Con Primo Levi tra le macerie del genocidio. Il mondo dopo Gaza di Pankaj Mishra
[Questo articolo è apparso in origine sul numero di maggio de “L’Indice”.]
di Michele Sisto
Come Auschwitz, come Hiroshima, anche Gaza entra nella storia come simbolo dell’ennesimo collasso morale della nostra civiltà. Uno spartiacque. Come tale lo hanno riconosciuto, tra gli altri, filosofi come Roberta De Monticelli e Franco Berardi ‘Bifo’, in libri usciti in questi mesi. A spingere anche Pankaj Mishra a scrivere Il mondo dopo Gaza è in primo luogo un impulso etico, e il bisogno di elaborare un lutto, anzi, una molteplicità di lutti. Quello, innanzitutto, per la distruzione di centinaia di migliaia di vite in Palestina e per la cancellazione di un’intera cultura, dalle moschee alle università, dai cimiteri al paesaggio naturale. Ma anche il lutto per il ‘suicidio di Israele’ – la formula è della storica Anna Foa – precipitato dall’utopia coloniale di Theodor Herzl nella barbarie genocida di Netanyahu e complici. Il lutto, inoltre, per la demolizione del diritto internazionale, perseguita non solo da Israele, che pure gli deve la sua esistenza, ma da quelle stesse potenze che lo hanno usato per imporre al mondo il loro ordine. Il lutto, ancora, per le libertà d’informazione e d’opinione, logorate da quella sorta di neomaccartismo ‘anti-antisemita’ che da Berlino a New York colpisce con intimidazioni, censure, manganellate, arresti e persecuzioni studenti, manifestanti, intellettuali, università, ong, artisti, istituzioni internazionali. «A farmi scrivere», confessa Mishra, è quella che Karl Jaspers ha definito «colpa metafisica», la sofferenza di coloro che assistono impotenti alla barbarie, «una condizione umana diffusa dopo la distruzione in diretta di Gaza», e con essa «il dovere che i vivi hanno nei confronti dei morti innocenti».
Mishra, che vive a Londra e collabora regolarmente col «Guardian», è nato e si è formato in India, e da tempo ci ha abituati a uno sguardo straniante, montesquiviano, sulla storia euro-occidentale: nel romanzo I romantici ha raccontato le contraddizioni dei giovani indiani che tentano di adeguarsi a un modello di modernità pensato per le metropoli, ma semplicemente impossibile nelle (ex-)colonie; in From the Ruins of Empire, non ancora tradotto in italiano, ha esplorato il pensiero degli intellettuali da noi per lo più ignorati che hanno guidato la ‘rivolta contro l’Occidente’ e la rinascita dell’Asia, da Gandhi e Nehru a Liang Qichao a Jamal al-Din al-Afghani; ne Le illusioni dell’occidente – ma il titolo originale è Bland Fanatics, qualcosa del tipo ‘fanatici insipidi, ordinari’ – ha denunciato la tragicomica arroganza e incompetenza delle classi dirigenti, specie quella britannica, che hanno devastato il mondo col loro imperialismo.
A fargli da Virgilio nella ‘selva oscura’ in cui si addentra con questo nuovo saggio è Primo Levi, in particolare il Levi de I sommersi e i salvati, in un viaggio che lo porta a confrontarsi con moltissime voci, da Czesław Miłosz a Edward Said (la bibliografia finale conta dieci pagine), in una prosa a intarsio che ricorda la memorabile risposta di Tiziano Terzani – anno 2002, quando gli USA scatenavano la loro ‘guerra al terrore’ – ai deliri suprematisti di Oriana Fallaci.
La prima parte tematizza l’esperienza, in sé dolorosa, di ‘aprire gli occhi’ sulla realtà di Israele, al di là della propaganda, delle proprie convinzioni e anche delle proprie speranze: fu il caso di Jean Améry, quando nel 1977 venne a conoscenza – lui, torturato nei lager nazisti – delle torture inflitte ai prigionieri palestinesi; di Primo Levi, di fronte alla distruzione di Beirut nel 1982; e dello stesso autore, giovane ammiratore di Moshe Dayan, in seguito a una visita in Palestina nel 2008. Ai tormenti della coscienza si accompagna, per Mishra, la difficoltà di dar loro voce, dovuta alla chiusura dei media occidentali a qualsiasi rappresentazione della violenza sionista e del punto di vista palestinese.
