Articolo precedente
Articolo successivo

Al centro del mondo

Gianni Biondillo fa tre domande ad Alessio Torino

Alessio Torino, Al centro del mondo, Mondadori, 2020, 264 pagine

 

Al centro del mondo che racconti nel tuo Al centro del mondo c’è la provincia, sempre meno intercettata dalla letteratura contemporanea: è una scelta estetica o anche politica?

Politica ed estetica, prese singolarmente, non bastano a fare un romanzo. Servono entrambe per costruire quella cosa singolare che è la realtà romanzesca. Il cappellino di Trump che Zio Vince porta mentre fa il miele nel suo borgo sperduto ci racconta esattamente questo, cioè che la cosiddetta provincia è un pezzo di mondo come tutti gli altri.

 

I tuoi personaggi sono “spostati”, eccentrici, disadattati. Quanto letterari e quanto davvero conosciuti nel quotidiano?

Che esista una tradizione letteraria, anche geograficamente vicina a me, è innegabile. Basti pensare a Tonino Guerra o a Paolo Volponi, tanto per fare due nomi. È una tipologia di personaggi che rimanda in un modo o nell’altro alla matrice del Don Chisciotte, quella dell’essere umano fuori asse rispetto al mondo. Allo stesso tempo, il piano del quotidiano è una fonte ugualmente importante. Le personalità non squadrate nel marmo mi hanno sempre attratto, e da personalità a personaggio il passo è breve.

 

Il Demonio, la Follia, la Morte, la Fertilità. Temi primordiali, atavici. Cos’è il sacro, raccontato oggi?

Il sacro che ho raccontato nel romanzo è sempre filtrato attraverso gli occhi di Damiano, un ragazzo che non ha alcun dubbio che la Madonna gli parli attraverso il volo delle api, che le foglie degli alberi si muovano per accarezzarlo o che le rondini sappiano ogni cosa di lui. Eppure, in questo suo estremismo, che potremmo anche definire folle, c’è qualcosa di assoluto che ha che fare con noi. Assomiglia a quel qualcosa di irriducibile che conserviamo in fondo ai cassetti della nostra razionalità, quel qualcosa che non imparerà mai ad accettare la vita, soprattutto per come va a finire.

 

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Io non ci volevo venire

Gianni Biondillo intervista Roberto Alajmo
Scegli come protagonista del tuo romanzo un non-eroe. Un inetto accidioso, Giovà, quello che nelle partitelle si mette in porta per non dare fastidio. Eppure, alla fine il lettore si identifica con lui. Siamo tutti Giovà?

Quando i pesci hanno i piedi

di Romano A. Fiocchi
La copertina è così: accattivante ma nuda, senza titolo, né autore, né editore. Che sono però sul dorso con caratteri che sembrano il loro riflesso tremolante nell’acqua.

Un editore rompitascabile

di Romano A. Fiocchi
Era il 29 novembre 1938. Angelo Fortunato Formiggini, uno dei più geniali editori del XX secolo, italiano «di sette cotte» ma di origini ebraiche, dopo aver sopportato le già pesanti ingerenze del regime, rifiuta di accettare l’estremo affronto delle leggi razziali. Da Roma, dove risiedeva, torna alla sua Modena, sale sulla torre Ghirlandina e si lancia nel vuoto urlando «Italia! Italia! Italia!»

La mantide

di Francesca Ranza
Quell’estate una mantide decapitata cadde giù dal cielo. Eravamo in piscina e parlavamo della coscienza, perché parlare della coscienza andava molto di moda. Non eravamo andati da nessuna parte in vacanza. Lui diceva che Milano in agosto era bellissima e io, anche se a Milano in agosto non ci ero mai stata prima, gli avevo creduto.

Racconti del postmitologico

di Romano A. Fiocchi
L’eleganza del linguaggio di Santoro, che è la sua cifra, contribuisce a proiettare questi brevi e brevissimi racconti – che variano da un massimo di sette pagine a un minimo di mezza paginetta – in un tempo tra il mitologico e il postmitologico.

Soldi soldi soldi

di Romano A. Fiocchi
Poema sinfonico, inteso quale intreccio di liriche di varie misure dove le parole si ripetono come motivi musicali, ogni volta modellati diversamente e sempre più vicini al perfezionamento dell’immagine.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: