Nello scorso mese di gennaio sono successe alcune cose:
Inocenza e realtà
di Fabio Franzin
(Innocenza e realtà) Nel dialetto Veneto-Trevigiano dell’Opitergino-Mottense
(a mio figlio Jacopo)
‘A paròea “mort”
E cussì, cussìta, fra noàntri
dó te ‘à tocà pròpio de dirla
par primo a tì chea paròea
Il presidente Kibaki, Raila e tutti i keniani sono imputati
Una lettera anonima da Nairobi
Scrivere questa lettera sarà la mia ultima azione mortale su questa terra. Ho deciso, per due ragioni, di raccogliere gli indirizzi mail delle persone preminenti che conosco e dei miei amici e mandarla da un indirizzo anonimo.
La prima è risparmiar loro lo sconforto di sapere anticipatamente quel che mi accingo a fare e quindi sottrarli ad ogni colpevolezza. E in secondo luogo perché la mia identità ora come in futuro è irrilevante- potrei essere qualsiasi persona sparsa per il paese che prova ciò che provo io.
Le rimembranze

[oggi pranzerò fuori con la famiglia. So che mi stanno organizzando una festa a sorpresa, dovrò quindi stupirmi, forse anche spegnere candeline. La cosa mi ha fatto venire in mente alcuni versi di qualche anno fa.]
di Gianni Biondillo
La notte ha movimenti tellurici
che scoprono la vena pura,
illesa, della memoria sepolta;
sono come il geranio scosso
dal folle
nel mio mese più crudele
abbarbicato come sto
al mio futuro vergine.
Il respiro della città
Librai narranti nel sotterraneo metropolitano.
Quattro radio-spettacoli condotti da Dino Taddei e Lorenzo Valera (La Scighera)
Ridateci le bambine
di Valter Binaghi
“Quando mia figlia andò all’asilo, venne chiesto alle mamme di cucinare una torta e di cucire un costume da angelo. – Non so cucire: magari posso darvi una mano a scrivere la storia, no? – No. Il primo lavoretto di mia figlia fu un guantone da forno, per me”.
Basta questo passaggio per rassicurarci: nonostante il titolo, che ha un suo incedere marziale, non ci troviamo di fronte a quel femminismo iperdentato che ci ha fatto giocare tutti gli anni Settanta noi maschi non in difesa (pur sempre dignitosa strategia) ma in tribuna, estromessi dal discorso sulla differenza di genere, vergognosi di avere tra le gambe non un organo riproduttivo ma un’usurpazione reazionaria.
Lettera all’amico miscredente
di Valter Binaghi

La prima volta che ti ho incontrato eri uno scolaro sporco e malvestito, l’abominio della maestra di terza elementare, quello che graffiava le pagine col pennino spuntato e regolarmente prendeva due in calligrafia. Te ne fottevi del bello scrivere, e succhiavi castagne secche fregate al cartolaio: mentre col mio sussiego di bravo figlio d’impiegati ti mettevo in guardia dalle spaventose reprimende della zitella, allargavi il tuo sorriso sgangherato: – Dagli una spanna di cazzo e vedrai come si calma –
Segmento (seg|mén|to )

Da Dadapedia, l’enciclopedia comunista dandy
a cura di
Francesco Forlani
Come si indica un segmento? [modifica]
In geometria un segmento è una parte di retta delimitata da due punti, detti estremi.
Il segmento, generalmente, si definisce con due lettere maiuscole dell’alfabeto italiano, poste agli estremi (indicati da 2 punti).
A (che è la prima lettera)e Z che è l’ultima.
Ecco perché generalmente s’indica un segmento con il lemma AZ!
Parola usata dai latini (segmentum) [a cutting, cut; a piece cut off, a slice (not ante-Aug.; mostly in the plur.; syn.: fragmentum, frustum)]soprattutto da Plinio, nel senso proprio di un pezzo di qualcosa, ritagliato da qualcos’altro; dice egli: plura sunt haec segmenta mundi, quae nostri circulos appellavere, Graeci parallelos,Plin. 6, 34, 39, § 212
Pezzi di mondo dunque chiamati da noi latini circuli e dai greci paralleli.
