
di Demetrio Paolin
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Tu mi spingi a scrivere, ma so che quando scrivo i miei racconti risulto sgradevole, perché provo a dire questo male. Dicendolo non faccio che propagare il male, tenendolo vivo e rendendolo ogni volta più potente. Ho vissuto talmente tanto con il male, con il mio, che mi sono abituato a vederlo come una cosa fra le altre. Non c’è nulla di atipico nel fatto che io stia nel male, anzi. Mi sembra che non sia così tremendo, ma semplicemente è. Io ne sono convinto, perché ci vivo da tempo con questo male, e il somaro s’abitua al giogo. Io non faccio male, questo è importante, né il mio male contagia gli altri. Il male è solo una condizione del mio esser nato. Potevo nascere santo, potevo venir su assassino. Potevo. Invece sono nato nel male, sono nato che non sono né carne né pesce, e pur facendo di tutto per togliermi di dosso il giogo, il male è sempre con me. Come il matto con l’ombra, ci ho lottato tanto che ne sono uscito zoppo. Ora ho semplicemente capito che il male per me è come per alcuni la grazia.
Il male è la mia grazia.
Ho accettato che sono male. Così avrò salva la vita.












