di Luciano Martinengo
Nel 2009 sono scomparse a Milano due importanti voci della poesia: Alda Merini e Piera Oppezzo. Alda, simpatica, debordante e popolare; Piera, schiva, orgogliosa e dimenticata. E’ di Piera che voglio parlare, dell’amica che ho seguito negli ultimi due mesi di vita, fra le tribolazioni ospedaliere e lo spegnersi di ogni volontà di continuare a vivere. Sfogliando i suoi scritti, le foto e i libri che aveva scelto come compagni di vita, mi chiedo che cosa l’abbia indotta ad abbandonare la frequentazione degli amici, il desiderio di essere ri-conosciuta e infine anche la scrittura. Raggiunto il silenzio perfetto, non c’era più, per lei, necessità di vivere. La sua poesia, anzi la sua ricerca di espressione poetica, ha accompagnato in modo spietatamente coerente, l’evolversi della sua vicenda umana. Il suo mondo poetico ne è risultato letteralmente scarnificato; le sue frasi hanno finito per omettere articoli, aggettivi, punteggiatura e connettivi vari diventando quasi incomprensibili, ad una prima lettura. Gli avvenimenti del mondo, tranne il decennio 1968-78 delle grandi speranze di riscatto politico e femminista, non hanno lasciato traccia né emozione.










Il saggio è tratto dal numero 13 della rivista A+L, che raccoglie gli interventi della rassegna SGUARDI A PERDITA D’OCCHIO. I poeti leggono il cinema. L’introduzione si può leggere 

