Canella : Policastro = Io cerco gli occhi del leone : Suite depressiva

Io cerco gli occhi dei leoni quando Gilda scrive

di Leonardo Canella

 

1.
Gilda Policastro è per me l’estate del 2021 e il caldo che ci avevo addosso. Con i leoni sulla spiaggia. E il caldo che ci avevo addosso che i leoni c’avevano fari negli occhi. Sulla spiaggia. Nel buio. No, non fari di auto sulla linea di costa, ma leoni coi fari negli occhi. Sulle spiagge della Tunisia. E il caldo che c’avevo addosso, nell’estate del 2021.

2.
Il 2021 è un romanzo di Gilda, La parte di Malvasia (La Nave di Teseo) con l’estate addosso e gli occhi dei leoni. Tipo mille scosse nel testo. Piccole. Pupille lucenti nel buio. Io nel 2021 ho cercato gli occhi dei leoni in La parte di Malvasia (un romanzo!). Che c’avevo il caldo addosso. D’estate. E c’erano pochi leoni nel buio.

3.
Io sento il ruggito del leone quando un libro mi piace. E anche il rumore del vento. In La Distinzione c’è il ruggito del leone. E il vento. Il ruggito del leone ti sta addosso e ti tocca i sensi. a) Udito, udite; b) gusto-fame; c) olfatto (sentire le cose); d) Vista (con camera); e) Con-tatto, ecco cinque sezioni del libro su cui ti consiglio di puntare. La mia generazione ha il ruggito del leone addosso, Giovenale, Inglese, Zaffarano, Morresi, Canella. Gilda è più giovane ma sente addosso il ruggito del leone anche lei.

4.
Prima de La Distinzione c’è stato per me un video (su Instagram). Pochi secondi. Io spalmato sul divano, Gilda brucia nella fiamma dei pixel in un video su Instagram, rossa gialla viola (e un po’ di verde). È lei. Gilda si toglie cose di dosso. Gilda si alleggerisce e cuoce il suo corpo alla fiamma dei pixel rossa gialla viola (e un po’ di verde). Secondo me in quel momento anche le pupille dei leoni stanno guardando, IO LO SO! Pochi secondi. Tutto è denso (ed io sento di nuovo il caldo addosso e il ruggito del leone). Forse un video ruggisce più della letteratura.

5.
La Distinzione arriva nel 2023, ha densità (e non è un romanzo). Sono pezzi fluttuanti nel bianco della pagina. Il bianco è uno dei protagonisti. Non c’è Gilda che si spoglia alla fiamma dei pixel rossa gialla viola (e un po’ di verde). Però Gilda si spoglia lo stesso. Gilda è densa e breve. Ed è nuda, e questo mi piace (le pupille dei leoni sono dilatate poco lontano, nel buio). Gilda è BREVE e i leoni sono molti. Gilda ruggisce.

6.
A p.71 trovi Suite depressiva. Per me è la parte più appetitosa. Hai un’idea di Gilda, ho pensato. E a Gilda dico: dai un’occhiata a Canella, quello delle Nughette. E sorridi. Leggi e sorridi. Ma nel libro c’è anche altro: la bellezza della fragilità.

7.
In La Distinzione Gilda è aggiornatissima. Gilda profe di letteratura contemporanea. Senti che tutto è al suo posto, tutto è perfetto. Gilda è sul pezzo, trasuda l’aria del momento e succhia dalle radici giuste. E quando navighi in rete vedi che Gilda è promoter di se stessa.  Ci sa fare, e questo mi piace. Tutte le avanguardie sono comunicazione. Anche. E quando questo tipo di letteratura comunica dà il suo meglio perché c’ha la performance scritta nel suo DNA.

Fine.

 

***

 

Da “Suite depressiva”

di Gilda Policastro

(un estratto da La distinzione, Perrone 2023)

 

 

nel senso comune la persona depressa è ritenuta affetta da una sorta di disturbo di percezione, una tendenza ad accentuare gli aspetti negativi di qualunque circostanza a scapito di una sua più equilibrata interpretazione

i sintomi della depressione sono principlamente due. Uno è l’umore depresso per la maggior parte della giornata, per un periodo di tempo congruo, almeno due settimane. L’altro è la perdinta degli interessi, cioè le cose che gino a oggi ho amato, mi hanno rappresentato diventano per me piatte, grigie, senza spessore

in Italia la depressione colpisce circa undici milioni di persone, il 20 per cento della popolazione, con una incidenza di quattro volte la media europea

la persona depressa ha dubbi su sé stessa, gli altri, il mondo esterno e sul futuro

crisi di pianto al mattino

ansia la sera

 

 

Lui è depresso
è depresso perché il film è andato male
ma non so se lo sanno, cos’è la depressione
non so se lo so io
può essere che sia quella cosa lì
ma non credo si possa dire depresso
uno che ha un problema specifico
non prende i farmaci, ad esempio
forse il padre avrebbe dovuto visitarlo
forse il depresso è uno che non ha un padre medico
all’occorrenza, insomma io non ce la vedo tanto
la depressione in un soggetto così
capito, che ha, tipo,
un problema specifico, il film è andato male
e lui ha telefonato, pensa
20 volte al produttore, che io, depressa o meno
alla terza avrei mollato
una sera l’ho chiamato
volevo ammazzarmi
lui ha detto
vedi, ci saremo sempre,
ci saremo l’uno per l’altra,
anche tu,
se avessi detto io
che volevo ammazzarmi
etc.
credo che invece gli avrei dato un’accettata
sono molto tribale io,
lui sarà pure depresso
ma se lo vedo lo ammazzo
così, senza pensarci

 

 

La depressione era un diritto
che ti conquistavi con la sfiga materiale
solo se eri pezzente terminale
avevi diritto. Non eri depresso
se ti alzavi dal letto
questo lo sostenevano anche i medici
che potevi svolgere comunque le attività diurne
se quell’umore un po’ grigino non era,
ribadivano i medici,
invalidante. Avevi diritto ad altre malattie
poteva in effetti la depressione accompagnarsi
o derivare da quelle: la ragazza era morta
di anoressia, ma non era depressa. O dopo
dopo l’anoressia, soprattutto se ne muori,
può pure darsi che prima,
prima tu fossi un po’ depressa. Ma più frequentemente
era un effetto, la depressione:
prima non mangiavi e poi
gli zuccheri non andavano al cervello
non facevi più niente
e la serotonina scompariva
come le forme dei maglioni e dei jeans
eri anoressica e dopo
dopo depressa, per forza. Poi c’era GM
che andava in analisi e leggeva Hillman
e gli avevano spiegato che la depressione
era come la morte. Quando muori
vai sotterra e quando sei depresso
ti senti giù
Come ti senti?
A terra.

 

 

I depressi non escono di casa, come fanno col Simply
chi ci va. Esiste il servizio a domicilio
ma già si spendono un fottìo di soldi in medicine
non lo so se gli conviene,
la spesa domiciliare. E poi comunque
se n-o-n a-l-z-a-r-s-i da letto è proprio
non alzarsi, letterale, come fanno
ad andare alla porta, chi gli apre
a quelli del Simply
agli omini
che vanno dai depressi coi sacchetti
le casse d’acque. Poi ci sono quelli
che non sono depressi ma euforici
e all’improvviso vanno ad ammazzarsi
però non riesce sempre, anzi, non riesce
mai a quelli che ci provano
e la volta successiva di nuovo tengono banco
ti raccontano di quando vivevano a Londra
che facevano i magazzinieri e poi i dj
Non si scherza sui depressi?
Mica sono io che scherzo
è chi li fa così, da un giorno all’altro
che ha proprio giocato sleale,
alla faccia dello scherzo. Senza motivo,
è quella la verità. Se uno il motivo ce l’ha
non è depresso: è a lutto
è sfigato
è povero
è solo. Ma se il motivo non c’è,
ci hanno scritto dei libri
Gonzalo ammazza sua madre
o non si capisce bene ma Gadda lo chiama
il male oscuro, forse copiava Berto
o era Berto che lo aveva preso da lì
(controllare)
Insomma, i depressi
I depressi sono quelli che non si alzano da letto
abbiamo detto, e che non c’è una causa
apparente perché stiano male. Oppure potrebbe esserci
ma comunque quella del letto è indispensabile
perché uno che sta bene, che vive all’aria aperta
stringe mani, beve Campari
mi dici come fai a trattarlo da depresso?
Già

 

[…]

 

Ogni tanto mi telefona un depresso
e mi chiede se per caso posso trovargli un lavoro
anche se non è tanto sicuro di voler lavorare
che poi perde la pensione. Comunque io
che lavoro ti posso trovare,
mi dispiace, non me ne vengono in mente:
fammici pensare,
richiamami
Domani?
Eh domani non lo so, non so se
stanotte mi vengono in mente dei lavori
fammici pensare qualche giorno. Sabato,
ti chiamo sabato. Io poi quel sabato non rispondo
perché ci voglio pensare ancora o forse
perché non ci voglio pensare più
a che lavoro posso trovargli io,
che un lavoro non ce l’ho mai avuto in vita mia
e nemmeno l’ho voluto cercare
a uno che pure lui non è tanto sicuro
di voler lavorare. Finisce che mi richiama
quell’altro sabato ancora, si sarà detto
avrò capito male, era questo sabato qua,
che dovevo chiamare
questa non me lo trova più sto lavoro, dioc***
Una sera che non gli rispondevo si è buttato nel fiume
o almeno così ha detto, perché poi sti depressi sono tutti così
che ti devono colpevolizzare. Ma come nel fiume, ma che c***
E niente, non sapevo cosa fare
Ma hai chiamato qualcuno?
Sì, ho chiamato il 118
Ah ma allora non volevi proprio…
Sì che volevo, ma visto che non c’ero riuscito
cosa stavo a fare lì, nel fiume, mezzo morto
E ti hanno soccorso, ti sei salv… ok.

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renata morresi
renata morresi
Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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