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Paesaggi di un’anima

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di Franz Krauspenhaar

Quando un libro è importante? Soprattutto, direi, quando è necessario. E Frau, di Francesca Tini Brunozzi, Torino Poesia, pagg.107 euro 10, è un libro necessario. In un mercato editoriale “facile”, ovvero ricettivo a qualunque idea di qualunque teddy boy dalla penna dribblomane, è bene sostenere libri – in prosa e poesia, poco importa – davvero sentiti, molto ruminati, molto covati, molto scritti, in definitiva.

L’arte cinese del tè: incontro a Roma

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23 gennaio, ore 18.00 – Museo del Corso, via del Corso 320 Roma (come arrivare)

Marco Ceresa e Livio Zanini: L’ARTE CINESE DEL TÈ

Incontro con conferenza, dimostrazione e degustazione nell’ambito della mostra Capolavori dalla Città Proibita. Alla corte di Qianlong Ingresso gratuito, fino ad esaurimento dei posti disponibili

Associazione Italiana Cultura del Tè – Via Luigi Rizzo 1 – 36100 Vicenza
www.aictea.it

Vittime collaterali

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di Tiziana de Novellis

[Questo testo è stato scritto a ridosso delle numerose delibere ‘anti-immigrati’ emanate da comuni del Nord Italia, culminate con quella milanese volta ad escludere i figli di immigrati clandestini dagli asili comunali. L’informazione mediatica procede a ondate. I rifiuti campani hanno sommerso la cosiddetta “emergenza sicurezza” e sono stati a loro volta sommersi da altre “emergenze”. Non per questo, nel frattempo, la condizione degli immigrati in Italia è migliorata…]

“Mi dispiace che ci separiamo così. Per il funerale non c’è problema, ho già lasciato i soldi all’uomo della legna. Cara sorella, resta a scuola. Cara mamma, abbi cura di te perché il mondo è brutto. Tutti, per piacere, abbiate cura del cucciolo. Razvan”

Dedicato a Razvan Sulicuc, impiccatosi a 11 anni nella sua baracca di Cariesti, un mese dopo la partenza della madre per l’Italia alla ricerca di lavoro. (da “la Repubblica”, 12/11/2007)

Finestrella viola

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di Simona Baldanzi

Ho scritto questo racconto nella primavera del 1996, quando avevo diciannove anni. Test, gravidanza e aborto per me erano una finestra dove guardare per trovarci me, ma anche l’immagine della società che ha o vuole avere di me. 

Viola.

Viola.

Cazzo, è davvero viola!

Mi tocco il naso: sì, gli occhiali ci sono, ci vedo, è, viola. È viola, è viola, è viola. Penso. È viola.

Un quiz editoriale

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Christian Raimo ha pubblicato questo quiz editoriale sul primoamore. Grande, e qualcosa rivela sullo “stato dell’arte”. La soluzione – l’ho indovinata semplicemente scorrendo, appare d’incanto – via dunque, senza aiuti di alcun tipo, sennò son buoni tutti, su, un po’ di sana e ludica competizione… Provatevi, se vi piace, e rendicontate qui sotto.

La missione

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di Giovanni Agnoloni

John Goldman non era un uomo dalle grandi qualità. Qualcuno diceva che la sua migliore era la puntualità, ma lui quasi si detestava per questo. Avrebbe preferito di gran lunga essere una persona disordinata, ma possedere una vena artistica.

Chi gira intorno a cosa

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di Antonio Sparzani

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Le recenti vicende centrate attorno alla mancata visita del Papa all’Università La Sapienza di Roma hanno toccato anche questioni scientifiche centrate sulla figura di Galileo e sulla sua decennale vertenza con il Santo Uffizio dell’epoca. E hanno anche riguardato la posizione del noto epistemologo contemporaneo Paul Karl Feyerabend, da non molto scomparso, accreditandogli un po’ frettolosamente una posizione di incondizionato appoggio alla famosa condanna di Galileo.

Non intendo offrire qui alcuna valutazione complessiva sulla vicenda, che se mai ho già detto in altri luoghi, ma non riesco a trattenermi dal cercare di dire qualcosa che contribuisca a chiarire dal punto di vista della fisica queste problematiche, che non sono certo esauribili negli slogan purtroppo più diffusi, tipo “la chiesa oscurantista voleva fermare il progresso della scienza”, oppure “è ormai risaputo che è la Terra che gira intorno al Sole e non viceversa”. Purtroppo, per ragioni storiche che non sono qui in grado di indagare e di mostrare, si è affermata nell’immaginario collettivo dei non addetti ai lavori, ma talvolta anche nel loro, una formulazione facile e sbrigativa della questione che appunto viene riassunta nei due slogan ora citati.

Remo Bassini, narratore dai tempi della fabbrica

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Franz Krauspenhaar intervista Remo Bassini

Remo Bassini non è solo uno scrittore di valore, è anche un prodigio e una macchina – umanissima – da scrittura: è direttore de La Sesia, storico bisettimanale di Vercelli e provincia, collabora con Il Corriere Nazionale, commenta sul suo seguitissimo blog e ne La poesia e lo spirito,- l’ormai leggendario blog letterario multiautore fondato da Don Fabrizio Centofanti – scrive romanzi di buon successo.

