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L’altro

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di Gianluca Morozzi 

[A Bologna, domenica 24 Febbraio alle 19,30, XoMeGaP presenta il libro di racconti Mutazioni (LAB – Giulio Perrone Editore), al salotto post litteram dell’Arterìa (Vicolo Broglio 1/E). XoMeGaP è un un progetto letterario nato nel 2005: un “gruppo di affinità”, tra amici scrittori, in rete come sito e come blog. Da qui è nato Mutazioni, dodici racconti di dodici autori: Ivano Bariani, Sara Bosi, Simone Covili, Eliselle, Michele Governatori, Ettore Malacarne, Gianluca Morozzi, Massimiliano Prandini, Cecilia Randazzo, Giuseppe Sofo, Gabriele Sorrentino, Fulvio Tosi. Di seguito, il racconto di Morozzi.]  

1.

Questo è quello che è successo all’inizio.
Un demone si era annidato nel cervello di suo padre.
E gli aveva ordinato di uccidere tutti.

Un viaggio con Francis Bacon # 4

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di Franz Krauspenhaar

Un paio di giorni di malessere generale causato dall’insonnia. Riemergo in qualche modo, faccio una lunga passeggiata nella sera di fine inverno, attorniato da poca umidità. Passanti che trottano assieme ai loro cani, il dopolavoro del bravo borghese.
Vicino a un bar tabaccheria – l’unico aperto nel mio quartiere dopo le otto di sera, un posto che negli anni si è lentamente ripulito ma che è rimasto comunque abbastanza malfamato – vedo una Mercedes 320 blu scuro parcheggiata con le ruote verso l’esterno. A bordo un uomo robusto, dalla faccia quadrata, che parla concitatamente al microfono del suo cellulare. La sua bocca esprime dentatura e sforzo, tensione. Ho appena visto un uomo baconiano e l’ho riconosciuto. Il cellulare è quest’arnese di invadente comunicazione che, previa le cuffie, rende un sacco di passanti degli zombi che muovono le bocche come pesci in un acquario, o barboni ripuliti e imborghesiti che parlano da soli per le strade della città, ma più assorti, barboni di successo.

Un nuovo invisibile flagello

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[dedico questo video ai miei due amici Tashtego e Valter Binaghi (ma anche a tutti gli altri indiani e lettori indiani) G.B.]

Da: Esercizi del rischio

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di Nicola Ponzio

Esiti, – dove si ostinano parole
e resistenza.
Rotoli in preda al silicio,
tra segni elettronici persi
nel vuoto del web.

Ora insisti
sui versi, – ti avviti
sugli input, desisti…
Se nel monitor vibrano impulsi vitali
o già morti, – dati al ritmo di bit

L’Horror di Napoli- II

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Scheletri della Cappella San Severo


I critici, soprattutto in Francia, sono fin troppo vanitosi per non parlare mai di null’altro che non sia il loro magnifico
se stesso. Mai del tema. Tanto per cominciare, sono troppo coglioni. Non sanno nemmeno di che cosa si tratti. E’ uno spettacolo di grande vigliaccheria vederli, questi stomachevoli, sbattersi, offrirsi una stretta di mano subdola alla vostra buona salute, approfittare della vostra povera opera, per fare gli splendidi, pavoneggiarsi per l’uditorio, camuffati, sedicenti “critici”.

Louis Ferdinad Céline, Bagatelles pour un massacre

Perché introdurre con queste parole di Monsieur Destouches la lettura che sto per proporvi? Perché aver tradotto un brano del genere tratto dal più odioso libro mai scritto, dalla voce tra le più autentiche del Novecento, per parlare di Acqua Storta, di L.R.Carrino? Forse per alludere al marcio del sistema delle lettere italiche, tutto cronometrato sui rinvii d’ascensore dei critici / autori, autori /critici?