Nella variante greco-romana vd circuli paralleli, e in quella politicasporcaitalica, P1 /P2/P3,P38, nun te reggaepiù.
Si ricordi che s.m. segmentum diviene s.f., nella forma abbreviata Seg. Ment. (termini correlati, cerebrale, mentale, sega, falegnameria)
Spinoza, Masaniello, Napoli e tu
Ritratto del filosofo, opera di Paolo Matteucci
di
Francesco Forlani
Esiste di Masaniello un ritratto di Andrea de Lione (1647) miracolosamente sfuggito alla dura legge degli Spagnoli che avevano condannato l’eroe napoletano alla “damnatio memoriae”, iconoclastia che prevedeva la distruzione sistematica di ogni immagine esistente di chi avesse avuto il torto di ribellarsi ai reali di Spagna. Esclusi scritti, disegni e pitture che lo mostrassero “loco”.
“Il Mas’Aniello d’Amalfi rivoluzionario” è invece bellissimo. Dai modi gentili, effeminati, distinti con la mano dalle dita affusolate e attente a sostenere un drappo sul cuore. Al punto di provocare una vera e propria querelle nell’attribuzione del dipinto in occasione di una mostra del Ritratto Storico Napoletano, svoltasi a Napoli nel 1954. Nel catalogo (pp. 27-28) si legge: «diciamo subito che, nonostante l’antica scritta sull’alto della tela noi abbiamo molti fondati dubbi sulla esattezza della identificazione. Ci sembra, per non dire altro, che il tipo umano rappresentato, di scelta e quasi ricercata intellettualità, mostra di appartenere ad un ceto del quale Masaniello, lungi dal far parte fu avversario».
Donne immigrate e processi di inclusione: il caso delle donne albanesi
di Claudia Cominelli
Fenomeni come i flussi migranti trasnazionali contribuiscono ampiamente al dibattito intorno a questioni come la cittadinanza, la legalità, la sicurezza, la giustizia, l’integrazione sociale ed economica, la tutela della vita familiare. Si tratta di temi che riguardano in primo luogo gli immigrati, ma che, di fatto, interpellano tutta la comunità civile in ordine a questioni inerenti l’intreccio tra particolarismo e universalismo dei diritti. Appare particolarmente evidente, quindi, la necessità di discutere intorno alle differenze culturali, alle loro trasformazioni, all’impatto sulle culture autoctone.
A tal proposito, nell’ambito del fenomeno migratorio, risulta interessante volgere l’attenzione al mondo femminile, non sempre oggetto di accurata riflessione: si tende, infatti, a ragionare in termini maschili, anche se la radicalizzazione della presenza immigrata sul territorio italiano, non più prevalentemente appannaggio di uomini soli ma ormai di taglio familiare, ha da tempo posto la questione di prendere in considerazione la valenza euristica della variabile di genere.
Autoscuola
di Franz Krauspenhaar
Gira a sinistra e poi vai a destra, frena,
e avanti bello spedito e all’incrocio
fermati; e poi vai ancora, sali prudente,
e attento, e vai, e spingi, e accelera.
Citare le fonti
nota di Gianni Biondillo
Denis (il gestore di questo blog) mi ha appena riferito, via MSN, un fatticello assai curioso, ma per nulla nuovo dell’atteggiamento che la carta stampata ancora ha quando “usa” il vasto serbatoio di internet. E’, questo argomento, molto caro anche a Georgia, e quindi so che apprezzerebbe.
Per farla breve, su Il riformista, Luca Mastrantonio ha testè pubblicato un divertito articolo dove sbertuccia Veltroni e la sua mania a introdurre ad ogni pie’ sospinto tomi e tomi. (Denis me l’ha fatto leggere qui).
Cosa che Christian Raimo ci ha fatto notare a suo tempo, nel suo divertente quiz editoriale pubblicato qui e poi commentato qui.
Ma di Raimo, nell’articolo di Mastrantonio, neppure l’ombra. Solo un generico “Da giorni gira per internet, con successo di pubblico (…) un quiz bibliografico.”
Bene. Questa è la stampa italiana. Questo è il paese dove vivo.
Ormai è chiaro: devo in stretto giro di posta mettere a punto per la mia vita un piano B.
Roma, ore 11
di Christian Raimo

Buttiamola là: Roma ore 11 è lo spettacolo teatrale dell’anno. Forse non sarà quello più sconvolgente, né la messa in scena più mirabolante, né la prova d’attore più virtuosistica, però è lo spettacolo che può fare da modello per quello che vuol dire oggi in Italia cercare di metter su un progetto indipendente.
da “Ateo?:altroché!”
(Pubblico un brano tratto da Ateo?:altroché!, appena pubblicato in Italia per Ipermedium libri a cura di Domenico Pinto e Dario Borso. Il testo di Schmidt, che ha l’autonomia di un pamphlet sulfureo, apparve per la prima volta nel 1957 in un volume curato da Karlheinz Deschner che raccoglieva i contributi di un’inchiesta intitolata Lei cosa pensa del Cristianesimo?)
di Arno Schmidt
Traduzione di Dario Borso e Domenico Pinto
6. Come altra serie di criteri: ha accresciuto il Cristianesimo, nel mondo, la somma del buono / vero / bello?
7. Del buono?: quanti riarmi, quante guerre, quante atroci crudeltà ha eliminato o almeno impedito il Cristianesimo?: al contrario! È stato ‹ragion sufficiente› di nuove, fino ad allora inaudite danze di spade, come le ‹Crociate›, la ‹Guerra dei Trent’anni› o gli ‹Albigesi› : allorquando i soldati stessi espressero la preoccupazione che con i ‹colpevoli› (= non cattolici!) potessero morire pure gli innocenti, il legato pontificio li tranquillizzò : «Uccideteli e basta! Il Signore riconoscerà certo i suoi!»: Popoli, ascoltate anche questi segnali !!
‹Tolleranza›?: la predicavano solo quando non erano più ‹al potere›! Fino ad allora valeva il ‹compelle intrare›, con il rogo come argomento supremo; ah, povero Giordano Bruno! Non ci si aspetti no che io parli con rispetto di un sistema che esercitò la censura contro Lessing: poiché considerava la resurrezione un’invenzione del giovane Cristo e tutte le religioni positive erano per lui parimenti dubbie! Un sistema che contempla ‹l’inferno eterno› come istituzione fondamentale – cos’altro è poi l’inferno cristiano se non un campo di concentramento, soprattutto per chi la pensa in maniera diversa? Ma si confronti solo l’orrendo Manuale dantesco per comandanti delle SS! – e non esclusivamente come teorica istituzione ultraterrena (su ciò si potrebbe pur sempre soprassedere con un’alzata di spalle); ma soprattutto come elemento integrante del ‹Regno dell’amore› di questo mondo, che rispunta di continuo come Inquisizione di tutti i tipi (anche i protestanti ce l’hanno fatta a bruciare eretici; ricordo solo Serveto o le persecuzioni inglesi dei cattolici sotto Carlo II.): in realtà ogni uomo perbene (secondo il mio modesto parere) un sistema del genere dovrebbe aborrirlo!
Il freddo

di Marco Lodoli
Gelate le pozzanghere al mattino
Quando insieme all’amico andavo a scuola
La sigaretta sua tra le mie labbra e il fumo
Del freddo e del tabacco a dare un corpo
Ai discorsi immensi della vita.
Il freddo ci rendeva più superbi,
parlavamo di cosa il mondo non era
di cosa non eravamo noi, del nostro futuro
e del ghiaccio appeso ai cornicioni.
Una favola moderna per Napoli (e provincia)
Il MOSTRO DELLA PIANURA*
di
Nicola Corrado
La terra del sole e del pomodoro si affacciava sul mare e stendeva il suo corpo colorato e sinuoso dalle stelle del cielo fino alla luce del tramonto; intorno facce, sorrisi, pianti, note, pasta e pesce, vele e vento, e poi campi, chiese, vicoli, sapori, intelligenza e cattiveria, umanità.Qualcuno disse che lì un tempo splendeva la felicità grazie alle speranze e alle debolezze degli adulti.
Poi, non si sa come e quando, arrivò in quelle terre dopo un lungo viaggio il MOSTRO DELLA PIANURA: aveva mille mani e centomila occhi, e un cuore lungo 2 KM e largo 4 KM, mangiava le speranze, le debolezze e l’immondizia degli adulti.
Un giorno vennero i governanti chiamati dagli adulti per sconfiggere il MOSTRO, ognuno con una valigia piena di grandi discorsi e dentro parole cucite a mano per fare splendere di più la felicità.
Baldi e Massari alla John Cabot University
Presentazione dei libri di poesia: I capitoli della commedia di Martino Baldi ed. Atelier e Libro dei Vivi di Stefano Massari Book Edizioni alla John Cabot University di Roma (Aula Magna) – via della Lungara 233 – il 4 febbraio, alle ore 19.30.
Un post lunghissimo dal quale, eccezionalmente, non si ricava nulla.
In tivù si parla dell’emergenza rifiuti in Campania. L’iconografia è quella solita, aprospettica e paratattica, in cui l’inviata sul posto sta al centro di una teoria di gente infuriata che espone cartelli rivolti contro il Presidente della Regione (“Bassolino vergogna!”), ed altri che invocano l’Uomo della Provvidenza (“Silvio pensaci tu!”). La lotta per accaparrarsi il microfono restituisce brandelli di frasi misti a insulti. D’un tratto una signora esasperata urla “Neanche nel Medioevo!”, indicando la montagna di spazzatura a fianco. Ha ragione. Il Medioevo ci ha lasciato esempi migliori.
Etere 1 : l’antichità.
di Antonio Sparzani
La storia di cui vorrei raccontarvi alcuni episodi corre su due rotaie, spesso parallele: l’una, quella della poesia e della letteratura, che continua a vedere l’etere come qualcosa di vago e misterioso, ma che in questa vaghezza trova la sua sottile bellezza, e l’altra, quella dei tentativi che ha messo in atto la scienza per cogliere finalmente, per serrare tra le tenaglie di una definizione precisa e quantitativa, questo inafferrabile elemento, che continuamente è stato congetturato esistere, ma che altrettanto continuamente è sfuggito ad ogni presa. Perché queste rotaie non sono poi soltanto due e non sono neppure tanto ben distinte: anche la filosofia e la medicina mescoleranno infatti i loro saperi nella trama, stranamente tenace, dell’etere.
Nei poemi omerici, punto cardine d’irradiazione della nostra cultura, l’etere è femminile, ή αιθήρ, (hē aithēr):
Metempsicosi
“…take another little piece o’ my heart babe / take’t take’t…”
La mia amica Marisa, nel corso di Letteratura Inglese per l’esame del primo anno, si innamorò del suo professore. E non fu un amore a distanza, cioè una di quelle infatuazioni che generano adorazione silenziosa e abbandoni sognanti, estasi e distrazioni dalla realtà – il suo fu un vero amore, perseguito in modo discreto e tenace finché aveva avuto senso, poi trasformato in un ricordo caro, e lui, il professore, Edoardo, in una guida intellettuale, in un punto di riferimento.
Comunque Marisa aveva una vera passione per Janis Joplin – e anche il suo professore. Perciò questa era una loro patria comune, come la poesia dei romantici inglesi, specie John Keats. Janis Joplin piaceva a Marisa perché era una creatura tenace e fragile, una vera contraddizione vivente. Non era bella, e non faceva nulla per diventarlo. Spesso saliva sul palco ubriaca, e fumava come un uomo. Aveva i capelli sempre arruffati. In genere sporchi. O mèzzi dell’appiccicosa umidità che rende micidiale certe città americane, New York per esempio, d’estate.






