MUSICA PER GIORNI PARI #01 Gregorio Allegri “Miserere”

sono giorni “pari” quelli di rara e precaria armonia e luminosità – fra la bufera dei “dispari” – densi di nubi e ombre e altrettanto necessarie disarmonie – e l’uno e l’altro per esser percepiti in un modo o nell’altro – hanno da scorrersi accanto – sempre giustapposti e ciascuno ha la sua musica per turbare o rasserenare

GREGORIO ALLEGRI “Miserere” [1638 ca.]
eseguito dal ⇨
Taverner Consort and Players

di Orsola Puecher

E’ Mercoledì 11 Aprile 1770: Johann Georg Leopold Mozart e suo figlio, il quattordicenne Wolfgang Amadeus, esibito fin da bambino nelle le corti d’Europa in sfiancanti tournée musicali, arrivano a Roma.

L’ 11 aprile 1770, a mezzogiorno, Leopold Mozart e suo figlio Wolfgang arrivano a Roma sotto lo scroscio di un temporale, fradici di pioggia e a stomaco vuoto. Passata Firenze hanno trovato soltanto locande «le più ripugnanti» e niente da mangiare, se non uova e broccoli, a causa del digiuno della settimana santa. Si tratta del quarto grande viaggio di un ragazzo di quattordici anni che ha passato otto anni della sua vita in questo modo. 1

Johann Georg Leopold Mozart
Wolfgang Amadeus Mozart nel 1770

E’ il Mercoledì delle Ceneri.

È mercoledì santo, uno dei due giorni dell’anno, insieme al venerdì successivo, in cui i cantori della Cappella Sistina eseguono il celebre Miserere di Allegri. Padre e figlio svoltano per la basilica di San Pietro e riescono quindi a introdursi sotto le volte affrescate da Michelangelo. 2

La messa del Mercoledi Santo, parte dell’Ufficio delle Tenebre, si svolge completamente al buio, un solo cero posto in alto a simbolizzare il Santissimo. La musica inzia piano dall’oscurità, i cantori disposti in vari punti circondano i fedeli da ogni parte con un effetto stereofonico, che li avvolge di note.

E’ è il celebre Miserere di Gregorio Allegri, un brano che veniva eseguito solo due volte l’anno, il Mercoledì e il Venerdì Santo, considerato talmente prezioso e mistico che ai musicisti era vietato, pena la scomunica,  per cui fu emessa una apposita bolla papale, di far uscire dalle “sacre mura” vaticane ogni sua nota, ogni sua minima parte, di copiarlo o trasmetterlo a chiunque.

Nel lontano 1629 Papa Urbano VIII aveva chiamato nella Cappella Musicale Pontificia Sistina tal Gregorio Allegri [Roma, 1582 circa – Roma, 17 febbraio 1652], che si narra non avesse una gran voce, ma era un notevole compositore, tanto che nel 1650 Innocenzo X lo nominò Maestro pro-tempore della Cappella Sistina.

Gregorio Allegri

Il Miserere è un canto liturgico molto noto e diffuso, tratto dal Salmo 51.

Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.
Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto;
perciò sei giusto quando parli,
retto nel tuo giudizio.
Ecco, nella colpa sono stato generato,
nel peccato mi ha concepito mia madre.
Ma tu vuoi la sincerità del cuore
e nell’intimo m’insegni la sapienza.
Purificami con issopo e sarò mondato;
lavami e sarò più bianco della neve.
Fammi sentire gioia e letizia,
esulteranno le ossa che hai spezzato.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.
Insegnerò agli erranti le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.
Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza,
la mia lingua esalterà la tua giustizia.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode;
poiché non gradisci il sacrificio
e, se offro olocausti, non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi.
Nel tuo amore fa’ grazia a Sion,
rialza le mura di Gerusalemme.
Allora gradirai i sacrifici prescritti,
l’olocausto e l’intera oblazione,
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

Il Miserere di Gregorio Allegri composto a cappella, senza accompagnamento musicale alcuno, nella mesta e penitenziale tonalità di Sol Minore, è scritto per due cori, fisicamente distanti fra loro, uno classico a 5 voci e uno a 4 voci, formato da quattro solisti. Le voci femminili allora erano eseguite da voci bianche o da castrati: nel Coro della Sistina non potevano e ancora non possono cantare donne. Si alternano omofonia, con il versetto cantato su una sola nota che echeggia il Canto Gregoriano, e polifonia, con i vari abbellimenti fino a raggiungere note molto alte che sembrano voci angeliche e dissonanze perturbanti. Le linee del canto si incrociano e si sovrappongono in complesse tessiture.

