Storie di donne e Resistenza

di Daniela Cassini

quella che segue è l’introduzione, a cura delle autrici Daniela Cassini, Gabriella Badano e Sarah Clarke Loiacono, al loro volume “PROTAGONISTE – Storie di donne e Resistenza nel Ponente ligure“, recentemente edito da Fusta Editore

di Daniela Cassini, Gabriella Badano e Sarah Clarke Loiacono

Dall’Archivio Storico dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Imperia (ISRECIM) affiorano storie straordinarie di fatti e di persone che costituiscono la Storia di questo angolo di Paese, il Ponente ligure, in un periodo particolare e determinante quale la Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza, che è stato raccontato in alcune opere fondamentali tra cui la Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria).

E molte altre ne possiamo annoverare, di valenti studiosi e studiose locali, opere che hanno costituito le fonti di questo nostro lavoro, insieme alla raccolta di testimonianze dirette.

Questo è un libro di passione, non pretende di essere esaustivo, ma è un percorso dentro la memoria locale per riprendere il filo di ideali, sentimenti, esperienze e aspettative che interessano ancora, per «orientarsi nella modernità confusa e smarrita», come dice Lidia Menapace. Continuare a ricordare e raccontare vite per sconfiggere il silenzio e l’oblio, per dare nuova voce a protagonisti e protagoniste che, nell’oscuro della quotidianità del loro tempo e poi di archivi polverosi e spesso inaccessibili, ancora parlano a questo nostro tempo attraverso “ricordi comuni” che ci restituiscono in modo potente vicende poco conosciute, ma significative.

Come scrive Carlo Greppi nel suo storie che non fanno la Storia «nulla come la storia con la S maiuscola ci può distogliere dalla sua utilità. La storia politico-diplomatica – in genere, la storia del potere -, la storia economico-sociale e la storia del pensiero o delle idee sono di immenso interesse, ma sono l’architrave su cui, è bene ricordarselo, si innestano le vite delle persone. Che sono in parte inafferrabili, incostanti, contraddittorie – tutti tratti che le rendono uniche. E in questa complessità e unicità, chiunque si può immedesimare.» Ognuna di queste vite racconta di una scelta fatta, che ne rappresenta la particolare unicità. Nel nostro caso, storie di donne “uniche”.

Per quella che è stata definita la “Resistenza taciuta”, il percorso del racconto pubblico della partecipazione delle donne alla Resistenza non è stato facile né immediato dopo la Liberazione, anzi. Solo dagli anni ’60 e più ancora dagli anni ’70, si impone lo studio sul ruolo delle donne durante la lotta partigiana e la sanguinosa guerra civile italiana.

Quegli studi nel corso degli anni rappresentano un patrimonio di intelligenza e di impegno che è il nostro corredo, significativi “nell’insieme”, memorie che colmano una lacuna, facendo emergere la partecipazione attiva delle donne alla Resistenza, come scrive Bianca Guidetti Serra nel suo Compagne, una prima narrazione corale di donne resistenti dell’area torinese. Esperienze, ruoli e responsabilità diversi nell’impegno militante, anche “vissuti” diversi, ma l’inizio di una «autobiografia politica di ciascuna» che con il tempo diventa collettiva. Questi sono stati gli intenti che hanno mosso alcune ricercatrici in quegli stessi anni ’70 a raccogliere interviste ad alcune partigiane della nostra Provincia, nell’ambito di una collaborazione con ISRECIM (1976) e di cui in questo lavoro diamo conto.

Lidia Menapace ribadisce nel suo racconto Io partigiana, la mia Resistenza «una questione non risolta nella Resistenza e nella sua storiografia è quella del riconoscimento del ruolo delle donne. Non si è ancora chiusa e definita, credo anche perché non ci fu un solo modo di essere resistenti nemmeno per gli uomini: anche tra noi donne ci furono quelle più politicizzate, quelle che seguivano mariti fidanzati fratelli, quelle che cercavano di essere emancipate fino a portare armi e quelle che pensavano a una presenza come cittadine di pieno diritto.» Senza dimenticare (e Lidia Menapace non lo fa) «l’imbarazzo e i giudizi della dirigenza resistenziale» all’indomani della Liberazione rispetto alla visibilità delle donne partigiane.

