
[Dopo gli interventi di Helena Janeczek e Andrea Inglese, abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca, Luigi Bernardi, Michela Murgia, Giulio Mozzi, Emanule Trevi, Ferruccio Parazzoli, Claudio Piersanti, Franco Cordelli, Gherardo Bortolotti e Dario Voltolini, ecco le risposte di Tommaso Pincio]
Come giudichi in generale, come speditivo apprezzamento di massima, lo stato della nostra letteratura contemporanea (narrativa e/o poesia)? Concordi con quei critici, che denunciano la totale mancanza di vitalità del romanzo e della poesia nell’Italia contemporanea?
Circa la poesia, sapendone poco o nulla, mi astengo da qualunque commento. Dissento invece con i critici in merito alla «totale» mancanza di vitalità del romanzo. Nell’ultimo decennio la narrativa italiana ha offerto un numero insolitamente elevato di opere significative, e dico «insolitamente» perché la finzione romanzesca è per tradizione un genere penalizzato dalla nostra letteratura. Certo, se si paragonano gli esiti locali con quanto si fa altrove, il panorama può apparire poco esaltante, ma bisogna per l’appunto fare i conti con un passato che non ci aiuta. Va inoltre considerato che alcuni fra i critici che si lamentano della produzione contemporanea bollano pregiudizialmente il romanzo come forma espressiva di retroguardia, se non del tutto defunta.












19 e 20 MARZO