Il cibo

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di Christian Raimo

 

Soltanto nell’ultimo paio d’anni la narrativa italiana degli esordienti e degli scrittori trentenni, quarantenni, ha fatto il pieno di libri che parlavano di quello che sembrava fino a poco prima un mondo sconosciuto: il lavoro, la precarietà, la vita di merda che si fa in Italia. Vita precaria amore eterno di Mario Desiati, Bassotuba non c’è di Paolo Nori, Figlia di una vestaglia blu di Simona Baldanzi, Cordiali saluti Mi spezzo ma non m’impiego di Andrea Bajani, Il mondo deve sapere di Michela Murgia, Mi chiamo Roberta… di Aldo Nove, Buon lavoro. Dodici storie a tempo indeterminato di Federico Platania, Nicola Rubino è entrato in fabbrica di Francesco Dezio, Il sorcio di Andrea Carraro, Risorse umane di Angelo Ferracuti, Cronache dalla ditta di Andrea Cisi, Voice center di Zelda Zeta, eccetera eccetera eccetera.

Il vangelo del Coyote

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ggmorozzi_g.jpg di Gianni Biondillo

Gianluca Morozzi – Giuseppe Camuncoli – Michele Petrucci, Il Vangelo del Coyote, pag. 128, Guanda.

Gianluca Morozzi è un autore straordinariamente prolifico, con un talento narrativo rutilante, acceso, vitale. Ma il suo pregio più grande, secondo me, è la capacità di infischiarsene di tutta una letteratura nazionale che vuole lo scrittore preso dai soliti seriosi riti scribatori. Morozzi narra, del resto se ne infischia.

Da “La perfezione del nulla” & altre poesie

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di Stelvio Di Spigno

La perfezione del nulla

1.

Questa rosa è gratuita.
Rubata tra le scale, è la restituzione
del sangue speso inutilmente
per amare mia madre.

Non sono le parole.
Ma le anche, il movimento.
L’alito ingessato la saliva
mi diceva che ogni bene
è come mordere
un confetto salato.

Oggi mi ci rompo la testa
e come prova d’eroismo
aspetto che fuoriesca
materia non eletta:
il mio cervello.

Juke-Box: Coda di Lupo

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di Fabrizio De André

lupo
Quando ero piccolo m’innamoravo di tutto correvo dietro ai cani
e da marzo a febbraio mio nonno vegliava
sulla corrente di cavalli e di buoi
sui fatti miei e sui fatti tuoi
e al dio degli inglesi non credere mai
E quando avevo duecento lune e forse qualcuna è di troppo
rubai il primo cavallo e mi fecero uomo
cambiai il mio nome in “Coda di Lupo”
cambiai il mio poney con un cavallo muto
e al loro dio perdente non credere mai

Cineromanzo (estratti)

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di Valentino Ronchi

(…) l’esuberante voluminosità dell’apparenza. Molto da dire, molto da descrivere!
V.Jankélévitch, Il non-so-che e il quasi niente

I (Acqua e menta)

Ieri dei ragazzini alla spiaggia
guardavano i seni bianchi di Flaminia,
grandi sorretti chissà come
dalla schiena magra. Un paio di volte
son passati, a guardarli ancora
di nuovo. Se anche sapessero
del sesso preciso perfetto
e nascosto, del disegno completo
della fine della schiena. (Ora
Flaminia si alza in piedi e fra la gente
raggiunge l’acqua). Sono

La viltà e il silenzio

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di Franco Arminio

Mi sveglio presto in questi giorni. È la testa che si mette a parlare e io non riesco a zittirla. Allora mi alzo, mi metto a scrivere, aspetto che arrivi l’ora per andare all’edicola. Porto con me il foglio dove raccolgo le firme per un petizione sui rifiuti (chi fosse interessato può guardare comunitaprovvisoria.wordpress.com). Parlo con disoccupati a oltranza, barbieri senza clienti, pensionati oziosi o avvizziti, architetti, geometri, impiegati comunali. Parlo, ascolto, mi lascio travolgere da cumuli di parole che si accatastano nelle nostre teste come i rifiuti si accatastano sui marciapiedi.

Il dovere di tacere

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di Andrea Inglese

Dalla lettura delle pagine 2, 3 e 4 di Repubblica del 15 gennaio 2008 sulla vicenda della visita papale alla Sapienza, non sono i proclami di Gasparri o di Radio Vaticana a farmi uscire dai gangheri, ma la sottigliezza irreprensibile di Adriano Sofri o il “politicamente corretto” di Dario Fo. Certo, Sofri lascia cadere qualche mite allusione all’oltranzismo della chiesa e Fo esprime dei dubbi sull’applicazione equanime del diritto alla parola. Ma poi Fo non riesce a impedirsi di affermare: “Io sono pronto a farmi uccidere per garantire il diritto di parola a chi la pensa diversamente da me.” Io più modestamente avrei detto: “Se fossi abbastanza coraggioso, sarei pronto a farmi uccidere, pur che certi personaggi che hanno il monopolio della parola pubblica (giornalisti come Vespa o Ferrara, monarchi assoluti come Ratzinger, ecc.) tacessero almeno per qualche ora.” Qui, davvero, ancor più che il laicismo, è in gioco un’altra cosa, ancor più importante. L’uso schifoso che si fa del diritto di parola, come se ogni giorno non assistessimo ad una confisca totale della libera e critica espressione, e ad un’ininterrotta celebrazione dello zelo nei confronti di tutto quanto è potente, istituzionale, ricco, di successo.

