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“Lo spostamento verso il rosso” di Aleksandr Skidan #2

Mark Rothko, Untitled (Maroon Over Red)

 

[Questa è la seconda parte del componimento Lo spostamento verso il rosso di Aleksandr Skidan, tradotto da Elisa Baglioni. Qui la prima parte, con introduzione. ot]

di Aleksandr Skidan
a cura di Elisa Baglioni

Quando G. passa alla lingua inglese sembra distaccarsi, come una decalcomania, dall’immagine evanescente di se stessa, con la quale era, così pareva, imparentata.

Il linguaggio muta, diventa più inafferrabile e secco; si risvegliano note imperiose di incontenibilità, forze che attraggono e respingono, rimuovono verso una sorta di vuoto.

Sembra scostarsi e da quella distanza dominarsi.

La bocca è congiunta in un pleonasmo a sé stante.

È serrata in un idioma inaccessibile.

È sigillata dall’alfabeto latino.
Questo serrarsi che si trasforma in un’estraneità assoluta è esaltante, come per alcuni un minuscolo neo o una cicatrice sulla scapola.

O una leggera asimmetria dei lineamenti.

Feticizzo la sua voce.

Il suo stelo getta radici nell’abisso della gola, nel gorgo dell’esofago, nello stallaggio dello stomaco, nelle greppie babilonesi della fornicazione dove è tanto dolce annegare.

E ogni volta la mia voce si fa più simile alla sua.

Un’ammaliante intimità.

Just say it.

Mi procura piacere tramite la lingua che mi consente a stento di starle dietro, poiché percepisco come mi stia trasformando in uno straniero di me stesso.

Traduci.

Sempre più spesso questo piacere comincia a provocare dolore.

____________________

(what a horrifying dream…and yes, very kafkian. it seems to me to have so much to do with the power of language – you pronounce yourself guilty, you are pronounced to be arrested – your confinement is in a word only – you can leave but you choose to stay. the source of your guilt (hashish) is simultaneously symbolic of home (the keys). you want to write a novel but remember that you are in russia – you can escape to new york, but you lack the “keys” to get in. and so you live below ground, in a small civilization, a sub(way) culture – where life with its movements and celebrations goes on.
strange, but not so strange…)

____________________

Telefono pubblico. Chiamata a G.

Premo il nove al posto del sei una serie di volte, alla fine lo azzecco.

Sono a casa, richiamami.

Tra un’ora e mezza in piazza Vosstanija.[1]

Cammino lungo il Nevksij in cantiere.

Alla cattedrale di Kazan’ salgo sul tram.

Scendo a Puškinskaja.

Mentre siedo sui gradini e leggo un vecchio numero della Rivista d’Arte (di quelli che per gentile concessione Denis mi aveva finalmente restituito) con l’articolo di Breton su Trockij, vengo avvicinato due volte con la proposta di comprare dell’erba e una volta dalle mire di due prostitute.

Hai bisogno?

Farfugliano senza fermarsi e subito proseguono verso il cliente successivo.

Una rotondetta, bruttina, con il viso gonfio, gli zigomi larghi, indosso uno scamiciato che scopre le spalle e orribili zatteroni bianchi; l’altra snella, con i jeans aderenti e una canotta con le fettucce incrociate che striano la sua schiena nuda.

Enormi labbra bordò della prima; begli occhi malvagi della seconda.

L’ultimo “in fila” manifesta un interesse reticente.

Interrompono il loro giro per passare alla trattativa; si appartano dietro l’edicola, discutono di qualcosa inquiete, poi tornano da lui. In quel momento con la coda degli occhi vedo avvicinarsi G.

A “Sladkoežka” davanti a un espresso con il gelato le chiedo quanto è seria la sua storia con K.

(due foto che lo ritraggono conservate in un album in mezzo ai paesaggi urbani e ai miei ritratti dell’ultimo suo viaggio in Russia, a causa dei quali avevo detto un sacco di idiozie in albergo).

Di cosa si occupa?

È un musicista, scrive romanzi rosa su commissione sotto pseudonimo.

Dopo una pausa: ci siamo conosciuti alla presentazione di Bowles.
(Tiro fuori le sigarette, ho sotto gli occhi due di queste fotografie; voglio dimenticarle, voglio vederle ma, per dimenticarle bisogna scriverci, per vederle, invece, bisogna stare con G.)
Anche lei prende una sigaretta e comincia a fumare.

K. è una brava persona.

Sì, concordo io.

(Dopotutto è impossibile distruggere una fotografia, è impossibile stracciarla; è un’idra a molte teste dal nome di B. nato sotto il segno di Saturno, il miope ebreo con problemi respiratori che eiacula nella grotta di Capri sul palmo di Asja Lacis) 2

He is homosexual, isn’t he?

(Scrolla la cenere).

Mi ha aiutata e io ho aiutato lui.

(Butta fuori il fumo).

I think you understand

____________________

Svidrigajlov parte per l’America.

Ho parlato della sua “partenza” nel 1994 in un intervento all’Università dell’Iowa.

Dopo l’intervento uno scrittore cileno col pizzetto, una moda che iniziava a diffondersi, mi ha chiesto di scrivergli il cognome Svidrigajlov in caratteri latini.

Aveva letto Delitto e castigo ma non ricordava quel personaggio.

Ehi, Lei, Svidrigajlov

Cosa pensa del piacere?

È quello che ciascuno si immagina che sia.

E del dolore?

Il dolore è qualcosa di diverso dal piacere, ma non così tanto da essere il suo contrario. In alcuni casi il piacere scaturisce da un certo ritmico alternarsi di sensazioni dolorose.[3]

Prenderà il volo sul pallone con Berg?[4]

È possibile.

Ha paura della morte?

Quando mi fotografo da solo nelle stazioni o negli aeroporti cestino la fotografia o la strappo in tanti piccoli pezzi che lascio volare dal finestrino se viaggio in treno, oppure la abbandono nel posacenere o tra le pagine di una rivista se viaggio in aereo.

(Pausa.)

La paura di fronte alla morte è priva di un contenuto proprio, è l’analogo della paura della castrazione.

____________________

G. era presente al mio intervento? Non ricordo. A ogni modo si era occupata della revisione del testo e lo aveva anche trascritto in bella copia. Ero stato abbastanza spudorato da averlo fatto con le sue mani (la sua mano).

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N.d.T:

1 «piazza Vosstanija»: la piazza dell’Insurrezione (ploscad’ Vosstania) è antistante alla stazione Moskovskaja e divide il Nevskij prospekt, la via centrale di San Pietroburgo, in due sezioni. Più avanti si leggono alcuni toponimi che descrivono il percorso dell’io lirico. Il Nevskij sta per Prospettiva Nevskij.
2 «B. nato sotto il segno di Saturno»: “Sotto il segno di Saturno” è il titolo del saggio che Susan Sontag dedicò alla figura del filosofo tedesco Walter Benjamin. Qui Skidan fa inoltre riferimento alla biografia del filosofo, al fortunato incontro e infatuazione, avvenuto a Capri nel 1924, per la drammaturga e intellettuale lettone Asja Lacis, insieme alla quale scrisse Napoli porosa e tramite la quale ricevette l’invito a recarsi in Unione sovietica di lì a qualche anno.
3 «Il dolore è qualcosa di diverso dal piacere… »: Qui e in alcuni passaggi successivi l’autore parla per mezzo di Derrida, citando passi da La cartolina. Da Socrate a Freud e al di là in una sorta di pastiche filosofico-psicoanalitico, poiché ad essere citati sono anche frammenti di Nietszche e Freud inclusi da Derrida nelle sue missive. In questo modo si rifrangono discorsi di discorsi e la parola dell’autore ne emerge elusiva e artificiosa.
4 Berg: maestro di ballo famoso all’epoca di Dostoevskij, nominato in Delitto e castigo da Svidrigajlov durante una conversazione con Raskol’nikov.

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ornella tajani
ornella tajani
Ornella Tajani insegna Lingua e traduzione francese all'Università per Stranieri di Siena. Si occupa prevalentemente di studi di traduzione e di letteratura francese del XX secolo. È autrice dei libri Tradurre il pastiche (Mucchi, 2018) e Après Berman. Des études de cas pour une critique des traductions littéraires (ETS, 2021). Ha tradotto, fra vari autori, le Opere di Rimbaud per Marsilio (2019), e curato i volumi: Il battello ebbro (Mucchi, 2019); L'aquila a due teste di Jean Cocteau (Marchese 2011 - premio di traduzione Monselice "Leone Traverso" 2012); Tiresia di Marcel Jouhandeau (Marchese 2013). Oltre alle pubblicazioni abituali, per Nazione Indiana cura la rubrica Mots-clés, aperta ai contributi di lettori e lettrici.
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