Possiamo immaginare nella penombra dell’horror vacui degli affreschi l’emozione e la curiosità compositiva del giovane Mozart nell’ascoltare il Miserere, un brano tanto famoso e misterioso. Al punto che la sera, tornato nella locanda, non si sa se ripugnante o meno, sente il bisogno di “rubarlo“, di trascriverlo interamente a memoria e di tornare poi ad ascoltarlo il Venerdì successivo per controllare di non aver commesso sbagli o imprecisioni.

Leopold Mozart in una lettera alla moglie Anna Maria Pertl del 14 aprile 1770:

A Roma si sente spesso parlare del famoso Miserere, tenuto in tanta considerazione che ai musicisti della cappella è stato proibito, sotto minaccia di scomunica, di portarne fuori anche una sola parte, copiarlo o darlo a chicchessia. Noi però l’abbiamo già, Wolfgang l’ha trascritto a memoria, e, se non fosse necessaria la nostra presenza al momento dell’esecuzione, noi l’avremmo già inviato a Salisburgo. Infatti la maniera di eseguirla conta più della composizione stessa, e quindi provvederemo noi stessi a portarla a casa.

Poi in una lettera del 19 maggio successivo:

Non c’è la minima ragione di essere in ansia […] Tutta Roma e persino il Papa stesso sa che l’ha trascritto. Non c’è assolutamente niente da temere, al contrario, l’impresa gli ha fruttato un grande credito.

Mozart con l’Ordine dello Speron d’Oro


Così Wolfgang viene premiato dal Papa, meravigliato e compiaciuto dalla sua bravura, con l’Ordine della Milizia Aurata, meglio conosciuto con il nome di Ordine dello Speron d’Oro, attribuito in passato a Raffaello, Tiziano, Scarlatti, Gluck e poi a Paganini. La scomunica viene sospesa e il manoscritto del virtuoso “furto“, poi sparito e forse ancora nascosto sotto pile di fogli polverosi in qualche archivio, fu materia di successive trascrizioni di altri musicisti che portarono il Miserere di Allegri fino a noi, in una sovrapposizione di versioni, magari diverse da quella originale, ma proprio per questo dense di storia musicale ed emotiva, che ancora oggi fanno di questo brano una perfetta armonia “per giorni pari“, che riconcilia e scava nel profondo credenti e non credenti. Ascoltandolo a occhi chiusi, perdendosi fra le note.

Come fosse possibile un’impresa del genere e davvero incomprensibile, vista la lunghezza e la difficoltà del brano.

È difficilmente spiegabile nei termini della neuropsicologia classica. In quell’episodio si sono succedute tre operazioni mentali: una codificazione “fuori norma” di informazioni musicali, che oltrepassa di molto la semplice percezione; l’immagazzinamento di tali informazioni sotto forma di rappresentazione per alcune ore; infine, la loro restituzione, si potrebbe dire, ad integrum, fase preliminare per l’esecuzione. 3

Ma forse non occorre stupirsi troppo: Mozart, di certo ispirato da Allegri, scrisse a sua volta un Misere, il K85 in La minore, sempre nel 1770, solo dopo qualche mese, ospite a Bologna di Giovanni Battista Martini, francescano, compositore, che gli diede alcune lezioni di teoria musicale.

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NOTE
  1. Bernard Lechevalier Il cervello di Mozart Bollati Boringhieri 2006 pag.19
  2. ibidem
  3. ibidem

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orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
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