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SERIE A

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di Piergiorgio Paterlini

Quando uno dei tanti calciatori gay che giocano in serie A dirà pubblicamente: “sì, sono omosessuale” qualcosa di importante cambierà e contemporaneamente sarà cambiato nel nostro Paese. E anche la voce sgraziata e incivile di Giovanardi la sentiremo un po’ più lontana, un po’ più ridicola e insignificante.
Perché un giocatore di calcio di serie A? Perché se c’è un luogo dove il tabù è più forte – tabù spesso imposto dalle società, dai procuratori eccetera – è esattamente lì, nel calcio e nel calcio professionistico.
C’è un bello spettacolo teatrale che fa parlare un giocatore di calcio omosessuale, si intitola “Ultima stagione in serie A”, ha avuto – come si dice – due riprese nel corso degli anni. Ma rimane uno spettacolo teatrale.
Pochi giorni fa Anton Hysen, 20 anni, calciatore svedese, figlio di Glenn Hysen, difensore di Fiorentina e Liverpool e oggi allenatore proprio di Anton – copio spudoratamente dal Corriere della sera – ha raccontato (la volta che scriverò “confessato” o “rivelato” autorizzo chiunque a tagliarmi le mani) di essere appunto gay. «In Italia non l’avrei detto», ha subito aggiunto. Meno male. Cominciavamo a preoccuparci. Sono parole che fanno bene al cuore.

O virtus Sapientiae Hildegard Von Bingen [ 1098-1179 ]

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O virtus Sapientiae,
quae circuiens circuisti
comprehendendo omnia
in una via, quae habet vitam,
tres alas habens,
quarum una in altum volat,
et altera de terra sudat,
et tertia undique volat.
Laus tibi sit, sicut te decet,
O Sapientia.

Per non dimenticare Vik

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di Lorenzo Galbiati

Vedo tutto dall’alto della platea, seduto in un posto quasi d’angolo dietro all’altare. La palestra è gremita dalle 15,30. Siamo sicuramente più di 2000. Molte persone hanno dovuto adattarsi a sedersi nel prato circostante l’edificio. Su ogni vetrata della palestra è appesa una bandiera della pace, l’unica consentita, come ha più volte dichiarato al microfono una rappresentante della famiglia.

Le bandiere della Palestina ci sono, ma tenute ammainate o fuori dalla palestra.

L’uomo che cammina un passo avanti al buio

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di Corrado Benigni

Finalmente anche in Italia un’antologia esaustiva dell’opera di Mark Strand, tra i più grandi poeti americani contemporanei. Da poco uscito per gli Oscar Mondadori, con il titolo L’uomo che cammina un passo avanti al buio, questo volume propone un’ampia selezione del vasto percorso creativo di questo maestro del nostro tempo, dagli esordi negli anni Sessanta fino ai libri più recenti.
Nella sua assoluta originalità, Mark Strand, nato in Canada nel 1934, anche se da sempre vive negli Stati Uniti, ora a New York dove insegna alla Columbia University, è autore di un’opera complessa che si ricollega ai ceppi originari della cultura statunitense ponendosi a metà strada fra il vecchio e il nuovo mondo. Da un lato riecheggia l’imagismo di Ezra Pound e l’astrattismo di Wallace Stevens; dall’altro l’immaginario dantesco, la metafisica moderna di Eugenio Montale, quella pittorica di Paul Cézanne e il surrealismo di Kafka. Da questa prospettiva la sua poesia appare come un fiume al cui alveo affluiscono mondi esterni che, interiorizzati, si rigenerano e incrementano la sua portata.

