La penna nei guantoni. Per lasciare un segno in quattro domande
Il primo e secondo round si possono leggere QUI e QUI.
1) Il pugilato sta ritornando nei cuori dei giovani e degli artisti perché?
FG: I giovani rivedono nei pugili e nelle pugilesse icone sportive e culturali a cui sentono di appartenere; vederli lottare, prepararsi con dedizione, ascoltare le loro storie vere che spesso sono anche simili alle loro, li coinvolge. Ugualmente gli artisti si sentono chiamati a rispondere alla spettacolarità della boxe con l’impulso creativo che li contraddistingue. Arte chiama arte.
DB: La boxe è il crocevia di ogni essere umano. Nessuno può esimersi dall’incrociare i pugni con l’altro e con se stesso. Nessuno. Ognuno di noi, se vuole veramente evolvere spiritualmente, non dovrà solo salire, combattere e scendere dal ring ma dovrà imparare a farlo con arte. La catarsi che vivono un pugile, un rapper, un poeta performer è analoga: passa dall’affermazione di se stessi. È il primo stadio, quello giovane, quello in cui l’istinto alla sopravvivenza avvia un processo di trasformazione ma in cui l’ego svolge ancora un ruolo trainante.
2) Perché ami il pugilato?
FG: Perché ha salvato anche me. Lentamente, come quell’amore che dura per tutta la vita, che cresce e non smette mai di bruciare ricordandoci di essere vivi. Il pugilato ti invita a celebrare le tue paure, ombre e sogni senza mai tirarti indietro. L’essere umano è cifrato dalla lotta, sin dal primo giorno che viene al mondo. Guardo la boxe e vedo la storia dell’uomo, di tutti noi. Nati per essere qualcuno con un nome, di cui possiamo farne ciò che vogliamo. Guardo la boxe, scrivo la sua storia, ed è come rinascere sempre.
DB: Non amo tutto del pugilato: ad esempio non amo il virilismo congenito del pugilato, almeno quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi. Amo la boxe perché come la poesia è un’arte della nudità: così come il boxeur sale sul ring, a pugni stretti, armato solo di se stesso e null’altro, allo stesso modo il poeta performer sale sul palco, armato solo della sua voce e di quello che egli è e sa fare. La poesia si fa, in sostanza, come la boxe: a mani nude e a voce nuda.
3) La boxe è ?
FG: Un’invenzione umana, uno sport attraverso cui ci diamo l’occasione di misurare quanto siamo disposti a sentire la nostra carnalità così fragile, così forte, così mortale. Ha bisogno di un pubblico, dei suoi protagonisti e di chi sappia raccontare le sue gesta.
Io esisto al pari della natura,
degli elementi che la compongono,
io sono la mia specie,
la sua furia.
(Federica Guglielmini)
DB: La poesia è davvero potente quando si manifesta dove non diresti mai: nel pugno della boxe la poesia è esplosiva. Nel gergo pugilistico, quando un pugile ha un pugno che picchia duro, si dice che ha una bella “castagna”. La boxe è come una castagna: brutale come i suoi aculei, dura come il suo guscio, carnosa e gustosa come il suo frutto.
4) Il pugilato è una nobile arte perché?
FG: Perché fa della sua impresa sportiva, un racconto eroico fra due sfidanti, desiderosi di essere giudicati, letti come i migliori libri di poesia. L’estetica della boxe esiste da millenni. La danza, compiuta sul ring dai pugili, procede come a passo di musica. La boxe è l’orchestra della vita.
DB: Il pugile è disposto a mettersi alla prova. Come Arjuna nella Bhagavadgītā, è chiamato ad affrontare la sofferenza [BG 1.20-46] per nobilitare il proprio spirito. Il pugile si mette volontariamente di fronte a quello che per tutto l’incontro sarà il bivio: restare e combattere o abbandonare. In svariati modi potrebbe abbandonare anziché restare nella difficoltà e nel dolore: alzando il braccio, voltandosi di spalle rispetto all’avversario, mostrando il paradenti. Invece no, sceglie di restare.
“gli artisti si sentono chiamati a rispondere alla spettacolarità della boxe con l’impulso creativo che li contraddistingue. Arte chiama arte.” Ma quale arte? Il salto in alto è un’arte? A mio parere è uno sport, non un’arte, a meno che vogliamo per forza chiamare arte qualsiasi attività. E non è poesia: “La poesia si fa, in sostanza, come la boxe: a mani nude e a voce nuda.” Peccato che la poesia non sia finalizzata a far male a un altro essere umano, come dice il testo, ad avere la “castagna dura”. Continuo a non capire proprio. La boxe è l’unico “sport” (insieme con le sue varianti, lotta libera o simili) in cui lo scopo è fare del male fisico ad un altro essere umano. Non so, forse vivo in un altro mondo.