Buràn

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Di cosa parliamo, quando parliamo di cibo?
Sappiamo, lo abbiamo sempre saputo, che il mondo è fatto non di atomi, ma di parole, e il cibo è uno dei principali mediatori nella nostra relazione con il mondo e nella rappresentazione di noi stessi in relazione agli altri. Il cibo è logos, è simbolo, è espressione, è conquista o rifiuto, è luogo di cittadinanza o misura di assenza (“Il mio cuore è in Oriente e io sono nell’Occidente più remoto”, cantava il poeta Judah Halevi. “Come posso gustare il cibo che mangio?”) La portata e il senso delle nostre vite si misurano sulla base delle storie cui siamo disposti a cedere ascolto e di quelle che ricordiamo per poterle raccontare. Non si può allora parlare del cibo senza parlare delle storie che lo compongono come e più degli ingredienti, e delle vite che di quelle storie sono il sapore turbinoso o agro. Il quarto numero di Buràn (www.buran.it) prosegue la collaborazione con il British Council di Londra per i giovani scrittori africani (Uganda, Zimbabwe e Malawi), con il mondo dei magazine letterari delle università anglofone (come Harvard, Chicago, Wellington in Nuova Zelanda e molte altre) e con realtà geograficamente più vicine ma del tutto irraccontate, come la Lituania e l’Estonia. In questo numero di Buràn c’è tutto il mondo in rigoroso disordine alfabetico: 53 voci e sguardi da 26 Paesi diversi e da ciascuno dei continenti.

(la foto di copertina è di carlessolis)

Poéthiquette

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di
Francesco Forlani

Da “Colonne d’aveugles”

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pieter-brueghel-21.jpg di Andrea Inglese

Colonna di ciechi

una strada che si guarda di giorno e di notte,
di cui si beve ogni spostamento d’ombre,
in ogni stagione, con lampi di segnaletiche
e fari, figure sbandate lungo i cancelli, bambini
che cercano il sasso e il petto tenero dell’animale,
quelli chinati nelle poltiglie di foglie, quelli veloci
che chiudono con mani di fata silenziose portiere,
nei colpi continui della luce a illuminare le gole,
le gengive nude, e le teste molli in quella fiamma
che cercano riparo, assorbendo nei pensieri l’asfalto

El Boligrafo Boliviano 13

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di Silvio Mignano

18 agosto 2007

Ognuno porta con sé il paesaggio che sa, che ricorda, rimpiange o paventa. A me sembra un tratto della costiera tra Sperlonga e Gaeta, con meno alberi e senza gli ombrelli protettori dei pini marittimi. Graziano propende per la Riviera ligure, Marco oscilla tra il Lago di Garda e il Salento di Santa Maria di Leuca. Tutti siamo comunque vittime del miraggio interiore, prede della metamorfosi che vive in ogni luogo.

L’ingegnere in blu

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arbasino2.jpgdi Linnio Accorroni

Chi conosce il D’Orrico style, recensore optimo e maximo che sulle patinate pagine del “Magazine” del Corriere della Sera stronca (max. 25 parole) o beatifica (max. 2 paginate), sa quanto la medietas a lui paia virtù desueta e repulsiva, estranea comunque all’irrefrenabile bizzosità che contraddistingue le sue scelte. Per cui non si prova nessun particolare trasalimento quando leggiamo che, per lui, questo L’ingegnere in blu, miscellanea di Arbasino dedicata a Gadda, è un libro che lo ha divertito ed incantato fino alla commozione. Maggiore è lo stupore e la perplessità che ci coglie invece quando il Critico per antonomasia del Corriere aggiunge: “…viene voglia di chiedere un bis, un libro simile ma scritto questa volta sullo stesso Arbasino. Ma c’è qualcuno capace di raccontarcelo come lui racconta Gadda?”. In realtà, quel libro è già stato scritto. Anzi a pensarci bene, è proprio quello che D’Orrico ha recensito con quei toni enfatici, quasi da epinicio, sopra ricordati.

Variazioni Meridiano – 2: Roberto Gigliucci

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Nel caldo borro dell’adolescenza tutta sofferenze e delizie nuove, in un nucleo di formazione che epitomava ogni esistenza a venire, nella rovente ferita di me ragazzino aperto in feritoie e sbreghi, corporalmente deprivato di carni e muscolatura e con giunture sloganti e con nervi friabili, in quegli anni che inglobavano infanzia e prosciugavano il futuro, in quella fetenzìa di età in cui il sudore è splendido e il catarro luminescente, opalescente, non nutrivo dubbi sulla poesia e sulla mia consustanzialità ad essa, anzi credevo più cattolico nella transustanziazione della poesia in me. Certamente penso pure adesso che un fanciullo che s’attrezza spiritualmente riassume in sé ogni esperienza possibile, ogni poesia possibile, ogni mito possibile, stato e futuro, in un ragazzino che cresce storto nella vita artistica viene conflata ogni esperienza estetica, un aleph, insomma. Tuttavia adesso non ho più fiducia nella poesia. O meglio, ne ho una fiducia pietrificata, ecco.