El Boligrafo Boliviano 12

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di Silvio Mignano

2 febbraio 2007

Il container delle nostre masserizie è ancora in viaggio, lo immagino perso nel vuoto dell’oceano, come quei minuscoli graffi schiumosi che si scorgono all’improvviso nel cobalto omogeneo guardando dal finestrino dell’aereo, e che a me piace figurarmi come balene – ma non so mica se da lassù si vedrebbe davvero una balena.

Palinsesti di risarcimento

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di Franz Krauspenhaar

Quello che il poeta fiorentino Marco Simonelli ha fatto con Palinsesti, Zona, pagg. 79 euro 10.00, è qualcosa di molto ambizioso. Poeta giovane – è del 79 – e bizzarro, attento come pochi alla mise en scéne di un linguaggio alto associato ai personaggi molto degradabili della televisione, Simonelli ha creato con questo libro una sorta di viaggio al termine della notte del monoscopio, e non solo.

A Gamba Tesa: l’Horror di Napoli

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di
Francesco Forlani
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Marcel Duchamp,Ruota di bicicletta (Roue de biciclette) – 1913
© 2001 Succession Marcel Duchamp, ARS, N.Y. / ADAGP, Paris

a Maurizio Braucci, e Roberto Saviano
coraggiosi disotturatori di cessi.

Merdre!

– gridava il dottor Faustroll con scandalo dalle scene parigine. Si trattava ovviamente di un’invenzione l’aver trasformato in verbo l’insana parola. Ma se il fondatore della Patafisica, Alfred Jarry, fosse sbarcato a Napoli, che effetto avrebbe avuto su di lui una comunità che più d’ogni altra ha fondato sulle soluzioni impossibili la propria salvezza? Altrimenti che senso dare al progetto di una città, pensate bene, costruita ai piedi di un potente vulcano…

Qualche tempo fa mio fratello mi chiedeva perchè la letteratura napoletana, ma si dovrebbe precisare campana, fosse così scura, nera, disperata. Il post di oggi vorrei quindi dedicarlo proprio a questo, ovvero alla materia immonda che nutre l’immaginario dei romanzieri napoletani (campani) con un riferimento a due opere, uscite a circa un anno di distanza l’una dall’altra, Altrove, di Paolo Mastroianni (edizioni Effige) e 10, di Andrej Longo (Adelphi).

Berardinelli’s Version

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di Linnio Accorroni

Non più tardi di qualche mese fa è apparsa sul “Foglio” di Ferrara una ‘recensione’ (mai virgolettato fu più appropriato) a proposito di un libro di Emanuele Coco, filosofo naturalista, autore di un curioso libello per Nottetempo intitolato Ospiti ingrati. Come vivere con gli animali sinantropici. Un modello di ‘recensione’ perfetta, di mirabile fattura. Un tono suadente e discorsivo, senza sciatteria alcuna, né forzature, senza indulgere mai agli effettacci che abbondano nelle righe di tanta critica contemporanea, che pare spesso più intenta a coniare la frase-slogan da apporre sulla bandella più che allo sviluppo di un discorso critico serio. Non un aggettivo di più in quella pagina, nessun inutile sfoggio di erudizione. Piuttosto la persuasività leggera di una prosa sobria, concisa, quasi percussiva.

Specie non protette

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di Stefano Palmisano

Poco più di un mese fa, l’omicidio di una giovane donna italiana, secondo l’accusa, ad opera di un immigrato rumeno scatenò immediatamente gli spiriti animali della permanente “emergenza sicurezza”, che nella variante scaturita da questo tragico fatto assunse i tratti somatici granguignoleschi della “razza rumena”.

Quella presunta emergenza, letteralmente costruita nel laboratorio bipartisan degli orrori, tra strilli di avvoltoi di destra e ruggiti di conigli di sinistra, mise in luce, secondo costoro, le presunte lacune o addirittura “il lassismo” del nostro ordinamento verso quegli odiosi titolari di licenza di uccidere e rubare che sono i migranti, specie se rumeni.

Nel nostro codice penale il furto di una scatoletta di tonno in un supermercato è punito con una pena che può arrivare a 10 (dieci) anni.

Quanto alla legislazione sui migranti, o meglio sui “clandestini”, non dovrebbe essere necessario, ci si augura, ricordare le numerose perle di “lassismo” normativo inanellate in questa materia dalla prestigiosa compagine di legislatori liberali Turco-Napolitano-Bossi-Fini-Pisanu.