Segue una ricchissima indagine sulla costruzione della memoria della Shoah, prima in Israele, poi – nella seconda parte del volume: Ricordare per ricordare la Shoah – nei due suoi più decisivi sponsor, la Germania (La Germania dall’antisemitismo al filosemitismo) e gli USA (Americanizzare l’Olocausto): in tutti e tre i paesi a un periodo di sostanziale indifferenza per il genocidio nazista e per i ‘relitti umani’ che erano sopravvissuti ad esso, segue, grossomodo a partire dal processo-spettacolo a Eichmann, un’esaltazione della memoria di quello che solo negli anni ’70 comincia a essere definito ‘olocausto’: esaltazione di fronte alla quale lo stesso Levi, soprattutto durante il suo viaggio negli USA nel 1985, si sentiva profondamente a disagio, perché ha imposto una memoria selettiva, assolutizzata e adottata come fondamento identitario, a spese di quell’universalismo (anche della sofferenza) che rende l’opera dello scrittore torinese così resistente a ogni strumentalizzazione.
Allo spinoso problema di fondare un’identità nazionale sulla vittimizzazione, è dedicata la terza parte del libro, Al di là della linea del colore, che si rifà, come già Enzo Traverso nel tempestivo e coraggioso Gaza davanti alla storia, alla critica dell’ordine razzista elaborata dal grande pensatore e attivista afroamericano W.E.B. Du Bois (di cui il Mulino ha recentemente pubblicato un’eccellente antologia di testi). «Nella guerra delle idee e della memoria scoppiata in Europa e Nord America dopo il 7 ottobre» scrive Mishra, «la narrazione secondo cui la Shoah conferisce legittimità morale illimitata a Israele non è mai apparsa così debole». Sebbene le classi dirigenti dei paesi più ricchi, bianchi e potenti del pianeta continuino a sostenerla, «molta più gente, dentro l’Occidente e fuori, ha iniziato ad abbracciare una contronarrazione secondo cui la memoria della Shoah è stata pervertita per consentire omicidi di massa, mentre al tempo stesso si oscurava una storia più ampia di moderna violenza occidentale al di fuori dell’Occidente». Mishra riflette a lungo sulle due principali narrazioni in conflitto (clashing narratives) intorno al genocidio di Gaza: quella, costantemente evocata in Occidente, della lotta delle democrazie contro gli autoritarismi, e quella, dominante al di là della linea del colore, della lotta dei colonizzati contro i colonizzatori. Questa seconda narrazione, costantemente rimossa in Occidente – ma di cui dà un’impressionante sintesi il giurista argentino Eugenio Zaffaroni nel recente Una storia criminale del mondo – accomuna oggi sette ottavi della popolazione mondiale, e sarà dunque determinante, osserva Mishra, nella strutturazione di un nuovo ordine globale.
Il genocidio di Gaza può dunque essere letto come il prodotto di «un mondo decrepito che non ha più alcuna fiducia in sé stesso e che, preoccupato solo dell’autoconservazione, calpesta i diritti e i principi che un tempo considerava sacri, ripudia ogni senso di dignità e premia violenza, menzogna, crudeltà e servilismo», all’insegna di una nuova banalità del male per illuminare la quale Mishra invoca il Levi indagatore della ‘zona grigia’. Dall’altra parte, però, ‘aprire gli occhi’ su Gaza rappresenta «la condizione essenziale della coscienza politica ed etica del Ventunesimo secolo». Riferendosi in particolare ai giovani e giovanissimi che nelle strade come nelle università si sono rifiutati di diventare «complici della violenza e dell’ingiustizia», ma anche a organizzazioni come Jewish Voice for Peace e Palestine Festival, a cui il libro è dedicato, Mishra scrive le sue parole forse più impegnative: «Si ha sempre più l’impressione che per ripristinare la forza e la dignità della coscienza individuale si possa contare solo sulle persone in cui la catastrofe di Gaza ha prodotto una scossa di consapevolezza etica».
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I libri
Pankaj Mishra, I romantici, Guanda, Parma 2000
Pankaj Mishra, From the Ruins of Empire. The Intellectuals Who Remade Asia, Farrar, Straus & Giroux, London 2012
Pankaj Mishra, Le illusioni dell’occidente. Alle origini del mondo moderno, Mondadori, Milano 2021
Pankaj Mishra, Il mondo dopo Gaza, Guanda, Parma 2025
Franco Berardi ‘Bifo’, Pensare dopo Gaza. Saggio sulla ferocia e la terminazione dell’umano, Timeo, Palermo 2025
Roberta De Monticelli, Umanità violata. La Palestina e l’inferno della ragione, Laterza, Bari 2024
E. Du Bois, Sulla linea del colore. Razza e democrazia negli Stati Uniti e nel mondo, a cura di Sandro Mezzadra, il Mulino, Bologna 2025 (1a ed. 2010)
Anna Foa, Il suicidio di Israele, Laterza, Bari 2024
Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra, Chiarelettere, Milano 2024 (1a ed. 2002)
Enzo Traverso, Gaza davanti alla storia, Laterza, Bari 2024
Eugenio Raùl Zaffaroni, Una storia criminale del mondo. Colonialismo e diritti umani dal 1492 a oggi, Laterza, Bari 2025