il caso editoriale

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di Chiara Valerio

17 marzo 2010, ore 22. Uno dei maggiori agenti italiani riceve un dattiloscritto. È una serata come tante, ma ancora non sa che la routine verrà stravolta da questo libro. Una volta aperto il file, gli occhi scorrono veloci sullo schermo del computer e smettere di leggere sembra quasi impossibile. 18 marzo 2010, ore 10.20. L’agente invia una mail alle maggiori case editrici italiane, definendo il dattiloscritto in oggetto non “un libro” ma “il libro”, quello che tutti gli editori vorrebbero avere nel proprio catalogo e che tutti i librai vorrebbero avere sullo scaffale della propria libreria. Ore 10.22. La casa editrice Longanesi inizia a leggere il dattiloscritto. Il consenso è unanime. Il libro ha in sé una tale forza dirompente, un intreccio narrativo così potente e sapiente costruito che è impossibile non rimanere catturati nella tela intessuta dell’autore. Il Libro deve essere un libro Longanesi. (…) Aprile – Novembre 2010. Mentre John Stephens mette a punto gli ultimi dettagli del romanzo, gli editori di tutto il mondo dell’Atlante di Smeraldo si preparano a un lancio in grande stile, praticamente in contemporanea mondiale… e la storia prosegue, in tutte le librerie, ad Aprile 2011. 21 Aprile 2011, ore 16.30. A l’Unità decidiamo di aggiungere un punto a questa cronologia e così scorriamo voracemente la Brochure consuntiva delle promozioni suddivisa, nell’ordine, nei seguenti punti L’entusiasmo dell’editore, Il giudizio unanime, la cronologia del caso editoriale, la trama, l’autore, i protagonisti, i coprotagonisti, le pagine centrali con un pop-up raffigurante una emisfera armillare culminata da una divinità vagamente indù e il cui cerchio equatoriale è tempestato di gemme verdeggianti che spunta solerte e avvenente appena si sfogliano proprio quelle pagine, le iniziative promozionali (kit vetrina e materiale per il punto vendita), il piano marketing. Due pagine.

La O di Klee e la O di Giotto

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di Laura Barile

Pochi romanzi italiani contemporanei (ma Giovanni Orelli è svizzero) hanno la densità e al tempo stesso l’audacia e la leggerezza di Il sogno di Walacek, uscito da Einaudi del 1991 (tradotto in francese da Gallimard e in tedesco per Limmat Verlag) e ristampato oggi dalle romane edizioni 66th and 2nd, con un bel saggio di Rossana Dedola che si avventura e accompagna felicemente il lettore entro il puzzle di questa scrittura umoristica.

Il primo libro di Orelli (premio Veillon, cui si sono aggiunti nel tempo il premio Schiller e il premio Gottfried Keller) aveva una prefazione di Vittorio Sereni. Rileggiamo alcuni suoi versi dal campo di prigionia algerino, datati maggio 1944: “Rinascono la valentia/ e la grazia. / Non importa in che forme – una partita / di calcio tra prigionieri / specie in quello / laggiù che gioca all’ala. / O tu così leggera e rapida sui prati / ombra che si dilunga / nel tramonto tenace …”

Verifica dei poteri 2.0: Antonio Tricomi

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[Antonio Tricomi risponde alle Cinque domande su critica e militanza letteraria in Internet a proposito di Verifica dei poteri 2.0; qui le risposte precedenti.]

1. Le linee fondamentali di questa ricostruzione ti sembrano plausibili?

Per quel che so del fenomeno, sì.

2. Quando e perché hai pensato che Internet potesse essere un luogo adeguato per “prendere la parola” o pubblicare le tue cose? E poi: è un “luogo come un altro” (ad esempio giornali, riviste, presentazioni o conferenze…) in cui far circolare le tue parole o ha delle caratteristiche tali da spingerti ad adottare delle diverse strategie retoriche, linguistiche, stilistiche?

In verità, il mio primo contatto da autore – devo dire: molto sprovveduto – con Internet è stata l’edizione, presso Guaraldi, di due e-books – un testo letterario e uno di saggistica – che oggi terrei gelosamente nel computer.

Ubu-Reportage per un secolo di Patafisica

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Per la rivista diretta da Riccardo De Gennaro ho chiesto al mio maestro Fernando Arrabal di scriverci una nota su questi cento anni di patafisica visti da dentro (fuori, sopra e sotto). La traduzione è mia e il fotodossier a cura di Mauro Guglielminotti. Abbonatevi a Reportage, vale! effeffe

Portrait di Mauro Guglielminotti

Hommage
di Fernando Arrabal
traduzione di Francesco Forlani
Da il Reportage numero 6, aprile-giugno 2011

Del College Pataphysique temo mi sia ignoto l’essenziale. Come di quasi tutto. Oppure, di non poter dire altro se non quello che ho sentito dire o letto.
Credo sia ‘Il’ centro delle ricerche sapienti. (Una vera manna per me!). Ma soprattutto inutili. (Meglio ancora!). Ovvero, miste a confusione. Un panico dovrebbe sentirsi tanto a proprio agio quanto un surrealista in forte imbarazzo. Il College, naturalmente, non ha mai praticato dei veti, proibizioni o espulsioni. Ovviamente, visto che offre soltanto delle soluzioni immaginarie. Si possono quindi studiare soltanto le leggi che governano le eccezioni. “Les très riches heures du C ’P” (Fayard, 2000) del Serenissimo pennifero Thieri Foulc mi farà da guida.

La vita oscena

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di Gianni Biondillo

Aldo Nove, La vita oscena, Einaudi, 2010, 111 pag.

Perdere tutto in una età, l’adolescenza, dove invece si ha bisogno di tutto per costruire una propria identità stabile. Perdere il padre e la madre nel giro di pochi mesi, e poi la casa dove si è vissuti. Perdersi, di conseguenza, nella disperazione e nell’apatia. Questo il filo conduttore di un libro, La vita oscena, dal peso specifico elevatissimo che riesce a condensare nel volgere di poco più di un centinaio di pagine una storia drammatica, anzi di più, tragica, quella dell’autore stesso, Aldo Nove.

APRIL 25TH

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di FRANCO BUFFONI

La rimozione della cultura nella società italiana ebbe simbolicamente inizio nei primi anni Ottanta quando tre reti televisive vennero concesse a chi attualmente ci governa. Il presidente del consiglio di allora, poi morto latitante – colui che è riuscito a rendere impronunciabile in Italia il termine socialista – era legato a filo doppio a chi attualmente ci governa: che in anni più recenti si è impegnato a rendere impronunciabile il termine liberale. Non dimentichiamo che quella dei veri liberali e quella dei veri socialisti sono le due famiglie politiche che reggono l’Unione europea.

Coloro che vorrebbero abolire la memoria del XXV Aprile vorrebbero dedicare una piazza di Milano al presidente del consiglio morto latitante. Perché non propongono anche l’erezione di un monumento? Coi due statisti insieme: quello che ha reso impronunciabile il termine socialista e quello che ha reso impronunciabile il termine liberale. Distruggendoci culturalmente.
Il mutamento di stile, il manifesto disprezzo per il potere legislativo da parte del potere esecutivo ebbe simbolico inizio con una definizione – “Parco buoi” – che, nel 1983, il presidente del consiglio poi morto latitante diede del Parlamento italiano. Non era mai accaduto in precedenza che il capo dell’esecutivo insultasse in tal modo il legislativo. Se oggi siamo in questo stato, con l’esecutivo che detta a un legislativo di nominati leggi penalizzanti contro il giudiziario, il pensiero non può non correre al primo di quei due statisti, il latitante: l’ispiratore del “Menzogna” (definizione del mio maestro Giovanni Raboni).
Il monumento dovrebbe effigiarli con lo sguardo vòlto a quella repubblica presidenziale cui entrambi miravano (naturalmente pensando a se stessi nel ruolo del caudillo for ever).

Lunedì in Alba

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25 Aprile Reloaded

E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante: che ne restasse sempre uno. Scattò il capo e acuì lo sguardo come a vedere più lontano e più profondo, la brama della città e la repugnanza delle colline l’afferrarono insieme e insieme lo squassarono, ma era come radicato per i piedi alle colline. – I’ll go on to the end. I’ll never give up. ( Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, p. 392)