Un emblema di questa presenza concreta costituita da donne, tra vita vissuta e letteratura,  viene da Joyce Lussu nel suo libro di ricordi Fronti e Frontiere, in cui narra la Resistenza in fuga e la lunga clandestinità sua e del compagno Emilio e dove titola ciascun capitolo del  racconto con un nome di donna di quelle incontrate nel suo faticoso percorso, un segno di riconoscenza e riconoscibilità: «Pure io lascio, in cima a ogni capitolo, questi nomi che mi sono cari, non come titolo, ma come dedica; e questo intero libro dedico a mia madre, che a sessantacinque anni ha saputo affrontare il carcere fascista e il confino, con semplicità.»

Ora ci troviamo davanti un importante complesso – sicuramente non ancora completato – di storie di donne di diversa provenienza, con differenze socio-culturali ed economiche, di cui è difficile paragonare le condizioni di vita, partigiane di città e partigiane di campagna. A partire da chi sceglie consapevolmente  la via della lotta antifascista, magari sostenuta da studi, da una famiglia o un  contesto impegnati, la partecipazione femminile si allarga anche in modo sotterraneo e non organizzato, mossa «da un conflitto che si combatte nelle quotidiane sofferenze della vita, giorno per giorno; donne anonime, non colte, lontane dalla partecipazione attiva nella politica, vittime della fame, di altri disagi o violenze che subiscono passivamente  le sofferenti ricadute della guerra totale, fatta di rastrellamenti, bombardamenti, stragi e stupri di massa.» E continua Michela Ponzani in Guerra alle donne: «Il fatto che la guerra sia vissuta attraversando simultaneamente tutte queste esperienze impedisce una sistematizzazione schematica e classificante della complessità delle vicende delle protagoniste, eterogenee, molteplici e compenetranti.» Tutte allo stesso modo pagarono un prezzo molto alto in termini morali e fisici, dalle conseguenze personali molto pesanti. E tutte furono protagoniste anche di una sorta di «guerra privata», per la liberazione di sé stesse.

Si è accesa  così, tardivamente, la luce sulla Resistenza vera delle donne, quella reale e vissuta, non ridotta a immagine stereotipata, rappresentando nella sua essenza una radice di lotte recenti: «Un’appassionante avventura storiografica e insieme, per le protagoniste, una faccenda molto personale. Perché trovare la propria voce, talvolta, è una questione di vita o di morte» chiosa Benedetta Tobagi in La Resistenza delle donne.

Come vedremo, per molte è stato raccontare a voce o scrivere, anche sul finire della vita. Un lavoro di scavo e di svelamento che merita ancora di essere proseguito.

 

Per fortuna l’Archivio dell’ISRECIM è luogo aperto e accogliente ed è stata forte la tentazione di far venire a galla ancora storie di vita che costituiscono una fotografia al femminile del nostro Ponente ligure, incorniciata tra le figure più alte della Resistenza italiana, apparentemente distante nel tempo, ma sempre viva e pulsante, fatta di mille intrecci che ancora ci coinvolgono. Per questo abbiamo pensato a questo libro come ad un “album di famiglia” dell’epoca fatto di scritture ed immagini, un doveroso e sentito riconoscimento alle donne resistenti della Provincia. Un lavoro di tessitura tra ricerche su testi e documenti e testimonianze dirette, tenuto insieme da fili comuni, nuove conoscenze, conferme.

Ecco allora emergere la realtà del Gruppi di Difesa della Donna in Provincia di Imperia, la storia delle sorelle Evelina e Giuliana Cristel, la loro attività resistenziale a Sanremo e la deportazione; la rete fondamentale di tante donne per la sopravvivenza nelle zone contadine dell’entroterra ponentino con le loro rievocazioni; i ruoli decisivi di staffette, infermiere, ostetriche, partigiane combattenti, nella mappa e nell’organizzazione interna della quotidianità della lotta partigiana; la storia sorprendente dell’ebrea tedesca Dora Kellner e la sua pensione sanremese Villa Verde, crocevia e rifugio di esiliati; l’amicizia partigiana di Alba Galleano e Lina Meiffret con i racconti inediti di quest’ultima e infine il diario di una bambina nella Resistenza dei genitori a Ventimiglia, come risulta dai documenti conservati nell’Archivio privato Giacometti-Loiacono.

Il racconto di un’altra Resistenza, complessa e multiforme!

LE AUTRICI

 

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giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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