cinéDIMANCHE #22 GEORGES PEREC Les lieux d’une fugue [1978]

 

DALL’ARCHIVIO: 5 Aprile 2015

 

[ sottotitoli ITA trad. O. Puecher ]

Les lieux d’une fugue in Je suis né
Édition Du Seuil Paris [1990]

Musica da Robert Schumann
KREISLERIANA op.16 [1838]
Fantasie per pianoforte

 
GEORGES PEREC

da W o il ricordo d’infanzia [1975]
 

Non so dove si sono spezzati i fili che mi collegano all’infanzia. Come tutti, o quasi tutti, ho avuto un padre e una madre, un vasino, un lettino, un sonaglietto, e piú tardi una bicicletta che, a quanto pare, non inforcavo mai senza cacciare urla di terrore al solo pensiero che intendessero alzare o perfino togliere le due piccole ruote laterali che mi davano stabilità. Come tutti, ho dimenticato ogni cosa dei miei primi anni d’esistenza.
 
La mia infanzia fa parte di quelle cose di cui so di non sapere granché. Pure, è dietro di me, è il terreno sul quale sono cresciuto, fa parte di me quale che sia la mia tenacia nell’affermare che non mi appartiene piú. Per molto tempo ho tentato di stornare o mascherare queste evidenze, chiudendomi nello status innocuo dell’orfano, dell’ingenerato, del figlio di nessuno. Ma l’infanzia non è nostalgia, né terrore, né paradiso perduto, né vello d’oro, forse orizzonte, punto di partenza, coordinate a partire dalle quali gli assi della mia vita potranno trovare il loro senso.
[pag. 19]
 
Io non so se non ho niente da dire, so che non dico niente; non so se quello che avrei da dire non viene detto perché è l’indicibile (l’indicibile non si rintana nella scrittura ma è quello che, molto prima, l’ha scatenata); so che quello che dico è bianco, è neutro, è segno una volta per tutte di un annientamento. [pag.52]
 
I ricordi ormai esistono, fugaci o tenaci, futili o grevi, ma niente li addensa. Sono come quella scrittura slegata, composta di lettere isolate incapaci di saldarsi fra loro per formare una parola che fu la mia fino all’età di diciassette o diciotto anni, oppure come quei disegni dissociati, scompaginati, i cui elementi sparsi non riuscivano quasi mai a collegarsi l’un l’altro, e con cui, all’epoca di W, diciamo tra gli undici e i quindici anni, ricoprii interi quaderni: figure che niente univa al terreno sul quale avrebbero dovuto poggiare, navi con le vele non legate agli alberi, né gli alberi legati allo scafo, macchine di guerra, ordigni di morte, aerei e veicoli dai meccanismi improbabili, gli ugelli disinseriti, i cavi interrotti, le ruote che giravano a vuoto; le ali degli aerei si staccavano dalla fusoliera, le gambe degli atleti erano staccate dal tronco, le braccia separate dal torso, le mani non garantivano presa. [pag. 83]

Rizzoli, Milano, 1991
trad. Dianella Selvatico Estense

cinéDIMANCHE
 

cdNella pausa delle domeniche, in pomeriggi verso il buio sempre più vicino, fra equinozi e solstizi, mentre avanza Autunno e verrà Inverno, poi “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera“, riscoprire film rari, amati e importanti. Scelti di volta in volta da alcuni di noi, con criteri sempre diversi, trasversali e atemporali.

articoli correlati

La morte e il lambrusco

Perché insegnare Storia è una caccia nel fango
di Francesco Bertani
La strada è come quando c’è la neve: deve fare attenzione a dove lascia la prima impronta. Così sta fermo e attento. Ha una scarpa slacciata e da dietro le lenti spesse mi osserva con un timore coltivato dalla quinta elementare.

L’Europa davanti alla sua frattura

di Martina Mattia
Nell’Europa che implode nel culto del tempo misurabile, esiste un luogo in cui l’orologio si arresta: il Sud Italia, e in particolare la Basilicata, la più remota, la più spopolata, la più dimenticata delle regioni meridionali. Qui l’atemporalità raggiunge la sua forma estrema.

La natura ama il vuoto

di Giuliano Tosi
Un lampo. Il riflesso acuminato del sole. I due emisferi di bronzo scintillano, rotondi e lucenti, nel pomeriggio primaverile. Sono uniti a comporre una sfera metallica di circa sessanta centimetri di diametro e si comprende al primo sguardo che sono stati costruiti per combaciare in modo perfetto.

Dietro il vaso

di Giuliano Tosi
Non si può guardare un quadro senza immaginarlo in frantumi. Nella densa nebbia milanese dei suoi novant’anni, a Francesco Hayez erano rimasti solo due ricordi chiari e distinti della sua infanzia veneziana.

Come fu che l’oro dei filosofi rubò a mastro Albini la vita eterna

di Greta Bienati
Mastro Giacomo Albini, medico di prìncipi ed estrattore di quintessenza, nacque in Moncalieri, cinquant’anni prima della Grande Peste, in cui scomparve senza lasciare traccia. Della sua vita, le pergamene raccontano le guarigioni e i viaggi...

Il dubbio del talmid

di Martina Mattia
Eliezer ben Mordechai, nonostante il freddo pungente tipico delle notti invernali di Amsterdam, continuava ad asciugarsi il sudore dalla fronte. Tale era il tormento che si portava nel cuore. Proprio lui, nipote del celebre Rav Eliyahu Meir Grodensky...
orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: