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Ma Tolstoj con «Freedom» c’entra poco

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di Daniela Brogi

(a proposito di Jonathan Franzen, Libertà*)

1. «USA BENE LA TUA LIBERTà»: l’iscrizione del 1920 che a pagina 204 blocca l’attenzione di Patty, uno dei personaggi principali, fissa meglio di ogni altra frase i significati di Freedom, perché definisce, oltre al tema centrale, la tensione del racconto: il senso di un imperativo lapidario che attrae su di sé tutto il corpo del testo, spingendolo fino a un carico di rottura.

L’intrigo di Libertà non è originale, guardato in sé: racconta, nell’arco dell’ultimo trentennio, lo sfaldamento amoroso e famigliare di una coppia americana middle-class apparentemente perfetta.

i nodi del boia

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di Chiara Valerio

Laurent contò i nove scalini che portavano alla città alta. Nove passi dalla taverna alla bottega del fabbro. Nove passi dalla bottega alla porta azzurra. Nove passi dalla porta all’angolo della Rue des argentiers. Dall’angolo alla terza casa c’erano altri nove passi, se andava piano, e Laurent andò piano, contandoli sottovoce. Non sentiva i rumori della strada, non vedeva la gente che si scostava al suo passaggio. Laurent contava. Nove passi dalla terza casa alla finestra del forno di Maurice Pellissier. Nove passi dal forno di Pellissier alla nicchia invisibile tra la casa dei Germont e il forno dei Saunier e un passo indietro, sotto l’arcata che lo nascondeva. Adrienne era lì, nella bottega di fronte, al suo posto dietro il banco colmo di cesti e vassoi. Andava a spiarla dall’ombra dopo ogni esecuzione, perché guardarla vivere era l’unico modo di allontanare i suoi demoni. Doveva fare sempre lo stesso percorso, contando lo stesso numero di passi, e il tempo sarebbe tornato indietro, cancellando ogni sua colpa. Laurent Deville è il protagonista di In nome di Dio e per mano del diavolo (Germana Fabiano, Robin edizioni, 2011), è il boia di Saint-Germain sulla Somme. Il padre era un boia, il fratello lo è diventato, tutti i parenti esercitano il medesimo mestiere. Laurent ha sposato la figlia del boia di Saint-Germain sulla Somme, dove è arrivato giovane apprendista e dove, a un certo punto e come è naturale, è diventato l’esecutore delle alte e basse opere. Forca, ruota, decapitazione, impiccagione, rogo, altro.

Il male in Generale

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di
Azra Nuhefendić

Mi ha preso per mano, ha parlato di sé, dei suoi nipoti, delle cose ordinarie, mi ha chiesto di Sarajevo, di come vanno le cose là”. Così l’ambasciatrice bosniaca in Olanda descrive l’incontro all’Aja con il generale serbo Ratko Mladić, appena trasferito in Tribunale.
Dunque, è così! I super criminali, in effetti, sono persone comuni, piccoli uomini, quelli che parlano del tempo e del cibo, della famiglia. Il generale Mladić, che nelle prime immagini dopo la cattura è apparso come un nonno innocuo, un paesano qualsiasi, quell’uomo che oggi a sessantotto anni si fa i bisogni addosso, è il responsabile dei peggiori crimini compiuti in Europa dopo la seconda guerra mondiale.

L’impasse liberale

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di Massimo Rizzante

Ci sono economisti di destra e di sinistra che oggi assistono con lo stesso entusiasmo infantile alle peripezie di un uomo sprovvisto di ogni ideologia, desideroso solo di fare i propri interessi e allo stesso tempo in corsa, armato di scarpe da ginnastica e skateboard, verso una vertiginosa e permanente emancipazione dei costumi. Va da sé che per gli uni e per gli altri non esiste più nessuna alternativa al mercato. Per dirla con il mio amico filosofo Jean-Claude Michéa (L’insegnamento dell’ignoranza, Metauro, 2004, L’impero del male minore, Scheiwiller, 2008), il modus vivendi degli individui del nostro mondo liberale si è pian piano ridotto a quello di particelle elementari in perpetua fluttuazione preoccupate solo di limitare al massimo i rischi di una collisione.

La gaia scienza di Terrence Malick

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di Lorenzo Esposito

In Malick l’immagine è sempre stata qualcosa a metà fra la grazia e il nulla, sottilissima e siderale, scintillante e smottante fra luce e tenebre, fra principio e fine.
Una vampa tesa e velocissima, che usa gli ostacoli terreni e ultraterreni come altri punti d’accensione, già e di nuovo incanalata e inoltrata nella miriade di deviazioni e derive che pure la generano.
Come se non fosse mai solo l’immagine, ma il residuo di vita sufficiente ad assorbire tutte le vite, sintomatiche e postume, passate e future.
Un nucleo assoluto, di cui forse non esiste immagine esatta, né narrazione concorde, ma solo il film che la cerca e talvolta la intravede.

