia quindi la matrice attivistica del nostro impegno, ma va sottolineato che esso si dispiega poi nei modi peculiari di un processo lento, di studio e di approfondimento, e che è quindi fortemente connotato in senso culturale: l’articolo sul blog, la rivista autoprodotta, la conferenza pubblica.

Avete deciso di intestare blog e associazione a Clizia, la figura chiaramente allegorica che Eugenio Montale canta nella Primavera hitleriana come colei che “il non mutato amor mutata” serba. Potete spiegare le ragioni di questa scelta e quali linee programmatiche implica?

Il mito racconta che Clizia, innamorata di Apollo-Sole ma non corrisposta, venne trasformata in girasole, costretta dunque a seguire il quotidiano corso celeste dell’amato dalla terra in cui era piantata. Montale indica proprio lei come modello mitico a cui rifarsi per attraversare la bufera che sempre imperversa sul mondo. La degradazione a vegetale della ninfa assume per Montale il significato di un riscatto da realizzare nella resistenza: impulso alla conoscenza critica, volontà di interpretare la complessità del reale e non di rifuggirla per inesistenti mondi migliori. Il mito ovidiano, ripreso da Montale, è stato il punto di partenza del nostro progetto, ciò che ci ha inspirato quando ci siamo seduti ad un tavolo e abbiamo pensato di dover creare un contenitore culturale che desse voce ai tanti giovani che, come noi, aspettavano – appunto – soltanto l’Occasione. In effetti il primo passo, ovvero la costituzione di un collettivo di persone che potesse animare il blog, ha visto molte adesioni nonostante della proposta non ci fosse che questa idea embrionale. Il mito di Clizia rivisitato da Montale era evidentemente un buon biglietto da visita, che continua oltretutto a forgiare chi noi siamo: un insieme di persone dallo sguardo plurale e attento, alla ricerca di interrogativi più che di comode risposte, ostinatamente fiduciose in quelle forze del sapere e della ragione che l’Apollo-Sole del mito simboleggia.

Nel suo Vita activa (1958) Hannah Arendt lamentava la scomparsa della praxis e della lexis, della capacità cioè di produrre il nuovo attraverso il libero confronto dialettico, dallo spazio pubblico. Forse una conferma della sua analisi è l’ipertrofia perlopiù vuota del “discorso” che la tecnologia informatica ha reso possibile, in assenza di corrispondenti novità politiche. Voi promettete di ricucire il discorso e l’azione, l’attività culturale e l’attivismo civico, la dislocazione trascendente della Rete con il radicamento immanente sul territorio; intanto, però, come contate di ritagliarvi uno spazio di visibilità tra la polvere di parole e le infinite galassie di blog che intasano l’universo virtuale?

È vero, sono migliaia i blog culturali simili al nostro per contenuti ed obiettivi. Il nostro tratto distintivo e la nostra forza è però l’identità, che è territoriale, neomeridionalista e basata sull’attivismo civico. Soprattutto miriamo a moltiplicare i punti di vista, non a sottometterli a un canone precostituito: contributi coraggiosi, ben argomentati e contrari all’opinione mainstream del momento, da cui scaturisca il dibattito, sono sempre ben accetti. Infatti non vogliamo semplicemente limitarci alla pubblicazione di articoli; ambiamo al dibattito, online così come in presenza. Vogliamo, poi, essere presenti sul territorio e dargli una voce, che giunga nella sua autenticità quanto più lontano possibile grazie allo straordinario potere di amplificazione del web. E siccome ci sono persone che per necessità o per scelta non sono presenti sui social network – che pure rimangono la cassa di risonanza principale per diffondere i contributi del blog -, abbiamo affidato per statuto alla nostra parte associativa il compito di raggiungere anche loro. A fine giugno, per esempio, stamperemo e distribuiremo la nostra terza fanzine, per la quale abbiamo scelto il tema della città, con uno speciale dedicato a Taranto. Come cambiano i luoghi che viviamo ogni giorno? Che tipo di pratiche e di consumi si sono affermati durante la pandemia? Queste sono alcune delle domande da cui partiremo e a cui proveremo a rispondere con altre domande. Faremo, poi, delle presentazioni itineranti tra le province di Brindisi e Taranto, coinvolgendo gli autori degli articoli e gli assessori alla cultura perché crediamo nei percorsi inclusivi e nel costante dialogo con le istituzioni pubbliche. È importante sottolineare che tutte le nostre iniziative sono interamente autofinanziate con il contributo dei soci e con donazioni liberali, ciò che ci consente di preservare intatta in ogni circostanza la nostra indipendenza critica.

***

Si è fatto tardi e ci salutiamo, non prima però di aver chiacchierato ancora un po’ delle loro Bologna e Vicenza, Stoccolma e Parigi, della mia Milano, di questo e di quello. E mentre rincasando esco dall’ombra nella luce netta del sole penso quanto sia importante il radicamento territoriale, solo dall’attaccamento quasi fisico a un luogo, ai suoi colori, ai suoi odori, alla gente che lo abita può nascere un autentico impegno civico e politico, penso a me, come tanti nato a Milano da genitori meridionali immigrati e fondamentalmente senza patria, consapevole e attivo politicamente ma nel modo teorico e cerebrale di chi discute di rivoluzione ma non ha una terra sua da redimere, e poi penso a Roberta, a Francesco e agli altri giovani di Clizia, alla lucida determinazione con cui intendono sfuggire al subdolo richiamo dell’Altrove che oggi laicamente si presenta nelle forme disincarnate della “realtà” virtuale e della dimensione sostanzialmente apolide delle accademie e della cultura, e poi ancora penso alla bellezza senza tempo di questi luoghi e allo scempio che solo uomini, altri uomini ne hanno fatto, e mi sembra di sapere con certezza che se mai finalmente questa terra – ogni terra – potrà trovare un riscatto, se mai finalmente una nuova strada potrà essere aperta, lo dovremo a giovani e meno giovani che come la Clizia del mito non rinnegano la terra in cui sono piantati, ma la curano amorevolmente senza mai distogliere lo sguardo dalla vastità del cielo e dal carro di Apollo-Sole che placido la attraversa.

 

 

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1 commento

  1. Ci sono alcune possibilità per il Sud Italia di non seguire la strada politica, economica, culturale che altri pezzi del Paese hanno tracciato. C’è un divario storico tra il Meridione e le altre Italia che può essere osservato come potenziale da valorizzare invece che «ritardo» da recuperare. Il nostro lavoro come associazione culturale è, nel nostro piccolo centro ideale – che tocca Taranto, Brindisi, Lecce e Bari – quello di ripartire dalla cultura come matrice di idee e consapevolezza. E come una rete siamo sempre aperti a connetterci ad altri realtà impegnate sul territorio. Grazie per lo spazio!

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jamila mascat
Jamila M.H. Mascat vive a Parigi e insegna presso il dipartimento di Cultural Studies dell'Università di Utrecht, in Olanda. Si occupa di filosofia politica e teoretica, marxismo contemporaneo, critica postcoloniale e teorie femministe. Nel 2011 ha pubblicato Hegel a Jena. La critica dell'astrazione. Ha co-curato Femministe a parole (2012); G.W.F. Hegel, Il bisogno di filosofia. 1801-1804 (2014); M. Tronti, Il demone della politica (2017); Hegel & Sons. Filosofie del riconoscimento (2019); The Object of Comedy. Philosophies and Performances (2020); A. Kuliscioff, The Monopoly of Man (2021).
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