di Elena Rapisardi

«Qualche volta una specie di gloria illumina lo spirito
di un uomo. Succede quasi a tutti. Lo si può sentir
venire su o prepararsi come il detonatore che sta per
dare fuoco alla dinamite. È un sentimento nello
stomaco, un piacere dei nervi, degli avambracci. La
pelle gusta lʼaria e ogni respiro profondo è dolce.
I suoi inizi danno il piacere di un bello sbadiglio aperto;
balena nel cervello e tutto il mondo se ne accende
davanti agli occhi. […] E io credo che lʼimportanza di
un uomo nel mondo possa essere misurata dalla
qualità e dal numero delle sue glorie. È qualcosa di
solitario ma ci mette in rapporto con il mondo.
È madre di ogni creatività, e separa ogni uomo dagli altri»
[John Steinbeck, la Valle dell’Eden]
Quando, dopo il terremoto del 6 aprile, decisi di partire per prestare servizio come volontaria di protezione civile, non sapevo a cosa sarei andata incontro, sapevo però perché avevo deciso di partire. E già questo non è poco, visto che spesso capita di decidere di compiere azioni senza una vera ragione.
Partivo perché banalmente ero colpita da questa tragedia umana, perché volevo rendermi utile anche pulendo cessi e zappando.