Machete, le armi spuntate delle finzione pulp

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di Giuseppe Zucco

Poi è venuto il cinema e con la dinamite dei decimi di secondo
ha fatto saltare questo mondo simile ad un carcere,
così noi siamo in grado di intraprendere viaggi tra le sparse rovine.
Walter Benjamin

Una pura formalità.
Se è questo che pensate, scordatevelo: per estro, vigore, ritmo, direzione della macchina da presa, uso delle ottiche, taglio delle inquadrature, il montaggio ora morbido e levigato ora nervoso e incrinato, e tutta una serie di spettacolari accorgimenti grafici, Machete è il genere di film che sbaraglierebbe da solo il novanta per cento della produzione nostrana.

CERTI DIRITTI

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10 giugno 2011, ore 15, Sala delle bandiere del Parlamento Europeo – Roma, via IV novembre 149

“Costruire e difendere l’Europa dei diritti”. Con, tra gli altri, Emma Bonino, Michael Cashman e il Comitato organizzatore di Europride 2011.
Programma completo su: www.certidiritti.it
I diritti non sono un optional ma una parte fondamentale della strategia di sviluppo europea. E l’Italia?

Dal 3 giugno il numero 10 in edicola e libreria

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«alfabeta2» si presenta in versione tripla con i supplementi

«alfalibri» & «alfabiennale»

«alfabiennale» è uno speciale, a cura di Manuela Gandini, dedicato alla 54° Biennale d’Arte contemporanea di Venezia. Comprende interviste a Bice Curiger, direttrice della Biennale, Achille Bonito Oliva, Carolyn Christov Bakargiev, Hans-Urlich Obrist, Arthur C. Danto, Ai Weiwei. E interventi di Giacinto Di Pietrantonio, Lòràn Hegyi, Simone Pieranni, Denis Curti, Roberto Costantino, Carla Subrizi, Michele Emmer, Giorgio Mascitelli e Jan Fabre.

Il numero 10 di «alfabeta2» presenta il focus sul linguaggio – Parlare di oggi – curato da Paolo Fabbri e Gianfranco Marrone a indagare, analizzare e scomporre forme testuali, generi discorsivi, dispositivi mediatici, problemi di traduzione ma soprattutto le loro continue e incessanti sovrapposizioni, incroci, prestiti, ruberie e ibridazioni. Le rubriche trasversali Decrescita, L’idea di comunismo e Network continuano i dibattiti aperti nei numeri precedenti, mentre in Culture d’Italia viene analizzata la complessa e particolare situazione culturale del Trentino-Alto Adige.

Ritratti dalla città delle navi

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di Andrea Bottalico

Le parole di Peppino ostentano una calma tradita a tratti dalla collera. Un vago sentimento di orgoglio attraversa il suo volto mentre divaga sui vecchi ricordi, ma cerca di reprimerlo guardando fuori alla finestra, al di là della banchina desolata. Ai suoi occhi non c’è niente di più affascinante della costruzione di una nave. I nonni erano maestri d’ascia e suo padre era fabbro artigiano, artefice dei brevetti tutt’ora presenti sul veliero Amerigo Vespucci, come i maniglioni, i ganci a scotta, l’apparato veliero. Peppino è stato il penultimo della sua famiglia a entrare nei cantieri navali. Adesso ci lavora uno dei suoi figli.
Il tempo in cui il cantiere navale di Castellammare era portato avanti da maestranze e galeotti è un’immagine sfocata nella memoria, eppure i vecchi operai ricordano ancora alcuni aneddoti del recente passato, non dimenticano certi episodi indelebili, come quella volta in cui Mussolini venne in città per visitare il cantiere e restò impietrito dal silenzio assordante colmo di disprezzo delle maestranze schierate ai lati lungo il suo percorso.

L’underground milleriano di uno Sticky Boy

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di Mauro Baldrati

For God and the Empire è il motto del the Most Excellent Order of the British Empire, ordine britannico fondato da Giorgio V nel 1917 e di cui fanno parte, o hanno fatto parte, tra gli altri: David Gilmour, George Harrison, Elton John, Jimmy Page, Robert Plant, Alain Prost, Bill Gates, Agatha Christie, Michael Caine, Sean Connery.

