Gli anni degli altri
Di Marco Carretta
03:07
Dorme a stella
male al collo,
a sinistra per il reflusso.
Mai di schiena per il russare.
in piedi
ti guardiamo voler dormire
Resta con le mosche
degli occhi,
le scie.
Spesso cade
con il volto nelle mani.
2023
Arriva un pacco,
suo padre preme le bolle
come lui le parole.
Forza un pensiero di martello
fuori dalla sua testa.
Il pacco arriva dal passato.
È un pacco vuoto.
È un pacco di foto.
VII
La strada cola
fino al quartiere dopo e gira,
gira sul campetto delle estati viola.
essere vicino alla fontana. Lo eri.
avere il pallone gonfio. Lo avevi.
Tra le dita un filo d’acqua.
L’estate una mattinata sua.
quindi sentiamo sentiamo
a quanto ammonta l’ammanco?
Skincare Routine
La madre di Giulia ha poche rughe.
Non per le creme,
ma per le mancate preoccupazioni.
Non ha mai visto una bolletta.
La cura della pelle sai, è materia fiscale.
1996
I coetanei aggressivi,
discendenze manomesse in catena,
con i soffitti crollati, le crepe nei denti,
gli dicevano che non correva.
che pesavi, non salti
che eri l’uomo in meno
“Noi abbiamo l’uomo in meno”
eri tu eri tu
lo ricordiamo,
poi farne qualcosa is up to you
______________
Dalla Prefazione di Francesco Targhetta
Nell’immaginario poetico di Marco Carretta è ricorrente sin dall’esordio la figurazione della caduta, lì presente già nel titolo, qui, in questo suo secondo libro, Leitmotiv che ne scandisce i passaggi chiave, a partire dalle chiuse dei primi due testi. Se in Per far vivere altro cadiamo c’era uno sfondo sociale a connotare il collasso e il cedimento, secondo il filo rosso lavorativo che attraversava la raccolta, ne Gli anni degli altri l’impressione è che l’immagine rimandi piuttosto a un continuo carotaggio nei recessi interiori, accompagnato da un dolente senso di perdita, tanto che i due concetti finiscono a un certo punto per essere abbinati («perdi qualcosa che casca», VIII). Non è riferita al presente, tuttavia, la fear of missing out di Carretta: a sfuggire di mano è qualcosa che non c’è già più, ed è quanto rende l’«ammanco» ancora più frastornante.
Lo stordimento vale anche per chi legge: la poesia di Carretta è sincopata ed ellittica, fatta di inceppamenti e reticenze, controcanti e correzioni, vaste panoramiche e brusche zoomate a metà inquadratura, e a complicare questo dettato raggrumato e «fitto» quanto l’uomo che troviamo a inizio libro si aggiunge l’assenza di un accorpamento dei testi in sezioni.
La struttura della raccolta è volutamente sformata e labirintica: alcune coordinate per orientarsi ci sono, ma vengono lasciate prive di cornice e di ordine, per uno scompaginamento continuo che simula «il logorante lavoro di dover accadere» – l’unica costante, senza intervalli, di una vita. Anzitutto possiamo riconoscere un asse temporale, che procede su due diverse misure, una data dai minuti ossessivamente scanditi di una veglia notturna, l’altra dagli anni scombinati e rimescolati dall’alea del ricordo. Le poesie segnate in numeri romani, invece, si posizionano su un asse spaziale, per cui troviamo un soggetto che si sposta (i verbi di movimento fanno da costante) su uno sfondo preferibilmente urbano, incontrando gli altri del titolo – sconosciuti, familiari, fantasmi del passato, ma anche i diversi sé nel corso del tempo, in un riverbero di sovrapposizioni, transfert e illusioni ottiche vertiginoso. Ne esce un grafico di detriti dove ogni geometria interiore e ogni diagramma del proprio rapporto col mondo esplodono, per il bene della poesia. […]
______________
Gli anni degli altri di Marco Carretta è in uscita ad aprile nella collana di poesia Nereidi di Vydia editore, curata da Cristina Babino.