Presentazione di “Prime” a Roma

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Mercoledì 20 febbraio 2008

Fondazione Adriano Olivetti
via Zanardelli 34
00186 Roma

Alle ore 18:00

Nadia Fusini e Alberto Abruzzese
presenteranno

Prime. Poesie scelte 1977-2007(Sossella, 2007)
di Gabriele Frasca
che per l’occasione leggerà alcuni suoi testi inediti

17 febbraio 1600, rogo a Campo dei Fiori

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di Antonio Sparzani

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d u c h a m p d e i f i o r i (cortesia di effeffe)

Il 20 gennaio 1600 Ippolito Aldobrandini, eletto papa della chiesa di Roma dal conclave del gennaio 1592 col nome, che poco gli convenne, di Clemente VIII, ordinò che l’imputato eretico “impenitente”, “pertinace” e “ostinato”, Giordano Bruno, nativo di Nola, fosse consegnato al braccio secolare. Frase che indicava il delizioso escamotage con il quale la suddetta chiesa si lavava le mani (la formula era “Ecclesia abhorret a sanguine”) dalla necessità di eseguire la sentenza già pronunciata su un condannato, affidandone invece l’esecuzione materiale al “braccio secolare”, cioè alle istituzioni dello stato che prevedevano appunto il reato di eresia.
Il giorno 8 febbraio dello stesso anno Giordano Bruno ascoltò la pubblica lettura della sentenza, alla presenza dei testimoni e della congregazione del S. Uffizio, nella casa del cardinale Madruzzi.
Giovedì 17 febbraio esattamente 408 anni fa, Giordano Bruno venne arso vivo in piazza Campo dei Fiori, con l’ovvia precauzione della “lingua in giova”, bavaglio o blocco, dato che diceva “bruttissime parole”, e invano gli porsero da guardare l’immagine del Crocefisso, dalla quale “volse fieramente lo sguardo.”

Autogrill emigrazione

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di Christian Raimo

Avete presente Pasquale Ametrano? L’emigrato lucano, praticamente muto, che in Bianco, rosso e Verdone torna dalla Germania per votare in Italia e percorre l’intera penisola autostradale, facendo sosta autogrill per autogrill, per mangiare, pisciare, comprare montagne di roba, e a ogni tappa viene derubato di qualcosa: le borchie, l’autoradio, alla fine direttamente la macchina con valigie e tutto? L’iperitaliano Pasquale Ametrano – che si sveglia con il poster gigante di Causio come un altarino davanti al letto e che alla fine del film, vessato e fottuto dai suoi stessi compatrioti, soltanto allora parlerà per mandare a fanculo tutti quanti – proprio lui, così per dire, non potrebbe essere l’elemento-guida per riflettere su quello che l’Italia è stata e non è stata negli ultimi cinquant’anni?

Palestina: istruzioni per l’uso

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La promessa incondizionata
di
Tiziana de Novellis

Questo testo è stato scritto pensando a ciò che sta accadendo a Gaza, con l’intento di evidenziare gli avvenimenti principali del conflitto israelo-palestinese, di cui troppo spesso si discute partendo da “petizioni di principio” anziché dalle reali conseguenze che tale conflitto ha avuto e ha su chi ne subisce gli effetti. La diplomazia internazionale, al di là della retorica di cui può fare sfoggio, è attentissima agli “equilibri” nel cosiddetto scacchiere mediorientale, molto meno attenta alle vittime di questi “equilibri”.

Ora dunque, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso del paese che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi.

Deuteronomio 4,1

Al di fuori della “funzione dio”

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(Questo articolo è apparso su il manifesto del 14/02/08)

di Andrea Inglese

A seguire i dibattiti di questi ultimi anni, si ha l’impressione che il XXI secolo sia stato inaugurato, tra le altre sventure, all’insegna di un “ritorno del religioso”, soprattutto in quell’Europa che aveva avviato (sembrava) un irreversibile processo di secolarizzazione. Da una prospettiva esclusivamente italiana, si potrebbe avere l’impressione non tanto di una svolta ma di una continuità, caratterizzata semmai da una crescente invadenza mediatica della Chiesa intorno a temi di carattere politico. A porre problema da noi, non sarebbe dunque un imprevisto rafforzamento delle credenze religiose nelle giovani e meno giovani generazioni, ma un infittirsi di argomenti teologici nello spazio pubblico di discussione.