Per Dio e l’Impero è anche il titolo di un libro uscito nel 2009 per l’editore Tea (collana Neon, diretta da Aldo Nove), scritto sotto pseudonimo (Sticky Boy) da un ragazzo emigrato a Londra alla fine degli anni Ottanta, con la supervisione di uno studio milanese di audiovisivi, l’Istituto Micropunta. E’ un chiaro riferimento ironico a quanto di sacro, di solenne, di rigido e di perbenista nasce e si consolida all’ombra della Union Jack, la bandiera britannica, coi suoi echi di conquiste coloniali, di guerre, di splendori imperiali, di ufficiali a cavallo e bellissime dame.

l’uomo che gli trapiantarono un ordigno nucleare al posto del cuore per errore

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di Guido Catalano

fu veramente un errore grossolano
aveva bisogno di un cuore nuovo
e al suo posto gli misero una piccola ma potente bomba atomica

curiosamente l’ordigno funzionava alla bisogna
cioè pompava il sangue a guisa di muscolo cardiaco
ed il dottore, accortosi dello sbaglio disse al paziente:

“non prenda emozioni forti che succede una tragedia”

l’uomo inizialmente si incazzò parecchio
per questo caso di malasanità
poi si chetò che comunque almeno respirava

un giorno conobbe una ragazza assai carina
un poco bionda un poco no
si chiamava Clementina, come l’agrume mandarinarancio
se n’innamorò

le disse: “mi sono innamorato di te”
lei disse: “mi sembra una bella cosa perché anch’io di te”
lui disse: “però ci sta un problema”
“che tipo di tipo di problema?” chiese lei
“del tipo a fissione nucleare incontrollata”
“sei un fisico nucleare?”
“no, mi hanno ficcato una bomba atomica nel petto”
“interessante” disse lei “allora è meglio farla finita da subito, ciao me ne vado”
e si girò
e camminò

nel momento esatto in cui la prima lacrima toccò il suolo
fu l’inferno

IN UN MONDO SENZA DIO

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di Uaar

Il resoconto video integrale del convegno In un mondo senza Dio organizzato a Genova dall’Uaar e dalla Federazione Umanista Europea nel maggio scorso è accessibile direttamente da questa pagina sulla piattaforma Vimeo:

Il primo filmato si riferisce alla conferenza “Le basi morali in un mondo senza Dio” con Telmo Pievani e Giulio Giorello, moderata da Raffaele Carcano: la cornice è quella del Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale. La stessa sala ha ospitato anche l’incontro “Pensare ed agire in un mondo senza Dio”, diviso in due parti: nella prima parte modera Raffaele Carcano e relazionano Gilberto Corbellini e Simone Pollo, nella seconda il moderatore è Andrew Copson e i relatori sono Valerio Pocar e Anthony C. Grayling:

Due video distinti (prima e seconda parte) anche per il workshop L’etica della responsabilità sull’assistenza morale non confessionale:

GIOVANNI GIUDICI [26 giugno 1924 – 24 maggio 2011]

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[ dal sito della RAI questa bellissima intervista – in ricordo di un poeta cristallino nella vita e nel verso – nella soffice acuminata ironia – e “Gli abiti e i corpi” ]

Giovanni Giudici
Gli abiti e i corpi

Ormai sfibrate le asole e sapienti
Rammendi qua e là – ma gli abiti
Sembravano come nuovi. Egli
Accurato ogni sera li deponeva
Sopra una sedia – quali
Che fossero l’umore o la stabilità
L’uxorio brontolamento che lo affliggeva.

Voci

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di Andrea Inglese


Al piano di sopra, sono sicuro, ci sono degli africani.

Non so di che paese dell’Africa sono, non so neppure se siano “africani”, in quanto sono magari cittadini francesi, ma è sicuro che sono dei francesi africani, e dei francesi africani neri, sono senz’altro degli africani neri, quelli al piano di sopra, lo so pur non vedendoli, pur non avendo nessuna certezza visiva del colore della loro pelle, perché se avessero la pelle molto scura, la pelle nera, non sarebbero di certo africani del Maghreb, come degli egiziani o degli algerini, la cui pelle più scura di quella di un francese rimane comunque più chiara di quella di un africano del Senegal o del Camerun, anche se poi molti europei sono neri, e tra questi moltissimi europei sono una fotocopia degli africani neri, perché in definitiva sono figli degli africani neri, pur essendo dei francesi, a tal punto che confondono le idee intorno alla certezza della pelle europea,

Rivolte e nuovi media

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di Tiziano Colombi

Dopo le proteste e gli scontri che hanno segnato la fine del regime del dittatore Ben Alì è comparsa sui muri di Tunisi la scritta: “Merci le peuple! Merci Facebook”(1). Il graffito sembra avvalorare le numerose tesi giornalistiche che nel raccontare le rivolte di questi mesi in Medio Oriente hanno spesso usato espressioni come “rivoluzioni di Twitter” o “rivoluzioni di Wikileaks”.

