di Piergiorgio Paterlini
Quando uno dei tanti calciatori gay che giocano in serie A dirà pubblicamente: “sì, sono omosessuale” qualcosa di importante cambierà e contemporaneamente sarà cambiato nel nostro Paese. E anche la voce sgraziata e incivile di Giovanardi la sentiremo un po’ più lontana, un po’ più ridicola e insignificante.
Perché un giocatore di calcio di serie A? Perché se c’è un luogo dove il tabù è più forte – tabù spesso imposto dalle società, dai procuratori eccetera – è esattamente lì, nel calcio e nel calcio professionistico.
C’è un bello spettacolo teatrale che fa parlare un giocatore di calcio omosessuale, si intitola “Ultima stagione in serie A”, ha avuto – come si dice – due riprese nel corso degli anni. Ma rimane uno spettacolo teatrale.
Pochi giorni fa Anton Hysen, 20 anni, calciatore svedese, figlio di Glenn Hysen, difensore di Fiorentina e Liverpool e oggi allenatore proprio di Anton – copio spudoratamente dal Corriere della sera – ha raccontato (la volta che scriverò “confessato” o “rivelato” autorizzo chiunque a tagliarmi le mani) di essere appunto gay. «In Italia non l’avrei detto», ha subito aggiunto. Meno male. Cominciavamo a preoccuparci. Sono parole che fanno bene al cuore.








