di Silvia Pareschi
Quando pubblicò il suo primo romanzo, nell’aprile del 2011, Peter Mountford non immaginava che il titolo avrebbe assunto un carattere ironicamente profetico. Dopo l’uscita di A Young Man’s Guide to Late Capitalism – incentrato sulle rocambolesche avventure di un analista di hedge fund inviato in Bolivia per indagare sul nuovo presidente Evo Morales e sul suo piano di nazionalizzazione dell’industria del petrolio – Mountford fece quello che fanno tutti gli scrittori: cominciò a seguirne le vicende. Attivò Google Alert e rimase a guardare mentre il suo libro veniva letto e recensito, all’inizio spesso e poi, inevitabilmente, sempre più di rado. Così comincia la storia raccontata da Mountford nell’articolo pubblicato sul numero di novembre della rivista The Atlantic: Steal My book! Why I’m abetting a rogue translation of my novel (“Ruba il mio libro! Perché sto collaborando alla traduzione pirata del mio romanzo”).
Un giorno del marzo scorso, Mountford notò che Google Alert lo indirizzava con una certa frequenza a WordReference.com, un forum linguistico internazionale. Un utente del forum, che si faceva chiamare AlexanderIII e scriveva da Mosca, chiedeva aiuto per comprendere alcune scelte di vocabolario dell’autore. Mountford immaginò che si trattasse di un lettore che non conosceva a fondo l’inglese ma voleva capire la storia in ogni minimo particolare. Finché, qualche giorno dopo, non s’imbatté in un messaggio di un altro utente, DocPenfro, il quale consigliava ad AlexanderIII di godersi il libro senza preoccuparsi troppo dei dettagli. “Mi piacerebbe, DocPenfro, ma lo sto traducendo per una casa editrice, e voglio essere sicuro di non sbagliare”, fu la risposta di AlexanderIII.
Dopo un iniziale momento di esaltazione (“Holy crap [espressione che gli utenti italiani di WordReference.com traducono con “cazzarola”], il mio libro verrà pubblicato in Russia!”), Mountford si ricordò che nessun editore russo aveva acquistato i diritti, e perciò AlexanderIII doveva senz’altro essere un rogue translator, un “traduttore pirata”. E neppure tanto bravo, a quanto pareva. Malgrado la dedizione rivelata dalla grande quantità di domande che rivolgeva, AlexanderIII non sembrava un traduttore particolarmente dotato. A un certo punto, per esempio, si chiedeva cosa potesse significare l’espressione “white-liberal guilt”, ipotizzando una soluzione che trasformava il senso di colpa dei progressisti bianchi nel “senso di colpa per il consumo di sostanza bianca (cocaina)”. Dopo aver letto una discussione riguardante il metodo corretto per utilizzare il lucido da scarpe come sostanza intossicante, ed essendosi accorto che AlexanderIII stava per suggerire di berlo diluito anziché sniffarlo (come fanno nel libro i lustrabotas, i giovani lustrascarpe boliviani), Mountford fu sul punto di intervenire, ma un “ciberpedante” lo batté sul tempo.
Se negli Stati Uniti la pirateria dei libri digitali è un problema crescente, in Russia, come spiega Mountford nel suo articolo, esiste un robusto mercato nero per la letteratura (i russi, si sa, sono sempre stati lettori forti): il 90% degli e-book scaricati in Russia sono copie piratate. Secondo l’Agenzia Federale per la Stampa e i Mass Media della Federazione Russa, i cittadini di quel paese hanno accesso a più di 100.000 titoli piratati a fronte di soli 60.000 titoli legali, e il download illegale costa ai rivenditori diversi miliardi di rubli all’anno. Riflettendo su questi dati, Mountford cominciò suo malgrado a provare una certa simpatia per quel pubblico di lettori forti, anche se illeciti. “Negli Stati Uniti”, scrive, “si ha l’impressione che quasi nessuno si prenda la briga di creare e-book pirata, perché tanto poi chi li comprerebbe?” (In realtà, secondo uno studio condotto da Attributor, nel 2009 le perdite causate dal traffico illegale di e-book si aggiravano intorno ai 2.8 miliardi di dollari, e tra il 2009 e il 2010 ci sarebbe stato un aumento del 54% nella richiesta di e-book piratati. In Italia, secondo l’Associazione Italiana Editori, più del 70% dei titoli digitali si può scaricare gratuitamente; a fronte di 19mila e-book disponibili a fine 2011, nel febbraio 2012 circolavano circa 15mila titoli in versione pirata.)
