Da «il Fatto Quotidiano» – mercoledì 2 marzo 2011
A proposito dei valori che si trasmettono in classe: i miei genitori erano professori, mi hanno insegnato l’importanza della conoscenza e della capacità critica.
di Evelina Santangelo
A casa mia c’erano molti libri e non erano sugli scaffali come parte dell’arredamento per fare scena. Si leggevano. C’erano i libri dei miei genitori, i libri delle zie di mio padre e dei miei nonni paterni. Perché, a casa mia, si erano succedute generazioni di professori di ogni disciplina. E quasi tutte le mie zie e i miei zii – paterni e materni – hanno continuato a svolgere orgogliosamente quello che ritenevano un compito tra i più delicati.
A casa mia, quando si doveva fare un complimento a qualcuno, si diceva: «È una bella testa, una bella intelligenza». E se si faceva invece un apprezzamento che aveva a che vedere con la bellezza fisica si pronunciava sempre con garbo, per non offendere.
A casa mia, quando i miei volevano sapere com’era andata a scuola, non ci chiedevano «Quali competenze avete acquisito?», volevano sapere piuttosto cosa avevamo appreso, capito. Né era possibile esprimere un’opinione con arroganza, se si desiderava essere ascoltati.