Quegli occhi

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di Marco Calzolari

Ci misi dieci minuti a scegliere il lettino. La trascinavo per la mano, e lei si era tolta le scarpe perché sulla sabbia le si piantavano i tacchi. Passai il Bagno Milano, il Riviera e il Romeo. C’era poca gente, ma troppa luce. Il Bagno Florida era perfetto perché aveva una grande insegna vicino al bar che faceva ombra sulle prime file, vicino al mare. Mi fermai alla seconda fila dall’acqua, sul confine con l’altro bagno. Aprii l’ombrellone e tolsi la sabbia dal lettino, poi mi misi di fronte a lei. Lei guardava nel buio, in mezzo agli ombrelloni chiusi, e aveva un sorriso un po’ tirato. Guardai dove guardava lei e vidi un gruppo di ragazzini che probabilmente fumavano, stesi sui lettini di un bagno più avanti.

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di Sergio Garufi

Un viaggio con Francis Bacon # 3

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di Franz Krauspenhaar

Sto guardando la foto di uno Studio per corrida. Sono al corrente dell’interesse del pittore per la tauromachia, del suo amore per Goya, spagnolo che ci ha regalato formidabili incisioni sull’argomento. Ma non posso pensare, guardando prima il nr. 1 e poi il nr. 2 di questi studi, che quello che mi si para davanti sia propriamente lo scontro fisico dall’esito poco incerto tra un uomo e un toro.

E’ qui la festa?

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Una civiltà della festa e dell’oblio*
di
Luis de Miranda
pubblicato su LE MONDE | 09.02.08 |
traduzione di effeffe

Nel giugno del 2003, all’età di 32 anni, ho girato per qualche giorno la Polonia, da solo, per concludere il capitolo di una relazione amorosa di due anni con una giovane donna nata a Cracovia. Fu un modo per lasciarla: scoprendo la città in cui era cresciuta. In Polonia avevo una piccola videocamera con me. Di tanto in tanto, raramente, riprendevo delle immagini. Fu il caso per Auschwitz.

Non sono ebreo, i miei antenati sono cristiani e, se la mia memoria è buona, ho visitato questo campo con una motivazione da europeo medio: un terzo di curiosità, un terzo di senso del dovere, un terzo per meditare, in modo vago, su quello di cui sono capaci gli umani nei confronti di altri essere umani. Perché aver girato quelle immagini di Auschwitz? Forse perché volevo darmi la possibilità di rivederle. forse perché era un modo per mantenere una distanza rispetto all’effetto che una tale visita avrebbe potuto suscitare, forse perché speravo di raccogliere su queste immagini il substrato di una rivelazione che offre raramente, nell’era del turismo di massa, la scoperta di un luogo simile.

Contrappello!

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contrappèllo [kontrap’pɛllo]
s.m. secondo appello, che si fa per verificare il precedente

Il testo che segue è di Sherif El Sebaie (Torino, Piemonte, Italy) ed è stato pubblicato nel suo blog e segnalato nei commenti alla lettera di Diego Ianiro.
effeffe

Non vi sarà di certo sfuggito il mio silenzio in merito alle polemiche scaturite dalla presenza di Israele come Ospite d’onore alla Fiera del Libro di Torino (8-12 maggio 2008). Ho sempre i miei buoni motivi per farlo, e uno di questi era attendere l’incontro avvenuto ieri presso il Centro Culturale Italo-arabo di Torino tra le autorità locali (rappresentate dall’Assessore alla Cultura della Regione Piemonte e dall’Assessore alla Cultura della Città di Torino), gli organizzatori della Fiera (rappresentati dal Presidente Rolando Picchioni e dal Direttore Ernesto Ferrero) ed i membri delle comunità arabo-islamiche cittadine, in presenza di un pubblico variegato costituito da associazioni pro-palestinesi, docenti universitari, centri sociali, autonomi, anarchici e via dicendo.