Questo orientamento tuttavia appare più come una riduzione di complessità riferita a eventi tanto drammatici quanto complessi. Numerosi gli interventi di esperti dei media e professionisti del settore, accademici e non, che hanno provato ad approfondire l’analisi sulle “nuove rivoluzioni”.

Rivolte virtuali.
Tra quanti hanno definito il ruolo dei social media quantomeno rilevante nella genesi dei fatti del nord Africa troviamo l’autorevole blogger politico Andrew Sullivan (2). Egli ritiene che quando i ricordi e gli accadimenti dell’ultimo anno potranno essere analizzati con più calma si noterà il contributo fornito alla causa dei ribelli da piattaforme come Twitter e Facebook. Sullivan parla a questo proposito di un aiuto importante sia per quanto concerne la mobilitazione sia la circolazione di informazioni.

Scuola di calore V

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Morago, Fuoco Fatuo, 1995
di Massimo Rizzante

Sybille

Secondogenita, ho dovuto ben presto infilare nella cruna
dell’ago tutta me stessa. Che altro fare se volevo destare
l’attenzione di mia madre? Amava mio fratello Charles. Trovavo
impronte di rossetto Rouge Interdit perfino sulle sue natiche

Perciò sono cresciuta nell’ombra. E ciò ha fatto sì che non pagassi
l’entrata per il circo né che rincorressi il successo travestita
da nana o nazista. Me ne stavo con gli zingari, nelle roulottes,
nelle gabbie, nel tanfo degli animali in cattività: che altro c’è da vedere?

alfazeta per alfabeta: P come Потёмкин

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Puntata di Alfazeta per Alfabeta, dedicata alla presentazione del 13 maggio al Salone del Libro di Torino del numero 09 di «alfabeta2» e del supplemento «alfabetalibri» con interventi di Umberto Eco, Maurizio Ferraris e i curatori di «alfabetalibri» Andrea Cortellessa e Maria Teresa Carbone. La sala gremita, i temi toccati al centro di numerose questioni sia culturali che politiche cui Alfabeta tenta di dare delle risposte sia culturali che politiche. Intanto lo spettro di Fantozzi si aggira per l’Europa ma questa volta sembra volerci dire altro, qualcosa del tipo : Fantozzi è una cagata pazzesca!!
La poesia di Lidia Riviello pubblicata sul numero 9, è letta dall’autrice in controcanto con le parole introduttive di Andrea Cortellessa. L’enfant rouge si fa un giro sul suo monopattino come ad aspettare il momento giusto per dare l’assalto e nei pensieri Brahms.
effeffe

piccoli editori

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Ritorna Piccoli editori a Mantova, il viaggio nel mondo della lettura che vede coinvolti, tutti insieme e in sinergia, editori, biblioteche, librerie e lettori. L’esposizione organizzata dal Centro Culturale Gino Baratta e dal Sistema Bibliotecario Grande Mantova vuole essere un nuovo e significativo momento per favorire l’incontro tra libro e lettore.

Nella accogliente sede della Biblioteca Baratta, la manifestazione propone una indicativa rassegna della produzione di piccoli editori di qualità, di rilevanza nazionale, con particolare riguardo all’editoria per l’infanzia e al graphic novel.

Due poesie

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di Antonella Anedda

Lezione

Oggi guardando la città al mattino e i palazzi tremanti di vapore
ho pensato al Giappone, alla casa di Basho vista l’anno scorso ad aprile
alle sue mappe con le descrizioni dei luoghi
al suo cappello di canne e al suo mantello dentro una bacheca.
Nel cortile minuscolo con il banano da cui prende il nome
c’è una rana di pietra – uno stagno –
un suono di acqua mossa che ricorda i suoi versi.
Tutto era breve dal tetto alla fontana fino alla stanza
dove le sue poesie stanno modestamente in mezzo a quelle di altri
senza nessun rilievo tranne quel soprannome: basho

Rivelazione

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di Giovanni Catelli

Finì di maledire l’esistenza di Dio dopo il settimo giorno dalla nascita del vento, quella bestemmia del creato che traversò il paese sino a devastarlo, spalancò le finestre dell’immaginazione alle dame bigotte dell’ Unione benefica, strappò le campane superflue dalla cima del campanile, per concedere ai fedeli di riconoscere il cielo, distrusse le vetrate a colori, dono generoso della banca del Latifondo, le sfondò con rigore cartesiano, spargendone i frammenti per le navate come granita di frutta, s’infilò con urla di sirena vendicatrice nel cratere immenso della cupola sfondata dalle campane, disperse i chierici con il terrore semplice della sua mala intenzione, ma non se ne andò, prima di aver assistito alla rovina di tutte le case della Conquista,

Bafangulu

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