Dopo aver passato alcuni mesi a seguire di nascosto il “rapimento” del suo libro, Mountford decise di contattare il rogue translator, al quale ormai si era un po’ affezionato. All’inizio di luglio mandò un messaggio privato ad AlexanderIII: Ho notato che fai molte domande sul libro che stai traducendo in russo. Come autore del romanzo sono la persona più qualificata per rispondere. Posso offrirti il mio aiuto?
Dopo un’iniziale esitazione, AlexanderIII rispose, accettando la proposta. E fu così che Mountford si ritrovò a collaborare con il ladro del suo libro. Come racconta in un’intervista al Guardian: “Quando mi resi conto di quello che stava succedendo, provai una sconcertante miscela di orgoglio e frustrazione. Mi avrebbero senz’altro fatto comodo i circa mille dollari che avrei ricavato dalla vendita dei diritti in Russia. Ma la realtà è che quei diritti non li avevo venduti. (…) È vero, la mancanza di un’offerta per il mio libro poteva in parte dipendere proprio dall’esistenza di un forte mercato nero degli e-book. Eppure mi faceva piacere che il mio libro venisse letto anche in Russia. È un po’ triste ammetterlo, ma come scrittori vogliamo essere letti e speriamo di venire pagati, e tuttavia le cose non vanno sempre così”.
L’articolo di Mountford, come prevedibile, ha suscitato un certo interesse nel mondo letterario. Per colmo dell’ironia, è stato anche tradotto in russo senza il permesso dell’autore. Tra i commentatori dell’articolo online c’è chi sostiene che il download illegale in Russia sia l’unico modo per potersi procurare prodotti di qualità a un prezzo accessibile, visto che il costo di quei prodotti non viene modificato per adattarlo alle economie di paesi meno ricchi. La storia di AlexanderIII dimostra che, almeno nel caso degli e-book tradotti, di tutto si può parlare tranne che di “prodotti di qualità”.
Ho conosciuto Peter Mountford mentre stava scrivendo A Young Man’s Guide to Late Capitalism, e in seguito ho avuto con lui qualche scambio di e-mail su alcune questioni riguardanti l’Italia e l’italiano. In questo caso, contrariamente a quanto sarebbe avvenuto con AlexanderIII e a quello che normalmente avviene nella mia attività di traduttrice, era lui, l’autore, che faceva domande a me. Nel suo libro, infatti, c’era un personaggio italiano che aveva frequentato l’università negli anni ’70, e Peter voleva sapere se fosse plausibile che avesse studiato letteratura italiana medievale per poi, l’anno successivo, passare a economia; un’altra domanda riguardava l’esistenza di una parola italiana che significasse l’esatto contrario di “lonely”, e un’altra ancora il nome di una bevanda alcolica a buon mercato che un alcolizzato italiano poteva bere negli anni ’50 e ’60 (lucido da scarpe diluito, avrebbe probabilmente risposto AlexanderIII).
Ho chiesto a Peter di raccontarmi qualcosa della sua corrispondenza con AlexanderIII. “Subito dopo che ci siamo messi in contatto ha cominciato a farmi centinaia di domande, molte di più di quelle che faceva su Wordreference.com. A un certo punto mi ha spiegato di essere un biologo, non un traduttore di professione. E in effetti la sua competenza sembrava piuttosto scarsa. Aveva problemi soprattutto con le metafore, perché sosteneva che i russi le usano in modo diverso. Una conversazione paragonata a una partita a scacchi gli risultava incomprensibile, perché, diceva, o si parla di scacchi o si parla di una conversazione, e una conversazione non può essere una partita a scacchi.” In effetti, leggendo anche solo un breve estratto della corrispondenza fra Peter e AlexanderIII, si comprende subito la difficoltà della situazione. A un certo punto AlexanderIII scrive: “Sono un po’ imbarazzato per la lunghezza di questa frase, è sei volte più lunga dell’originale. Però accorciala pure, se vuoi.”
I lettori russi di A Young Man’s Guide to Late Capitalism sono fortunati. Peter Mountford ha fatto il possibile, e senza alcun tornaconto, per salvare il proprio libro. Lo stesso non si può dire per i lettori di altri e-book scaricati gratuitamente dopo essere stati tradotti da rogue translators – ossia traduttori dilettanti pagati quattro soldi – come AlexanderIII. Il quale, a quanto pare, si è già rimesso al lavoro, questa volta su un libro di Dennis Lehane: Gone, Baby, Gone.







(L’autore del divertente e surreale Polpette, uscito 2 anni fa per le edizioni Epika, ci regala 20 sue polpette inedite. Buon appetito. G.B.)








Allocution prononcée en clôture de la XIVe Rencontre de L’Atelier du roman à Nauplie (Grèce) les 6 et 7 octobre 2012.
di Isabel Burdiel
di Gianluca Veltri