lo sai che tratto solo amori impossibili

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di Chiara Valerio

Quando si è giovani si è già immortali e basta. Ci sono giorni che odio Sandokan, Yanez, Tremal-Naik, il Corsaro Nero proprio perché continueranno a vivere senza di me. Io non posso più farli morire, neanche se voglio. Una volta non potevo perché avevo bisogno di loro per raccontare nuove storie. Adesso (…) li sento che ridono di me, i personaggi, la notte. Stanno sul ballatorio e ridono. (…) Ma io mi sono vendicato. Li ho fatti invecchiare: Yanez, anche Sandokan. I cinquanta, i sessanta, sono arrivati anche per loro. Sono rosicchiati dalla malinconia. Ingrassano. Disegnare il vento (Einaudi, 2011) di Ernesto Ferrero ricostruisce gli ultimi anni della vita di Emilio Salgari attraverso una ronda di personaggi, di testimoni oculari o quasi, di lettori appassionati e sparsi, e lo fa con un gesto di natura centripeta – gli accadimenti, i testimoni vagolano in un intorno della casa dello scrittore, sono i figli, il medico, la moglie, la lavandaia, la figlia del produttore di liquori, nessuno viaggia per i mari del Borneo, nessuno parte, nessuno confabula in una lingua altra rispetto a un dialetto piemontese, e le avventure del Verne italiano, per le quali tutti coloro che sono stati chiamati a parlare, hanno palpitato, stanno tutte confinate su centinaia di schede in una scatola di latta – e con una ossessione bambina – le pagine, una dopo l’altra, somigliano a quei giochi di ruolo con le statuine di bronzo, assemblate e dipinte a mano una per una, e che, una per una, rievocano un intero mondo di spade, agguati, amori, sorprese.

Sud Reloaded – Pier Paolo Pasolini

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A me basterebbe, lo giuro, la resurrezione della mia terra. effeffe
da Pagine Corsare

La Terra di Lavoro
da Le ceneri di Gramsci
di
Pier Paolo Pasolini

Ormai è vicina la Terra di Lavoro,
qualche branco di bufale, qualche
mucchio di case tra piante di pomidoro,

èdere e povere palanche.
Ogni tanto un fiumicello, a pelo
del terreno, appare tra le branche

degli olmi carichi di viti, nero
come uno scolo. Dentro, nel treno
che corre mezzo vuoto, il gelo

PASQUA DI RESURREZIONE

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di FRANCO BUFFONI

Punti centrali del cristianesimo sono l’incarnazione e la resurrezione. Io credo sia dannoso indurre un bambino a basare la propria etica su una nascita “divina” e sulla “resurrezione” di un uomo.
Perché glielo si insegna da piccolo, costruendogli un’etica su due eventi che deve accettare in modo dogmatico. Mandandolo incontro a due pericoli: accettare anche altre ingiunzioni di tipo dogmatico, oppure diventare cinico, amorale, sprovvisto di un’etica.
Infatti, quando – crescendo – gli frana, alla luce della ragione, l’impianto etico basato sui dogmi, è ben difficile che l’ex giovane sia in grado di configurarsi in un’altra etica radicata e profonda. Anche da questo – secondo me – viene molto del cinismo, dell’opportunismo, della schizofrenia, delle ipocrisie, delle piccole e grandi astuzie che caratterizzano gli italiani.

EREDITA’ CULTURALI

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di FRANCO BUFFONI
Non è poco chiedere di poter crescere senza sentirsi dei mostri. Che è ciò che è sempre accaduto agli omosessuali semplicemente perché le loro famiglie non li aspettavano. Non li aspettavano “così”. L’aspettativa di un figlio non dovrebbe dare per scontato in anticipo il suo orientamento sessuale. Un bambino di orientamento omo non è mai atteso, non è mai nemmeno seriamente ipotizzato. E’ sempre poi solo una sgradita sorpresa.
E se per i famigliari la sorpresa è sgradita, per il bambino oggetto dello “sgradimento” – mentre goffamente tenta di assomigliare al bambino e all’adolescente che i famigliari si attendevano – la sorpresa si trasforma nella consapevolezza di essere una creatura sbagliata, appunto: mostruosa.
In paesi più avanzati del nostro, dove la maternità surrogata e l’adozione da parte di coppie omogenitoriali sono legali, si sono già verificati casi di giovani di sesso maschile con orientamento eterosessuale, figli di coppie omogenitoriali gay. I quali a scuola sono a contatto con giovani omosessuali figli di “normali” coppie eterosessuali. Il paradosso in questi casi è la cultura gay che permea inevitabilmente i primi, e il desiderio gay che invece invade i secondi. Vissute con intelligenza queste situazioni possono solo arricchire entrambi i soggetti e le loro famiglie.
E’ dunque possibile parlare della trasmissione di una identità culturale omosessuale? Solitamente si dice che la cultura, di qualsiasi tipo, si trasmette di padre in figlio. I gay, che per definizione sono sterili, sono stati tuttavia in grado di trasmettere – per filiazione culturale – una cultura e una identità gay. Ma chi si è effettivamente preso cura – in passato – del passaggio dei saperi da una generazione all’altra di omosessuali?

Up Patriots to Arts- Teatro Civico 14- Caserta

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Stasera alle 21 sono qui. Musiche di Rosario Natale (violino). Effeffe

Dieci anni, per esempio / La narrativa italiana del ventunesimo secolo

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di Stefano Gallerani

Apparso sull’ultimo numero del «Caffè Illustrato», Dieci libri, per esempio è il tentativo di stilare un bilancio di questi primi anni zero di narrativa italiana attraverso la ricognizione di fenomeni, la redazione di genealogie e l’inclusione di giudizi, poiché «l’arte non è complesso di abitudini» ma esercizio «sui “valori” in atto». Delle ragioni più specifiche del lavoro è dato conto al suo interno. A mo’ di introibo – e una volta letta anche la discussione che ha seguìto la pubblicazione, sempre qui sulla Nazione, dell’introduzione di Vincenzo Ostuni alla raccolta di antologia poetica da lui curata per «l’Illuminista» (operazione che a questa mia è in certo qual modo sorella maggiore) – a mo’ di introibo, dicevo, valgano invece queste poche righe di Marguerite Yourcenar: «Non giudicare… Giudica; non smettere, instancabile coscienza, di valutare i tuoi atti, e pensieri, e gli altrui, con i tuoi strumenti ancora primitivi; usa al meglio la tua bilancia, troppo e troppo poco sensibile, perennemente sfasata, tarata alla buona dall’apporto di incessanti scrupoli. Giudica, per non essere giudicata il peggiore degli esseri, l’animo vile, disposto a tutto per ignavia, che rifiuta di giudicare». S.G.

Dieci anni, dieci libri. Ma potevano essere anche dieci libri per ogni anno. O un libro per ciascun anno. Oppure dieci scrittori. O, perché no?, dieci “casi”. Come sempre quando si fa questione di metodo, la convenzione la fa da padrona. È la voce del padrone, anzi. Dunque, inutile sfuggirle, tanto più che per un secolo che si presenta con tre zeri, i primi dieci anni sono qualcosa di più che un semplice lasso di tempo: rappresentano un giro di pista completo, una decade perfetta e il periodo necessario e sufficiente perché si assestino posizioni, s’adeguino situazioni e si stilino bilanci. Come il presente, primo di una triplice serie, che ha ad oggetto – della produzione letteraria italiana – il fenomeno più prosaico e controverso, ovvero la narrativa.

Verifica dei poteri 2.0: Gherardo Bortolotti

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[Gherardo Bortolotti risponde alle Cinque domande su critica e militanza letteraria in Internet a proposito di Verifica dei poteri 2.0; qui le risposte precedenti]

1. Le linee fondamentali di questa ricostruzione ti sembrano plausibili?

In linea di massima, direi di sì anche se, in effetti, non ho seguito in modo puntuale le vicende che voi ricostruite. Soprattutto della prima parte, diciamo fino alla rifondazione di Nazione Indiana e all’apertura di GAMMM, ho una nozione piuttosto approssimativa. In parte perché ho sempre avuto un rapporto abbastanza distaccato dalla scena letteraria, sia on che off line. In parte perché, in quegli anni, ero impegnato più sulla sperimentazione delle strutture testuali praticabili sul web (tra fine anni ’90 e primissimi 2000, soprattutto gli ipertesti e poi, negli anni successivi, soprattutto i blog) che non sulla questione della presenza on line della scena letteraria. Inoltre, agli inizi della mia frequentazione di internet, mi sembrava molto più stimolante sfruttare la portata globale della rete per avere un’idea della produzione corrente di altre aree linguistiche che non di quella italiana.

DIARY di Tim Hetherington [Liverpool 1970 – LIBIA Misurata 20 aprile 2011]

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www.timhetherington.com

“Diary” è un film fortemente personale e sperimentale che esprime l’esperienza soggettiva del mio lavoro, e fu concepito come un tentativo di trovare me stesso dopo dieci anni di reportage. E’ un caleidoscopio di immagini che collegano la nostra realtà occidentale ai mondi apparentemente distanti che vediamo nei media.

pop muzik (everybody talk about) #10

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Dick Johnson / Pussy Galore. 1989